ISSN 2039 - 6937  Registrata presso il Tribunale di Catania
Anno XVI - n. 03 - Marzo 2024

  Temi e Dibattiti



Il procedimento cautelare ai tempi dell’emergenza.

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Il procedimento cautelare ai tempi dell’emergenza

Pres. Nicola Durante

L’emergenza correlata all’epidemia da Covid-19 ha innervato il processo amministrativo di una normativa speciale inserita in ben cinque decreti legge: d.l. n. 9/2020 (art. 10), d.l. n. 11/2020 (art. 3), d.l. n. 18/2020 (art. 84), d.l. n. 23/2020 (art. 36) e d.l. n. 28/2020 (art. 4).

Conseguentemente, per la fase cautelare sono stati configurati quattro distinti regimi cautelari, vigenti a seconda del periodo intertemporale interessato[1] ed accomunati dal comune principio ispiratore per cui la funzione cautelare va garantita anche in periodo emergenziale, i cui indici rivelatori sono rinvenibili nel fatto che: a) la sospensione dei termini non opera nel procedimento cautelare[2]; b) il capo dell’Ufficio giudiziario non può rinviare la celebrazione delle udienze cautelari a dopo il 31 luglio, anche in presenza di condizioni epidemiologiche locali particolarmente gravi [3].

 

Regime cautelare vigente dall’8 marzo al 5 aprile 2020 (art. 84 d.l. n. 18/2020, conv. in l. n. 27/2020)

Le udienze cautelari fissate dall’8 marzo e fino a tutto il 5 aprile 2020 sono rinviate d’ufficio[4].

Le domande cautelari ex art. 55 c.p.a., promosse o pendenti nel medesimo lasso di tempo sono decise in due tornate: prima con decreto monocratico del presidente o del magistrato da lui delegato e successivamente con ordinanza collegiale, all’esito di un’udienza camerale

Il decreto monocratico è adottato secondo il rito di cui all’art. 56 c.p.a. e nel rispetto dei termini di cui all’art. 55, comma 5[5].

Tuttavia, se la domanda cautelare è già stata assegnata ad udienza collegiale, il decreto monocratico non può essere emesso prima di quella data, «rispetto alla quale gli avvocati delle parti avevano calibrato le proprie strategie difensive e in ispecie la tempistica di deposito dei documenti e delle memorie. Diversamente ragionando, la conversione ope legis del rito darebbe luogo ad una decisione anticipata a sorpresa, senza che ve ne sia necessità alcuna alla luce della ratio della normativa, che, è bene evidenziare, non è quella di anticipare i tempi della decisione, ma di semplificarla attraverso l’eliminazione della collegialità nel periodo emergenziale»[6].

I presupposti applicativi della misura cautelare monocratica restano quelli dell’art 55 c.p.a., ossia la sussistenza del pregiudizio grave e irreparabile ed i profili che, ad un sommario esame, inducono ad una ragionevole previsione sull’esito del ricorso[7].

Le domande cautelari c.d. urgenti ed urgentissime (inaudita altera parte ed ante causam), promosse o pendenti nello stesso periodo, seguono invece l’ordinaria disciplina codicistica.

Le domande cautelari decise con decreto monocratico, ove non trattate dal collegio a causa del rinvio d’ufficio delle rispettive camere di consiglio, restano efficaci fino alla trattazione collegiale, fatta salva la possibilità di revoca o di modifica in via monocratica, ai sensi dell’art. 54, comma 4, ultimi 2 periodi.

Se l’esito della domanda cautelare – ordinaria, urgente o urgentissima, che sia – è in tutto o in parte di accoglimento, la trattazione collegiale avviene in una camera di consiglio fissata a partire dal 6 aprile[8], nel rispetto dei termini di cui all’art. 56, comma 4[9].

Se, viceversa, l’esito è di rigetto totale, l’udienza collegiale si svolge successivamente al 15 aprile.

Il decreto monocratico, seppur sottoposto a rivalutazione collegiale, è appellabile dinanzi al Consiglio di Stato nel caso in cui sia idoneo a produrre la definitiva ed irreversibile perdita di un bene della vita corrispondente ad un diritto costituzionalmente tutelato[10].

Attesa la natura bifasica della decisione di primo grado sull’istanza cautelare, è stato osservato come «l’apprezzamento da parte del giudice monocratico dei presupposti legittimanti e la relativa motivazione sugli stessi devono essere tali che gli effetti del decreto monocratico non siano assolutamente “irreversibili” e tali da compromettere o pregiudicare cioè l’esercizio del potere cautelare da parte del collegio nell’udienza camerale appositamente indicata per la trattazione»[11]. Alla stregua di ciò, devono, ritenersi inammissibili: «a) pronunce di accoglimento della domanda cautelare accompagnate dalla fissazione di una cauzione, sulla quale è opportuno che decida il collegio, anche per la funzione di garanzia che ne connota l’operato; b) pronunce formalmente processuali, ma idonee ad orientare la decisione collegiale, quali l’ordine di integrazione del contraddittorio nei confronti di un soggetto non intimato (ma ritenuto contraddittore necessario) ovvero la rimessione in termini; c) pronunce di accoglimento della domanda cautelare ai sensi e per gli effetti dell’art. 55, comma 10, che presuppone la “disponibilità” del ruolo e cioè la possibilità di fissare l’udienza di merito, potere che spetta al presidente dell’Ufficio giudiziario o della Sezione; d) pronunce di accoglimento propulsive (c.d. remand), anch’esse determinando una sostanziale restrizione della potestà decisoria propria del collegio; d) pronunce di mero rinvio, risolvendosi quest’ultima in un’inammissibile diniego di giustizia, ingiustificato tanto più in considerazione dell’eccezionalità dello strumento cautelare utilizzato; e) pronunce di rinvio sulla base dell’accordo delle parti, dovendo piuttosto in tal caso dichiararsi – allo stato – l’improcedibilità della domanda cautelare, salva l’ulteriore pronuncia del collegio; f) pronunce di cancellazione della causa dal ruolo che, nei limiti in cui possa considerarsi astrattamente ammessa, spetterebbe sempre al collegio. Ricorrendo tali situazioni, il giudice monocratico dovrebbe rimettere ogni decisione in parte qua al collegio, pronunciando eventualmente e sussistendone i presupposti sul “merito” cautelare».

Qualche perplessità ha destato l’eventualità che il magistrato estensore del decreto cautelare possa comporre, anche come relatore, il collegio che deve pronunciarsi sulla stessa misura[12].

V’è chi non ha mancato di segnalare come il decreto monocratico richieda «in sostanza la stessa, identica valutazione, in punto sia di periculum in mora che di fumus boni iuris, che è chiamato a svolgere il collegio». E’ dunque evidente come, per un verso, l’estensore del decreto «una volta maturato, solo soletto, il proprio convincimento, sia poco propenso a riguardare il fascicolo e cambiare idea a seguito del confronto con gli altri componenti del collegio, soprattutto in mancanza di difese delle parti intimate che sovvertano radicalmente la situazione processuale» e come, per alto verso, «sembra poco realistico pensare ad un collegio che si approcci in modo del tutto disincantato alla delibazione di un’istanza cautelare che è già stata approfonditamente esaminata, sotto tutti i medesimi profili, dal relatore/delegato alla tutela monocratica»[13].

Da altra angolazione, si è invece argomentato che la partecipazione al collegio dell’estensore del decreto rappresenta «una ragionevole misura di efficienza e di adeguatezza dello svolgimento della funzione giurisdizionale, permettendo al collegio di poter meglio e più accuratamente garantire la propria nuova, diversa e autonoma valutazione», ma che va sempre valutata «l’opportunità della sua sostituzione o della sua esclusione dal collegio, quanto più estese e intense siano state le critiche formulate al decreto monocratico»[14].

 

Regime cautelare vigente dal 6 aprile al 15 aprile 2020 (art. 84 d.l. n. 18/2020, conv. in l. n. 27/2020)

Nulla varia rispetto alla decisione in forma monocratica delle domande cautelari promosse o pendenti, mentre riprendono le camere di consiglio cautelari.

Fino al 15 aprile, tali udienze riguardano i procedimenti: a) fissati prima dell’8 marzo; b) provenienti da rinvio di udienze camerali previste tra l’8 marzo ed il 5 aprile; c) con decreto monocratico di accoglimento totale o parziale.

La domanda cautelare passa in decisione, se tutte le parti costituite ne fanno congiuntamente richiesta entro il termine perentorio di due giorni liberi prima dell’udienza[15]. In tal caso, la causa è trattenuta in decisione senza discussione orale e sulla base degli atti versati, con facoltà delle parti di depositare brevi note entro il termine perentorio anzidetto[16].

L’uso dell’avverbio “congiuntamente” non sta a significare che l’istanza debba essere necessariamente contenuta in un unico foglio sottoscritto dai difensori di tutte le parti costituite, purché il tenore letterale delle istanze depositate da ciascuna parte non lasci dubbi sulla concorde volontà di chiedere la decisione collegiale[17].

Tuttavia, se risulti adottato un decreto monocratico di accoglimento in tutto o in parte, il rinvio può essere chiesto – ed ottenuto – soltanto da una delle parti su cui incide la misura cautelare, ovverosia dalla parte che non abbia tratto vantaggio dalla sospensione giurisdizionale del provvedimento impugnato, onde evitare che la protrazione degli effetti favorevoli del decreto monocratico dipenda dalla potestà unilaterale di chi ne sta beneficiando[18].

L’eventuale rinvio, a qualsiasi titolo, è disposto a data immediatamente successiva al 15 aprile.

Il giudice delibera in camera di consiglio, se necessario avvalendosi di collegamenti da remoto. Il luogo da cui si collegano i magistrati ed il personale addetto è considerato camera di consiglio a tutti gli effetti di legge.

Se la decisione è introitata nel periodo tra il 6 ed il 15 aprile, il collegio definisce esclusivamente la fase cautelare, non essendo contemplata alcuna deroga dell’obbligo di sentire le parti costituite ai fini della sentenza in forma semplificata ex art. 60 c.p.a.

 

Regime cautelare vigente dal 16 aprile al 29 maggio 2020 (art. 84 d.l. n. 18/2020, conv. in l. n. 27/2020 e art. 4 d.l. n. 28/2020)

Viene meno la regola della decisione in forma monocratica sulle domande cautelari ordinarie.

Le domande cautelari, trattate in udienza camerale, passano in decisione nelle stesse forme e negli stessi termini stabiliti per il regime precedentemente illustrato, con in più la possibilità di definire il giudizio nel merito omesso l’avviso ex art. 60 c.p.a., che diventa una mera facoltà per il collegio[19].

Al contrario, l’avviso resta obbligatorio ove siano rilevate d’ufficio questioni potenzialmente idonee a definire la controversia in forma semplificata. Deve quindi applicarsi per analogia la disciplina prevista dall’art. 73, comma 3, c.p.a. per le questioni emerse dopo il passaggio in decisione: il collegio si riserva ed assegna un termine per memorie non superiore a trenta giorni[20].

Per la definizione del merito in sede cautelare, resta fermo il rispetto del termine dilatorio di venti giorni dalla notifica del ricorso stabilito dall’art. 60 c.p.a., che per lo più si ritiene soggetto alla sospensione feriale dei termini[21].

Permane il sacrificio dell’oralità, introdotto con il d.l. n. 18/2020 e confermato fino al 29 maggio, che si giustifica per ragioni tecniche[22], ma che comunque non priva i difensori, «in particolare nella fase cautelare», della «facoltà di chiedere il differimento dell’udienza a data successiva al termine della fase emergenziale, allo scopo di potere discutere oralmente la controversia, quando il collegio ritenga che dal differimento richiesto da una parte non sia compromesso il diritto della controparte ad una ragionevole durata del processo e quando la causa non sia di tale semplicità da non richiedere alcuna discussione»[23].

Non opera nel giudizio cautelare la disciplina della rimessione in termini su istanza di parte di cui all’art. 84, comma 5, del d.l. n. 18/2020, posto che i relativi termini non sono mai stati sospesi.

 

Regime cautelare vigente dal 30 maggio al 31 luglio 2020 (art. 84 d.l. n. 18/2020, conv. in l. n. 27/2020 e art. 4 d.l. n. 28/2020)

Innestandosi sul rito emergenziale come sopra delineato, l’art. 4 d.l. n. 28/2020 prevede che «a decorrere dal 30 maggio e fino al 31 luglio 2020 può essere chiesta discussione orale».

Se ammessa, la discussione si svolge all’interno di un’udienza telematica, le cui regole tecniche ed i cui tempi massimi di discussione e di replica sono stabiliti, ai sensi dell’art. 4 d.l. n. 28/2020, da un decreto del Presidente del Consiglio di Stato, del quale già circola lo schema trasmesso per i vari pareri di competenza ed il cui iter approvativo dovrebbe concludersi per la fine di maggio.

In carenza di ammissione alla discussione, l’udienza si tiene in forma cartolare, con le regole di cui all’art. 84, comma 5, d.l. n. 18/2020.

Udienza telematica ed udienza cartolare sono quindi parti di un unico sistema duale, destinato allo stato a durare fino al 31 luglio.

Sulla legittimità costituzionale dell’udienza telematica sono stati avanzati dubbi, sostenendo taluno che essa non è minimamente fungibile, né funzionalmente assimilabile a quella personale, a causa della riduzione della capacità comunicativa e dell’estraneità al modello antropologico corrente, che comportano «una riduzione importante del diritto alla difesa, che non è pieno nella misura in cui non è piena la comunicazione e il mezzo non è satisfattivo dell’innato bisogno di comunicazione faccia a faccia di cui si è discorso. In sintesi, una comunicazione fortemente deficitaria equivale a una non comunicazione, così come una udienza telematica a una non-udienza»[24].

Letteralmente, la norma istitutiva sembra evocare che i termini iniziale del 30 maggio e finale del 31 luglio si riferiscano al momento di presentazione dell’istanza e non di celebrazione dell’udienza («a decorrere dal … può essere chiesta discussione orale»), cosicché resterebbero escluse le udienze fissate dal 30 maggio in avanti, per le quali il termine perentorio a ritroso per la presentazione dell’istanza venga a scadere in una data anteriore al 30 maggio.

Nondimeno, lo schema di decreto sulle regole tecniche del Presidente del Consiglio di Stato attualmente circolante, basandosi sui principî di effettività e del giusto processo, precisa, in coerenza con la dottrina[25], che le date debbano riferirsi alla celebrazione delle udienze e non alla presentazione delle istanze.

E’ vero che, secondo quest’interpretazione, per un’udienza pubblica fissata il 3 giugno l’istanza di discussione andrebbe depositata entro il 13 maggio (20 giorni liberi prima) e dunque in un momento addirittura anteriore all’emanazione del medesimo decreto sulle regole tecniche; ma lo è altrettanto che l’interpretazione opposta renderebbe la novella applicabile ai riti ordinari solo a partire dalle udienze di merito fissate dal 19 giugno (dal 9 giugno per i riti accelerati e dal 4 giugno per i giudizi cautelari), in distonia rispetto alle esigenze di immediato ripristino dell’oralità valutate dal legislatore d’urgenza.

Spetta al presidente del collegio disporre la discussione orale: a) su richiesta congiunta di tutte le parti costituite, che è accolta se depositata fino a cinque giorni liberi precedenti l’udienza camerale in qualunque rito[26]; b) su richiesta individuale presentata nel termine anzidetto, che è valutata anche sulla base anche delle eventuali opposizioni espresse dalle altre parti; c) d’ufficio.

Per le fattispecie sub a) e b), il parametro di tempestività dell’istanza – trattandosi di termini perentori – è quello dell’art. 4, comma 4, dell’allegato 2 al c.p.a., secondo cui il deposito degli atti in scadenza nell’ultimo giorno consentito eseguito oltre le ore 12:00 «si considera effettuato il giorno successivo»[27].

E’ pertanto irricevibile la richiesta, congiunta od individuale, presentata oltre tale termine perentorio, restando salvo il potere di ammissione d’ufficio.

Sulla scia di una condivisibile tesi giurisprudenziale formatasi sull’art. 84, comma 2, d.l. n. 18/2020, non sembra indispensabile che, per qualificarsi “congiunta”, la richiesta debba essere redatta su un foglio unico, purché le plurime istanze depositate non lascino dubbi sulla concorde volontà delle parti costituite di chiedere la discussione[28].

La discussione disposta d’ufficio, c.d. discussione “coatta”, può riguardare sia ipotesi in cui l’istanza di discussione manchi del tutto, sia ipotesi in cui l’istanza sia tardiva.

Lo schema di decreto sulle regole tecniche fissa il tempo massimo di discussione dell’istanza cautelare in sette minuti per ogni parte[29], a meno che il presidente del collegio non stabilisca «tempi di intervento inferiori o superiori… in considerazione del numero dei soggetti difesi, della natura e della complessità della controversia, tenendo conto dei tempi massimi esigibili di lavoro quotidiano in videoconferenza, ivi comprese le necessarie pause»[30].

L’art. 4 d.l. n. 28/2020 conforma le prerogative presidenziali come attività vincolata o, comunque, a basso tasso di discrezionalità, al punto che lo schema corrente di decreto sulle regole tecniche stabilisce che, per le istanze congiunte od in assenza di opposizione (fatti salvi eventuali decreti di rinvio), l’accoglimento è implicito nell’invio da parte della segreteria dell’avviso per il collegamento all’udienza (sicché non sussiste obbligo di emanare il decreto).

Ad ogni modo, per quanto ridotta che sia la discrezionalità, occorre domandarsi quali ne siano i limiti.

L’ammissione dell’istanza tempestiva congiunta è costruita dalla legge come atto vincolato (salvo che per gli impedimenti tecnici): «l’istanza è accolta dal presidente del collegio se presentata congiuntamente da tutte le parti costituite».

Quanto all’ammissione d’ufficio, essa deve trovare spunto nell’impossibilità o nell’estrema difficoltà avvertita dal giudicante nel decidere la controversia con la dovuta coscienza e serenità, senza la preventiva sottoposizione al contraddittorio orale tra le parti di una o più questioni particolarmente rilevanti.

Del resto, nel precorso regime abolitivo della discussione si è osservato come la pienezza del contraddittorio «costituisce non solo elemento fondamentale del principio del giusto processo di cui all’art. 111 Cost., ma anche strumento per la formazione del convincimento del giudice»[31] e come l’assenza di oralità finisca per limitare la «facoltà del tribunale di giungere alla decisione cognita causa, raggiunta anche mediante l’interlocuzione diretta con le parti»[32].

Tali evenienze, più consuete per le questioni “in fatto” e meno per quelle “in diritto”, possono verificarsi, ad es., in relazione all’esatto significato da dare ad un documento o ad un adempimento istruttorio, tale da rendere imprescindibile l’interlocuzione personale tra il collegio ed i difensori[33].

Di regola, l’impedimento a decidere senza contraddittorio orale non può trarsi dall’osservanza dell’obbligo di segnalare la questione rilevata d’ufficio ex art. 73, comma 3, del c.p.a. o dell’obbligo di dare avviso di sentenza in forma semplificata ex art. 60 del c.p.a., implicando lo svolgimento di attività difensive che possono normalmente espletarsi in forma cartolare, già ai sensi del codice di rito.

Più problematica appare l’identificazione dei limiti del potere presidenziale di valutazione dell’istanza tempestiva individuale.

La norma prevede che essa sia esaminata anche sulla base delle eventuali opposizioni espresse dalle altre parti, senza tuttavia indicare né su cosa queste si debbano fondare, né entro quale termine debbano essere presentate[34].

D’altro canto, alla luce del dato testuale, l’assenza di opposizioni, da sola, non dovrebbe condurre meccanicamente all’accoglimento dell’istanza, stante l’uso della congiunzione “anche”, che sottintende l’esistenza di potenziali altri elementi da valutare.

Ragioni tecniche per il non accoglimento potrebbero invero ravvisarsi per un’insormontabile difficoltà al collegamento da remoto[35] e quindi per un impedimento assoluto valevole anche per l’istanza tempestiva congiunta (ad impossibilia nemo tenetur): nel qual caso, più che un decreto di reiezione, dovrebbe adottarsi un provvedimento di rinvio ad altra udienza, ex artt. 39 c.p.a e 127 c.p.c.

E lo stesso dicasi per l’ipotesi in cui il decreto sulle regole tecniche, in mancanza del quale l’udienza telematica non appare fattibile, subisca un significativo ritardo nell’emanazione.

Altre ragioni di non ammissione dell’istanza tempestiva individuale possono poi cogliersi dall’esame delle ordinanze “gemelle” del 21 aprile 2020, le quali, come illustrato, superano i dubbi di legittimità costituzionale e convenzionale dell’abolizione dell’oralità nel processo amministrativo, riconoscendo alle parti, in via esegetica, il diritto ad ottenere un rinvio a dopo l’emergenza dell’udienza, in particolare cautelare, a patto che «non sia compromesso il diritto della controparte ad una ragionevole durata del processo e quando la causa non sia di tale semplicità da non richiedere alcuna discussione»[36].

Il diritto al contraddittorio orale viene così bilanciato con i principî di ragionevole durata e di economia processuale, i quali tuttavia non possono spingersi fino a sacrificare i contenuti fondamentali della tutela giurisdizionale[37].

Da ciò consegue che, almeno in linea teorica, il presidente potrebbe respingere un’istanza individuale tempestiva, ove ritenga «che gli atti e gli scritti siano di per sé del tutto esaustivi ai fini della decisione finale»[38] e, di conseguenza, che la discussione sia assolutamente e palesemente inutile[39].

In tal modo, si farebbe prevalere l’interesse pubblico al buon funzionamento della giustizia amministrativa, che si realizza evitando di sovraccaricare le attuali infrastrutture materiali ed immateriali del sistema informativo, le quali potrebbero non reggere un numero spropositato di discussioni contemporanee, dovendo anche garantire adeguate condizioni di sicurezza e protezione dei dati personali, molti dei quali sensibili.

Non a caso, la scelta del legislatore di recepire l’impostazione delle ordinanze “gemelle” è stata oggetto di critica, per aver introdotto nel processo amministrativo «la facoltà del giudice di bilanciare la richiesta di udienza (contraddittorio orale) con altri valori costituzionali (ragionevole durata, soprattutto)», di modo che «il contraddittorio costituzionale, che non può essere bilanciato con nulla, è divenuto un diritto cedevole, che recupera la sua pienezza solo quando “collettivamente” esercitato da tutte le parti costituite in giudizio. O forse è divenuto una sorta di “diritto in attesa di espansione”, che non è tale quando rivendicato da una parte, ma che tale diventa quando rivendicato da tutte le parti»[40].

L’ammissione o la non ammissione della discussione (e, di risulta, la presentazione delle opposizioni) deve avvenire entro un tempo tale da consentire alla segreteria di avvisare le parti dell’ora e delle modalità di collegamento, almeno un giorno prima dell’udienza.

Contro il decreto, anche implicito, che accolga o respinga l’istanza di discussione è possibile formulare appello unitamente alla decisione collegiale, cautelare o di merito, che sarà adottata, ad opera della parte legittimata che ne abbia interesse (che abbia, cioè, presentato un’istanza di discussione od un’opposizione andate neglette e che sia poi risultata soccombente nella decisione finale). Ove accolto, l’appello determinerà l’annullamento della decisione impugnata, con rinvio al primo giudice.

E’ invece dubbio – trattandosi di potere espressamente concepito come presidenziale, non delegabile[41], fuori udienza e non soggetto a conferma – che la stessa parte possa riproporre al collegio l’istanza od opposizione respinta, al fine di ottenere da questo una rivisitazione del provvedimento presidenziale.

In alternativa alla discussione, ogni difensore può depositare, fino alle ore 09:00 del giorno d’udienza, delle note o una richiesta di passaggio in decisione; in entrambe le ipotesi egli è considerato ad ogni effetto presente in udienza e la causa viene decisa senza quel contributo orale.

La nuova regola pone il problema della compatibilità con l’art. 84, comma 5, d.l. n. 18/2020, nella parte in cui consente ai difensori di presentare brevi note entro due giorni liberi antecedenti l’udienza, in vece della discussione orale al tempo soppressa.

A tal proposito, occorre premettere che, nel sistema duale dato, la facoltà di depositare note scritte o richiesta di passaggio in decisione fino alle ore 09:00 del giorno d’udienza può riguardare sia cause da trattare in udienza cartolare, sia cause da trattare in udienza telematica.

Nella prima ipotesi, la norma opera quando l’istanza di discussione venga respinta, non restando alle parti altra scelta che depositare note scritte (o richiesta di passaggio in decisione), entro le ore 09:00 del giorno d’udienza.

Nella seconda, la norma si applica quando l’udienza telematica sia stata ammessa, ma una o tutte le parti non abbiano interesse – o non abbiano più interesse – a discutere: in tal caso, la discussione può essere rinunziata, anche dalla parte che l’abbia richiesta, mediante deposito di note scritte o di richiesta di passaggio in decisione.

L’udienza telematica si trasforma quindi in un’udienza in tutto o in parte cartolare.

D’altronde, una volta disposta l’udienza telematica, il potere di discutere oralmente spetta a tutte le parti costituite, ossia anche a quelle che non abbiano presentato istanza o che abbiano addirittura presentato opposizione, le quali, per l’appunto, possono rinunziarvi, depositando in alternativa le note scritte od istando direttamente per la decisione.

Viceversa, se la causa è trattata in udienza cartolare, in quanto l’udienza telematica non è stata richiesta (e non è stata neppure disposta d’ufficio), vige la facoltà per le parti di presentare brevi note, ma stavolta entro il diverso termine di due giorni liberi antecedenti l’udienza, di cui all’art. 84, comma 5, d.l. n. 18/2020.

Sotto l’aspetto pratico, è evidente che plurime rinunce a discutere, incidendo sul programma dei collegamenti da remoto comunicato il giorno prima dell’udienza, possono creare dei tempi morti non colmabili con l’anticipazione della discussione delle altre cause.

L’udienza telematica si svolge tramite collegamento da remoto, con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione dei difensori all’udienza, assicurando in ogni caso la sicurezza e la funzionalità del sistema informatico della giustizia amministrativa e dei relativi apparati e comunque nei limiti delle risorse attualmente assegnate ai singoli uffici.

Il luogo da cui si collegano i magistrati, gli avvocati ed il personale addetto è considerato aula d’udienza, a tutti gli effetti di legge.

E’ previsto che nel verbale si dia atto delle modalità con cui sono state accertate l’identità dei soggetti partecipanti e la libera volontà delle parti, anche ai fini della disciplina sulla protezione dei dati personali.

Nell’udienza cartolare e telematica, il processo verbale è l’unico atto deputato a documentare l’attività svolta e, laddove ne sia dedotta la falsità materiale o ideologica, il giudice ha il potere-dovere di segnalarlo al procuratore della Repubblica e, qualora ometta tale adempimento, le parti hanno facoltà di fare denuncia, senza che sia proponibile querela di falso civile, la cui esperibilità postula che il documento impugnato sia prodotto dalla parte e che questa possa disporre della sua utilizzazione, mentre i verbali del processo, destinati a documentare le attività in esso svolte, non possono essere eliminati dal processo, né in tutto né in parte a discrezione delle parti, nessuna delle quali ha su di essi qualsiasi potere dispositivo[42].

Anche a salvaguardia di tali prerogative del verbale, lo schema di decreto sulle regole tecniche vieta ogni forma di registrazione, nonché l’uso «della messaggistica istantanea interna agli applicativi utilizzati per la videoconferenza o, comunque, altri strumenti o funzioni idonee a conservare nella memoria del sistema traccia delle opinioni espresse dai partecipanti all’udienza o alla camera di consiglio».

Pubblicato il 19 maggio 2020

 

NOTE:

[1] Particolarmente critico sul susseguirsi dei regimi emergenziali previsti nel processo amministrativo (fase 1, 2 e 3) è C. Volpe, Pandemia, processo amministrativo e affinità elettive, in www.giustizia-amministrativa.it, 2020, p. 5 ss.

[2] Art. 84, comma 1, d.l. n. 18/2020: «tutti i termini relativi al processo amministrativo sono sospesi, secondo quanto previsto dalle disposizioni di cui all’art. 54, commi 2 e 3, del codice del processo amministrativo». A sua volta, l’art. 54, comma 3, c.p.a. prevede che «la sospensione dei termini prevista dal comma 2 non si applica al procedimento cautelare».

[3] Art. 84, comma 4, lett. e), d.l. n. 18/2020: «i provvedimenti di cui al comma 3 possono prevedere una o più delle seguenti misure: … e) il rinvio delle udienze a data successiva al 30 giugno 2020, assicurandone comunque la trattazione con priorità, anche mediante una ricalendarizzazione delle udienze, fatta eccezione per le udienze e camere di consiglio cautelari, elettorali, e per le cause rispetto alle quali la ritardata trattazione potrebbe produrre grave pregiudizio alle parti».

[4] Il rinvio d’ufficio avviene con decreto presidenziale fuori udienza.

[5] Cioè alla prima camera di consiglio successiva al ventesimo giorno dal perfezionamento, anche per il destinatario, dell’ultima notificazione e, altresì, al decimo giorno dal deposito del ricorso.

[6] Pres. Cons. Stato, decr. 19 marzo 2020, prot. 1454, in www.giustizia-amministrativa.it.

[7] Cons. Stato, Sez. VI, decr. 2 aprile 2020, n. 1641; T.A.R. Molise decr. 8 aprile 2020, n. 65.

[8] Può trattarsi sia di un’udienza già presente in calendario, sia di un’udienza appositamente istituita in aggiunta.

[9] Che sono gli stessi dell’art. 55, comma 5, c.p.a.

[10] Cons. Stato, Sez. III, decr. 23 aprile 2020, n. 1553 e decr. 30 marzo 2020, n. 2129; contra, F. Francario, L’emergenza Coronavirus e la “cura” per la giustizia amministrativa. Le nuove disposizioni straordinarie per il processo amministrativo, in www.federalismi.it, 2020, p. 9, secondo cui l’ipotesi della «appellabilità del decreto monocratico… è stata scartata [dal legislatore]», nonché M.A. Sandulli, Sugli effetti pratici dell’applicazione dell’art. 84 d.l. n. 18 del 2020 in tema di tutela cautelare: l’incertezza del Consiglio di Stato sull’appellabilità dei decreti monocratici, in www.federalismi.it, 2020, p. 3, secondo cui «stante il chiaro e inequivocabile tenore dell’art. 56, comma 2, c.p.a. e l’altrettanto chiara voluntas legis espressa dal Governo nell’espungere dal testo finale dell’art. 84 d.l. n. 18/2020 la previsione (presente nello schema) di appellabilità dei nuovi decreti monocratici ex lege (v. anche la direttiva del Presidente del Consiglio di Stato del 9 marzo 2020), la posizione espressa in questo secondo decreto [monocratico d’appello], determinando ulteriori incertezze in un momento che ne conosce già molte, non può non destare perplessità».

[11] C. Saltelli, Note sulla tutela cautelare dell’art. 84 del d.l. 27 marzo 2020 n. 18, in www.giustizia-amministrativa.it, 2020, p. 7 ss.

[12] Pres. Cons. Stato, decr. 19 marzo 2020, n. 1454, in www.giustizia-amministrativa.it, dove si legge: «4.10. Del collegio che deciderà l’istanza cautelare dopo il 15 aprile 2020 può far parte il magistrato che ha deciso in sede monocratica».

[13] F. Saitta, Sulla decisione di prevedere una tutela cautelare monocratica ex officio nell’emergenza epidemiologica da Covid-19: chi? come? ma soprattutto, perché?, in www.federalismi.it, 2020, p. 3 ss. Si segnala, inoltre: T.A.R. Calabria, Sez. II, decr. pres. 19 marzo 2020, n. 21, con cui, previa delega della funzione monocratica emergenziale, si è stabilito che l’estensore del decreto monocratico non possa comporre «il collegio preposto alla successiva trattazione della domanda cautelare».

[14] C. Saltelli, op. loc. cit.

[15] E’ dibattuto se, nei procedimenti a rito accelerato, il termine di due giorni sia dimidiato ai sensi dell’art. 119, comma 2, c.p.a. A favore è F. Francario, op. loc. cit.; tendenzialmente contrario è M. Lipari, L’art. 36, comma 3, del decreto legge n. 23/2020: la sospensione parziale dei termini processuali è giustificata? Verso una lettura ragionevole della norma, in www.federalismi.it, 2020, p. 17.

[16] Trattasi dello stesso termine prescritto dall’art. 55, comma 5, ultimo periodo, c.p.a., dimidiato per i riti accelerati.

[17] T.A.R. Marche, ord. 14 aprile 2020, n. 212.

[18] Cons. Stato, Sez. V, ord. 10 aprile 2020, n. 1881; T.A.R. Friuli Venezia Giulia, sent. 15 aprile 2020, n. 127; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, ord. 8 aprile 2020, n. 713, in www.giustizia-amministrativa.it.

[19] T.A.R. Marche, ord. 16 aprile 2020, n. 136, in www.giustizia-amministrativa.it.

[20] Cons. Stato, Sez. II, ord. 15 maggio 2020, n. 3109; T.A.R. Lazio, Sez. I-bis, ord. 4 maggio 2020, n. 4644, in www.giustizia-amministrativa.it.

[21] Cons. Stato, Sez. VI, 25 novembre 2013, n. 5601 e Sez. III, 4 giugno 2013, n. 3050; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 3 luglio 2017, n. 751; contra, Cons. Stato, Sez. V, 3 ottobre 2012, n. 5196, in www.giustizia-amministrativa.it.

[22] Ciò si ricava da: Pres. Cons. Stato, decr. 11 marzo 2020, n. 71, in www.giustizia-amministrativa.it, dove, per l’appunto, si formula l’auspicio che «avuto riguardo alle possibili difficoltà pratiche delle udienze mediante collegamenti da remoto, i difensori si limitino a chiedere la discussione orale, ai sensi dell’art. 3, comma 4, d.l. n. 11/2020, anche con riferimento ai procedimenti cautelari, solo in caso di assoluta indispensabilità».

[23] Cons. Stato, Sez. VI, ordd. 21 aprile 2020, n. 2538 e n. 2539, in www.giustizia-amministrativa.it.

[24] C. Zucchelli, Sulla udienza telematica, in www.federalismi.it, 2020, p. 8.

[25] M.A. Sandulli, Un brutto risveglio? L’oralità “condizionata” del processo amministrativo, in www.lamministrativista.it, 2020; C. Volpe, Il superamento del “processo cartolare coatto”. Legislazione della pandemia o pandemia della legislazione?, in www.giustizia-amministrativa.it, 2020, p. 6.

[26] F. Volpe, La ulteriore disciplina emergenziale del processo amministrativo, in www.lexitalia.it, 2020, p. 4, stigmatizza che «nei processi a rito accelerato, il termine di cinque giorni liberi coincide con il termine dilatorio a ritroso che deve decorrere tra il deposito dell’istanza cautelare e la data in cui essa può essere decisa (art. 55, comma 4, c.p.a., in combinato disposto con l’art. 119)».

[27] T.A.R. Lazio, Sez. II, 30 aprile 2020, n. 4466, in www.giustizia-amministrativa.it. Così, anche: Pres. Cons. Stato, decr.  19 marzo 2020, n. 1454 (c.d. prima direttiva sulla normativa processuale emergenziale), pag. 2, in www.giustizia-amministrativa.it.

[28] Vedasi nota n. 17.

[29] Trattandosi di un tempo massimo, esso dovrebbe comprendere sia la discussione che un’eventuale replica.

[30] Lo schema di decreto sulle regole tecniche precisa inoltre che i tempi di discussione «sono assegnati a ciascuna parte, indipendentemente dal numero dei difensori che la assistono».

[31] Cons. Stato, Sez. III, ordd. 8 maggio 2020, n. 2918 e n. 2919, in www.giustizia-amministrativa.it.

[32] T.A.R. Lazio, Sez. III-quater, ord. 22 aprile 2020, n. 4082, in www.giustizia-amministrativa.it.

[33] T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. III, ord. 27 aprile 2020 n. 828, in www.giustizia-amministrativa.it.

[34] Lo schema di decreto sulle regole tecniche fa carico alla segreteria di comunicare alle controparti via pec l’istanza di discussione, proprio al fine di stimolare eventuali adesioni od opposizioni.

[35] C. Cacciavillani, Controcanto sulla disciplina emergenziale del processo amministrativo (con riferimento all’art. 4 del d.l. 30 aprile 2020, n. 28), in www.giustamm.it, 2020.

[36] Vedasi nota n. 23.

[37] C. cost. 10 novembre 1999, n. 427, in www.cortecostituzionale.it; A. Travi, Lezioni di giustizia amministrativa: profili critici, Torino, 2012, p. 101 ss. Sulla strumentalità della tutela cautelare rispetto allo scopo di evitare che la durata del processo si ritorca in danno della parte che ha ragione: C. cost. 24 luglio 1998, n. 336, in www.cortecostituzionale.it; G. Chiovenda, Istituzioni di diritto processuale civile, Napoli, 1940.

[38] C. Volpe, op. cit., p. 10.

[39] Cons. Stato, Sez. IV, 8 maggio 2020, n. 2475, in www.giustizia-amministrativa.it.

[40] S. Tarullo, Contraddittorio orale e bilanciamento presidenziale. Prime osservazioni sull’art. 4 del d.l. n. 28 del 2020, in www.federalismi.it, 2020, p. 6.

[41] A differenza degli artt. 56, 61, 65, 68, 85 e 118 c.p.a., manca infatti la previsione di delegabilità.

[42] Cass., Sez. un., 16 gennaio 1999, n. 395; Cass. 16 gennaio 1990, n. 153; Cass. 12 giugno 1971, n. 1819; Cass. 22 ottobre 1968, n. 3396; contra e per l’ammissibilità della querela di falso: Cass. 30 settembre 2002, n. 13763.