ISSN 2039 - 6937  Registrata presso il Tribunale di Catania
Anno XVI - n. 03 - Marzo 2024

  Giurisprudenza Civile delle Corti Supreme
  A cura di Anna Laura Rum



L’interpretazione operata dal giudice amministrativo di ultima istanza, delle norme nazionali od unionali, ove risulti incompatibile con la giurisprudenza della Corte di Giustizia, è ipotesi estranea al sindacato per motivi inerenti alla giurisdizione delle Sezioni Unite.

Di Anna Laura Rum
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NOTA A CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE, ODRINANZA 30 AGOSTO 2022, N. 25503

 

L’interpretazione operata dal giudice amministrativo di ultima istanza, delle norme nazionali od unionali, ove risulti incompatibile con la giurisprudenza della Corte di Giustizia, è ipotesi estranea al sindacato per motivi inerenti alla giurisdizione delle Sezioni Unite.

 

Di ANNA LAURA RUM

 

 

Sommario: 1. I fatti di causa 2. Le argomentazioni delle Sezioni Unite 3. Il principio di diritto

 

  1. I fatti di causa

La vicenda in esame vede l’Azienda Usl Valle d’Aosta indire una procedura di gara da aggiudicare in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, al fine di individuare una Agenzia per il lavoro, cui affidare per tre anni la somministrazione temporanea di personale a tempo determinato.

La Stazione appaltante aveva previsto negli atti di gara una soglia di sbarramento alle offerte tecniche.

La commissione di gara, valutate le offerte tecniche, aveva ammesso alla fase successiva della valutazione economica soltanto un RTI e, all’esito della graduatoria finale, la Stazione appaltante aveva aggiudicato la gara ad esso.

Un concorrente escluso, quindi, impugnava la propria esclusione per il mancato superamento della soglia di sbarramento, dinanzi al Tribunale amministrativo regionale della Valle d’Aosta e, con motivi aggiunti, l’aggiudicazione della gara al RTI: al fine di ottenere la riammissione alla gara, deduceva l’irragionevolezza dei punteggi tecnici attribuiti alla propria offerta, nonostante l’evidente similarità della stessa con quella del RTI, la inadeguata determinazione dei criteri e sub-criteri di valutazione delle offerte indicati nel disciplinare di gara e il difetto di motivazione circa i voti numerici assegnati alle offerte, l’illegittima nomina della commissione di gara, avvenuta dopo l’apertura delle offerte tecniche, l’illegittima composizione della commissione con una persona incompatibile e la mancata suddivisione della gara in lotti.

L’Azienda Usl Valle d’Aosta e il RTI resistevano ed eccepivano l’inammissibilità dei motivi di ricorso, assumendo che la ricorrente fosse priva di legittimazione a proporli, essendo stata comunque esclusa dalla gara.

La Stazione appaltante non si costituiva nel giudizio.

Il TAR rigettava le eccezioni relative alla legittimazione della ricorrente e, esaminando tutti i motivi di ricorso, li rigettava nel merito.

Dunque, la ricorrente proponeva appello, in via principale, con il quale ribadiva le censure e gli argomenti difensivi svolti in primo grado.

Il Consiglio di Stato, sez. III, con sentenza del 7 agosto 2019, rigettava il motivo del ricorso principale e, in accoglimento dei ricorsi incidentali, riformava parzialmente la sentenza impugnata e affermava di aderire alla giurisprudenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, resa con le sentenze n. 4 del 7 aprile 2011 e n. 9 del 25 febbraio 2014, secondo la quale, nel caso in cui l’Amministrazione abbia escluso dalla gara un concorrente – sia per difetto delle condizioni soggettive di partecipazione alla gara intese in senso ampio, sia per altre cause derivanti da carenze oggettive delle offerte e, dunque, anche per inidoneità dell’offerta tecnica o mancato superamento della soglia di punteggio minimo attribuibile all’offerta medesima –, esso non ha la legittimazione ad impugnare gli atti di gara, a meno che non ottenga una pronuncia di accertamento della illegittimità della propria esclusione.

Avverso la sentenza del Consiglio di Stato, è stato proposto ricorso per cassazione, deducendo, con un unico motivo, la violazione degli articoli 362, comma 1, cod. proc. civ. e 110 cod. proc. amm., per avere il Consiglio di Stato negato ad un soggetto escluso dalla gara – con provvedimento la cui legittimità non era stata definitivamente accertata, essendo contestata nel giudizio – la legittimazione e l’interesse a proporre le censure volte al travolgimento della gara stessa, riguardanti la inadeguatezza dei criteri di valutazione delle offerte e il difetto di motivazione dei punteggi assegnati alle offerte, nonché le modalità di nomina e composizione della commissione di gara, ai fini dell’esclusione dell’aggiudicatario e comunque della ripetizione della gara; con consequenziale violazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale, codificato in materia nell’articolo 1, par. 1, terzo comma, della Direttiva Cee 21 dicembre 1989, n. 665, e diniego di accesso alla tutela stessa, censurabile con ricorso per cassazione dinanzi alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione, ai sensi dell’articolo 111, ottavo comma, della Costituzione, come statuito in precedenti specifici delle Sezioni Unite (sentenze 6 febbraio 2015, n. 2242 e 29 dicembre 2017, n. 31226).

Le Sezioni Unite, con ordinanza interlocutoria n. 19598 del 2020, hanno disposto un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, ai sensi dell’art. 267 TFUE, e la sospensione del giudizio.

La Corte di Giustizia si è pronunciata con sentenza del 21 dicembre 2021, C-497/20, e il giudizio di cassazione – dominato dall’impulso d’ufficio – è proseguito senza necessità di istanza di parte.

 

  1. Le argomentazioni delle Sezioni Unite

Le Sezioni Unite, con l’ordinanza in esame, preliminarmente, ricordano avere operato un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, ai sensi dell’art. 267 TFUE, con ordinanza interlocutoria n. 19598 del 2020, formulando tre quesiti, che vengono riportati nel corpo della motivazione, congiuntamente alla risposta data dal giudice europeo per ognuno.

Con il primo quesito, si chiedeva di chiarire in che misura, per garantire la tutela giurisdizionale effettiva richiesta dal diritto dell’Unione, l’organo giurisdizionale supremo nazionale (qual è la Corte di cassazione) debba essere riconosciuto competente ad esercitare un controllo giurisdizionale sulle sentenze pronunciate dall’organo della giustizia amministrativa di ultimo grado.

A tale quesito la Corte di Giustizia ha risposto affermando che «l’articolo 4, paragrafo 3, e l’articolo 19, paragrafo 1, TUE, nonché l’articolo 1, paragrafi 1 e 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una disposizione del diritto interno di uno Stato membro (come l’art. 111, comma 8, Costituzione) che secondo la giurisprudenza nazionale produce l’effetto che i singoli, quali gli offerenti che hanno partecipato a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, non possono contestare la conformità al diritto dell’Unione di una sentenza del supremo organo della giustizia amministrativa di tale Stato membro nell’ambito di un ricorso dinanzi all’organo giurisdizionale supremo di detto Stato membro».

Con il terzo quesito pregiudiziale, le Sezioni Unite chiedevano alla Corte di Giustizia di stabilire se fosse rispettato il principio di effettività della tutela – e, di conseguenza, il principio dell’autonomia procedurale degli Stati – in un caso, come quello in esame, in cui l’offerente escluso dalla procedura di aggiudicazione di un appalto ha proposto dinanzi al giudice amministrativo un ricorso di primo grado fondato su motivi intesi a contestare l’aggiudicazione dell’appalto ad altra impresa per plurime ragioni, concernenti anche la irregolarità della procedura e il Consiglio di Stato ha deciso nel senso che il giudice di primo grado avrebbe dovuto dichiarare irricevibili i motivi diretti a contestare la decisione di aggiudicazione, sulla base del rilievo che il ricorrente era stato escluso dalla procedura, sebbene l’esclusione non fosse stata ancora definitivamente accertata da un organo giurisdizionale indipendente.

Su quest’ultima questione la Corte di Giustizia si è pronunciata in motivazione, osservando che «la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Valle d’Aosta da parte del Consiglio di Stato, che ha dichiarato irricevibile la parte del ricorso con cui si contestava l’aggiudicazione dell’appalto al RTI, è incompatibile con il diritto a un ricorso effettivo garantito dall’articolo 1, paragrafi 1 e 3, della direttiva 89/665, letto alla luce dell’articolo 2 bis, paragrafo 2, di quest’ultima. Di conseguenza, la sentenza del Consiglio di Stato non è neppure conforme all’articolo 47, primo comma, della Carta» (p. 77).

In tale situazione, ad avviso della Corte di Giustizia, «sebbene spetti al giudice del rinvio verificare se nell’ordinamento giuridico italiano esista, in linea di principio, un siffatto rimedio giurisdizionale nel settore dell’aggiudicazione degli appalti pubblici» (p. 63) «che permetta, anche solo in via incidentale, di garantire il rispetto dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione» (p. 62), «una norma nazionale [come l’art. 111, comma 8, della Costituzione] che impedisce che le valutazioni di merito effettuate dal giudice amministrativo di ultimo grado possano ancora essere esaminate dall’organo giurisdizionale supremo, non realizza una ingiustificata limitazione, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, del diritto di ricorrere a un giudice imparziale sancito all’articolo 47 della stessa», avendo comunque i singoli «accesso, nel settore interessato, a un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge» (p. 69). Pertanto – ad avviso della Corte Europea – «[non potendosi] ritenere a priori che il diritto processuale italiano, di per sé, [abbia] l’effetto di rendere impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio, in tale settore del diritto amministrativo, dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione» (p. 63), il principio di effettività della tutela giurisdizionale è garantito dall’ordinamento italiano con modalità rispettose dell’autonomia procedurale degli Stati.

Il Collegio ricorda che la predetta sentenza della Corte di Giustizia è vincolante per il giudice di rinvio (cfr. Corte di giustizia, 16 giugno 2015, C-62/14, Gauweiler, p. 16), come lo sono tutte le statuizioni della Corte di giustizia, anche fuori del contesto processuale che le hanno provocate, avendo operatività immediata negli ordinamenti interni «al pari delle norme comunitarie direttamente applicabili cui ineriscono» (cfr. Corte cost. n. 284 del 2007).

Si aggiunge che la portata del vincolo è modellata  dal contenuto della statuizione che, nella specie, ha avuto ad oggetto la questione della compatibilità con le pertinenti norme unionali della interpretazione in senso limitativo delle disposizioni nazionali in tema di ricorso per cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato, come emergente dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite successiva alla sentenza della Corte costituzionale n. 6 del 2018 che, dichiarando inammissibile una questione di costituzionalità proposta dalle stesse Sezioni Unite per difetto di rilevanza, aveva ritenuto ingiustificato il controllo cassatorio sulle sentenze del Consiglio di Stato, nei casi di violazione di norme dell’Unione, come interpretate dalla Corte di Giustizia.

Le Sezioni Unite  chiariscono che tale più recente interpretazione ‒ superando quella precedente che attribuiva alla nozione di eccesso di potere giurisdizionale la più estesa accezione di radicale stravolgimento delle norme di riferimento, nazionali o unionali, quale causa di denegata giustizia (in tal senso cfr. SU n. 2242 del 6 febbraio 2015 e n. 31226 del 29 dicembre 2017) – è stata fatta propria dalle stesse Sezioni Unite che, con atteggiamento di self restraint, hanno scelto di conformarvisi (cfr. la già citata SU n. 13243 del 2019 in fattispecie similare).

Viene chiarito, inoltre, che la Corte di Giustizia non si è pronunciata sulla «esatta» o migliore interpretazione delle norme nazionali che prevedono il ricorso per cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato per i soli «motivi inerenti alla giurisdizione» – che è attribuzione riservata per Costituzione alle Sezioni Unite – ma sulla diversa questione (di rilievo unionale) che le era stata sottoposta, riguardante la compatibilità con il diritto dell’Unione della riferita interpretazione in senso riduttivo degli articoli 111, comma 8, della Costituzione, 360, comma 1, n. 1, e 362, comma 1, c.p.c., fornita dalla giurisprudenza successiva alla sentenza costituzionale del 2018: il rinvio pregiudiziale muoveva dalla considerazione della peculiarità e originalità del sistema processuale italiano che ammette il ricorso per cassazione avverso le sentenze dell’organo di giustizia amministrativa di ultimo grado nei casi in cui sia denunciato non solo il difetto (cd. relativo) di giurisdizione «ratione materiae» (per essere la controversia devoluta ad altro giudice) nel momento in cui il giudice è adìto, ma anche il superamento dei limiti esterni nell’esercizio (o il mancato esercizio) della giurisdizione sugli interessi legittimi e (nelle particolari materie indicate dalla legge) sui diritti soggettivi, che sia tale da inficiare la decisione per ragioni di eccesso e/o difetto assoluto di potere giurisdizionale.

Dunque, il Collegio, con l’ordinanza in esame, afferma che l’atteggiamento di self restraint delle Sezioni Unite dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 6 del 2018 ha superato (per quanto concerne la questione posta nel primo quesito) il vaglio di compatibilità con il diritto dell’Unione Europea sollecitato, in questo stesso giudizio, dall’ordinanza interlocutoria n. 19598 del 2020 ed ha ricevuto conferma nella giurisprudenza successiva alla sentenza della Corte di Giustizia del 21 dicembre 2021 (cfr. SU n. 1454 del 18 gennaio 2022).

Le Sezioni Unite statuiscono che non vi è spazio, nel presente giudizio, per valutare l’eccesso di potere giurisdizionale in termini nuovi e diversi da quelli posti a fondamento del rinvio pregiudiziale secondo le direttrici della giurisprudenza di legittimità successiva all’arresto costituzionale del 2018 e che, sebbene non esista nel nostro sistema processuale una norma che imponga la regola dello «stare decisis», la conferma dei propri precedenti da parte delle Sezioni Unite costituisce un valore o, comunque, una direttiva di tendenza immanente nell’ordinamento (cfr. SU n. 13620 del 31 luglio 2012).

Infine, il Collegio ricorda che la questione riguardante il secondo quesito pregiudiziale proposto nell’ordinanza interlocutoria (circa la compatibilità con il diritto dell’Unione della giurisprudenza nazionale che intende in senso limitativo il sindacato della Corte di cassazione sulle sentenze del giudice amministrativo che immotivatamente si sottraggano all’obbligo di rinvio pregiudiziale) è assorbita, alla luce della innovativa risposta fornita dalla Corte di Giustizia, la quale le ha giudicate non rilevanti in ragione del fatto che non sono stati formulati motivi di ricorso per cassazione vertenti sul fatto che il Consiglio di Stato, in violazione dell’art. 267 TFUE, abbia omesso di sottoporre alla stessa Corte Europea una domanda di pronuncia pregiudiziale.

 

  1. Il principio di diritto

In conclusione, le Sezioni Unite, pronunciando nel giudizio sospeso all’esito del rinvio pregiudiziale, con ordinanza n. 25503 del 2022,  dichiarano il ricorso inammissibile, affermando essere stato “denunciato un eccesso di potere giurisdizionale non configurabile nella specie, vale a dire un diniego di giustizia da parte del giudice amministrativo di ultima istanza, derivante dal radicale stravolgimento delle norme di riferimento, nazionali o unionali, come interpretate in senso incompatibile con la giurisprudenza della Corte di Giustizia, che è ipotesi estranea al perimetro del sindacato riservato alle Sezioni Unite per motivi inerenti alla giurisdizione”.