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Corte di Cassazione, sezione terza, sentenza n. 6844 dell’08 aprile 2016. Il calcio non è attività pericolosa e per configurare responsabilità della scuola incombe sullo studente l’onere di provare il fatto costitutivo della sua pretesa.
di Giovanna Nalis
Un ragazzo minorenne è colpito da una pallonata durante una partita di calcio nell’orario scolastico, in assenza dell’insegnante di educazione fisica.
La Cassazione, confermando quanto già stabilito in primo e secondo grado, chiarisce che non può essere considerata illecita la condotta di gioco che ha provocato il danno se è stata tenuta in una fase di gioco quale, normalmente, si presenta nel corso della partita, a meno che sia in concreto connotata da un grado di violenza ed irruenza incompatibili con il contesto ambientale e con l’età e la struttura fisica delle persone partecipanti al gioco.
La Terza Sezione nega innanzi tutto che sussista responsabilità ex art. 2050 cod. civ e che una partita di calcio costituisca di per sé attività pericolosa, infatti la Corte privilegia in genere l’aspetto ludico della disciplina (in tal senso v. Cass. Civ. n. 1197 del 2007 e Cass. Civ. n. 20982 del 2012).
Inoltre, il ricorso proposto è considerato inammissibile ove postula la pericolosità dell’attività per il mezzo “in concreto” usato, poiché l’evento lesivo era stato invero determinato soltanto dall’impatto della palla calciata contro il volto a distanza ravvicinata.
Si esclude inoltre la configurabilità della responsabilità della scuola ex art. 2048 cod. civ.: incombe sullo studente l’onere di provare il fatto costitutivo della sua pretesa, ovvero l’illecito subito da parte di un altro studente, e sulla scuola l’onere di provare il fatto impeditivo, ovvero di non aver potuto evitare, pur avendo predisposto le necessarie cautele, il verificarsi del danno (v. Cass. Civ. n. 15321 del 2003).