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Anno XVII - n. 05 - Maggio 2025

  Temi e Dibattiti



Il lockdown del processo amministrativo.

Di Nicola Durante.
https://www.giustizia-amministrativa.it/web/guest/-/durante-il-lockdown-del-processo-amministrativo
Il lockdown del processo amministrativo 
Di Nicola Durante

 

  1. Le ricadute dell’emergenza sul processo amministrativo.

Come ogni attività individuale e sociale, anche il settore della giustizia è stato fortemente segnato dalla legislazione emergenziale in tema di pandemia da Covid-19.

Il primo intervento sul processo amministrativo è rappresentato dall’art. 10, comma 17, del d.l. n. 9 del 2020 – emanato quando ancora si pensava ad un’epidemia circoscritta ad alcuni territori soltanto –, che consta di disposizioni per lo più indirizzate ai territori colpiti dall’emergenza[1], rimaste tuttavia prive di applicazione pratica, giacché immantinente superate dall’art. 3 del d.l. n. 11 del 2020, a sua volta sostituito dall’art. 84 del d.l. n. 18 del 2020.

Quest’ultimo, nell’allineare il processo alle nuove e più stringenti misure di confinamento vigenti sull’intero territorio nazionale (c.d. lockdown), si rivolge ad un arco temporale che va dall’8 marzo al 30 giugno 2020, ripartito in due periodi: tra l’8 marzo ed il 15 aprile e tra il 16 aprile ed il 30 giugno.

Nel primo periodo, tutti i termini, salvo quelli del processo cautelare, sono sospesi e le udienze sono rinviate d’ufficio, fatta salva la possibilità di introitare in decisione, su richiesta congiunta delle parti costituite, i procedimenti fissati in udienze ricomprese tra il 6 ed il 15 aprile; le domande cautelari, promosse o pendenti nello stesso periodo, sono decise in forma monocratica, salvo il successivo vaglio collegiale[2].

I termini riprendono a decorrere dal 16 aprile, ma le udienze fino al 30 giugno sono celebrate senza discussione orale[3], sulla base dei soli atti scritti, con facoltà per le parti di presentare in alternativa, nei due giorni antecedenti, brevi note o istanza di rimessione in termini se, a causa della sospensione, non abbiano fruito dei termini pieni per il deposito di documenti e memorie, con conseguente assegnazione, da parte del giudice, di nuovi termini dimidiati.

Le sentenze in forma semplificata sono adottate senza il previo avviso ex art. 60 c.p.c.

Per particolari situazioni determinatesi in sede locale, valutate dal Capo dell’ufficio giudiziario, sentito il Consiglio dell’Ordine degli avvocati e l’Autorità sanitaria regionale, le udienze possono essere rinviate in blocco a dopo il 30 giugno 2020, eccezion fatta che per i procedimenti cautelari, elettorali ed urgenti.

Eventuali disposizioni di coordinamento sono dettate dal Presidente del Consiglio di Stato e dal Segretariato generale della giustizia amministrativa, per quanto di rispettiva competenza.

In tutto il periodo emergenziale, le udienze e le camere di consiglio decisorie possono tenersi al di fuori dell’aula giudiziaria, attraverso collegamento in audio o video-conferenza tra magistrati e personale di segreteria.

L’art. 36, comma 3, del d.l. n. 23 del 2020 ha prorogato fino al 3 maggio 2020 la sospensione dei soli termini di proposizione dei ricorsi. v

 

  1. Le principali criticità del rito emergenziale.

Le su indicate disposizioni hanno immediatamente suscitato contrastanti opinioni.

Due sono le scelte legislative oggetto di maggior dibattito:

  1. a) il sacrificio della difesa orale fino al 30 giugno 2020, che trova genesi «nella difficoltà di assicurare il celere ed efficace svolgimento dell’udienza con collegamento da remoto, soprattutto ove il numero di richieste di discussione orale dovesse essere rilevante», evidenziata dal Presidente del Consiglio di Stato nella direttiva attuativa dell’art. 3 del d.l. n. 11 del 2020[4];
  2. b) il disallineamento della giustizia amministrativa rispetto agli altri sistemi processuali, operato attraverso l’anticipata “ripartenza” dei termini processuali dal 16 aprile 2020, ad eccezione di quelli per la proposizione dei ricorsi[5].

Sul primo punto, il comunicato ufficiale di un’importante associazione tra avvocati amministrativisti ha prontamente auspicato l’immediato superamento del sistema delle «udienze meramente virtuali, nelle quali non è prevista la possibilità di intervento e di discussione da parte dei difensori costituiti, neppure a distanza e con modalità telematiche… in favore di udienze telematiche aperte all’indispensabile partecipazione degli avvocati»[6].

Ad esso ha fatto seguito la lettera aperta del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Milano, in cui è stato chiesto l’intervento del Presidente della Repubblica per porre rimedio all’integrale soppressione della difesa orale e telematica nel processo amministrativo, definita «manifestamente lesiva del diritto di agire in giudizio, del giusto processo e della pubblicità delle udienze»[7].

Sul versante della dottrina, la rinuncia all’oralità è stata etichettata come un’inaccettabile «compromissione del diritto di difesa delle parti, che sembra andare nella direzione di un modello processuale autoritario, distante non solo dai valori costituzionali ma soprattutto dai valori propri della cultura del processo e della giustizia amministrativa in particolare»[8].

E vi è chi ha osservato come l’udienza senza oralità non corrisponda al concetto tradizionale di udienza, intesa «come il “periodo di tempo durante il quale il giudice siede per rendere giustizia in una sala della sede dell’ufficio giudiziario a ciò destinata”, prendendo contatto con le parti processuali e/o con i loro rappresentanti (V. Caianiello). La radice etimologica dell’udienza è da ricercare nell’audire, ossia nell’ascoltare le parti. Se ciò non accade, se cioè non è ammessa la discussione orale dei difensori avanti al giudice, non c’è alcuna udienza. Per dirla altrimenti, i giudici che si riuniscono senza incontrare i difensori non “tengono udienza”, ma si confrontano al loro interno allo scopo di esaminare e discutere le cause, onde deliberare i conseguenti provvedimenti (il che di regola avviene previa acquisizione delle considerazioni del giudice relatore)».

Questo, per poi salutare con favore un modello a regime basato su un’udienza ad oralità telematica, la quale «consentirà notevoli risparmi di tempo sia per i giudici che per i difensori. I primi avranno la possibilità di minimizzare i “tempi morti”, accrescendo così la propria produttività anche nella prospettiva costituzionalmente imposta della ragionevole durata dei giudizi. I secondi non saranno più costretti a muoversi dai propri studi e ad affrontare vere e proprie trasferte, come non di rado accade, per raggiungere i T.A.R. o il Consiglio di Stato nel centro storico di Roma»[9].

Sempre de iure condendo, altra voce ha suggerito un sistema analogo a quello della Corte di Giustizia dell’Unione europea, laddove «la discussione orale può essere sempre richiesta dalle parti, ma non deve essere necessariamente concessa loro dalla Corte. Spetta a quest’ultima valutare se le “domande motivate di udienza di discussione” proposte dai richiedenti possano essere ammesse»[10].

Infine, chi pure ha ritenuto l’abbandono del principio dell’oralità proporzionato alla eccezionalità del momento storico, ha al tempo stesso messo in guardia dal pericolo che «la situazione emergenziale sia colta anche come occasione per sperimentare un nuovo modello decisionale destinato ad essere in futuro generalizzato come forma ordinaria di trattazione nel processo amministrativo», augurandosi «che si torni quanto prima alla normalità e che, giudici e avvocati, si possa tornare a guardarsi negli occhi prima della decisione»[11].

Toni altrettanto vibranti sono stati assunti sull’anticipata “ripartenza” del processo, stigmatizzata perché «solo agli avvocati amministrativisti, che sono ovviamente soggetti al rischio contagio tanto quanto i loro colleghi civilisti, penalisti e tributaristi, si richiede ora sostanzialmente una ripresa integrale dell’attività professionale, dato che per reperire e depositare documenti e predisporre e depositare memorie, assolvendo al meglio al mandato ricevuto, occorre incontrare i clienti, riaprire gli studi, renderli operativi richiamando collaboratori e professionisti. Da questo punto di vista, sospendere i soli termini per notificare i ricorsi sottintende un distinguo (sotto il profilo qualitativo?) dell’attività professionale che l’avvocato amministrativista fatica a comprendere e spiegare al proprio assistito. E che di certo non gli semplifica la vita, come l’emergenza richiederebbe, anche solo per la corretta tenuta dello scadenzario degli adempimenti e delle attività da porre in essere e di quelle da rinviare»[12].

Oltretutto, questo è avvenuto in carenza di ragioni facilmente comprensibili per differenziare la giustizia amministrativa dagli altri ordini giudiziari, «soprattutto in un periodo, unico nella sua drammaticità e peculiarità nella storia degli ultimi 75 anni del Paese, di pericolo per la vita e la salute delle persone, di limitazioni alle libertà personali, all’economia e ai rapporti sociali, che ha comportato l’obbligo di rimanere a casa, il distanziamento sociale e il lockdown in tutto il territorio nazionale… Per cui le peculiarità del processo amministrativo, come quelle di ogni processo, passano in second’ordine»[13].

In tale contesto, la scelta legislativa di sospendere i soli termini ricorsuali è stata tacciata d’irragionevolezza sul piano costituzionale, «inopinatamente pretermettendo i diritti delle parti resistenti (in primo grado, quindi, connaturalmente, le amministrazioni) e controinteressate (in primo grado, il vincitore di una gara o di un concorso, il titolare di un permesso, ecc…) e, più in generale, la piena garanzia di tutte le parti di difendersi, da azioni e da eccezioni (nonché da controdeduzioni), nel rispetto del principio del contraddittorio che contraddistingue il “processo”»[14].

Viceversa, da tutt’altra angolazione non si è mancato di far notare come i prospettati dubbi di incostituzionalità non abbiano ragion d’essere, ove si consideri l’assoluta peculiarità del processo amministrativo, che è il solo ad essere totalmente digitalizzato e pressoché interamente scritto, discendendo da ciò due significative conseguenze: che «la discussione orale, pur essendo un momento dialettico importante, non ha, oggettivamente, lo stesso “peso” che nella giustizia penale o in taluni processi civili, o financo in taluni giudizi “parapenalistici” davanti alla Corte dei conti» e che «se almeno una parte del complicato sistema giustizia può andare avanti, è doveroso per i governanti scegliere tempi differenziati di ripartenza e non adottare soluzioni generalizzate che possono provocare rallentamenti della ripresa del Paese e danni economici e sociali difficilmente riparabili»[15].

D’altronde – potrebbe soggiungersi – è stato lo stesso Consiglio di Stato, nel divisare applicabile ai soli termini per ricorrere la sospensione di cui all’art. 3 del d.l. n. 11 del 2020, ad aver messo in risalto che «con precipuo riguardo al termine per il deposito del ricorso (art. 45 c.p.a.) e soprattutto a quelli endoprocessuali richiamati dal già citato art. 73, comma 1, c.p.a., non si ravvisano le medesime esigenze che hanno giustificato la sospensione delle udienze pubbliche e camerali, perché trattasi di attività che il difensore può svolgere in via telematica e senza necessità di recarsi presso l’ufficio giudiziario. Non appare esservi, dunque, alcun pericolo per la salute dei difensori, né si moltiplicano le occasioni di contatto sociale e dunque le possibilità di contagio»[16].

 

  1. Una possibile via d’uscita a legislazione invariata: il bilanciamento giudiziale dei valori in gioco.

Tanto premesso, è evidente che le varie posizioni in campo muovono tutte dall’esigenza di salvaguardare importanti valori costituzionali, quali la salute, la tutela giurisdizionale delle posizioni giuridiche soggettive, la ragionevole durata del processo, la parità delle armi tra le parti, il buon andamento dell’amministrazione.

Nondimeno, quando sono in discussione beni di dimensione così elevata, è impensabile che uno di essi prevalga sugli altri, essendo per contro necessario operare un equo e rigoroso bilanciamento.

Di questo bilanciamento deve necessariamente farsi carico il giudice, cui spetta dare attuazione nel processo ai principî fondamentali dell’ordinamento giuridico, guardando oltre la mera lettera della norma, perché, com’è stato autorevolmente detto, la complessiva coerenza del sistema «deve essere ormai cercata sul piano costituzionale»[17].

Proprio in tale ottica, con una direttiva interpretativa  il Presidente del Consiglio di Stato ha esteso la portata del termine “ricorsi”, di cui all’art. 36, comma 3, del d.l. n. 23 del 2020 «a tutti gli atti con cui nel processo amministrativo si introducano nuove domande: e dunque, non solo i ricorsi in primo e in secondo grado, ma anche i motivi aggiunti, i ricorsi incidentali, tutte le impugnazioni, e cioè revocazione, opposizione di terzo, opposizione a perenzione, nonché la riassunzione del processo, la riproposizione a seguito di translatio, la trasposizione del ricorso straordinario in sede giurisdizionale»[18].

Importanti arresti giurisprudenziali, sia di primo che di secondo grado, si sono spinti alla ricerca di un temperamento all’assenza della difesa orale.

Con due ordinanze “gemelle” improntate ad un’esegesi conforme a Costituzione, il Consiglio di Stato ha inteso diradare i dubbi di incostituzionalità e di violazione della CEDU, riconoscendo, in capo a ciascuna parte, la «facoltà di chiedere il differimento dell’udienza a data successiva al termine della fase emergenziale, allo scopo di potere discutere oralmente la controversia, quando il collegio ritenga che dal differimento richiesto da una parte non sia compromesso il diritto della controparte ad una ragionevole durata del processo e quando la causa non sia di tale semplicità da non richiedere alcuna discussione, potendosi pur sempre, nel rito cartolare, con la necessaria prudenza, far prevalere esigenze manifeste di economia processuale (e ciò in particolare nella fase cautelare, mentre la pretermissione della discussione nel giudizio di merito va valutata anche alla luce di potenziali effetti irreversibili sul diritto di difesa che andrebbero per quanto possibile evitati, stante la necessaria temporaneità e proporzionalità delle misure processuali semplificate legate alla situazione pandemica “acuta”)»[19].

A tali pronunce ha fatto seguito l’altra, di prime cure, la quale, muovendo dalla diversa prospettiva per cui l’assenza di discussione orale, oltre al diritto di difesa, comprime pure la «facoltà del tribunale di giungere alla decisione cognita causa, raggiunta anche mediante l’interlocuzione diretta con le parti», ha valutato che, ove siano opportuni approfondimenti su punti specifici, «ben può il collegio, al quale non è stato consentito di rappresentare le questioni rilevanti in presenza delle parti, adottare un’ordinanza collegiale al fine di consentire una piena e puntuale difesa»[20].

Ed ancora quella secondo cui «sebbene l’art. 84, comma 5, del d.l. n. 18/2020 prevede che nel periodo 15 aprile-30 giugno 2020 le cause fissate in camera di consiglio per la trattazione della domanda cautelare possano essere decise con sentenza c.d. breve “…omesso ogni avviso…”, la norma, per quanto possibile, va applicata evitando un’ulteriore compromissione del diritto di difesa delle parti (che si aggiungerebbe alle altre introdotte dalla disciplina emergenziale)… ciò implica che l’avviso di cui all’art. 60 c.p.a. può essere dato con un’ordinanza riconducibile al genus di quella dell’art. 73, comma 3, c.p.a.»[21].

Con altra ordinanza, poi, una volta preso atto della necessità per il collegio interloquire di persona con i difensori delle parti in ordine ad un adempimento istruttorio e che «tale interlocuzione non può al momento essere effettuata in dipendenza delle previsioni in ordine alle modalità di effettuazione delle udienze giurisdizionali amministrative di cui all’art. 84, comma 5, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18», si è disposto il rinvio dell’udienza pubblica a data successiva al 30 giugno 2020[22].

Si noti che dette ultime decisioni si collocano in una scia tracciata da una direttiva interpretativa del Presidente del Consiglio di Stato, nella quale si è ravvisata l’esigenza «che eventuali avvisi che il presidente dia ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a. su questioni di rito rilevate dal collegio debbano essere comunicati alle parti con ordinanza, assegnando un termine non superiore a trenta giorni per il deposito di memorie e decidendo poi in camera di consiglio, senza fissare una nuova udienza»[23].

Nella direzione del riequilibrio dei diritti delle parti diverse dal ricorrente, va invece segnalata l’ordinanza collegiale che ha differito un’udienza cautelare per le difficoltà incontrate dalla P.A. ad apprestare la propria difesa, rilevando come l’istanza di rinvio «sia esaminabile, nonostante il deposito successivo a due giorni liberi prima dell’udienza, in quanto non consistente in una istanza di rimessione in termini derivante dalla sospensione processuale, dunque non soggetta al limite di cui all’art. 84, comma 5, d.l. 18/2020»[24].

Ebbene, queste ed altre analoghe pronunce che si susseguono ogni giorno dimostrano l’immanenza, nell’ordinamento processuale, di una clausola di salvaguardia che affida al prudente apprezzamento del giudice il potere d’individuare, anche aldilà della mera lettera della legge ed avendo come guida soltanto i valori fondamentali, gli accorgimenti nel concreto più propizi per realizzare il contraddittorio “tra” le parti e “con” le parti, inteso quale principio che, assieme all’imparzialità del giudice ed all’obbligo di motivazione, invera il paradigma del giusto processo[25].

Del resto, in più occasioni la Corte costituzionale ha precisato l’obbligo, per il giudice, a fronte di più possibili interpretazioni, di scegliere quella più coerente con la Costituzione, escludendo la possibilità di sollevare una questione di costituzionalità al solo scopo di richiedere alla Corte la soluzione di un mero dubbio interpretativo[26]; ed il medesimo obbligo di seguire l’interpretazione conforme non vige solamente con riguardo alla Costituzione, ma pure con riferimento al diritto comunitario[27].

Solo così facendo, il giudice assume in pieno quel ruolo di garante della legalità a tutti i livelli dell’ordinamento, che gli è proprio e che incontra il limite invalicabile di non diventare egli stesso creatore, o manipolatore, di norme giuridiche[28].

Nicola Durante

Pres. Sez. TAR Catanzaro

 

NOTE:

(*) Relazione svolta al seminario di studi organizzato in videoconferenza dai Consigli degli Ordini degli avvocati di Lamezia Terme e di Vibo Valentia, il 28 aprile 2020

[1] Quali: la sospensione dei termini processuali sino al 31 marzo 2020 per il compimento di qualsiasi atto processuale da svolgere in quei territori; il rinvio d’ufficio, a data successiva al 31 marzo 2020, delle udienze riguardanti difensori o parti personalmente costituite ivi residenti o domiciliati; la remissione in termini per le scadenze non osservate dopo il 22 febbraio 2020, in conseguenza delle misure adottate per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica.

[2] Sul rito cautelare emergenziale: F. Saitta, Sulla decisione di prevedere una tutela cautelare monocratica ex officio nell’emergenza epidemiologica da Covid-19: chi? come? ma soprattutto, perché?, in www.federalismi.it, 2020; C. Saltelli, Note sulla tutela cautelare dell’art. 84 del d.l. 27 marzo 2020 n. 18, in www.giustizia-amministrativa.it, 2020; M.A. Sandulli, Sugli effetti pratici dell’applicazione dell’art. 84 d.l. n. 18 del 2020 in tema di tutela cautelare: l’incertezza del Consiglio di Stato sull’appellabilità dei decreti monocratici, in www.federalismi.it, 2020.

[3] Al contrario, l’art. 3, comma 5, del d.l. n. 11 del 2020, in sintonia con quanto previsto per le altre giurisdizioni, ammetteva la partecipazione dei difensori all’udienza, tramite collegamento da remoto.

[4] Pres. Cons. Stato, decr. 11 marzo 2020, n. 71, in www.giustizia-amministrativa.it, dove, tra l’altro, si formula l’auspicio «che, nell’attuale situazione emergenziale, avuto riguardo alle possibili difficoltà pratiche delle udienze mediante collegamenti da remoto, i difensori si limitino a chiedere la discussione orale, ai sensi dell’art. 3 comma 4 d.l. n. 11/2020, anche con riferimento ai procedimenti cautelari, solo in caso di assoluta indispensabilità».

[5] Per le altre giurisdizioni, l’art. 36 del d.l. n. 23 del 2020 si limita a prorogare il termine di sospensione del 15 aprile 2020 sino all’11 maggio 2020.

[6] Comunicato dell’Unione nazionale avvocati amministrativisti (UNAA) del 20 aprile 2020, in www.unaa.it.

[7] L. Ferrarella, Giustizia amministrativa. Gli avvocati a Mattarella: «illegittime le udienze senza la nostra presenza», in Corr. Sera, ed. Milano, 26 aprile 2020.

[8] C. Volpe, Pandemia, processo amministrativo e affinità elettive, in www.giustizia-amministrativa.it, 2020.

[9] S. Tarullo, L’udienza telematica nel processo amministrativo: perché non si debba rimpiangere un’occasione perduta, in www.giustizia-amministrativa.it, 2020.

[10] G. Vercillo, Giusto processo amministrativo e rito emergenziale istituito dall’art. 84 del d.l. n. 18/2020, in www.giustamm.it, 2020.

[11] F. Francario, L’emergenza Coronavirus e la “cura” per la giustizia amministrativa. Le nuove disposizioni straordinarie per il processo amministrativo, in www.federalismi.it, 2020.

[12] Comunicato UNAA, cit.

[13] C. Volpe, op. loc. cit.

[14] M.A. Sandulli, Nei giudizi amministrativi la nuova sospensione dei termini è “riservata” alle azioni: neglette le posizioni dei resistenti e dei controinteressati e il diritto al “pieno” contraddittorio difensivo. Con postilla per una proposta di possibile soluzione, in www.federalismi.it, 2020.

[15] R. De Nictolis, Il processo amministrativo ai tempi della pandemia, in www.giustizia-amministrativa.it, 2020.

[16] Cons. Stato, Comm. spec., par. 10 marzo 2020, n 571, in www.giustizia-amministrativa.it.

[17] L. Paladin, Le fonti del diritto italiano, Bologna, 1996, 109.

[18] Pres. Cons. Stato, dir. 20 aprile 2020, n. 7400, in www.giustizia-amministrativa.it.

[19] Cons. Stato, Sez. VI, ordd. 21 aprile 2020 n. 2538 e n. 2539, in www.giustizia-amministrativa.it.

[20] T.A.R. Lazio, Sez. III-quater, ord. 22 aprile 2020 n. 4082, in www.giustizia-amministrativa.it.

[21] T.A.R. Marche ord. 16 aprile 2020 n. 136, in www.giustizia-amministrativa.it.

[22] T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. III, ord. 27 aprile 2020 n. 828, in www.giustizia-amministrativa.it.

[23] Pres. Cons. Stato, dir. 19 marzo 2020, n. 1454, in www.giustizia-amministrativa.it.

[24] T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, ord. 24 aprile 2020 n. 268, in www.giustizia-amministrativa.it.

[25] Art. 2, comma 1, c.p.a.: «il processo amministrativo attua i principi della parità delle parti, del contraddittorio e del giusto processo previsto dall’articolo 111, primo comma, della Costituzione».

[26] Corte cost. 5 giugno 2003, n. 198, in www.cortecostituzionale.it. In dottrina: R. Romboli, Il giudizio di costituzionalità delle leggi in via incidentale, in Aggiornamenti in tema di processo costituzionale (2002-2004), Torino, 2005, 76 ss.; G. Sorrenti, L’interpretazione conforme a Costituzione, Milano, 2006.

[27] CGUE 5 ottobre 2005, in cause riunite C-397/01-C-403/01, Pfeiffer.

[28] P. Grossi, Il giudice civile. Un interprete?, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2016, 1150 ss. F.G. Pizzetti, Il giudice nell’ordinamento complesso, Milano, 2003, 243 ss.