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L'interesse strumentale alla riedizione della gara nella fase di esecuzione dell'appalto pubblico, anche con riferimento ai mezzi di tutela, amministrativi e giurisdizionali.
A cura di Dott.ssa Francesca Trapani - Avv. Luigi Randazzo
L’INTERESSE STRUMENTALE ALLA RIEDIZIONE DELLA GARA NELLA FASE DI ESECUZIONE DELL’APPALTO PUBBLICO, ANCHE CON RIFERIMENTO AI MEZZI DI TUTELA, AMMINISTRATIVI E GIURISDIZIONALI
A cura di
Dott.ssa Francesca Trapani - Avv. Luigi Randazzo
L’interesse alla riedizione di una procedura ad evidenza pubblica presenta sempre profili di problematicità che, tuttavia, si acuiscono laddove l’esigenza sorga nella fase dell’esecuzione del contratto.
In detta fase, infatti, non soltanto l’intero procedimento amministrativo è stato espletato, concludendosi con l’adozione del provvedimento di aggiudicazione ma, spesso, le prestazioni dedotte nel contratto stipulato sono già state, almeno parzialmente, eseguite. Ciò implica che, laddove si palesi l’opportunità di riedizione della gara, sorgerebbe contestualmente un conflitto tra interessi tutti rilevanti, ma contrapposti.
Nello specifico, la riedizione di una gara illegittimamente espletata è certamente funzionale a soddisfare il generale interesse della collettività al rispetto della normativa nazionale e comunitaria in materia di appalti, che riflette anche l’interesse dei singoli operatori economici partecipanti e, in particolare di colui il quale sarebbe risultato aggiudicatario, qualora il potere amministrativo fosse stato legittimamente esercitato.
Ciò nonostante, non può negarsi che, in una fase in cui l’esecuzione del contratto è già stata avviata, rilevi tanto l’interesse dell’aggiudicatario che subirebbe delle perdite economiche dalla riedizione della gara, quanto il soddisfacimento dell’interesse pubblico sotteso al contratto. Laddove, infatti, per assicurare beni o servizi alla collettività, la Pubblica Amministrazione discrezionalmente valuti di esternalizzare l’attività, rivolgendosi al mercato per l’individuazione del contraente privato, il soddisfacimento del pubblico interesse sotteso all’attività amministrativa sarebbe inevitabilmente legato alla validità ed efficacia del contratto di appalto. La riedizione della gara comporterebbe la declaratoria di inefficacia del contratto stipulato, l’interruzione dei servizi erogati, ritardi dovuti all’individuazione di un nuovo contraente e, quindi, un danno cagionato all’intera collettività.
Per questa ragione, il legislatore ha prospettato due diversi esiti del bilanciamento tra detti contrapposti interessi, dal momento che la particolare rilevanza di entrambi impone una valutazione della singola fattispecie concreta, non essendo opportuno né possibile individuare una soluzione aprioristicamente.
A fronte di una procedura ad evidenza pubblica che risulti viziata, il giudice amministrativo può infatti annullare l’aggiudicazione e dichiarare inefficace il contratto ex artt. 121 e ss. c.p.a.: da ciò può derivare la riedizione della gara, laddove il subentro di un nuovo operatore economico non sia possibile o non sia stato oggetto di domanda. Alternativamente, ove l’inefficacia del contratto comporti un costo eccessivo per la collettività, in termini di frustrazione di esigenze imperative sottese al perseguimento dell’interesse pubblico a cui il contratto è funzionalizzato, il giudice amministrativo può mantenere il contratto efficace, irrogare sanzioni alternative ex art 121 co. 4 c.p.a. e, ove sussistano i presupposti, soddisfare la pretesa dell’aggiudicatario legittimo in via equivalente.
Prospettati entrambi i possibili scenari, nonché gli interessi sottesi a ciascuno di essi, appare rilevante individuare i soggetti titolari di un interesse, non al solo annullamento dell’aggiudicazione, ma anche alla riedizione dell’intera gara.
Ove, infatti, il provvedimento di aggiudicazione risultasse illegittimo, l’indizione di una nuova procedura ad evidenza pubblica non sarebbe l’unica possibile conseguenza della declaratoria di inefficacia contrattuale: ad essa potrebbe anche conseguire il subentro di un nuovo operatore economico, individuato mediante scorrimento della graduatoria, senza necessità di una nuova gara.
È chiaro, dunque, che l’interesse alla riedizione della procedura non soddisfi tutti i soggetti partecipanti. Devono certamente escludersi dall’alveo dei titolari di un detto interesse sia l’aggiudicatario, che l’operatore economico risultato secondo in graduatoria, il cui interesse legittimo pretensivo risulterebbe soddisfatto con l’accoglimento della domanda di subentro, formulata in seno al ricorso per l’annullamento dell’aggiudicazione. Detto operatore economico potrebbe, infatti, risultare danneggiato dalla riedizione dell’intera gara in quanto un nuovo procedimento amministrativo, con nuovi soggetti partecipanti, potrebbe concludersi con esiti meno vantaggiosi.
L’operatore economico che, dunque, è titolare di un interesse strumentale alla riedizione della procedura ad evidenza pubblica durante la fase di esecuzione contrattuale, è colui il quale abbia partecipato alla gara, il cui punteggio non gli abbia riconosciuto una posizione soddisfacente in graduatoria e, attraverso l’indizione di una nuova procedura legittimamente espletata, aspiri ad esiti più favorevoli.
Il soggetto così individuato appare titolare non di un interesse legittimo pretensivo, bensì di una chance, intesa come possibilità (e non certezza) di ottenere il bene della vita agognato. La riedizione della gara, dati gli esiti incerti a causa anche della partecipazione di nuovi operatori economici, non può che risultare attraente solo per il partecipante che non possa dimostrare la spettanza della propria pretesa e vederla soddisfatta con la domanda di subentro. La mera probabilità di ottenere un bene può dirsi di per sé soddisfatta mediante una nuova gara in cui concorrere, i cui esiti potrebbero essere più favorevoli laddove il potere amministrativo venga legittimamente esercitato.
In tal caso, dunque, si riconosce all’operatore economico in questione il diritto ad agire in giudizio ex art 24 Cost, proponendo ricorso, dinanzi al giudice amministrativo, avverso l’aggiudicazione, formulando domanda volta all’annullamento dell’intera gara. Questi infatti, ai sensi delle norme processuali interne e dei principi enunciati a livello comunitario, si considera sia legittimato ad agire – in quanto partecipante alla gara – che titolare di un interesse concreto ed attuale, laddove egli trarrebbe un vantaggio effettivo dalla riedizione della procedura.
Deve tuttavia precisarsi, per come già evidenziato, che talvolta l’interesse all’indizione di una nuova gara risulta recessivo rispetto alle necessità insite nell’esecuzione di un contratto funzionalizzato al perseguimento di un interesse pubblico. Il ricorrente che abbia adito il giudice amministrativo per ottenere l’annullamento dell’aggiudicazione e la riedizione della gara, potrebbe dunque veder soddisfatta la propria pretesa anche per equivalente, seppur sia ad oggi ancora problematica la questione della risarcibilità della chance.
Accanto all’operatore economico titolare di chance, sussiste un’altra categoria di soggetti titolari di un interesse alla riedizione dell’intera procedura ad evidenza pubblica.
La Pubblica Amministrazione, nell’esercizio dei poteri attribuitile dalla legge, è vincolata al rispetto tanto della normativa nazionalequanto di quella comunitaria. Il corretto espletamento delle gare per l’aggiudicazione di un contratto pubblico è, infatti, funzionale a garantire i principi di buon andamento, efficacia ed efficienza dell’attività amministrativa – e dunque un corretto utilizzo delle finanze pubbliche - nonché il principio comunitario di una concorrenza libera e leale. La pubblica amministrazione, quindi, può considerarsi rappresentante degli interessi della collettività complessivamente intesa e, dunque, di tutti coloro che, complessivamente individuati, risultino danneggiati da una procedura amministrativa illegittima.
Tali affermazioni trovano una loro conferma nell’attribuzione alla Pubblica Amministrazione non solo del potere di instaurare procedimenti amministrativi – e dunque indire una procedura ad evidenza pubblica - ma anche di esercitare i poteri c.d. di autotutela o di secondo grado. Se, infatti, nella fase dell’esecuzione di un contratto pubblico appare precluso il potere di revoca, sostituito – secondo alcuni – dal potere privatistico di recesso, l’eserciziodel potere di annullamento d’ufficio di cui all’art 21-nonies l. 241/1990 è ancora ammissibile.
L’annullamento d’ufficio presuppone la sussistenza di un vizio di legittimità che affligga un provvedimento precedentemente emanato. Ai sensi dell’art. 21 nonies co. 1 l. 241/90, detto requisito, se appare sufficiente per addivenire ad una pronuncia di annullamento giurisdizionale, non lo è in caso di potere di autotutela esercitato dalla medesima autorità che ha adottato l’atto. È infatti necessario effettuare un bilanciamento tra l’interesse sotteso all’annullamento ed altri interessi riscontrati nella fattispecie concreta, sia pubblici che privati, per come in precedenza già evidenziato. Il potere di annullamento d’ufficio dell’aggiudicazione o dell’intera gara, se comporta una riedizione della stessa, non rappresenta un’automatica conseguenza del vizio di illegittimità ma, al contrario, l’esito di una valutazione complessiva.
Il legislatore ha, inoltre, previsto un ulteriore limite all’esercizio del potere di annullamento d’ufficio. La tutela del legittimo affidamento ingenerato nell’aggiudicatario non viene garantita solo dalla necessità di espletare un bilanciamento tra tutti gli interessi sottesi, ma anche da una preclusione di ordine cronologico. L’art 21 nonies co. 1 l. 241/90 indica infatti, come limite temporale per l’esercizio del potere, un termine “ragionevole”, specificatamente individuato in diciotto mesi per una particolare categoria di provvedimenti. Laddove, quindi, in caso di revoca, la tutela del destinatario del potere è assicurata per mezzo di un indennizzo, in caso di annullamento d’ufficio, la preclusione rappresentata dalla ragionevolezza del termine garantisce l’aggiudicatario da un intervento pubblico non tempestivo.
La previsione per cui anche la PA ha il potere, e dunque l’interesse a (e non in) tutela della collettività, di intervenire su una gara già espletata, imponendone la riedizione, è peraltro confermata indirettamente anche dalla CGUE. Nella nota sentenza Puligienica, in cui la Corte si pronuncia sull’obbligo per il giudice amministrativo di valutare nel merito il ricorso principale, anche laddove fosse stato già accolto il ricorso incidentale escludente, menziona la possibilità per la stazione appaltante di annullare d’ufficio l’intera gara, qualora dovesse riscontrare che tutte le offerte presentate siano affette dal medesimo vizio oggetto dei ricorsi.
La CGUE indirettamente, quindi, riconosce il potere della PA di indire una nuova gara, previo annullamento della precedente, laddove tale ipotesi fosse funzionale a perseguire il pubblico interesse a cui tutta la sua attività è indirizzata.
L’esercizio del potere di autotutela può essere esercitato dalla PA non solo spontaneamente, ma anche all’esito di istanze promosse da terzi. In particolare il legislatore prevede la possibilità tanto per un operatore economico, quanto per l’ANAC, di stimolare l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio al fine di ottenere una riedizione della gara, seppur dette istanze presentino differenti caratteristiche.
Un operatore economico può, difatti, ottenere tutela per il soddisfacimento delle situazioni giuridico soggettive di cui è titolare, tanto attraverso l’organo giudiziario quanto attraverso il ricorso alla c.d. tutela giustiziale. Deve tuttavia precisarsi che, spesso, la proposizione di un ricorso dinanzi al giudice amministrativo ha esiti più favorevoli per il privato, se non in termini di accoglimento della pretesa, almeno nel senso di ottenere un provvedimento esplicito.
L’esercizio del potere di autotutela rappresenta, invece, una delle espressioni più evidenti della discrezionalità amministrativa, laddove la PA non è vincolata né ad annullare d’ufficio l’atto oggetto dell’istanza presentata dal privato, né tantomeno a far conseguire all’istanza un provvedimento esplicito, anche di rigetto. Il silenzio della PA, peraltro, secondo la giurisprudenza maggioritaria, non rientra nelle ipotesi del c.d. silenzio giuridicamente vincolante e non radica, dunque, il diritto del privato ad agire in giudizio avverso l’inerzia pubblica (per evitare, sostanzialmente, che tramite detta forma di ricorso possano eludersi i termini di decadenza per l’impugnazione del provvedimento su cui si è formulata istanza per l’annullamento d’ufficio).
Recentemente, il legislatore ha riconosciuto anche all’ANAC un duplice potere, tanto di formulare istanza alla PA per l’esercizio dell’autotutela, quanto per adire direttamente il giudice amministrativo.
Ai sensi dell’art 211 d.lgs. 50/2016 co. 1-bis, per come modificato con il correttivo di cui al d.lgs. 56/2017, all’ANAC è riconosciuta la legittimazione ad agire in giudizio per impugnare, non solo bandi o atti amministrativi generali, ma anche altri provvedimenti relativi a contratti di rilevante entità – caratteristica, questa, che circoscrive l’esercizio del potere – emessi da una stazione appaltante, laddove violino la normativa in materia di appalti pubblici.
Il comma 1-ter prevede, invece, il potere dell’ANAC di formulare istanze rivolte alla stazione appaltante, al fine di ottenere l’annullamento d’ufficio di provvedimenti illegittimi; potere che, tuttavia, presenta importanti differenze rispetto a quello riconosciuto al privato. Laddove la PA rimanesse inerte dinanzi al parere inviatole dall’ANAC per evidenziare i vizi di legittimità riscontrati nelle procedure ad evidenza pubblica, si riconosce all’autorità amministrativa indipendente la legittimazione ad agire in giudizio, impugnando gli atti in questione.
È immediatamente evidente come, quindi, la discrezionalità della PA, che normalmente caratterizza l’esercizio del potere di secondo grado, sia sostanzialmente neutralizzata dalla previsione per cui l’inerzia della stazione appaltante non preclude l’accesso alla tutela giurisdizionale. Peraltro, appare di particolare rilevanza, la previsione per cui all’ANAC non è riconosciuto il potere di agire avverso il silenzio - in cui l’accoglimento del ricorso comporterebbe solo una condanna della PA a pronunciarsi sull’istanza - ma avverso l’atto ritenuto illegittimo. In tal modo, la legittimità del provvedimento in questione viene rimessa alla valutazione del giudice amministrativo, non acquisendo alcuna rilevanza le considerazioni della PA che, discrezionalmente, ha ritenuto di non intervenire con l’annullamento d’ufficio.
Nel panorama legislativo e giurisprudenziale odierno, quindi, si riconosce in capo a più soggetti, pubblici e privati, l’interesse alla riedizione della gara, nella fase esecutiva del contratto, qualora questa risultasse illegittima, con l’importante precisazione che una previsione astratta necessita sempre di una successiva conferma concreta, all’esito del bilanciamento tra i vari interessi sottesi ad una medesima fattispecie.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
- Chieppa R. e Giovagnoli R., “Manuale di diritto amministrativo”, Giuffrè Francis Lefebvre IV edizione, 2018
- Caringella F., “Manuale di diritto amministrativo”, Dike Giuridica Editrice XI edizione, 2017
RIFERIMENTI GIURISPRUDENZIALI
Corte di giustizia UE, Grande Camera, sentenza 5 aprile 2016, C-689/13, Puligienica c. Airgest s.p.a