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Anno XVI - n. 04 - Aprile 2024

  Giurisprudenza Amministrativa



Alcune osservazioni sul principio di fungibilità dei membri delle commissioni d’esame di avvocato nella vigenza della disciplina transitoria ex art.49 della legge 31 dicembre 2012, n.247

Nota a Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana - Sentenza n. 109 del 2018. A cura di Francesco Fersini
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La sentenza del 26 febbraio 2018 n.109 del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana che qui si commenta pone, per le sue statuizioni, rilevanti problemi pratici e ci interroga sull’ambito di applicabilità della previsione transitoria di cui all’art.49 della legge n.247 del 2012.

In particolare, la sentenza in commento statuisce in merito al principio di fungibilità o meno dei componenti delle commissioni d’esame di abilitazione per l’esercizio della professione forense.

Nel caso in esame, infatti, parte ricorrente asseriva la violazione dell’art.47 della legge n.247 del 2012 dal momento che mancava la componente docente della commissione d’esame nella fase valutativa.

L’art.22, comma 5 del R.D.L. n.1578/1933 prevede(va) espressamente che i membri supplenti delle commissioni e delle sottocommissioni potessero intervenire in sostituzione di qualsiasi membro effettivo. Tale norma, dunque, ha sancito il principio di fungibilità dei componenti delle commissioni d’esame di abilitazione per l’esercizio della professione forense.

La mancata riproposizione del disposto di cui all’art.22, comma 5 del R.D.L. n.1578/1933 nella legge n.247 del 2012, che ha dettato una nuova disciplina della professione forense e dell’esame di abilitazione, parrebbe averne comportato l’abrogazione tacita o implicita.

L’abrogazione tacita è, infatti, una forma di abrogazione riconosciuta in giurisprudenza e definita, in dottrina, come quel tipo di abrogazione che si ha per incompatibilità di norme precedenti rispetto a norme nuove quando una legge disciplina interamente la materia regolata da un’intera legge[1].

L’abrogazione implicita è, invece, una forma di abrogazione che avviene perché la nuova legge regola l’intera materia già regolata dalla legge anteriore e che differirebbe dall’abrogazione tacita semplicemente per motivi legati a strategie argomentative: mentre l’abrogazione tacita si basa su un contrasto tra norme, su un’incompatibilità tra norme, l’abrogazione implicita si basa sul fatto che la disciplina della materia è stata interamente riformata il che porterebbe a ritenere abrogata una legge o più leggi[2].

Il ricorrente nel caso di specie riteneva che la riforma del 2012 avesse comportato un’abrogazione tacita o implicita del principio di fungibilità dei membri della commissione d’esame per la professione forense.

Il giudice siciliano, sia di primo che di secondo grado, respingeva tale censura asserendo che, in virtù della norma transitoria di cui all’art.49 della legge n.247 del 2012, la disciplina dell’esame di abilitazione all’esercizio della professione forense continuerebbe a soggiacere alle norme previgenti di cui al R.D.L. n. 1578/1933.

La sentenza n.109/2018 del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, tuttavia, osserva che una volta conclusa la fase transitoria l’art.22, comma 5 del R.D.L. n.1578/1933 non potrà più trovare applicazione poiché la mancata conferma di simile previsione da parte della nuova legge è indice della volontà legislativa di superarla e che essendo stata emanata una nuova regolamentazione della materia emergono i presupposti dell’abrogazione tacita.

L’asserzione del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana è, peraltro, condivisa da parte della giurisprudenza (cfr. Consiglio di Stato, Sezione IV, 21 aprile 2017, n.1873) pur essendo stata messa in discussione da alcuni giudici amministrativi (T.A.R. Sicilia Catania, Sez. IV, 23 gennaio 2017, n. 128; T.A.R. Sicilia Catania, Sez. IV, 07 dicembre 2016, n. 3214; T.A.R. Lombardia Milano, Sez. III, 06 ottobre 2016, n. 1817; T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, 26 settembre 2016, n. 1735; T.A.R. Lombardia Milano, Sez. III, 12 settembre 2016, n. 1648; T.A.R. Molise, Sez. I, 17 agosto 2016, n. 335).

La conclusione cui è pervenuto il  Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, a parere di chi scrive, non solo si deve confrontare con una sottolineatura dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ma, come tra poco avremo modo di chiarire, si presta ad una forte contraddizione. Innanzitutto, come detto, tale conclusione si deve confrontare con un rilievo dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che in un’indagine conoscitiva nel settore degli ordini e dei collegi professionali[3] ha affermato che il principio di imparzialità al quale deve essere informata la composizione della Commissione esaminatrice, impone che nella formazione della stessa il carattere esclusivamente tecnico del giudizio debba risultare salvaguardato da ogni rischio di deviazione verso interessi di parte. Dunque, prosegue l’Autorità Antitrust,  non può certo essere riservato agli ordini un ruolo dominante nella fase di accertamento del possesso dei requisiti del candidato dal momento che questo equivarrebbe a sacrificare la terzietà di chi contribuisce a stabilire il numero di coloro che sono ammessi ad entrare nel mercato. Infatti, ragiona l’AGCM, i professionisti già operanti sul mercato hanno la possibilità di influenzare gli esiti del processo di selezione, restringendo il numero di coloro che intendono accedere alla professione al di là di quanto sarebbe giustificato su una mera base qualitativa

Sul punto si consideri che la normativa di cui all’art.22 del R.D.L. 27 novembre 1933, n.1578 prevede(va) che la commissione d’esame fosse composta da cinque membri titolari e cinque supplenti in queste proporzioni: due avvocati iscritti da almeno dodici anni all'Albo degli avvocati; due magistrati, con qualifica non inferiore a magistrato di Corte di appello; un professore o ricercatore universitario.

La nuova disciplina sulla professione forense, invece, all’art.47 della legge 31 dicembre 2012, n.247 prevede che la commissione d’esame sia composta da cinque membri effettivi e cinque supplenti nella seguente proporzione: tre avvocati iscritti all'albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori[4]; un magistrato preferibilmente in pensione;  un professore o ricercatore universitario.

Da qui discendono due considerazioni. La prima risiede nel rilievo che, paradossalmente, il R.D.L. 1578/1933 fosse più rispettoso delle indicazioni dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato rispetto alla nuova legge sulla professione forense. Infatti, se si nota, il R.D.L. 1578/1933 prevedeva due commissari designati dagli ordini professionali su una commissione composta da cinque membri, mentre la legge 31 dicembre 2012, n.247 aumenta il numero di commissari appartenenti alla professione forense da due a tre su una commissione composta sempre da cinque membri. Sembra pertanto che i rilievi dell’Autorità Antitrust del 1997 siano stati disattesi dalla nuova normativa.

La seconda considerazione, introdotta dalla prima, è che allo stato attuale, accogliendo le statuizioni della sentenza che qui si commenta in tema di principio di fungibilità, si viene a realizzare una seria contraddizione.

La sentenza n.109/2018 del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana argomenta la vigenza del principio di piena fungibilità dei membri della Commissione in virtù del fatto che, con la norma transitoria di cui all’art.49 della legge 247/2012 si è procrastinata l’entrata in vigore della legge di riforma negli aspetti inerenti l’esame d’abilitazione alla professione forense, ragion per cui si deve applicare il R.D.L. n. 1578/1933 in luogo della legge n.247/2012.

Il giudice siciliano, a suo supporto cita anche l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 20 settembre 2017 laddove afferma che con la norma transitoria ex art.49 della legge 247/2012 “il legislatore abbia voluto procrastinare l’entrata in vigore della legge di riforma con riferimento a tutti gli aspetti che disciplinano lo svolgimento dell’esame d’abilitazione alla professione di avvocato”[5].

In realtà il giudice siciliano ha ignorato una particolare espressione della decisione dei giudici di Palazzo Spada, i quali hanno precisato che il legislatore ha procrastinato l’entrata in vigore della legge di riforma con riferimento non a tutti gli aspetti inerenti l’esame d’abilitazione alla professione forense bensì solo a quegli aspetti che ne disciplinano lo svolgimento.

Se si valorizza questo dato ermeneutico ne discenderebbe che il legislatore non ha inteso procrastinare la materia relativa alla composizione delle commissioni d’esame, per la quale è applicabile sin d’ora la legge n. 247/2012.

Del resto, argomentando diversamente, e cioè sostenendo la tesi esposta nella sentenza in commento secondo la quale dovrebbe applicarsi il R.D.L. n.1578/1933 anche rispetto alla composizione delle commissioni d’esame, allora la commissione dovrebbe essere composta da due avvocati, due magistrati, un professore o ricercatore universitario.

Se si osservano le attuali composizioni delle Commissioni d’esame[6], invece, notiamo che queste sono composte secondo le diverse proporzioni di cui alla legge n.247/2012, quindi da tre avvocati, un magistrato, un professore o ricercatore universitario.

E’ evidente, pertanto, che la norma transitoria riguarda la sola disciplina inerente lo svolgimento dell’esame d’abilitazione all’esercizio della professione forense, per la quale resta applicabile il R.D.L. n.1578/1933, non anche la disciplina inerente la composizione delle Commissioni d’esame che, altrimenti, sarebbero state paradossalmente composte secondo le proporzioni stabilite da una disposizione di legge non ancora in vigore.

Dunque per quanto riguarda la composizione delle Commissioni d’esame per l’abilitazione all’esercizio della professione forense è applicabile la legge 31 dicembre 2012, n.247.

Questa conclusione, però, porta inevitabilmente a ritenere che il principio di fungibilità tra membri della commissione stessa non sia più in vigore, essendo stato tacitamente (o implicitamente) abrogato dalla nuova disciplina che non ha riprodotto una disposizione simile a quella di cui al  R.D.L. n.1578/1933, come del resto ammesso dagli stessi giudici estensori della sentenza in commento.

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[1] Giuseppe De Vergottini, Diritto Costituzionale, CEDAM, 2017, pag. 186. Diversamente Roberto Bin e Giovanni Pitruzzella, Diritto Costituzionale, Giappichelli, 2015, pag.342 distinguono tra abrogazione tacita e abrogazione implicita.

[2] Roberto Bin e Giovanni Pitruzzella, Diritto Costituzionale, Giappichelli, 2015, pag.344.

[3] AGCM, Provvedimento, n.5400 del 03 ottobre 1997, pag.8, pubblicato su Bollettino n.42/1997 e reperibile sul sito www.agcm.it. 

[4] Tale modifica, che riserva il ruolo di commissari d’esame agli avvocati iscritti all’albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori e non più agli avvocati iscritti da almeno dodici anni all’albo anche se non cassazionisti, potrebbe porre in futuro alcuni problemi di ordine organizzativo. Infatti, tale modifica si deve necessariamente confrontare con la nuova disciplina sull’accesso al patrocinio presso le giurisdizioni superiori reso, dalla stessa legge del 2012, assai più gravoso. Onde è ragionevole ritenere che si ridurrà il numero di iscritti a tale patrocinio e, conseguentemente, il numero di possibili commissari. Tanto più che la legge 247/2012 ha altresì innalzato il numero dei membri della commissione appartenenti all’ordine forense (dai due membri previsti dal R.D.L. 1578/1933 ai tre membri previsti dalla legge 247/2012)

[5] Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, n.7, 20 settembre 2017.

[6] Cfr. DM. 22 novembre 2017; D.M. 30 novembre 2017; D.M. 15 dicembre 2017.