ISSN 2039 - 6937  Registrata presso il Tribunale di Catania
Anno XVI - n. 05 - Maggio 2024

  Studi



Profili giuridici e conseguenze economiche dell’attuale crisi sanitaria: strumenti, opportunita’ e prospettive.

Di Jacopo Gagliardi
   Consulta il PDF   PDF-1   

Profili giuridici e conseguenze economiche dell’attuale crisi sanitaria:

strumenti, opportunita’ e prospettive.

Di JACOPO GAGLIARDI

 

 

Paragrafo 1. UNO SGUARDO OLTRE IL CORONAVIRUS: QUALI PROSPETTIVE PER USCIRE DALLA CRISI. UN’ANALISI SOCIO ECONOMICA.

L’emergenza pandemica in atto rischia seriamente di sconvolgere i già precari equilibri economico-giuridici su cui i sistemi economici, nazionali ed internazionali, si stavano, con fatica, reggendo. Per questo, oggi più che mai, occorrono risposte rapide, incisive e consapevoli nel tentativo di scongiurare “una tragedia umana potenzialmente di dimensioni bibliche[1]. Partendo da alcune considerazioni sull’attuale situazione socio-economica, l’obiettivo è quello di individuare quelle sfide in grado di rilanciare il Paese e garantire un ciclo politico, economico e istituzionale virtuoso che lo rendano competitivo a livello internazionale. “La parola crisi, scritta in cinese, è composta da due caratteri: uno rappresenta il pericolo e l’altro l’opportunità[2]”.

Il problema allocativo delle (poche) risorse a disposizione, in questo passaggio, assume un valore ancor più importante: data la loro scarsità, infatti, occorre individuare con precisione chirurgica, nel breve periodo, quali siano le misure necessarie a garantire un indispensabile salvagente, quantomeno per salvaguardare i livelli occupazioni, e nel lungo periodo, quali siano, invece, le leve capaci di creare nuova ricchezza.

 

Paragrafo 1.1. LA RICOSTRUZIONE DEGLI INTERVENTI UE E LA RISPOSTA NAZIONALE.

 

In termini prettamente economici, la crisi sta portando con sé un doppio shock, sia sul lato dell’offerta (dovuto alla chiusura delle attività produttive), sia sul lato della domanda[3]. Con lo sguardo rivolto verso le prospettive, l’analisi, dunque, non può che muovere dalla ricostruzione dei i principali interventi che l’Unione Europea, prima, ed il governo nazionale, dopo, stanno cercando di porre in essere per far fronte a un evento emergenziale di portata inaudita.

Le risposte europee si sono messe principalmente in due direzioni. Dal punto di vista delle politiche di bilancio, si è scelto di attivare la general escape clause che comporta la sospensione del Patto di Stabilità e Crescita. Il Patto, infatti, consente, nei casi di grave recessione economica della zona euro o dell’intera Unione, di adeguare le velocità del risanamento di bilancio per tutti gli Stati membri, purché non sia compromessa la sostenibilità di bilancio a medio termine[4]: Spetta poi, ovviamente, ai governi nazionali far buon uso della flessibilità e delle risorse aggiuntive[5], come abbiamo precedentemente ricordato. Non bisogna dimenticare, infatti, che il maggiore disavanzo che viene permesso, pur non essendo computato nel deficit, va a finire nel conto del debito pubblico, che di conseguenza aumenterà considerevolmente. Per tale ragione, è opportuno ribadire, che le risorse liberate dalla sospensione del Patto di Stabilità siano utilizzate dagli Stati in modo intelligente, destinandole a quegli “strumenti necessari a fronteggiare l’emergenza sanitaria, rafforzare il capitale umano e finanziare investimenti nelle infrastrutture materiali[6]. Inoltre, tale deficit deve comunque essere acquistato dai mercati finanziari. Il punto cruciale, pertanto, è come continuare a finanziarsi ad un costo ragionevole, nonostante il rapporto debito/PIL sarà molto più alto rispetto all’attuale. Verosimilmente, infatti, ai mercati finanziari poco importerà che l’Unione europea non abbia ‘contabilizzato’ le spese per l’emergenza Coronavirus nel calcolo del deficit ai fini del Patto di Stabilità[7].

Dal punto di vista monetario, invece, al di là delle polemiche politiche di stretta attualità circa l’opportunità di ricorrere alle erogazioni di aiuti a bassa condizionalità a singoli paesi, come la linea precauzionale di credito del MES, e fatte salve anche le perplessità di alcuni degli stati membri circa le possibilità di moral hazard insite ad alcune forme di assistenza condizionata a singoli paesi, come le OMT (Outright Monetary Transactions), ed il conseguente rischio ‘stigma’ per il paese che ne fa uso, forse la vera opportunità potrebbe esser quella di “lavorare su uno strumento di debito comune emesso da una Istituzione dell’UE per raccogliere risorse sul mercato sulle stesse basi e a beneficio di tutti gli Stati membri, garantendo in questo modo il finanziamento stabile e a lungo termine delle politiche utili a contrastare i danni causati da questa pandemia[8].

 

Dal canto suo, il Governo ha trasmesso una lettera, il 5 marzo 2020, alla Commissione UE, riferendo sull’evoluzione dell’emergenza sanitaria, sulle misure già assunte e facendo presente di aver deciso di adottare una serie di misure di sostegno per l’economia e per stanziamenti per il servizio sanitario nazionale, la protezione civile e le forze di sicurezza, del valore iniziale di circa 6,3 miliardi di euro. Il Governo ha chiesto inoltre di considerare il pacchetto di emergenza come una spesa una tantum, come tale da non computare ai fini del saldo strutturale. Complessivamente, sentita la Commissione europea, la richiesta di autorizzazione all’ulteriore ricorso all’indebitamento, aggiuntiva rispetto a quanto indicato nella Relazione al Parlamento del 5 marzo, è incrementata di 13,75 miliardi di euro da utilizzare nel corso del 2020 in relazione all’ulteriore diffondersi dell’epidemia da Covid-19. Considerata anche la precedente richiesta di autorizzazione, l’obiettivo programmatico di indebitamento netto potrà pertanto aumentare fino a 20 miliardi di euro, corrispondenti a circa 1,1 punti percentuali di PIL[9].

Si tratta di risorse quanto mai necessarie per un Paese, come l’Italia, che sconta un tessuto imprenditoriale costituito perlopiù da PMI che, cronicamente, si trovano, e si sono trovate, a combattere con quotidiani problemi di liquidità. Le difficoltà all’accesso al credito, abbinata ad una situazione di diffusa sottocapitalizzazione, le rende particolarmente fragili, soprattutto di fronte a shock di tale portata[10].

Il decisore pubblico è chiamato ad un difficile contemperamento di interessi: la crisi sanitaria, infatti, non può far sì che ci si dimentichi della salute dell’economia, prerequisito fondamentale di sopravvivenza di sistemi democratici sempre più in affanno. Per questo motivo è importante individuare, sin da subito, le leve giuste per ripartire evitando che si disperdano quelle sinergie istituzionali che, per forza di cose, sono emerse in questo periodo di grave crisi sanitaria ed economica. Sinergia significa collaborazione, significa dar vita a quei confronti virtuosi che permettano ad un interesse pubblico, sempre più minacciato da pratiche non sempre così limpide e trasparenti, di rilanciarsi.

 

Paragrafo 1.2. LE SFIDE: INFRASTRUTTURE DIGITALI, SMART WORKING E TEAM MULTIDISCIPLINARI.

 

Il ripensamento del nostro sistema infrastrutturale, in questa fase, diventa così un crocevia fondamentale per assicurarsi una exit strategy di successo. E’ da questa sfida che ci giochiamo gran parte del nostro futuro appeal. Questo ci porta a riflettere su almeno due questioni: la prima riguarda il sistema di procurement pubblico (vedi par. 2), l’altro riguarda la centralità della sfida digitale. L’ammodernamento del patrimonio delle infrastrutture informatiche e digitali del nostro Paese, diventa, alla luce dell’attuale crisi, un perno fondamentale per rilanciarne la competitività a livello globale e consentire ai servizi pubblici di fare quel salto di qualità che, ormai, si attende da troppo tempo. Per questo occorre orientarsi verso una vera e propria ingegnerizzazione informatica dei processi, in modo da garantire maggiore efficienza nell’utilizzo delle risorse, tracciabilità dei flussi finanziari e delle responsabilità ed il monitoraggio del rispetto dei canoni di buon andamento nei vari procedimenti. Prendiamo, ad esempio, il ciclo di fatturazione passivo: solo le realtà pubbliche più strutturate potranno oggi contare su strumenti di gestione digitali capaci di assicurare tempi certi, snellimento dei passaggi intermedi ed inutili duplicazioni. Una spinta anche nelle realtà di medio piccole dimensioni come, ad esempio, gli uffici tecnici dei piccoli comuni che hanno a che fare quotidianamente con una miriade di piccole imprese indispensabili per assicurare un governo del territorio sempre più complicato, sarebbe in questo senso decisiva. Talvolta, non basta fissare tempi certi e sanzioni per il mancato rispetto se a monte non si dotano gli operatori di tutte quelle soluzioni organizzative che permettono loro di operare con tempestività. Acquisita ormai la fatturazione elettronica come un passaggio imprescindibile, l’ingegnerizzazione del relativo ciclo passivo dovrebbe esserne la logica conseguenza. Tutto questo permetterebbe di monitorare in modo assai più puntuale il rispetto dei tempi di pagamento scandendo l’iter in tutte le sue fasi: dalla ricezione dalla fattura fino al mandato passando per l’iscrizione in contabilità e alla relativa liquidazione. Dal punto di vista dell’organizzazione interna questo comporterebbe un’enorme facilitazione nei rapporti tra i vari uffici coinvolti costretti, talvolta, a muoversi ancora nei meandri di una copiosa corrispondenza cartacea ed a rincorrersi per reperire falle, faldoni e dati mancanti. Dal punto di vista del privato, invece, garantirebbe una sorte di tracking nella gestione del proprio credito che, seppur non risolva del tutto i problemi di liquidità, gli permetta, in qualsiasi momento, di conoscerne lo stato dell’arte (ed eventualmente di instaurare un’interlocutoria, tutta digitale, per eventuali evenienze che possono sorgere da ambo le parti)[11].

Altra opportunità, che questi ultimi mesi di pandemia ci hanno presentato, è senza dubbio quella dello smart working. Il privato, spesso dotato di infrastrutture tecnologiche aziendali all’avanguardia, ha saputo subito coglierne l’opportunità (talvolta approfittandosene a scapito dei lavoratori, che nella casistica più frequente non si vedono riconosciuti gli straordinari a fronte di uno smart working che assomiglia sempre più a un telelavoro da svolgere in orario d’ufficio e spesso ben oltre), mentre i dipendenti pubblici sono stati chiamati ad adeguarsi senza, però, il necessario supporto informatico a monte. L’arte dell’arrangiarsi, quindi, ha giocato il ruolo di protagonista in questo passaggio e si è tradotta soltanto in difficoltà operative ed ulteriori ritardi che si vanno ad aggiungere ai tempi, tradizionalmente già lunghi, della burocrazia. Lo strumento, soprattutto se utilizzato in alternanza col lavoro in presenza, sarebbe di per sé molto interessante e permetterebbe di raggiungere obiettivi non certo di poco conto. Smart working significa, infatti, ripensare alla mobilità urbana, alla strutturazione urbanistica delle città, troppo spesso congestionate da un traffico fuori controllo, e permetterebbe, ai decisori pubblici, di dirottare le risorse verso altri obiettivi finora troppo spesso trascurati. Significherebbe ripensare agli spazi dell’edilizia privata, magari scegliendo nuove conformazioni delle abitazioni per poter lavorare in tranquillità e concentrazione[12], per non parlare dei benefici in termine di welfare familiare: se la vedessimo come soluzione (a costo zero) per la gestione diurna della prole, idea da non sottovalutare in un paese in forte crisi demografica dove diventare genitore significa affrontare una corsa ostacoli che scoraggia in partenza le giovani coppie.

Ma il presupposto perché tutto ciò possa funzionare sta, da un lato, nel buon funzionamento della dotazione strutturale informatica (e nelle speranze risposte nel 5G), nella capacità, cioè, di connettersi senza imbattersi continuamente in lentezze e black out di connessione, e dall’altro nella creazione di una vera e propria cultura digitale che, pertanto, non può prescindere da adeguate iniziative formative e da uno sblocco del turn over che a dire il vero, seppur timidamente, stava avvenendo prima dello scoppio della pandemia. In altre parole, il successo di questa soluzione, passa per tre fattori chiave: investimenti infrastrutturali, skills digitali e la disponibilità di piattaforme operative a portata di click che non complichino la vita di operatori già indaffarati a sopravvivere tra mille adempimenti.

Dal punto di vista operativo, per garantire un razionale impiego delle (scarse, ricordiamolo sempre) risorse a disposizione è interessante anche l’idea, avanzata dal gruppo di lavoro interdisciplinare pisano, di mappatura delle filiere produttive. L’idea sta proprio nell’individuare quelle filiere di reti capaci di generare strutturalmente valore nel medio-lungo periodo per sostenerle adeguatamente[13]. La mappatura è essenziale per individuare gli anelli deboli nella filiera che rischiano di vedersi scaricare a dosso il peso della crisi da parte dell’aziende, appartenenti alla stessa filiera, con maggior forza contrattuale. Evitare la rottura dell’anello debole è strategicamente essenziale in quanto andrebbe a compromettere la capacità di creare valore dell’intera filiera, con tutti i risvolti negativi del caso. Infatti si tratta perlopiù di aziende piccolissime, spesso artigiani, in grado di fornire però al prodotto finale quel valore aggiunto, in termini di differenziazione, che lo rende particolarmente competitivo sul mercato. Infine, lo stesso team, suggerisce di sostenere anche opportune iniziative di sensibilizzazione della c.d. regia di filiera attraverso progetti specifici, preferibilmente in collaborazione con il sistema bancario e associativo, soprattutto laddove queste ultime si impegnino a mantenere un’elevata presenza nazionale o locale, standard occupazionali inalterati, e magari decidano di investire nell’ammodernamento tecnologico o informatico. Per questo motivo diventa particolarmente importante coinvolgerle nei tessuti relazionali della dirigenza locale in modo da far emergere quei c.d. campioni nascosti che alimentano l’economia del territorio permettendo loro di partecipare al dibattito.

In questa prospettiva appare importante la scelta di rendere strutturali tali team di lavoro interdisciplinari che, chiaramente, vedono nelle Università il loro habitat naturale. Oggi più che mai occorrono manager pubblici che racchiudano in sé una doppia anima: quella manageriale, a cui (almeno dichiaratamente) la PA tende ad ispirarsi e quella giuridica. La capacità di saper affrontare le dinamiche pubbliche con gli strumenti tipici dell’approccio manageriale, abbinato ad una solida base di conoscenza del diritto amministrativo rappresenta il un passo fondamentale verso la creazione di una nuova classe dirigente pubblica in grado di guidare il Paese verso quei canoni già ricordati nell’art. 97 Cost., che nel corso degli anni, hanno assunto una crescente levatura proprio per l’essere riusciti a portar con sé principi e tecniche proprie di altre scienze, prime tra tutte quelle economiche. Il filone del New Public Management troverebbe così il proprio naturale completamento dando vita a figure dotate di spiccate capacità gestionali, organizzative e relazionali, ma con competenze tecniche adeguate per districarsi in un mondo assai complicato fatto di una legislazione che spesso si affastella, che si rincorre senza mai trovarsi. In questo senso la creazione di veri e propri curricula di studio ad hoc permetterebbe di dar vita a nuove figure capaci di andare oltre la miope applicazione di circolari e regolamenti, in grado, invece, di interpretare le complesse evoluzioni del mercato e della società e di indirizzare la struttura di appartenenza verso traguardi sempre più ambiziosi e soddisfacenti. Rendere strutturali questi gruppi di lavoro, tra economisti, aziendalisti e giuristi, allargandoli a statistici, informatici, scienziati politici, sociologi rappresenterebbe senz’altro un’occasione di crescita e riflessione importante per analizzare le dinamiche territoriali e nazionali, per interpretare tempestivamente le dinamiche di cambiamento in atto, ma soprattutto per fornire risposte adeguate e consapevoli e rendere più competitivo l’intero Sistema Paese.

Un Sistema che, dunque, deve liberarsi del peso di strutture obsolete e procedure interminabili che scoraggiano in partenza coloro che vorrebbero investire e che impediscono il buon esito dei processi decisionali. E’ vero semplificare è complicato[14], ma è uno sforzo che non può più esser rimandato, nella consapevolezza che la qualità dell’azione amministrativa passa dalla qualità dei processi amministrativi. Se alla giungla normativa, se ad una legislazione alluvionale e confusa, qual è quella italiana, aggiungiamo una mole importante di atti emergenziali straordinari, come sta accadendo per la gestione dell’attuale pandemia, anch’essi da collocare all’interno di un già complesso sistema delle fonti, assieme ad una serie di interventi volti ad integrare, correggere, finanziare, derogare, ripianare, sanare il rischio è quello di entrare in un vortice da cui è difficile venirne fuori. Le soluzioni individuate dal predetto gruppo interdisciplinare dello Sportello unico, come interfaccia privilegiata per le PMI, e la creazione di un Tavolo Unico permanente per l’emergenza Coronavirus che assicuri una cabina di regia unica, sono senz’altro due iniziative da salutare con favore e capaci, da un lato, di fornire risposte rapide e uniformi agli operatori privati, e dall’altro, in grado di tranquillizzare questi ultimi in ordine alla legittimità delle proprie scelte senza rischiare di ritrovarsi all’interno di un complicato a ostacoli.

Una volta terminata l’emergenza tutto ciò può essere reso strutturale in modo da farlo diventare un buon acceleratore degli investimenti privati che hanno bisogno di tempi certi e procedimenti snelli. Interessante anche la soluzione proposta del baratto amministrativo purché gli sia costruita attorno una cornice di incentivi coerenti[15], non solo finanziari ma anche giuridici, che lo rendano appetibile agli occhi degli operatori economici, pronti ad individuare, nella collaborazione con la PA, un’interessante opportunità di crescita e di sviluppo del proprio business.

 

Paragrafo 1.3. ULTERIORI COMPLICAZIONI: I MECCANISMI DI FINANZIAMENTO E LE DIFFICOLTA’ DI ATTUAZIONE DEL TITOLO V COST.

 

Prima di concludere questa prima parte vale la pena soffermarsi su ulteriori due aspetti che riguardano i meccanismi di finanziamento e il complicato sistema di ripartizione delle competenze, legislative e amministrative, delineato dal Titolo V post riforma 2001. Riguardo al primo punto vale la pena sottolineare come in una situazione del tutto eccezionale, come quella attuale, i tipici meccanismi di finanziamento Ministero-Regioni/Enti locali rischiano di aggravare ulteriormente quella situazione di illiquidità a cui facevamo riferimento in apertura. Infatti, oltre ai problemi operativi legati perlopiù ai software utilizzati per le rendicontazioni, sempre più farraginosi e complessi, i finanziamenti si basano sugli stati di avanzamento dei lavori. Ciò sta a significare che le spese vengono anticipate dalla PA alle imprese, rendicontate (con non poche difficoltà operative), al Ministero o alla Regione per stati di avanzamento e poi rimborsate (quando l’Ente ha già sostenuto e liquidato la spesa)[16].

Infine, è opportuno riflettere anche sul modello di ripartizione delle competenze, legislative e amministrative, emerso dalla riforma del 2001. Tralasciando le varie questioni in sospeso e commenti sulla conflittualità che tale sistema ha generato, su cui è già disponibile autorevole dottrina, mi sento di ricordare come, in Sanità, l’attuale crisi epidemiologica, abbia mostrato tutti i propri limiti[17]. Infatti, nonostante il sistema sanitario sia dotato di una buona capacità di risposta, la riforma del Titolo V, ispirata ai principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza con l’intento nobile di avvicinare la Sanità ai pazienti, ha generato, in realtà, 21 Sistemi Sanitari diversi con flussi di mobilità sempre più forti e con Regioni sempre più ricche ed altre inesorabilmente più povere. Un sistema ricco di eccellenze così preziose, qual è quello sanitario italiano, non può più tollerare differenze così marcate. Per questo, anche le Regioni sono chiamate a fornire un contributo importante, nel nome di un nuovo disegno che dia vita a un sistema più omogeneo, coerente, più attento ai bisogni dei cittadini nei territori di riferimento[18] e capace di offrire prestazioni di qualità con standard uniformi sull’intero territorio nazionale. Occorre realmente creare un sistema in grado di rispondere in modo efficace e tempestivo ai bisogni sanitari espressi dal territorio di riferimento. Occorre oggi più che mai, unire il pilastro dell’assistenza sociale con quello dell’assistenza sanitaria accompagnando tutti noi, a convivere con le fragilità a contatto con le reti sociali, affettive, e non isolati nel costoso imbuto dell’istituzionalizzazione e della ospedalizzazione per acuti[19].

 

Paragrafo 2. IL PROCUREMENT PUBBLICO: UNA LEVA STRATEGICA PER FAR RIPARTIRE IL PAESE. INTERVENTI E PROSPETTIVE.

 

Il dilagare dell’emergenza Coronavirus ha portato il legislatore a ripensare al sistema del procurement pubblico. Seppur quest’ultimo sia stato recentemente regolato, il dibattito in materia è rimasto costantemente all’ordine del giorno. Le questioni in ballo non sono certo di poco conto: basti pensare che, da un lato, oggi le amministrazioni si trovano ad avere a che fare con OO.PP. progettate ed approvate in periodi in cui le scelte non erano influenzate dalla situazione epidemiologica, dall’altro le imprese hanno formulato le offerte secondo criteri oggi non più attendibili. Le strategie vanno dunque ridisegnate e le modalità lavorative nei cantieri riorganizzate con inevitabili ripercussioni sia sui costi (in particolar modo quelli riferiti alla sicurezza) che sui tempi[20]. La programmazione della spesa, dunque, deve essere rivista con non poche difficoltà sia per le S.A. sia per gli operatori, entrambi chiamati a misurarsi con nuove casistiche senza precedenti[21].

Per questo il legislatore europeo prima, e quello nazionale dopo, hanno individuato proprio nel settore dei contratti pubblici, una delle leve strategiche per ripartire. La stessa ANAC è intervenuta più volte all’interno del dibattito per offrire spunti di riflessione, per segnalare interventi o vuoti normativi da colmare, ma soprattutto con un’utilissima ricognizione delle misure adottate per affrontare la crisi sanitaria con l’intento di agevolare il più possibile lo svolgimento delle procedure di affidamento.

È stata, per prima, la Commissione Europea, con la comunicazione 2020/C 108 I/01, recante “Orientamenti della Commissione europea sull’utilizzo del quadro in materia di appalti pubblici nella situazione di emergenza connessa alla crisi della Covid-19”, a fornire le opzioni e i margini di manovra possibili a norma del quadro dell’UE in materia di appalti pubblici per l’acquisto di forniture, servizi e lavori necessari per affrontare la crisi. Al fine di garantire comportamenti omogenei ed uniformi, da parte delle S.A., ANAC, con Del. 312 del 09 Aprile 2020 ha fornito alcune importanti indicazioni. Innanzitutto si tratta di effettuare un primo screening in merito alle procedure pendenti. Per le procedure per cui non è ancora stato pubblicato il bando si consiglia, infatti, di procedere soltanto con quelle urgenti ed indifferibili cercando di favorire la massima partecipazione e la par condicio tra i concorrenti. Per quelle in corso di svolgimento, invece, la questione è piuttosto delicata. Innanzitutto, si tratta di capire, la portata dell’art. 103 del D. L. n. 18 del 17/03/2020 che va ad incidere su tutti i termini procedimentali, a partire dalla presentazione delle offerte fino ai termini per l’effettuazione dei sopralluoghi, passando per quelli endoprocedimentali, e concedendo ulteriori deroghe o differimenti qualora a richiederlo siano gli operatori economici laddove l’impossibilità di rispettare tali termini sia dovuta all’emergenza sanitaria. Una disposizione di tale portata rischia di paralizzare un sistema, come quello del procurement pubblico, di per sé già molto articolato e scandito da tempistiche ben precise, per questo ANAC, con l’atto di segnalazione n. 4 del 9 Aprile 2020, sottolinea, a tal proposito, al fine di scongiurare una sospensione generalizzata sulle procedure di gara, che le S.A. adottino ogni misura organizzativa necessaria ad assicurare la celere a ragionevole durata del procedimento, nei limiti in cui questo sia compatibile con le misure di contenimento della diffusione del COVID-19.

Come abbiamo già ricordato nel paragrafo precedente, l’attuale crisi sanitaria impone un netto salto di qualità in termini di semplificazione, ma soprattutto di digitalizzazione, delle procedure. Una visione d lungo periodo non può prescindere, infatti, da un netto cambio di passo proprio in termini di digitalizzazione ed informatizzazione delle procedure che sia accompagnata, però, da una necessaria professionalizzazione delle strutture appaltanti in grado di destreggiarsi tra i nuovi strumenti. Digitalizzazione è sinonimo di semplificazione, standardizzazione e trasparenza e rappresenterebbe, oggi, la giusta occasione per riflettere su quell’ingegnerizzazione dei processi che abbiamo ricordato in apertura. Pensiamo alle realtà di medio-piccole dimensioni spesso carenti, se non sprovviste, di infrastrutture informatiche di supporto, con il personale ridotto all’osso, l’età media elevata e competenze specifiche informatiche piuttosto risicate. Se a tutto ciò aggiungiamo anche la necessità di confrontarsi con una molteplicità di piattaforme diverse, non certo intuitive nell’inserimento delle informazioni richieste, il tutto abbinato a continui problemi di connessione, macchinari obsoleti, centri CED non sempre in grado di fornire un adeguato supporto alle esigenze dei singoli uffici, è facile intuire perché la digitalizzazione rischia di essere mal vissuta dagli operatori che ogni giorno si imbattono in mille difficoltà operative. Per questo motivo la professionalizzazione dei buyer pubblici diventa un obiettivo che non può più esser rimandato: un passaggio necessario per garantire operatori con un know-how adeguato che siano dotati di apparecchiature e connessioni all’altezza della sfida digitale. Questo permetterebbe al legislatore di formulare, anche, una vera e propria politica di procurement pubblico, finora del tutto assente, possibile soltanto restringendo il numero degli operatori che oggi parcellizzano la domanda pubblica. Si tratterebbe di un processo di crescita graduale al fine di individuare quelle soluzioni operative in grado di garantire standard qualitativi adeguati. In questo senso, anche la condivisione di piattaforme open-source, al netto di eventuali problemi legati alle licenze di ri-uso[22], rappresenterebbe senza dubbio una buona base di partenza. Un sistema tutto da costruire, insomma, ricordandosi che, a partire dal 2023, per tutti gli affidamenti sopra-soglia non vi sarà più alcuna alternativa alla digitalizzazione. Una strada, perciò, da imboccare senza più indugiare, per farsi trovare pronti ad un’esigenza di cambiamento di cui la stessa Commissione Europea si fa promotrice e di cui il Paese ha un immenso bisogno per rimanere competitivo. In altre parole, come ricorda, il Documento ANAC del 27 Maggio 2020 “Strategie e azioni per l’effettiva semplificazione e trasparenza nei contratti pubblici attraverso la completa digitalizzazione: le proposte dell’Autorità”: “La semplificazione e l’efficienza nella gestione dei contratti pubblici passa in gran parte dalla digitalizzazione di tutti gli affidamenti, ivi inclusi quelli in house, nell’intero ciclo di vita, a partire dalla programmazione e progettazione, passando per la fase di selezione delle offerte, per continuare con l’esecuzione e la sua verifica e concludersi con il collaudo finale e il pagamento dei corrispettivi previsti dal contratto. Ciò consentirebbe una gestione unitaria dell’intervento e un maggior controllo, monitoraggio e coordinamento delle varie fasi, evitando tempi morti tra le stesse e attribuendo correttamente le relative responsabilità”. Prendiamo ad esempio la scelta del contraente, in questa fase le piattaforme digitali permetterebbero un presidio costante che garantisca “la par condicio, l’effettiva concorrenza, l’inviolabilità e segretezza delle offerte, la trasparenza e tracciabilità delle operazioni di gara, l’imputabilità delle dichiarazioni ai concorrenti. Inoltre, consente il controllo diffuso sull’operato dei soggetti pubblici, grazie alla disponibilità immediata dei dati e alla conoscibilità delle informazioni riguardanti stazioni appaltanti e operatori economici. La ricezione telematica delle domande di partecipazione, l’adeguata conservazione dei documenti, il rispetto di un procedimento con una cronologia prestabilita nelle sue fasi ed azioni permette, altresì, di ridurre al minimo gli errori operativi. Come beneficio diretto dell’utilizzo di strumenti telematici di negoziaziazione si individua quindi una netta riduzione del contenzioso per criticità di natura operativa nell’ambito del procedimento amministrativo (apertura delle buste, soccorso istruttorio, ecc.). Tale scelta consente anche il lavoro a distanza delle commissioni di gara, con l’eliminazione della necessità (o la riduzione) delle sedute pubbliche, considerato che tutte le operazioni di gara sono tracciate, sia nella fase di esame della documentazione amministrativa che nella fase di valutazione delle offerte”. Anche nella fase esecutiva, la digitalizzazione comporterebbe indubbi vantaggi “innanzitutto in termini di riduzione degli oneri a carico del direttore dei lavori, di verifica degli adempimenti, di riduzione del contenzioso e delle riserve, nonché in fase di collaudo, permettendo il monitoraggio continuo dello stato di avanzamento dell’esecuzione”.

Intanto, nell’ immediato, il legislatore ha deciso di incidere sulla tempistica del processo di approvvigionamento: i termini per la presentazione delle domande sono stati sensibilmente ridotti. Per le procedure aperte sotto-soglia, ad esempio, per ragioni di urgenza debitamente motivate, il termine ordinario di 30 giorni è stato più che dimezzato, addirittura portandolo a 10 giorni in caso di procedura ristretta. Anche per il meccanismo di stand-still sono state previste una serie di ipotesi in cui non trovi applicazione, ovvero nei casi in cui non sia stata presentata alcuna offerta, o se l’appalto è basato su un A.Q., in caso di ricorso a mercato elettronico o a sistemi dinamici di acquisizione, o ancora in casi di affidamenti diretti di importo inferiore a 40.000 euro, o negli altri casi di affidamento compresi tra 40.000 e 150.000,00 per i lavori (o alle soglie previste dall’art. 35 per i servizi).

Da salutare con favore anche l’innalzamento della soglia prevista per la richiesta di anticipazione contrattuale prevista dal c.d. Decreto Rilancio, utile per garantire quella liquidità necessaria a reperire i fattori produttivi indispensabili per dare avvio all’intervento. Anche la possibilità di poter procedere al pagamento degli acconti di avanzamento lavori maturati sino al momento della sospensione, anche laddove queste ultime superino i 45 gg., sembra coerente con l’obiettivo di iniettare nuova liquidità all’interno del sistema.

Nuove soglie sono state previste anche per la scelta della procedura di aggiudicazione, con l’affidamento diretto, anche senza previa consultazione di due o più operatori economici, che nei lavori sale fino a 150.000,00[23], prevedendo il ricorso alla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara, ex art. 63, per i lavori che vanno da 150.000,00 a 350.000,00 previa consultazione di 5 operatori economici, che diventano, rispettivamente, 10 e 15 nei casi di lavori da 350.000,00 euro ad un 1.000.000,00 e per quelli superiore al milione di euro. Una procedura, quella prevista dall’art. 63, a cui si poteva far ricorso solo in casi eccezionali (assenza di offerta, assenza di fornitori specializzati ecc.) o in casi di estrema urgenza derivanti da eventi imprevisti ed imprevedibili dall’amministrazione aggiudicatrice. Una procedura piuttosto snella[24], quindi, che assieme all’innalzamento della soglia per l’affidamento diretto segna una netta inversione di tendenza rispetto al sistema, piuttosto rigido, disegnato dal legislatore del 2016.

In altre parole, il legislatore ha rimodulato la struttura disegnata dal D.Lgs. 50/2016 tentando di renderla più agile e snella, e lo ha fatto agendo su alcuni punti chiave che possiamo riassumere come segue:

 

  • La tempistica del processo di approvvigionamento, scongiurando dapprima che la sospensione già prevista dall’art. 103 del D. L. n. 18 del 17/03/2020 provocasse un impasse dell’intero sistema di procurement pubblico. Per questo è stato previsto, che la S.A. debba adottare ogni soluzione organizzativa idonea ad assicurare la celere e ragionevole durata del procedimento. A tal proposito sono stati altresì fissati i termini massimi per arrivare all’aggiudicazione nelle procedure sottosoglia, previsti in due mesi dal primo atto di avvio del procedimento per gli affidamenti diretti e quattro mesi per le procedure negoziate[25]. Si è cercato poi di scandire, in modo più tempestivo e puntuale, anche la fase di presentazione delle offerte che, come abbiamo visto, per le procedure aperte sottosoglia in casi di urgenza debitamente motivati, ad esempio, si è addirittura dimezzata.
  • Ha tentato di snellire l’intero processo di approvvigionamento, attraverso la previsione di modalità di affidamento “agevolate”, innalzando i tetti per l’affidamento diretto e prevedendo la possibilità di ricorrere alla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara ex art. 63 fino alla soglia comunitaria, affidando la tutela dell’imparzialità e della concorrenza ad un meccanismo di richiesta di preventivi in crescendo. Anche la fase conclusiva del contratto è stata oggetto di un profondo ripensamento, escludendo lo stand-still in ipotesi espressamente indicate. L’esecuzione anticipata, per ragioni di urgenza, è adesso prevista anche nelle more della verifica dei requisiti ex art. 80 nonché dei requisiti di qualificazione previsti per la partecipazione alla procedura. Infine, sempre con l’intento di snellire la procedura, anche l’obbligo di sopralluogo può esser previsto, a pena di esclusione, solo nei casi strettamente indispensabili in ragione della tipologia, del contenuto o della complessità dell’appalto.
  • Infine, con l’intento di favorire l’immissione di liquidità all’interno del sistema è stata prevista la possibilità di emissione di SAL parziali entro 15 giorni dall’entrata in vigore del Decreto[26], la possibilità di pagamento per questi ultimi anche in caso di sospensione superiore ai 45 giorni, il rimborso dei maggiori costi sostenuti per l’adeguamento agli standard di sicurezza previsti per il contenimento dell’epidemia[27], e l’innalzamento del tetto per poter richiedere l’anticipazione contrattuale fino al 30%[28] già prevista dal Decreto Rilancio. Cancellato anche l'obbligo della garanzia provvisoria del 2% per gli appalti sottosoglia salvo che, in considerazione della tipologia e specificità della singola procedura, ricorrano particolari esigenze che giustifichino tale richiesta, che la stazione appaltante indica nell’avviso di indizione della gara o in altro atto equivalente. Nel caso in cui sia richiesta la garanzia provvisoria, il relativo ammontare è comunque dimezzato.

 

Paragrafo 3. RIFLESSIONI CONCLUSIVE

Il ripensamento del sistema di infrastrutture digitali, le opportunità offerte dallo smart working, l’importanza di adeguate iniziative formative per consolidare adeguate skills digitali, l’esigenza di rendere strutturali i team multidisciplinari dando vita a una classe dirigente pubblica in grado di conciliare l’approccio manageriale con le competenze giuridiche specifiche, la volontà di superare un modello di ripartizione delle competenze che ha esasperato il principio di leale collaborazione ottenendo come unico risultato quello di far esplodere il contenzioso, rappresentano oggi le principali sfide per garantire un exit strategy di successo e per rilanciare la competitività del Paese a livello internazionale.

Sul versante del public procurement, pur apprezzando lo sforzo del legislatore per snellire nuovamente un’architettura piuttosto rigida qual era quella disegnata dal, seppur giovane, D. Lgs 50/2016, che nel breve periodo può senza dubbio rappresentare una leva per rilanciare l’economia di un Paese colpito duramente da questa crisi sanitaria ed economica, nel lungo periodo occorre ripensare attentamente all’intera infrastruttura dotandola, da un lato, di quei presidi digitali che non possono più essere rimandati, e dall’altro, ricorrendo a quella professionalizzazione delle strutture appaltanti che riesca a garantire un adeguato know-how degli operatori e un deciso innalzamento degli standard qualitativi delle prestazioni. L’allargamento delle maglie nelle procedure di affidamento, assieme all’innalzamento dei tetti e all’estensione della procedura negoziata ex art. 63 potrebbero portare benefici che, se fossero resi strutturali ed adeguatamente compensati da altrettanti presidi anticorruzione volti a garantire un’effettiva rotazione e l’imparzialità nell’allocazione delle risorse, potrebbero indubbi vantaggi.

In altre parole, occorre dar vita a sistemi in grado di far accendere tempestivamente la spia rossa quando necessario. Un set di indicatori di rischio che riesca a fornire un quadro di monitoraggio semplice ed intuitivo per ravvisare prontamente eventuali anomalie. Nell’attesa della centralizzazione della spesa, una mappa di indicatori per ciascun buyer pubblico sarebbe senza dubbio un’ottima base di partenza, oltre ad un’efficace strumento per conoscere e approfondire meglio le dinamiche interne. Tali indicatori potrebbero essere ulteriormente scomponibili a livello di singolo RUP per far emergere in modo ancor più lampante eventuali responsabilità e conflitti di interesse. Si tratta di indicatori anche piuttosto semplici nella loro costruzione, a titolo esemplificativo possiamo accennare indicatori che prendono in considerazione il grado di utilizzo dell’offerta OEPV, il differenziale tra il valore finale del contratto e quanto invece previsto inizialmente, il numero dei contratti modificati per effetto di varianti, il numero dei contratti prorogati (non per motivi tecnici), la media dei preventivi richiesti in caso di affidamenti diretti o viceversa il numero di procedure per cui è stata presentata un’unica offerta, un indice di rotazione degli operatori invitati o degli affidatari[29].

Insomma, al di là di quello che sarà il dopo crisi, al di là delle opportunità che saremo o meno in grado di cogliere, degli scenari che si apriranno, delle scelte che segneranno l’ennesimo capitolo del procurement pubblico, questa crisi ci deve insegnare che non è della discrezionalità che bisogna aver paura perché “quando l’amministrazione sceglie giustificando le proprie ragioni, opera in modo trasparente e quindi verificabile[30].

 

NOTE:

[1] M. Draghi, We face a war against coronavirus and must mobilise accordingly, in Financial Times, 25/03/2020.

[2] Affermazione spesso utilizzata nei discorsi del Presidente J.F. Kennedy.

[3] L. Bartolucci, Le prime risposte economico-finanziarie (di Italia e Unione europea) all’emergenza Covid-19, in Federalismi.it, 8 Aprile 2020, p.3.

[4] L. Bartolucci, OP.CIT., p. 20, ricorda come l’attivazione della disposizione non implichi la sospensione del risanamento di bilancio, quanto piuttosto la ridefinizione del percorso di aggiustamento tenendo conto delle condizioni specifiche di ogni paese, in termini sia di sforzo di aggiustamento che di calendario per raggiungere gli obiettivi, al fine di tener conto delle circostanze eccezionali della grave recessione economica della zona euro o dell’intera Unione: esattamente come si prevede anche nella Relazione presentata dal Governo alle Camere e approvata da queste ultime con le risoluzioni dell’11 marzo 2020.

[5] Ancora così sul punto L. Bartolucci, OP.CIT., p. 20, che sottolinea come in questo quadro, la richiesta dell’Italia di effettuare spesa ulteriore per l’emergenza Coronavirus “non viene considerata in alcun modo un abbandono delle regole per cause di forza maggiore, ma al contrario valutata come manifestazione concreta di ipotesi previste da quelle norme, e dunque da ammettere: interpretando così l’autorizzazione come una decisione compatibile col quadro giuridico esistente” secondo quanto già sostenuto da C. Buzzacchi, Scostamento di bilancio da coronavirus, in LaCostituzione.info, 13/03/2020.

[6] L. Bartolucci, OP.CIT. p. 24, che fa riferimento alle riflessioni di G. Della Cananea, Cosa deve fare l’Italia per sfruttare la rivoluzione del Patto di Stabilità, in Il Foglio, 25/03/2020,

[7] Ancora così sul punto L. Bartolucci, OP.CIT., p. 24.

[8] L. Bartolucci, OP.CIT., cit., pp. 30,31, che sul punto fa riferimento al fronte comune di nove Stati che è stato formalizzato attraverso l’invio di una lettera al Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, in vista del Consiglio europeo del 26 marzo 2020, a firma del Presidente del Consiglio italiano e dai capi degli esecutivi di altri otto Stati (Belgio, Francia, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Portogallo, Slovenia e Spagna).

[9] Così sul punto L. Bartolucci, OP.CIT,. pp. 7-9, che ricorda come, ad ulteriore riprova che si tratti di una spesa una tantum: da un lato con la lettera di risposta trasmessa il 6 marzo, il Vice Presidente della Commissione europea Dombrovskis e il Commissario per l’Economia Gentiloni hanno fatto presente che le spese “one-off”, effettuate in risposta al manifestarsi del contagio, sono escluse per definizione dal computo del saldo strutturale e non prese quindi in considerazione per verificare il rispetto dello sforzo di bilancio richiesto. Dall’altro, rispetto alle richieste di maggiore indebitamento passate, tuttavia, una prima novità risiede nel fatto che stavolta l’autorizzazione allo scostamento di bilancio non è stata abbinata né al DEF né alla NADEF, ma si tratta di un aggiornamento della richiesta già autorizzata dal Parlamento in occasione della NADEF 2019: questo dà la misura di quanto siano eccezionali le circostanze attuali (e di quanto, forse, non lo fossero quelle precedenti). Infatti, l’autore ricorda ancora, che solo in un’altra occasione il Governo aveva richiesto tale autorizzazione non in abbinamento al DEF o alla NADEF: ci si riferisce, in particolare, al caso del dicembre del 2016, in occasione della crisi del Monte dei Paschi di Siena e della necessità di mettere in sicurezza il sistema bancario attraverso il varo del c.d. decreto “salva-risparmio”. Si tratta, nella fattispecie, del Governo Gentiloni, che, richiese l’autorizzazione ex art. 81, c. secondo comma Cost per reperire 20 miliardi di Euro attraverso operazioni di emissione di titoli del debito pubblico. Sono state così individuate le risorse per la copertura finanziaria degli interventi previsti dal decreto-legge n. 237 del 2016 (poi convertito, con modificazioni, dalla legge n. 15 del 2017), recante disposizioni urgenti per la tutela del risparmio nel settore creditizio. 

[10]Le inchieste mostrano che ci sono ancora zone di caccia per loro (corrotti e corruttori): le emergenze. Lì non si può risparmiare, non c’è spending review che tenga: quando si verifica un problema grande, bisogna trovare subito una soluzione ad ogni costo. Dagli sbarchi degli immigrati ai terremoti, dalle frane allo smaltimento dei rifiuti: ogni calamità è il pretesto per intrecciare affari. Fino alla gestione emergenziale di grandi eventi come il G8 della Maddalena. È una parola magica: l’emergenza fa sparire i controlli e la deroga diventa regola, tanto da parlare di vera e propria cultura dell’emergenza”. R. Cantone, G. Di Feo, Il male italiano, liberarsi dalla corruzione per cambiare il Paese, Rizzoli, 2015, p. 127 in cui si afferma che: “Secondo le indagini, per entrare nel piatto ricco delle emergenze, i gruppi affaristi si sono inseriti anche nel terzo settore, quello delle aziende no-profit, che fino ad ora era apparso immacolato [...]”. Così sul punto J. Gagliardi, La Tela: Esperienze di corruzione e anticorruzione, Pisa, pp.148,149.

Vale la pena sottolineare che, nella fattispecie, le diffusione situazioni di vulnerabilità finanziaria, portate dalla crisi di liquidità, espongono gli operatori economici alla necessità di finanziamenti rapidi e deformalizzati che rischiano di essere soddisfatti proprio dalla criminalità organizzata: l’unica ad avere a disposizione capitali ingenti da reinvestire all’interno dell’economia legale. Da non dimenticare che non solo le imprese in difficoltà finanziaria possono risvegliare gli appetiti della criminalità organizzata, ma la situazione è particolarmente attrattiva anche per assicurarsi ingenti profitti sfruttando le occasioni che la crisi impone (vedi ad esempio la sanificazione) che già si sommano ai tipici benefici dei contratti di global service capaci da un lato di far ottenere indebiti risparmi, diminuendo gli standard qualitativi dei servizi offerti, che posso essere utilmente reinvestiti in tangenti; dall’altro rappresentano un valido strumento di controllo del territorio in quanto si traducono in opportunità occupazionale per una vasta platea di manodopera a basso costo per cui non è richiesta particolare qualifica.

Infine, dato che è necessario preservare le poche risorse a disposizione, sarà necessario tenere gli occhi sempre ben aperti anche sulle c.d. opportunità di frodi sintetiche capaci di distrarre risorse alterando surrettiziamente gli standard necessari per ottenere i finanziamenti a garanzia pubblica. Tutto ciò si rende necessario per evitare che il c.d. welfare mafioso prenda così il sopravvento rendendo così il sistema produttivo ostaggio delle sue logiche e permettendo, come ricordato poc’anzi, a quell’esercito mafioso di infoltirsi, nella consapevolezza che tali organizzazioni prosperano laddove vi sia un’esigenza di tutela dei precari diritti sulle risorse in gioco.

Sul punto si veda Autori vari, L’impatto del COVID-19 sull’economia, 10 proposte per la ripartenza : un’analisi fondata sullo studio della provincia di Pisa, Pisa, University press, 2020, pp. 187-189, e  J. Gagliardi, La Tela: Esperienze di corruzione e anticorruzione, cit., pp. 115-117 e 396.

[11] Questo potrebbe rivelarsi molto utile anche per scongiurare i tipici schemi criminali legati al factoring. In sintesi, si tende ad alternare tre schemi criminali. Nello schema base, i tempi di pagamento vengono, più o meno volontariamente, dilazionati costringendo così i fornitori a far ricorso a società di factoring per smobilizzare i propri crediti, i cui proventi vengano poi rigenerati, in parte, proprio sotto forma di tangenti. Un’interessante evoluzione del predetto schema prevede un differimento dei tempi di pagamento iniziali, quindi il ricorso dei privati a tali società per l’esigenza di monetizzare il credito, anche se a fronte di ingenti sconti dovuti al fatto che anch’esse riscuoteranno in un periodo di tempo piuttosto lungo, salvo poi accelerare le pratiche non appena il credito è stato ceduto e lo sconto già dedotto. Talvolta, infine, il ricorso alla società di factoring è necessario per poter intraprendere il rapporto con la stessa amministrazione, ed aggiudicarsi quindi la gara, in altre parole si tratta di uno schema corruttivo trilaterale preconfezionato in cui le parti sono già consapevoli dei vari passaggi propedeutici alla riscossione del credito stesso ed in cui ognuna di esse ottiene i propri guadagni. Sul punto J. Gagliardi, La Tela: Esperienze di corruzione e anticorruzione, cit., pp. 396,397.

[12] Pensate che persino gli alberghi si stanno reinventando fornendo servizi di affitto di stanze dotate di connessioni ultraveloci e spazi adeguati da convertire in postazioni da smart working in cui lavorare in tutta tranquillità.

[13] Ricalcando un po’ la stessa logica delle analisi delle ASA proposta dalla BCG. In estrema sintesi l’analisi delle ASA permette, attraverso lo studio di due parametri ovvero la quota di mercato posseduta e la capacità di crescita del mercato stesso, a seconda che siano basse o alte, di individuare 4 posizionamenti strategici. Anche in questo caso è un problema allocativo delle risorse aziendali che dovranno essere dirottate per rimanere competitivi nelle ASA STAR (entrambe le variabili alte) che hanno bisogno degli investimenti più onerosi e per potenziare le QUESTION MARK, scegliendo di abbandonare le DOGS e sfruttando al massimo tutta la liquidità proveniente dalle CASH COW.

[14] Nell’arte, come nel diritto, vale la regola spesso ricordata da Bruno Munari “Complicare è facile, semplificare è difficile. Per complicare basta aggiungere, tutto quello che si vuole: colori, forme, azioni, decorazioni, personaggi, ambienti pieni di cose. Tutti sono capaci di complicare. Pochi sono capaci di semplificare”.

[15] Si fa riferimento a quel sistema di incentivi tipico dell’approccio microeconomico, utilizzato nell’analisi economica del diritto, e in grado, attraverso i crismi della teoria della scelta razionale, di orientare le scelte degli individui.

[16] V. Caravaggi Vivian, Emergenza Covid-19 e Pubblica Amministrazione: rivedere le priorità per uscire dalle macerie, in Lavoripubblici.it, 21 Aprile 2020.

[17] Purtroppo la crisi sanitaria in atto ha fatto emergere tutti i limiti di questo sistema, un sistema  in cui “si è aperta la strada alle troppe voci di protagonisti alla ricerca di popolarità” che “hanno cominciato a battibeccare configgendo invece che cooperando con un tira e molla che ha prodotto soltanto incertezza “ in S. Cassese, La nostra anarchia di Stato, in Il Corriere della Sera, 01 Dicembre 2020 che, sottolinea anche come il Parlamento, che dovrebbe essere il luogo di dialogo-conflitto tra governo e opposizioni, in una situazione come l’attuale, in cui le regioni per tre quarti sono nella mani dell’opposizione, il governo preferisce dialogare e configgere direttamente con loro. sia perché sono a loro volta diverse, sia permettere un binario morto il leader dell’opposizione svuotando così il Parlamento e mescolando la dialettica istituzionale Stato-Regioni con quella politica maggioranza-opposizione.

 

[18] L’esperienza di questi anni, purtroppo, ha invece svelato un risultato diametralmente opposto con pazienti costretti a sottoporsi alle cure spesso a chilometri di distanza dai propri affetti e dalle proprie abitazioni.

[19] A.Saitta, Misure anticorruzione, il ruolo delle Regione e della PA. in Monitor 41 Anno XVI numero 41 – 2017.

[20] V. Caravaggi Vivian, Emergenza Covid-19 e Pubblica Amministrazione: rivedere le priorità per uscire dalle macerie, cit..

[21] V. Caravaggi Vivian, OP. CIT.

[22] Vedi ad esempio vicende ANAC in merito alla possibilità di riutilizzo della piattaforma ideata per la gestione delle procedure di whistleblowing.

[23] Per servizi e forniture sale, invece, fino a 75.000,00 con la previsione di poter ricorrere alla procedura prevista ex art. 63 per la fascia immediatamente successiva che arriva fino a 214.000,00.

[24] Si sgancia in questo modo la procedura dell’art. 63 dal doppio binario che era stato previsto per le situazioni emergenziali con la S.U. che resta così la via maestra da seguire in tutte quelle circostanze che “non consentono alcun indugio, in caso di eventi emergenziali di protezione civile o di eventi calamitosi derivanti dall’attività dell’uomo, per un importo massimo dei lavori di euro 200.000,00”.

[25] In entrambi i casi sono stati previsti 60 giorni per la firma del contratto, qualora si verifichi la mancata tempestiva stipula dello stesso o il tardivo avvio dell’esecuzione, ciò può essere valutato ai fini della responsabilità del RUP per danno erariale, qualora invece sia imputabile all’operatore economico costituisce causa di esclusione o risoluzione per inadempimento.

[26] Con l’obbligo di procedere al pagamento entro 45 giorni dall’emissione del certificato.

[27] Tali somme integrative possono essere attinte dalle somme a disposizione indicate nei Q.E. dei progetti e, ove necessario, utilizzando anche le economie di gara derivanti dai ribassi d’asta.

[28] Compatibilmente con le risorse stanziate annualmente, per tutte le procedure che scaturiscono da bandi o avvisi pubblicati successivamente alla data del 19 Maggio 2020 (data di entrata in vigore del D.L. 34/2020 convertito con la Legge n. 77/2020).

[29] Per un’analisi dettagliata delle prospettive e dei limiti di tale sistema di indicatori si veda ANAC, Relazione annuale 2016, pp. 57-66.

[30] R. Cantone - E. Carloni, Corruzione e anticorruzione: dieci lezioni, Feltrinelli, 2018, p. 159.