ISSN 2039 - 6937  Registrata presso il Tribunale di Catania
Anno XVII - n. 05 - Maggio 2025

  Temi e Dibattiti



Il processo amministrativo ai tempi della pandemia.

Rosanna De Nictolis (Presidente C.g.a.).

https://www.giustizia-amministrativa.it/web/guest/-/de-nictolis-il-processo-amministrativo-ai-tempi-della-pandemia

(Giustizia Amministrativa)

 

Il processo amministrativo ai tempi della pandemia

  1. La pandemia da Covid19 ha comportato anche in Italia la dichiarazione dello stato di emergenza nazionale, con la conseguente previsione legislativa di un ampio strumentario di possibili restrizioni dei diritti e libertà individuali e collettivi, in funzione della salvaguardia del bene primario della vita umana e della salute individuale e collettiva.

La legge elenca in astratto le possibili restrizioni, demandandone l’individuazione concreta a decreti delle autorità governative centrali e a provvedimenti delle autorità regionali per emergenze locali non immediatamente fronteggiabili con atti delle autorità centrali (d.l. n. 19/2020).

Il sacrificio di diritti e libertà individuali, riconosciuti e garantiti dalla Costituzione e protetti mediante riserva di legge, in primis della libertà di circolazione (per la quale la riserva di legge è ritenuta relativa) e della libertà di impresa, nella ponderazione con il bene primario della vita e della salute, è giustificato dal principio di precauzione e incontra a sua volta un limite invalicabile nel principio di proporzionalità e in quello di pertinenza e appropriatezza.

Il principio di precauzione postula che il decisore politico si avvalga del patrimonio di conoscenze scientifiche fornite dagli organi che ne sono depositari e, sulla scorta di esse, adotti, tra le possibili misure, quelle che appaiano le più prudenti fintanto che la stessa scienza si muova ancora - in buona parte - in terra incognita.

Non a caso sono scesi in campo Organizzazione mondiale della sanità, Istituto italiano superiore di sanità, e un apposito Comitato tecnico scientifico.

Come non di rado accade quando si tratta di compiere scelte politiche e di alta amministrazione che devono fondarsi su elementi tecnico-scientifici, la scienza non dà risposte univoche e gli stessi scienziati hanno opinioni discordanti. E come di consueto in tali casi - e mai come ora - , il peso e la responsabilità della scelta – che non può essere differita nonostante le incertezze della scienza - competono al decisore politico e non allo scienziato.

Il decisore politico non potrà tuttavia scegliere a caso tra l’una o l’altra teoria scientifica, ma potrà e dovrà distinguere tra scienza e pseudo-scienza individuando la tesi scientifica più affidabile avvalendosi dei parametri elaborati dalla giurisprudenza statunitense (Daubert trilogy) e nazionale (sentenza Cozzini, Cass. pen., IV, 17.9.2010 n. 43786).

Secondo la Daubert trilogy una tesi scientifica è affidabile quando rispetta le seguenti condizioni: sottoposizione o sottoponibilità della tesi scientifica a test; pubblicazione della tesi in rivista soggetta a peer review; indicazione del tasso di errore noto o potenziale della tesi; generale accettazione della tesi da parte della comunità scientifica di riferimento.

Secondo la sentenza Cozzini l’affidabilità della tesi scientifica va valutata con i seguenti parametri: identità, autorità indiscussa, indipendenza del soggetto che gestisce la ricerca; finalità per cui il soggetto fa la ricerca; ampiezza, rigorosità, oggettività della ricerca; grado di sostegno che i fatti accordano alla tesi; intensità della discussione critica che ha accompagnato l’elaborazione dello studio; attitudine esplicativa dell’elaborazione teorica; consenso che la tesi raccoglie nella comunità scientifica.

I principi di proporzionalità, pertinenza e appropriatezza implicano che ogni restrizione deve essere limitata allo stretto necessario sotto il profilo spazio-temporale ed essere proporzionata e adeguata all’obiettivo. Non solo le misure devono essere limitate nel tempo e circoscritte nello spazio, ma la proporzionalità va valutata in modo diverso nei singoli territori colpiti dalla pandemia. Ciò che è proporzionato in zona rossa potrebbe non esserlo in altre zone del Paese.

La proporzionalità e la precauzione rendono il bilanciamento particolarmente complesso laddove tale bilanciamento si gioca tutto all’interno dell’unico valore primario della vita e della salute umana: l’esigenza di contenimento e soppressione dell’epidemia per salvaguardare in via immediata vita e salute non può comportare il blocco totale di talune attività a loro volta essenziali per la vita e la salute umana, quand’anche esse mettano a rischio la vita di chi le svolge: in primis le attività sanitarie e ospedaliere, ma anche tutte le attività produttive che assicurano alla collettività i beni di prima necessità, alimenti, medicinali, trasporti.

Così come non è agevole il bilanciamento all’interno del medesimo bene primario della salute, tra la salute dei potenziali contagiati e contagiabili e quella generale che potrebbe essere indebolita da divieti troppo restrittivi: le misure di distanziamento sociale si sono spinte, in funzione preventiva, sino alla chiusura di parchi e giardini pubblici, e persino, in alcune Regioni, sino al divieto di attività motorie individuali o di uscita per i bambini in compagnia dei genitori. Divieti che, alla lunga, se scongiurano la contrazione del virus, potrebbero comportare altre patologie per la salute fisica e mentale individuale e collettiva. E che pertanto dovrebbero essere limitati nello spazio e nel tempo e sottoposti al test di proporzionalità, pertinenza, appropriatezza rispetto allo scopo perseguito, dovendosi distinguere tra attività ludiche di gruppo all’aperto, che si svolgono ordinariamente con la partecipazione di più persone e con la difficoltà di garantire il distanziamento sociale, e attività motorie individuali all’aperto, che possono compiersi con appropriato distanziamento sociale e non appaiono nocive ma piuttosto utili per la salute individuale e collettiva.

Il blocco non potrebbe essere totale nemmeno per attività che non appaiono essenziali in via immediata e diretta, ma lo sono in via mediata: in generale la chiusura di attività lavorative e imprese, anche non essenziali, se prolungata nel tempo, finirebbe con l’avere impatto sul benessere individuale e collettivo.

Questa articolazione dei valori in gioco spiega la complessità delle misure messe in campo:

(i) da un lato con un lockdown a geometria variabile, che implica la chiusura di attività non essenziali e al contempo il mantenimento in essere delle attività essenziali per la vita e la salute umana, con l’adozione di misure precauzionali;

(ii) dall’altro lato con l’individuazione del livello di rischio delle varie attività professionali e imprenditoriali, in vista di una ripresa graduale.

 

  1. Il quadro complessivo così tracciato, del bilanciamento tra i diversi valori in gioco, viene declinato con analoghe coordinate anche nel settore della giustizia amministrativa, attraverso un gioco di misure generali, locali, e caso per caso, che si è snodato in tre tappe temporali.

In un primo momento, quando l’emergenza sanitaria era circoscritta a pochi Comuni individuati quale zona rossa, era apparsa misura proporzionata la sospensione dei termini processuali per parti e difensori localizzati in tali Comuni, insieme alla regola di chiusura della rimessione in termini se il mancato rispetto di termini perentori fosse conseguenza delle misure adottate in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica (art. 10, comma 17, d.l. n. 9/2020).

In un secondo momento, in concomitanza con l’estensione delle misure più restrittive a tutto il territorio nazionale, è stata prevista una generalizzata sospensione di tutti i termini processuali, dapprima dall’8 al 22 marzo 2020 (art. 3, d.l. n. 11/2020) e poi dall’8 marzo al 15 aprile 2020 (art. 84 d.l. n. 18/2020), combinata con la possibilità della tutela cautelare monocratica, del passaggio delle cause di merito in decisione sull’accordo delle parti a partire dal 6 aprile 2020, e soprattutto con la possibilità di misure più restrittive in sede locale in coordinamento con l’autorità sanitaria regionale, e segnatamente la possibilità di differire le udienze a dopo il 30 giugno 2020.

In questa fase la tutela cautelare collegiale, fino al 15 aprile, è stata sostituita da una tutela cautelare monocratica, da confermarsi dal collegio dopo il 15 aprile: una tutela cautelare, dunque, bifasica, con una doppia chance ravvicinata, per le parti processuali.

In altra sede sono stati forniti i dati numerici dell’attività cautelare monocratica, che si è svolta in tempo di emergenza con numeri comparabili a quelli dei tempi ordinari, per un totale tra Tar e Consiglio di Stato, di circa 2565 provvedimenti cautelari dall’8 al 31 marzo, cui devono aggiungersi circa 50 provvedimenti presso il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana nel medesimo arco temporale (v. note dell’Ufficio stampa della giustizia amministrativa del 6 e del 9 aprile 2020). Anche le percentuali di rigetto e accoglimento paiono ad un primo sommario screening in linea con quelle dei tempi ordinari, risultando una percentuale di accoglimento del 30% in linea con le medie ordinarie (peraltro ben più basse in materia di appalti pubblici). Né l’esito monocratico è in grado di condizionare l’esito collegiale, attesa la composizione a tre o a cinque dei collegi giudicanti, perfettamente in grado, all’occorrenza, di porre in minoranza la soluzione presidenziale ove non condivisa.

La parziale continuazione dell’attività giurisdizionale, in particolare la tutela cautelare monocratica e collegiale e le udienze di merito a partire già dal 6 aprile e comunque dal 15 aprile, è stata garantita adottando misure di protezione sanitaria per il personale di magistratura e amministrativo mediante la possibilità di celebrare udienze con collegamento “da remoto”, in videoconferenza o audioconferenza.

Era stata inizialmente prevista la partecipazione degli avvocati alle udienze con la stessa modalità da remoto (art. 3 d.l. n. 11/2020), poi eliminata in termini generali dal d.l. n. 18/2020, che prevede il passaggio delle cause in decisione sugli scritti fino al 30 giugno 2020, salva una limitata possibilità di audizione dei difensori con collegamento da remoto in sede di tutela cautelare monocratica.

Infine (almeno ad oggi) in un terzo momento, è stata prolungata la sospensione dei termini processuali dal 16 aprile al 3 maggio, solo per la proposizione di nuovi ricorsi (e impugnazioni) (art. 36, comma 3, d.l. n. 23/2020), con la possibilità, dal 16 aprile, di celebrare le udienze di merito per gli affari già fissati o da fissarsi, diversi dagli affari di merito “nuovi”, e di celebrare senza alcun limite le udienze per gli affari cautelari.

 

  1. Il complesso e articolato meccanismo costituisce una ragionevole mediazione tra tutela del diritto di difesa di parti e difensori che abbiano impedimenti a causa dell’emergenza sanitaria, e tutela dell’interesse generale a che la giustizia amministrativa, quale funzione pubblica essenziale, possa continuare a svolgersi in modo efficiente anche in tempi di emergenza sanitaria mondiale.

Tale complesso e articolato meccanismo si basa infatti su una combinazione di misure generali, misure locali e misure caso per caso che, nel disegno legislativo, mira a non lasciare menomato nessun cittadino nel suo diritto di difesa davanti al giudice amministrativo.

La sospensione dei termini processuali è generale dall’8 marzo al 15 aprile 2020: generale in una duplice accezione, per tutto il territorio nazionale e per tutti i termini processuali, con la sola esclusione della tutela cautelare urgente.

Questo significa che non solo il termine per impugnare i provvedimenti amministrativi, che veniva a scadere tra l’8 marzo e il 15 aprile, è stato differito a dopo il 15 aprile, ma anche che sono stati sospesi tutti i termini endoprocessuali, quali quelli per il deposito di documenti, memorie e repliche, e che si calcolano a ritroso dalla data dell’udienza.

Per effetto di tale generalizzata sospensione dei termini processuali, di fatto le udienze potranno ricominciare ad operare senza necessità di rinvii per rimessioni in termini, dal 26 maggio per i riti ordinari (dove i documenti possono essere depositati fino a 40 giorni liberi prima dell’udienza) e dal 6 maggio per i riti con termini dimezzati (dove i documenti possono essere depositati fino a venti giorni liberi prima dell’udienza).

Non senza considerare che negli affari in cui erano state disposte consulenze tecniche e verificazioni, consulenti e verificatori hanno evidenziato in genere una difficoltà nell’espletare il loro compito e chiesto proroghe, sicché le relative cause sono destinate a subire un inevitabile rinvio.

La piena ripresa è dunque prevista per un momento successivo alla graduale riduzione del lockdown, non senza considerare che già alla data odierna le attività legali sono state incluse dal Comitato tecnico scientifico tra quelle a minor rischio di contagio e pertanto liberamente esercitabili, e che le stesse non sono state mai limitate da provvedimenti governativi. Per tutti i tipi di processi è stata ab initio garantita la tutela per gli affari urgenti, e in particolare nel processo amministrativo gli avvocati e i giudici non si sono mai fermati per assicurare la tutela cautelare.

Resta però il potere del capo dell’ufficio giudiziario, sentito il Consiglio dell’ordine locale e l’autorità sanitaria regionale, di adottare misure più restrittive se la situazione locale evidenzi una più seria emergenza nazionale, e in particolare di rinviare le udienze di merito a dopo il 30 giugno 2020 (art. 84, comma 4, lett. e), d.l. n. 18/2020).

Resta infine il potere, da esercitarsi caso per caso, della rimessione in termini per errore scusabile, ogni qual volta sia provato o appaia verosimile che il mancato rispetto di termini perentori sia dovuto a un impedimento della parte o del suo difensore legato all’emergenza sanitaria nazionale o locale o a motivo di salute della parte o del difensore.

La ulteriore sospensione dei soli termini di proposizione dei ricorsi dal 16 aprile al 3 maggio 2020 (art. 36 d.l. n. 23/2020) implica che tutti i termini in scadenza entro tale arco temporale, sono differiti a dopo il 3 maggio 2020.

E’ appena il caso di evidenziare che sebbene l’art. 36 comma 3 si riferisca sinteticamente ai “ricorsi”, per tali si intendono tutti gli atti con cui nel processo amministrativo si possono introdurre nuove domande: e dunque non solo i ricorsi ai Tar, ma anche i motivi aggiunti, i ricorsi incidentali, tutte le impugnazioni quali appello, revocazione, opposizione di terzo, l’opposizione a perenzione, la riassunzione del processo, la riproposizione a seguito di translatio, la trasposizione del ricorso straordinario in sede giurisdizionale.

Non solo lo dice la relazione illustrativa del decreto legge, che vale quel che vale. Lo dicono i consueti canoni esegetici della interpretazione letterale, logica, sistematica, storica.

La ragione di aver circoscritto la sospensione dei termini dal 16 aprile al 3 maggio solo a quelli per i ricorsi introduttivi e non a quelli endoprocessuali riposa nella considerazione della oggettiva maggiore difficoltà della fase introduttiva del processo rispetto alla fase di svolgimento di esso; la emergenza nazionale può oggettivamente rendere complesso per il cittadino prendere contatto con il difensore (il cittadino che intende impugnare un provvedimento potrebbe essere ammalato o in quarantena, o avere il dubbio che il modello di autodichiarazione non faccia rientrare tra gli urgenti spostamenti quello per recarsi dall’avvocato amministrativista), e rendere complessi gli incontri tra parti e difensori al fine della redazione del ricorso. Così come possono esservi oggettive difficoltà per le notificazioni diverse da quelle telematiche, per esempio a mezzo posta.

Ma una volta che il ricorso è stato già notificato e depositato, il processo si svolge esclusivamente attraverso scritti difensivi esplicativi e non aggiuntivi di quanto incartato nel ricorso introduttivo, e tali scritti viaggiano nel processo telematico, senza difficoltà di comunicazione.

La sospensione circoscritta ai soli termini di ricorso non determina alcuna disparità per le controparti, che a loro volta potrebbero essere impedite nella loro difesa a causa dell’emergenza sanitaria.

Ipotizzando che un ricorso venga notificato tra il 3 maggio e il 20 maggio, occorre poi considerare i termini di deposito del ricorso e costituzione delle altre parti (30 giorni e 60 giorni, rispettivamente, nel rito ordinario; 15 giorni e 30 giorni, rispettivamente, nei riti con termini dimezzati), e il termine di fissazione dell’udienza, dopo almeno sessanta giorni dall’avviso alle parti e rispettando tutti i criteri di priorità di legge nella fissazione dei ricorsi.  Dunque un ricorso “nuovo”, notificato il 3 maggio, anche in un ipotetico ufficio giudiziario senza pendenze, verrebbe fissato, nella migliore delle ipotesi, non prima di ottobre 2020.

E tanto accadrebbe anche se la parte decidesse di non avvalersi della sospensione e notificasse il ricorso tra il 16 aprile e il 3 maggio. Anche in tale ipotesi, un ricorso notificato, nel peggior scenario, il 16 aprile, considerato il termine di costituzione fino al 16 giugno nei riti ordinari e fino al 16 maggio nei riti con termini dimezzati, e la necessità di avviso di udienza almeno sessanta giorni prima nei riti ordinari e almeno trenta giorni prima nei riti a termini dimezzati, anche in un ipotetico ufficio giudiziario senza pendenze e senza ruoli di udienza già carichi fino almeno a settembre 2020, non potrebbe essere trattato prima di giugno inoltrato. Ma sarebbero pochissimi casi, forse un caso di scuola. E l’assenza di costituzione della parte resistente o controinteressata, indurrebbe il Collegio a far rinnovare la notificazione o a disporre un rinvio.

Ci sono due corollari di tale articolato meccanismo:

- il primo è che gli affari che potranno essere trattati in udienze dal 6 maggio in poi (per riti con termini dimezzati) e dal 26 maggio in poi (per rito ordinario) sono affari “vecchi”, ossia ricorsi notificati e depositati ampiamente prima dell’inizio dell’emergenza sanitaria; il processo amministrativo è un processo non solo scritto, ma delimitato dai motivi di ricorso da proporsi entro un termine di decadenza, senza possibilità di ampliamento della materia del contendere in corso di causa; gli affari che vengono in decisione dal 6 maggio in poi, in primo grado e a maggior ragione in appello (dove vige il tassativo divieto dei nova), sono affari che difficilmente possono presentare “sorprese” dell’ultimo momento, e per i quali statisticamente il rischio di impedimento di parti e difensori ad evidenziare fatti nuovi, è modesto, ed ovviabile, ove si verifichi, con la rimessione in termini per errore scusabile;

- il secondo è che la nuova sospensione dei termini di ricorso fino al 3 maggio, comporta che i processi nuovi non potranno essere assunti in decisione prima di ottobre 2020, un’epoca in cui tutti ci auguriamo che il Paese e il Mondo si saranno riappropriati della loro vita “normale” o che quanto meno avranno imparato a convivere con il nuovo inquilino del pianeta.

Questo sistema non è perfetto, ma è il minor male per garantire una continuità alla funzione giudiziaria amministrativa.

Il sistema non è perfetto perché è stata sacrificata la discussione orale dei difensori, un momento dialettico sicuramente importante anche in un processo scritto, irrinunciabile – in tempi ordinari - non solo per le parti, ma per gli stessi giudici.

Si tratta tuttavia di un sacrificio:

(i) contenuto nel tempo (fino al 30 giugno 2020),

(ii) giustificato dall’emergenza nazionale e dalla difficoltà sia di tenere udienze in presenza, che udienze da remoto in un momento in cui pressoché l’intera pubblica amministrazione e buona parte del mondo produttivo privato adotta la modalità di smart working operando attraverso le reti di telecomunicazione, con sovraccarico e rischio di blackout informatico, di virus virtuali che si potrebbero sommare nefastamente al virus reale;

(iii) tollerabile perché la mancanza di dibattito orale è compensata oltre che dal consueto scambio di memorie e repliche, dalla possibilità di note scritte;

(iv) proporzionato e non extravagante ove si consideri che nel processo amministrativo la presenza dei difensori in udienza non è conditio sine qua non per il passaggio della causa in decisione : da un lato, anche in tempi ordinari per una elevata percentuale di cause i difensori chiedono il passaggio della causa in decisione sugli scritti senza discussione orale, dall’altro, nel “rito camerale” è la regola che i difensori sono sentiti solo se compaiono; infine, anche nelle udienze pubbliche le cause passano in decisione anche se i difensori non compaiono.

Alcuni istituti processuali che richiedono la necessaria presenza del difensore, quale il rilievo d’ufficio di questioni (art. 73), l’avviso di sentenza in forma semplificata (art. 60), la richiesta di chiarimenti, potranno e dovranno essere sostituiti da una fase scritta in cui il giudice emetterà una ordinanza per rilevare la questione d’ufficio, avvisare della decisione in forma semplificata, chiedere chiarimenti.

 

  1. L’ultima sospensione dei termini (art. 36 d.l. n. 23/2020) differenzia il processo amministrativo dagli altri processi sia quanto alla durata della sospensione (fino al 3 maggio anziché fino all’11 maggio), sia quanto all’oggetto della sospensione (solo il termine per i ricorsi introduttivi e non tutti i termini processuali).

Ma tale differenza si spiega per la peculiarità assoluta del processo amministrativo, sotto un duplice profilo:

- è stato il primo processo ad essere stato totalmente digitalizzato; con la legislazione dell’emergenza è stata prevista anche l’udienza in collegamento da remoto; sicché il processo amministrativo può svolgersi completamente in forma telematica, senza presenza fisica di giudici, parti e difensori, con una modalità che garantisce l’equo bilanciamento tra sicurezza sanitaria e continuità della funzione giurisdizionale;

- è storicamente un processo pressoché interamente scritto, basato su prove scritte e precostituite, in cui la discussione orale, pur essendo un momento dialettico importante, non ha, oggettivamente, lo stesso “peso” che nella giustizia penale o in taluni processi civili, o financo in taluni giudizi “parapenalistici” davanti alla Corte dei conti.

Come si accennava in introduzione, l’emergenza nazionale richiede misure differenziate per le diverse situazioni. Se almeno una parte del complicato sistema giustizia può andare avanti, è doveroso per i governanti scegliere tempi differenziati di ripartenza e non adottare soluzioni generalizzate che possono provocare rallentamenti della ripresa del Paese e danni economici e sociali difficilmente riparabili.

Nella giustizia amministrativa, una sospensione generalizzata dei termini fino a metà maggio, come prevista per le altre giurisdizioni, comporterebbe che tutti gli affari calendarizzati dall’8 marzo a metà maggio non potrebbero essere trattati – in astratto – prima del 25 giugno; ma essendo in molti uffici giudiziari i ruoli già pieni fino a luglio e oltre, di fatto gli affari rinviati per effetto della prolungata sospensione non verrebbero ricalendarizzati prima di sei mesi-un anno.

 

  1. La disciplina del processo amministrativo ai tempi della pandemia:

(i) dosa con saggezza i canoni di precauzione, di proporzionalità e, - sia consentito dirlo con parole laiche -, di buon senso;

(ii) ha un elevato grado di resilienza rispetto alle esigenze e difficoltà indotte dalla pandemia, sia quanto agli strumenti di lavoro (processo telematico e udienze da remoto), sia quanto agli istituti processuali che possono assicurare una proficua interlocuzione tra giudici e difensori anche a distanza;

(iii) garantisce con misure generali, locali, e caso per caso, il diritto di difesa di tutte le parti processuali;

(iv) assicura la continuità della funzione giudiziaria consentendo agli operatori della giustizia amministrativa – messi in condizione di lavorare nel rispetto delle misure di sicurezza sanitaria - di dare il loro contributo perché il Paese non si fermi e riparta.

Si sottrae, perciò, a immeritati dubbi di incostituzionalità.

Rosanna De Nictolis

Presidente C.g.a.

 

Pubblicato il 16 aprile 2020