ISSN 2039 - 6937  Registrata presso il Tribunale di Catania
Anno XVI - n. 03 - Marzo 2024

  Giurisprudenza Civile delle Corti Supreme
  A cura di Anna Laura Rum



Alle Sezioni Unite la risoluzione del contrasto interpretativo sugli effetti del procedimento espropriativo su un immobile del quale sia stato notificato il relativo decreto all’occupante: è automatica la perdita dell’animus possidendi in capo all’occupante, o il possesso continua a permanere con la possibilità dell’acquisto del diritto di proprietà sul bene a titolo di usucapione?

Di Anna Laura Rum
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NOTA A CORTE DI CASSAZIONE, SECONDA SEZIONE CIVILE, ORDINANZA INTERLOCUTORIA 20 GIUGNO 2022, N. 19758

 

Alle Sezioni Unite la risoluzione del contrasto interpretativo sugli effetti del procedimento espropriativo su un immobile del quale sia stato notificato il relativo decreto all’occupante: è automatica la perdita dell’animus possidendi in capo all’occupante, o il possesso continua a permanere con la possibilità dell’acquisto del diritto di proprietà sul bene a titolo di usucapione?

 

Di ANNA LAURA RUM

 

Sommario: 1. I fatti di causa 2. Le argomentazioni della Seconda Sezione della Corte di Cassazione 3. Il dispositivo: la rimessione alle Sezioni Unite

 

  1. I fatti di causa

I fatti di causa vedono il Tribunale di Roma pronunciarsi su due cause riunite, aventi ad oggetto contrapposte domande di rilascio di un’area di proprietà comunale, asseritamente detenuta da una società privata, nonché di risarcimento dei danni per la ritardata consegna.

 La convenuta, con domanda riconvenzionale, ha chiesto la declaratoria di usucapione o, in subordine, la retrocessione dell’area.

Il Tribunale di Roma, respingendo la domanda della convenuta, ha condannato la stessa al rilascio dell’immobile.

La Corte di appello, poi, ha respinto il ricorso promosso dalla società soccombente in primo grado, sostenendo che, rispetto all’area oggetto di causa, per la quale era stato emesso decreto di espropriazione, non potevano ritenersi sussistenti le condizioni di acquisto a titolo di usucapione da parte del privato occupante, né che fossero ravvisabili i presupposti per il diritto di retrocessione, considerata la posizione di mera detentrice della società appellante, fino alla cessione in favore della stessa e non essendo stata dimostrata alcuna antecedente attività idonea a comportare un’”interversione nel possesso”.

Avverso la sentenza di appello sono stati proposti due ricorsi.

 

  1. Le argomentazioni della Seconda Sezione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione rileva una questione sulla quale, da oltre vent’anni, si registrano contrapposti indirizzi giurisprudenziali, ritenendo indifferibile la rimessione alle Sezioni Unite.

La questione, in particolare, attiene agli effetti conseguenti l’intervento del procedimento espropriativo su un bene, del quale sia stato notificato il relativo decreto all’occupante dell’immobile e, in particolare, sul se si verifichi o meno, in modo automatico, la condizione del c.d. “costituto possessorio” in favore dell’ente espropriante, e, quindi, la perdita dell’animus possidendi in capo all’occupante, con conseguente interruzione di un pregresso possesso dallo stesso esercitato per un intervallo temporale utile “ad usucapionem”, ma senza che sia maturato il ventennio, o se, invece, il possesso continui ugualmente a permanere in capo all’occupante con la possibilità dell’acquisto del diritto di proprietà sul bene, ancorché oggetto di espropriazione, ma senza che sia intervenuta alcuna immissione in possesso o condotta realizzativa delle opere previste nel decreto di esproprio, a titolo di usucapione, al successivo maturare dei venti anni continuativi.

La Corte, in particolare, rileva, ad oggi, due indirizzi interpretativi.

Un primo indirizzo sostiene che a seguito della notifica o, comunque, dell’avvenuta conoscenza del decreto di espropriazione per pubblica utilità, consegue in modo automatico la perdita dell’animus possidendi in capo all’occupante. In questo senso, si è espressa la Corte di Cassazione, con le sentenze, ex multis, nn. 23850/2018, 12230/2016, 6742/2014.

In particolare, il primo filone sostiene che il decreto di espropriazione è inidoneo a far acquisire la proprietà piena del bene e ad escludere qualsiasi situazione di fatto o di diritto con essa incompatibile. In sostanza, qualora il precedente proprietario, o un soggetto diverso, continui ad esercitare sulla cosa un’attività corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà, la notifica del decreto di espropriazione ne comporta la perdita dell’animus possidendi, conseguendone che, ai fini della configurabilità di un nuovo possesso utile “ad usucapionem”, è necessario un atto di “interversio possessionis”.

Questo orientamento, più nel dettaglio, sostiene che il soggetto che si trovi nella relazione con il bene, al momento in cui gli viene notificato il decreto di espropriazione per pubblica utilità, non potrebbe non acquisire la consapevolezza dell’alienità dello stesso e della impossibilità di farne uso come proprio, anche se, provvisoriamente, dovesse restare nella sua disponibilità materiale.

Per un secondo orientamento, che si riconduce alle pronunce della Corte di Cassazione, ex multis, nn. 5996/2014, 25594/2013, 5293/2000, in caso di espropriazione per pubblica utilità, il trasferimento coattivo di un bene non integra necessariamente gli estremi del “constitutum possessorium”, trasferendosi il diritto di proprietà in capo all’ente espropriante, contro la volontà dell’espropriato/possessore, senza che nessun accordo intervenga fra questi e lo stesso espropriante, né in relazione alla proprietà, né in relazione al possesso.

Ne consegue che il provvedimento ablativo non determina, di per sé, un mutamento dell’”animus rem sibi habendi” in “animus detinendi” in capo al soggetto espropriato, il quale, pertanto, può del tutto legittimamente invocare, ove ne ricorrano le condizioni, il compimento, a suo favore dell’usucapione, se alla dichiarazione di pubblica utilità non siano seguiti né l’immissione in possesso, né l’attuazione del previsto intervento di pubblica utilità da parte dell’ente espropriante, rimanendo del tutto irrilevante, a tale scopo, l’acquisita consapevolezza dell’esistenza dell’altrui diritto dominicale.

Tale secondo indirizzo sostiene che, ove dopo l’emissione del decreto di espropriazione per pubblica utilità non sia stato dato seguito ad alcun atto di concreta immissione in possesso da parte dell’ente espropriante, rimanendo il bene oggetto di ablazione nella disponibilità materiale del precedente soggetto, occorre distinguere gli effetti traslativi del diritto di proprietà conseguenti all’emissione del decreto di espropriazione dall’acquisto del possesso del bene espropriato, rilevandosi che, in presenza di una procedura di espropriazione per pubblica utilità, l’interruzione del possesso del bene espropriato (che sarebbe, diversamente, nel concorso delle altre condizioni di legge, idoneo all’acquisto per usucapione), può derivare soltanto da una situazione di fatto che ne impedisca materialmente l’esercizio.

In sostanza, questa tesi afferma che fra gli effetti automatici di un decreto di espropriazione per pubblica utilità non potrebbero ricomprendersi né il venir meno del possesso del bene da parte del soggetto espropriato o di un terzo, né il mutamento in detenzione dell’eventuale protrazione del godimento del bene stesso da parte di costoro, occorrendo, al riguardo, che l’espropriante ponga in essere un atto di immissione nel possesso del bene, o una concreta condotta che denoti una inequivoca volontà equivalente.

Quindi, il secondo orientamento afferma che il decreto di espropriazione non seguito da alcun atto della P.a. espropriante di materiale apprensione del bene che ne costituisce l’oggetto non è idoneo, di per sé, a determinare l’estinzione delle situazioni di fatto in atto sul bene e, quindi, in caso di comprovato possesso ultraventennale esercitato da un privato secondo i requisiti oggettivi e soggettivi ricondotti univocamente all’interpretazione dell’art. 1158 c.c., sarebbe possibile l’acquisto, da parte dello stesso, del corrispondente diritto reale per usucapione.

La Corte, infine, dà atto della posizione della dottrina, ancorché, sul punto, non diffusa, che si mostra a favore del secondo orientamento, evidenziando che, se a seguito dell’emanazione di un decreto di espropriazione per pubblica utilità non sia stato dato atto ad alcuna immissione in possesso da parte dell’ente espropriante, rimanendo il bene oggetto di ablazione nella disponibilità materiale dell’occupante, la res rimane nel patrimonio disponibile ed è assoggettata al relativo regime, con la conseguenza che, se gli espropriati rimangono nel suo possesso continuato per almeno venti anni, acquistano la sua proprietà a titolo originario, per effetto dell’avvenuta usucapione.

 

  1. Il dispositivo: la rimessione alle Sezioni Unite

In conclusione, esposto il contrastante quadro giurisprudenziale, la Seconda Sezione della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 19758 del 2022, ritiene sussistano le condizioni per sottoporre all’esame delle Sezioni Unite la risoluzione del contrasto sulla questione esaminata, in materia di effetti conseguenti l’intervento del procedimento espropriativo su un bene, del quale sia stato notificato il relativo decreto all’occupante dell’immobile.

Il quesito rimesso alle Sezioni Unite, in particolare, è “se si verifichi o meno, in modo automatico, la condizione del c.d. “costituto possessorio” in favore dell’ente espropriante, e, quindi, la perdita dell’animus possidendi in capo all’occupante, con conseguente interruzione di un pregresso possesso dallo stesso esercitato per un intervallo temporale utile “ad usucapionem”, ma senza che sia maturato il ventennio, o se, invece, il possesso continui ugualmente a permanere in capo all’occupante con la possibilità dell’acquisto del diritto di proprietà sul bene, ancorché oggetto di espropriazione, ma senza che sia intervenuta alcuna immissione in possesso o condotta realizzativa delle opere previste nel decreto di esproprio, a titolo di usucapione, al successivo maturare dei venti anni continuativi”.