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Anno XVI - n. 04 - Aprile 2024

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Brevi riflessioni sulla responsabilità precontrattuale

A cura di Michela Salerno
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  1. L’istituto.

Le parti, nell’addivenire alla stipulazione contrattuale, fanno normalmente precedere la conclusione del negozio da una fase preparatoria, caratterizzata da un insieme di comportamenti, le trattative.

L’art. 1337 c.c. stabilisce che i contraenti sono soggetti, nell’ambito della formazione dell’accordo, all’obbligo di buona fede.

Esso si sostanzia principalmente nel dovere di trattare correttamente.

Le parti non sono vincolate alla futura stipulazione, ma nel momento in cui decidono di esercitare il potere di contrattazione, che corrisponde all’esercizio della loro libertà negoziale, devono comportarsi secondo correttezza (1).

La clausola di solidarietà sociale prevista dall’art. 2 Cost. è, pertanto, un principio informatore e generale che ha la funzione di valvola di adattamento del sistema alle circostanze del caso concreto.

Dall’elasticità di tale clausola discendono, inoltre, una serie di obblighi a contenuto specifico, primo fra tutti quello di non recedere ingiustificatamente dalla trattativa.

La ratio di tale previsione poggia sulla considerazione che la formazione della volontà contrattuale è a uno stato avanzato, tanto da aver ingenerato un legittimo affidamento della controparte nella conclusione del negozio.

L’interruzione immotivata delle trattative lede, pertanto, tale affidamento.

Dall’ art. 1337 c.c. deriva, altresì, l’obbligo di informazione, la parte deve essere messa nelle condizioni di avere tutte le informazioni qualitativamente e quantitativamente adeguate al fine di formare una consapevole e corretta volontà, funzionale alla stipulazione contrattuale.

L’obbligo informativo si divide in tipico e atipico in base alla fonte dalla quale discende.

In quello tipico la necessità di informazione è prevista direttamente dalla legge, come nei casi dei contratti asimmetrici, contratti consumeristici, bancari, finanziari.

La fonte diretta è la norma di legge, ma il precetto è volto a riequilibrare il rapporto tra le parti, nell’ottica della solidarietà sociale e quindi trae forza dallo stesso obbligo di buona fede.

Viceversa in quelli atipici il dovere di informazione deriva direttamente dalla clausola di reciprocità.

Dalla buona fede nelle trattative discende, inoltre, il dovere delle parti di attenersi all’obbligo di segretezza delle informazioni di cui sono venute a conoscenza nell’ambito della fase preparatoria al contratto e il dovere all’osservanza del più generico obbligo di collaborazione, direttamente collegato al dovere di reciprocità.

Aggiungasi che una declinazione legale dell’obbligo ex art. 1337 c.c. è rappresentato, peraltro, dal dovere di informare la controparte della presenza di  cause di invalidità del contratto, quest’obbligo legale è espressamente previsto dall’art. 1338 c.c..

 

  1. La violazione della clausola di buona fede.

Analizzati i doveri che  gravano sulle parti  nella fase preparatoria al contratto, va valutato il rimedio che l’ordinamento appronta in caso di violazione della clausola di buona fede e dei suoi corollari applicativi (2).

E’ bene specificare che la responsabilità precontrattuale ha contenuto tendenzialmente atipico, atteso che la buona fede è una clausola variabile ed elastica, la cui funzione è quella di tutelare la libertà negoziale delle parti nel caso concreto (3).

Ciò posto, bisogna distinguere l’ipotesi in cui l’interruzione ingiustificata delle trattative, con violazione dell’art. 1337 c.c., fa sorgere una responsabilità definita da mancata stipulazione del contratto, atteso che  il comportamento scorretto della controparte impedisce la stessa formazione del negozio, dalla differente ipotesi di violazione dell’art. 1338 c.c., il quale configura pur sempre una responsabilità precontrattuale ma da stipulazione inutile, perchè il contratto è stato sottoscritto ma risulta invalido.

Infatti, il negozio non appare in grado di realizzare il programma ivi previsto, o, secondo altra parte della giurisprudenza, è inefficace, perchè non idoneo a produrre effetti.

Entrambe le forme di responsabilità appartengono al genus di quella precontrattuale, ma rispondono a due differenti modelli, nonostante identica sia la natura del danno risarcibile in ambedue le ipotesi, l’interesse negativo.

Sussisterebbe, secondo la recente giurisprudenza, anche un ulteriore modello di responsabilità precontrattuale, quello derivante da contratto valido ed efficace.

Il fondamento teorico si sostanzia nella distinzione tra regole di validità del contratto, che attengono alla struttura dello stesso, quindi all’atto e regole di responsabilità che attengono alla condotta delle parti e che costituiscono fonte di risarcibilità del pregiudizio sofferto dal contraente, ma non di invalidità del negozio.

Invero, trattandosi di contratto efficace e attuabile, la violazione delle trattative comporta, in questo caso, una diversa forma di danno risarcibile, il cosiddetto interesse positivo differenziale, il contratto genera una utilità minore di quella che ci sarebbe stata ove fosse stato stipulato senza la violazione della regola di condotta e ciò che va risarcito è il pregiudizio conseguente a tale minore utilità.

 

  1. La natura giuridica della responsabilità.

Ulteriore problema, connesso a quelli trattati, è individuare nell’ambito di quale tipologia di responsabilità, da inadempimento o extracontrattuale, debba essere inquadrata quella precontrattuale.

Fino al 2016 la giurisprudenza qualificava la responsabilità precontrattuale come aquiliana, ex art. 2043 c.c. (4).

La differenza tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, veniva ravvisata nell’assenza di un contratto e le trattative, attenendo alla fase di formazione del consenso in un momento temporale in cui il contratto ancora non esisteva, non potevano che dare origine a una responsabilità aquiliana (5).

Si è tuttavia osservato che tale impostazione, piuttosto semplicistica, sarebbe smentita dallo stesso dato normativo, atteso che l’art. 1173 c.c. include tra le fonti dell’obbligazione, oltre al fatto illecito e al contratto, ogni altro fatto/atto idoneo a produrle.

In tale fonte atipica la giurisprudenza ha ricompreso, prima che la stessa ammissibilità dell’istituto fosse posta in dubbio dalla L. Gelli-Bianco, le obbligazioni nascenti da contatto sociale qualificato.

Quest’ultime sono obbligazioni complesse che prevedono accanto al classico obbligo di prestazione, che deve sussistere, anche obblighi di protezione aggiuntivi, o contestualmente di informazione e di protezione, presenti seppur in assenza di un contratto.

La Cassazione ha, tuttavia, avuto modo di specificare che affinché sussista un contatto sociale qualificato devono ravvisarsi due elementi specifici, lo scopo e l’affidamento della controparte.

Invero, accanto a una precisa finalità che le parti vogliono perseguire è necessario rintracciare una funzionalizzazione del rapporto e quindi un elemento finalistico, la causa, alla quale si aggiunge l’affidamento di una parte nella diligenza e nella professionalità dell’altro contraente per il raggiungimento dello scopo.

La recente giurisprudenza ha ricondotto le trattative nell’ambito del contatto sociale qualificato.

Ebbene, si tratterebbe non solo di un rapporto tra soggetti determinati e finalizzato al perseguimento della stipulazione del contratto, ma il contatto risulterebbe, altresì, qualificato, oltre che dall’affidamento che una parte ripone nella correttezza della controparte, da una precisa norma di legge, l’art. 1337c.c., che impone l’obbligo di buona fede nella formazione del negozio.

Dalla trattativa discendono pertanto obblighi di informazione e protezione la cui violazione costituisce inadempimento di una specifica obbligazione.

In tale ottica, la responsabilità precontrattuale viene contrattualizzata e diviene una responsabilità da inadempimento ex art. 1218 c.c., con conseguente applicazione di una differente disciplina, rispetto a quella ex art. 2043 c.c., in punto di onere probatorio e di prescrizione.

 

  1. L’applicazione al contraente pubblico.

La teoria della responsabilità precontrattuale derivante da contatto sociale qualificato è stata ritenuta applicabile anche con riferimento alla pubblica amministrazione, ma la natura di tale responsabilità non risulta univoca (6).

In adesione alla teoria della ‘doppia anima’ della pubblica amministrazione bisogna differenziare il caso in cui essa, nell’ambito delle trattative con il privato violi la regola privatistica della buona fede, seppur nell’ambito di una procedura a evidenza pubblica.

Invero, in siffatte ipotesi viene in rilievo la lesione di una posizione di diritto soggettivo del privato, la libertà negoziale e la responsabilità precontrattuale è definita ‘pura’: la pubblica amministrazione si comporterebbe come un vero e proprio privato.

Al contrario, ove invece la stessa agisse come autorità e violasse una regola pubblicistica nell’ambito del procedimento a evidenza pubblica, esercitando un potere di diritto pubblico e incidendo non più su un diritto soggettivo del privato, ma su un interesse legittimo, si dovrebbe parlare invece di responsabilità precontrattuale ‘spuria’ (7).

La stessa attività contrattuale della pubblica amministrazione risulterebbe pertanto caratterizzata da due opposte dimensioni, una privatistica e una pubblicistica.

Una fase iniziale di scelta del contraente che deve sottostare ad un procedimento a evidenza pubblica regolato da norme pubblicistiche, soggette alla procedura di gara, la cui tutela è orientata al perseguimento di interessi pubblici, quali quello alla concorrenza, alla migliore offerta e che conseguentemente imporrebbe il rispetto di determinati vincoli a scopo collettivo.

Nell’ambito di tale procedimento, pertanto, ogni adozione di provvedimento illegittimo, quale quello di esclusione del privato dalla gara, costituirebbe fonte di responsabilità della pubblica amministrazione per violazione di una regola pubblicistica.

Quest’ultima dovrà rispondere di responsabilità definita precontrattuale in modo atecnico, dal momento che sarebbe tale solo in senso cronologico, poiché risulterebbe precedere la fase di formazione del contratto, ma sarebbe una responsabilità di tipo extracontrattuale.

Il provvedimento è un fatto illecito, ex art. 2043 c.c., la responsabilità precontrattuale è spuria.

Nel caso invece di responsabilità precontrattuale pura, l’attività della pubblica amministrazione deve essere inquadrata nell’ambito di una dimensione privatistica, la gara diviene una fattispecie a formazione progressiva, necessaria alla stipulazione del successivo contratto.

Infatti, la trattativa che si instaura con il privato e  che precede la conclusione viene intesa come l’insieme di tutti i comportamenti delle parti che devono essere improntati a buona fede.

La pubblica amministratrice agisce come un qualsiasi privato e risponde per violazione dell’obbligo di correttezza nelle trattative.

L’ordinamento sanziona il comportamento della amministrazione che ha ingenerato nel privato il legittimo affidamento circa la successiva stipulazione del contratto, che di fatto non è seguito, l’ambito di applicabilità è quello dell’art. 1337c.c..

Nella ricostruzione della natura giuridica della responsabilità precontrattuale pura deve, pertanto, ritenersi operativo il richiamo ai due modelli di responsabilità precontrattuale già esaminati.

Ebbene, può sussistere in capo al soggetto pubblico una responsabilità con conseguente obbligo di risarcimento del danno da interesse negativo, sia nel caso in cui la stipulazione risulti totalmente assente, responsabilità da mancata stipulazione, come può avvenire quando la pubblica amministrazione ritiri con provvedimento la gara prima della stipulazione del contratto, o viceversa, da stipulazione inutile ex art. 1338 c.c., ove la stazione appaltante, essendo a conoscenza di una causa di invalidità o inefficacia del contratto, non informi il privato di tale circostanza ledendo il suo legittimo affidamento (8).

In questo ultimo caso la dimensione pubblicistica interseca quella privatistica, atteso che deve sussistere un vizio della gara che ha, tuttavia, condotto alla stipulazione del contratto con l’aggiudicatario, salvo successivo annullamento della stessa in autotutela.

L’annullamento si ripercuote sulla efficacia del contratto, ma la pubblica amministrazione conosce o doveva conoscere la causa di invalidità del medesimo, prima della stipulazione .

La violazione è pertanto duplice, una lesione pubblicistica, perpetrata attraverso il non rispetto delle regole della gara, l’altra privatistica con il mancato obbligo di informazione del privato.

 

  1. L’Adunanza Plenaria n. 5/2018.

Anche la giurisprudenza amministrativa è intervenuta per qualificare l’ambito di operatività dell’istituto della responsabilità precontrattuale (9).

Infatti, nella sentenza in oggetto si affronta il tema della responsabilità precontrattuale della stazione appaltante per violazione degli obblighi di correttezza anteriormente all’aggiudicazione della gara.

La questione si incentra nella ipotizzabilità di una trattativa anche prima della scelta formale del contraente.

L’ordinanza di rimessione, peraltro, poneva a base del rinvio anche un ulteriore dubbio in riferimento alla limitazione temporale della suddetta responsabilità e attinente alla pubblicazione del bando poi risultante illegittimo.

Invero, si chiedeva alla Adunanza Plenaria di chiarire se la responsabilità precontrattuale, ove fosse ritenuta sussistente, dovesse riguardare non solo la condotta successiva al bando di gara ma anche quella allo stesso antecedente.

Il Consiglio di Stato (10) riteneva di dover preferire una tesi restrittiva, argomentando per l’ipotizzabilità di una responsabilità precontrattuale solo a seguito dell’aggiudicazione.

Gli argomenti utilizzati si basavano su una circoscritta accezione di ‘trattativa’, la quale non poteva prescindere da un rapporto personalizzato tra soggetti determinati.

In tali casi, si sosteneva, la violazione delle regole di formazione del contratto non può riconoscersi con riguardo a soggetti indistinti, meri partecipanti alla gara, in quanto titolari di una chance di aggiudicazione meramente potenziale e ipotetica.

Il bando doveva ritenersi una proposta al pubblico, in incertam personam, ex art. 1336 c.c., non in grado di sottintendere un diritto soggettivo alla buona fede nelle trattative.

L’assunto comporterebbe una esclusione della sussistenza della responsabilità precontrattuale in uno stadio anteriore all’aggiudicazione, configurandosi in capo al privato una posizione di mero interesse legittimo al corretto esercizio del potere di scelta da parte del contraente pubblico (11).

L’orientamento in oggetto specificava, peraltro, partendo da un assunto non più condivisibile e di stampo esclusivamente pubblicistico, che il procedimento di aggiudicazione, in quanto appartenente al più ampio genus di quello amministrativo, poteva configurare soltanto una responsabilità aquiliana da lesione di interesse legittimo (12).

Tale fase di scelta del contraente sarebbe stata, infatti, strumentale alla sola individuazione del contraente e, pertanto, del tutto avulsa dalla successiva e distinta fase  del contratto.

Le condotte nella procedura pubblicistica, in quest’ottica, sarebbero ontologicamente incompatibili con le regole privatistiche di formazione del negozio.

Sulla questione della configurabilità della responsabilità precontrattuale nella fase antecedente al bando si sosteneva, inoltre, che l’ipotesi rappresentasse un’estensione ingiustificata di obblighi risarcitori per la parte pubblica.

Peraltro, l’atto di autotutela che potrebbe portare all’annullamento della procedura per contraddittorietà del bando di gara non implicherebbe di per sé violazione degli obblighi di correttezza con riguardo a quei soggetti che facciano affidamento sulla professionalità della pubblica amministrazione.

Di tutt’altro avviso è stata l’Adunanza Plenaria che, nella sentenza n. 5/2018, riconduce il procedimento di evidenza pubblica nella doppia dimensione di cui si è detto, con conseguente applicazione di duplicità di regole di condotte: comportamentali in grado di configurare responsabilità e attizie incidenti sull’illegittimità del provvedimento di aggiudicazione.

E ancora, i criteri di correttezza e buona fede sono principi trasversali, applicabili a ogni ipotesi in cui il contratto sia preceduto da una fase di ricerca del contraente, a prescindere dalla presenza simultanea di atti amministrativi e condotte privatistiche nella medesima procedura di scelta.

L’Adunanza Plenaria, pertanto, amplia e rende effettiva la tutela in una logica estensiva.

La pubblica amministrazione deve essere un contraente che agisce non solo in modo legittimo, ma anche corretto.

Da ultimo, conclude il provvedimento, la responsabilità contrattuale deve essere estesa anche alla fase antecedente al bando, al fine di uniformare la disciplina ed escludere condotte antielusive dei criteri di reciprocità da parte del contraente pubblico.

Ebbene, la buona fede oggettiva deve ritenersi principio informatore dell’agere pubblico posto a base del divieto di discriminazione e dell’imparzialità della pubblica amministrazione.

Tuttavia, rimangono fermi i presupposti civilistici per la ravvisabilità della responsabilità precontrattuale ‘pura’ in capo alla stazione appaltante, la buona fede della controparte, l’ingiustizia della condotta, la sussistenza del pregiudizio, sotto l’aspetto del danno emergente e del lucro cessante.

 

  1. La tutela della parte privata.

Occorre infine precisare che la giurisprudenza più recente ha, peraltro, delimitato l’area di operatività del legittimo l’affidamento del privato, ritenendo che le regole che disciplinano la gara vadano correttamente considerate non norme imperative, ma norme di azione.

Ebbene, nell’ambito di tale rapporto la pubblica amministratrice deve qualificarsi come operatore professionale che sottostà a tutti gli obblighi di buona fede previsti nell’ambito delle trattative, compreso quello di informazione della controparte.

Solo sulla base di tali presupposti l’affidamento del privato può ritenersi legittimo, sussistendo un contatto sociale qualificato.

Prima della sentenza della Cassazione del 2016 che ha contrattualizzato la responsabilità precontrattuale, la pubblica amministrazione rispondeva sia nel caso di responsabilità spuria, sia nel caso di quella pura, sempre per responsabilità extracontrattuale da atto/fatto illecito.

Residuava tuttavia una differenza: nell’ambito della responsabilità precontrattuale spuria il modello di riferimento era quello della responsabilità aquiliana soggettiva presunta, dovendosi presumere attraverso l’illegittimità del provvedimento l’elemento soggettivo in capo alla amministrazione, mentre per quella pura il modello era pur sempre di tipo aquiliano ma soggettivo classico, con onere della prova della colpa a carico del privato danneggiato, non sussistendo un provvedimento illegittimo.

Oggi invece la diversità tra le due forme di responsabilità è rilevante, atteso che, cambiando la natura giuridica della stessa, quella spuria rimane una responsabilità aquiliana, ex art. 2043 c.c., mentre quella pura diventa responsabilità da inadempimento, ex art. 1218 c.c..

Il riparto dell’onere probatorio dal punto di vista dell’elemento soggettivo rimane comunque lo stesso per entrambe le forme di responsabilità, in quella spuria la colpa si presume e anche in quella pura il danneggiato non deve provarla.

Similitudini si hanno inoltre con riferimento al riparto di giurisdizione che appartiene per entrambe le ipotesi al giudice amministrativo.

La responsabilità spuria perché è esercizio del potere che produce la lesione di un interesse legittimo e quella pura, perché nonostante la lesione si sostanzi in una violazione di una regola privatistica, sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia, ex art. 133 lett. e) n. 1 c.p.a..

Diverse sono invece le azioni esperibili.

Nella responsabilità precontrattuale spuria la fonte del danno è il provvedimento illegittimo quindi la tutela per il privato è caducatoria, tesa alla eliminazione dello stesso e il risarcimento è costituito dall’interesse positivo, la mancata utilità conseguente, per esempio, alla non aggiudicazione della gara.

A opposte conclusioni si perviene con riferimento a quella pura.

In essa la fonte del danno è  la regola di comportamento violata quindi il privato ha interesse a una azione di accertamento e contestualmente di condanna al risarcimento del pregiudizio sofferto, che si concretizza nell’interesse negativo.

L’analisi ha evidenziato come le parti, private e pubbliche, nello svolgimento delle trattative necessarie alla conclusione del contratto devono comportarsi secondo buona fede, ex art. 1337 c.c..

L’obbligo di buona fede si sostanzia in concreti doveri per i contraenti, da quello di lealtà, di informazione, di non recedere ingiustificatamente dalla trattativa, fino a quello più generico di collaborazione e di informazione di cause di invalidità della stipulazione, quest’ultimo obbligo legale previsto espressamente dall’art. 1338 c.c..

Il rimedio per le violazioni di tali comportamenti è il risarcimento del danno dovuto a responsabilità precontrattuale da mancata e/o inutile stipulazione, o da contratto valido ed efficace.

Il nodo gordiano riguardante la natura giuridica di tale responsabilità è stato risolto dalla più recente giurisprudenza della Cassazione e amministrativa, le quali ne hanno affermato la riconducibilità nel paradigma della responsabilità da inadempimento, ex art. 1218 c.c., anche in riferimento alla particolare tipologia di responsabilità precontrattuale pura della pubblica amministrazione, mentre quella spuria era e continua a rimanere una responsabilità aquiliana, ex art. 2043 c.c..

Pertanto, con riferimento ai contratti pubblici rimane fermo l’ordinario criterio di riparto della giurisdizione che devolve, ove la controparte rivesta tale qualità, al giudice amministrativo entrambe le controversie in materia di responsabilità precontrattuale, quelle da violazione di diritto soggettivo, per giurisdizione esclusiva e quelle da lesione di interesse legittimo in quanto esplicazione ed esercizio di munus publicum.

 

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 Bibliografia:

(1)F. Gazzoni, Manuale di Diritto privato, Ed. Italiane Scient. 2007; C. M. Bianca, Diritto civile, III, Il  contratto, Giuffrè, Milano, 2000;

R.Sacco- G- De Nova, Il contratto, Utet Giuridica, Milano 2016;

(2)M. Fratini, Il sistema del diritto civile, III,  Il contratto, Dike Ed., 2017;

(3) Cass. Sez. I, 23 marzo 2016 n. 5762;

(4) Cass. Sez. I, 12.07.2016 n. 14188;

(5) CGUE 17/09/2002 C-334/2000;

(6) Ancora Cass. Sez. I, 12.07.2016 n. 14188;

(7) R. Garofoli-G. Ferrari, Manuale di diritto amministrativo, X Ed. Parte III, La responsabilità della pubblica amministrazione, Nel Diritto Editore, 2017;

(8) Ad. Pl., 7 marzo 2005 n. 920;

(9) Ad. Pl., 4 maggio 2018 n. 5;

(10) Consiglio di Stato, Sez. III, ord. 24.11.2017 n. 5492;

(11) Cons. di Stato, Sez. V, 21.08.2014 n. 4272; n. 3748/2015;

(12) Cass. n. 12313/2005, n. 13164/2005.