Giurisprudenza Civile
La Cassazione civile torna sul rapporto tra struttura privata e Amministrazione sanitaria: l’accreditamento provvisorio non esclude la doverosità di un contratto con forma scritta ad substantiam. L’accordo contrattuale non si perfeziona verbalmente o per facta concludentia.
Di Davide Cerrato
Nota a sentenza Cass. Civ., Sez. I, 30 agosto 2024, n. 23387
La Cassazione civile torna sul rapporto tra struttura privata e Amministrazione sanitaria: l’accreditamento provvisorio non esclude la doverosità di un contratto con forma scritta ad substantiam. L’accordo contrattuale non si perfeziona verbalmente o per facta concludentia.
Di Davide Cerrato
Abstract
Il presente contributo dà atto di una statuizione della Cassazione civile che torna sul rapporto tra Amministrazione sanitaria e strutture private, statuendo ancora una volta che non solo le strutture sanitarie, anche se provvisoriamente accreditate, sono tenute alla stipulazione di un contratto, ma pure che sia doverosa la forma scritta ad substantiam, non potendo l’accordo contrattuale perfezionarsi verbalmente o per facta concludentia ex art. 1327 c.c. Anche nell’ambito del sistema dell’accreditamento si è in presenza di un rapporto tra P.A. e strutture private che ha natura concessoria e che segue lo schema della concessione-contratto.
This contribution acknowledges a ruling by the civil Court of Cassation which returns to the relationship between health Administration and private structures, stating once again that not only the health structures, even if provisionally accredited, are required to stipulate a contract, but also that the written form ad substantiam is mandatory, as the contractual agreement cannot be perfected verbally or per facta concludentia pursuant to art. 1327 c.c. Even within the accreditation system there is a relationship between P.A. and private structures which has a concessionary nature and which follows the concession-contract scheme.
Contratto – contatto sociale qualificato – art. 1327 c.c. – facta concludentia – accreditamento provvisorio – amministrazione sanitaria – forma scritta ad substantiam
Massima[1]
In ragione del fatto che il sistema di accreditamento è nient’altro che il risultato dell’evoluzione di quello concessorio, affinchè possano porsi a carico delle Regioni oneri di erogazione di prestazioni sanitarie si richiede l’esistenza di specifici rapporti contrattuali e di un provvedimento amministrativo regionale di accreditamento. Non rileva, ai fini del compenso, la “mera prosecuzione dell'attività, ancorché sorretta da provvedimenti amministrativi della Regione”.
La struttura sanitaria privata, anche se provvisoriamente accreditata, necessita della stipula di un contratto con forma scritta ad substantiam con l’ASL territorialmente competente, costituendo la stipulazione nient’altro che la fase attuativa del rapporto. Lo strumento contrattuale è funzionale all’accettazione, da parte della struttura, dei limiti quantitativi di erogazione di prestazioni alla stessa, delle tariffe e delle condizioni di determinazione della eventuale regressione tariffaria, mentre pone in capo all’ente pubblico l’obbligo di eseguire il pagamento dei corrispettivi tenendo conto delle tariffe relative alle prestazioni effettivamente erogate agli utenti del Servizio Sanitario Regionale e nel rispetto di modalità e tempistiche contrattuali convenzionalmente stabilite o applicabili “in virtù di integrazione legislativa”. Non può allora ritenersi perfezionato il contratto verbalmente o per facta concludentia ex art. 1327 c.c., in quanto la forma scritta dei contratti di cui sia parte una Pubblica amministrazione si pone a presidio del principio costituzionale del buon andamento ex art. 97, secondo comma, Cost., sub specie della trasparenza dell’attività amministrativa.
Il Fatto
Unicredit Factoring S.p.a., cessionaria dei crediti del Centro di Chirurgia Ambulatoriale dr. A.A. accreditato provvisoriamente, vedeva accolta in primo grado dal Tribunale di Roma la domanda proposta nei confronti dell’Azienda Ospedaliera “Complesso Ospedaliero San Giovanni Addolorata” per prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale assistite da fatture per un importo pari a 562214,07 euro, più interessi moratori ex artt. 4 e 5 del d.lgs. n. 231/2002.
Impugnata la statuizione da parte dell’azienda ospedaliera, la Corte d’Appello di Roma la riformava nel 2021 sulla base della fondatezza del motivo di gravame consistente nell’insussistenza del credito in assenza di un contratto scritto tra il centro di chirurgia ambulatoriale (cedente) e l’ASL territorialmente competente (Pubblica amministrazione) anche relativamente alla remunerazione di prestazioni erogate da una struttura provvisoriamente accreditata, richiamando quell’orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cass. Civ., Sez. 3, ord. 5 luglio 2018, n. 17588; Cass. Civ., Sez. Lav., 29 novembre 2018, n. 30917) secondo cui è obbligatoria la stipula di un contratto in forma scritta anche per le strutture accreditate provvisoriamente al fine dell’instaurazione di un rapporto obbligatorio con l’ente pubblico. Unicredit Factoring S.p.a. (cessionaria del centro di chirurgia ambulatoriale provvisoriamente accreditato) ha però impugnato la sentenza d’appello con ricorso per cassazione articolato in due motivi e, rispetto a quest’ultimo, l’ASL Roma 4 e l’Azienda Ospedaliera “Complesso Ospedaliero San Giovanni Addolorata” hanno presentato controricorso ex art. 370 c.p.c. Con il primo motivo è stata denunciata violazione e falsa applicazione, ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., degli artt. 16 e 17 del R.D. n. 2440/1923, dell’art. 1 del d.lgs. n. 502/1992, dell’art. 6, sesto comma della legge regionale del Lazio n. 3/2004 e dell’art. 117 Cost.
In particolar modo, a detta della società ricorrente, l’obbligatorietà della stipula di un contratto in forma scritta ad substantiam farebbe sì che il rapporto dipenda unilateralmente dalla predisposizione dei contratti con le strutture provvisoriamente accreditate, ciò che determinerebbe la trasformazione del rapporto da commutativo ad aleatorio con la conseguente interruzione del servizio sanitario universale costituzionalmente garantito. Non sarebbe consentita l’equiparazione dell’accreditamento provvisorio a quello definitivo, in quanto l’art. 6, sesto comma della legge n. 724/1994 avrebbe previsto che le case di cura già convenzionate ai sensi della legge n. 833/1978 avrebbero semplicemente dovuto accettare il sistema della remunerazione a prestazione sulla base delle tariffe indicate dalla Regione ai fini della prosecuzione dell’attività concessoria. Del resto, la Suprema Corte medesima avrebbe sostenuto in una precedente e remota statuizione del 2011 che l’accreditamento provvisorio consentirebbe ai rapporti tra amministrazione sanitaria e soggetti delle cui prestazioni l’amministrazione stessa già si avvale di proseguire sino alla definitività dell’accreditamento e alla stipula dei contratti (Cass. Civ., Sez. III, 25 gennaio 2011, n. 1740). Con il secondo motivo di ricorso è stata invece denunciata violazione e falsa applicazione, ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., degli artt. 1175 e 1375 c.c. e dell’art. 2 Cost., in ragione dell’affidamento legittimo riposto nel corretto svolgimento del rapporto tra ASL e struttura provvisoriamente accreditata e della responsabilità della P.A. derivante da contatto sociale qualificato.
La struttura accreditata avrebbe infatti seguito le direttive della Regione Lazio nell’esecuzione delle prestazioni, e queste ultime sarebbero parzialmente pagate nonché oggetto di certificazione e conferma sia da parte dell’ufficio di bilancio dell’ASL Roma 4 che da parte dell’organismo di controllo regionale.
La Decisione
Gli Ermellini hanno dichiarato l’inammissibilità del primo motivo di ricorso ex art. 360-bis, n. 1, c.p.c., in quanto la Corte d’Appello di Roma avrebbe deciso conformemente alla giurisprudenza di legittimità consolidata. Stando a quest’ultima (Cass. Civ., Sez. III, 25 gennaio 2011, n. 1740; Cass. Civ., Sez. I, 6 agosto 2014, n. 17711), il rapporto tra P.A. e strutture private resta di natura concessoria anche nell’ambito del nuovo regime dell’accreditamento, richiedendosi l’esistenza di specifici rapporti contrattuali e di un provvedimento amministrativo regionale di accreditamento affinchè possano porsi a carico delle Regioni oneri di erogazione di prestazioni sanitarie.
Non rileva, ai fini del compenso, la “mera prosecuzione dell'attività, ancorché sorretta da provvedimenti amministrativi della Regione”.
Ciò determina la validità delle enunciazioni di principio degli Ermellini del 2018 sulla base delle quali la struttura sanitaria privata, anche se provvisoriamente accreditata, necessita della stipula di un contratto con forma scritta ad substantiam con l’ASL territorialmente competente.
Lo strumento contrattuale (cd. contratto accessivo) è funzionale all’accettazione, da parte della struttura, dei limiti quantitativi di erogazione di prestazioni alla stessa, delle tariffe e delle condizioni di determinazione della eventuale regressione tariffaria, mentre pone in capo all’ente pubblico l’obbligo di eseguire il pagamento dei corrispettivi tenendo conto delle tariffe relative alle prestazioni effettivamente erogate agli utenti del Servizio Sanitario Regionale e nel rispetto di modalità e tempistiche contrattuali convenzionalmente stabilite o applicabili “in virtù di integrazione legislativa”.
In sostanza, il sistema di accreditamento è nient’altro che il risultato dell’evoluzione di quello concessorio fondato sulla stipula di una convenzione di accesso al provvedimento amministrativo di concessione del pubblico servizio (concessione-contratto), e la sua fase attuativa si sostanzia nella stipula di apposito contratto. In assenza di quest’ultimo, nonché del provvedimento amministrativo di accreditamento, “nessuna erogazione di prestazione sanitaria finanziariamente coperta dalla mano pubblica è possibile” (cfr. Cass. Civ., Sez. III, 25 gennaio 2011, n. 1740; Cass. Civ., Sez. III, 19 novembre 2014, n. 23657).
La sequenza accreditamento-accordo contrattuale accessivo si applica pertanto anche all’accreditamento transitorio – che l’art. 8-quater del d.lgs. n. 502/1992 definisce “temporaneo” – e a quello provvisorio. Gli Ermellini sviluppano le argomentazioni in questione anche tenendo conto di quanto disposto dall’art. 2, settimo comma del D.P.R.
- 37/1997, secondo cui “la qualità di soggetto accreditato non costituisce vincolo per le aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale a corrispondere la remunerazione delle prestazioni erogate, al di fuori degli appositi rapporti di cui all'art. 8, commi 5 e 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni, nell'ambito del livello di spesa annualmente definito”.
Relativamente al secondo motivo di ricorso, la Cassazione civile lo ritiene infondato in ragione della doverosità del contratto con forma scritta ad substantiam tra struttura privata e amministrazione sanitaria. Non è pertanto possibile ritenere perfezionato il contratto verbalmente o per facta concludentia ex art. 1327 c.c., in quanto la forma scritta quale condicio sine qua non della validità del contratto medesimo è finalizzata alla garanzia del principio costituzionale del buon andamento dell’amministrazione ex art. 97, secondo comma, Cost., sub specie della trasparenza dell’attività amministrativa.
Diverse le statuizioni della giurisprudenza civile di legittimità richiamate, nelle quali si pone in evidenza il forte nesso sussistente tra copertura degli impegni finanziari assunti, valutazione dell’entità delle obbligazioni da adempiere e salvaguardia delle risorse degli enti pubblici, ciò che determina l’opportuna esclusione – ex art. 8-quinquies del d.lgs. n. 502/1992 – della conclusione di contratti a mezzo di fatti concludenti e la conseguente doverosità della forma scritta laddove una delle parti sia una Pubblica amministrazione (cfr. Cass. Civ., Sez. I, 26 gennaio 2007 n. 1752; Cass. Civ., Sez. I, 26 ottobre 2007, n. 22537; Cass. Civ., Sez. III, 1 aprile 2010, n. 8000; Cass. Civ., Sez. I, 20 marzo 2014, n. 6555; Cass. Civ., Sez. II, 23 aprile 2014, n. 9219; Cass. Civ., Sez. I, 17 marzo 2015, n. 5263; Cass. Civ., Sez. I, 15 giugno 2015 n. 12316; Cass. Civ., Sez. III, 11 ottobre 2016, n. 20391; Cass. Civ., Sez. III, ord. 11 marzo 2020, n. 7019).
Nel caso di specie non sarebbe pertanto sorto alcun legittimo affidamento derivante da contatto sociale qualificato.
Il ricorrente è stato così condannato dagli Ermellini al pagamento, in favore di ciascuno dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in 10000 euro per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi pari a 200 euro e agli accessori di legge, sussistendo poi anche i presupposti per il pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, da versare per il ricorso principale.
Brevi considerazioni conclusive: la contrattazione in forma scritta ad substantiam come garanzia di trasparenza dell’agere publicum.
La pronuncia all’esame torna nuovamente, in sostanza, sul rapporto che deve sussistere in ambito sanitario tra Pubblica amministrazione (ASL territorialmente competente) e strutture private, escludendo la rilevanza del contatto sociale qualificato e del legittimo affidamento che da questo deriverebbe.
L’art. 1327 c.c. prevede uno schema alternativo a quello classico ruotante intorno al binomio proposta - accettazione, disponendo al primo comma che il contratto possa considerarsi concluso per facta concludentia, “nel tempo e nel luogo in cui ha avuto inizio l’esecuzione”, laddove la prestazione “debba eseguirsi senza una preventiva risposta”. Ciò che il legislatore però richiede (secondo comma) è che l’accettante avvisi la controparte dell’inizio dell’esecuzione, pena il risarcimento del danno.
Questo tipo di schema, se può ritenersi agevolativo dei traffici giuridici – e il favor verso la facilitazione di questi ultimi costituisce indubbiamente la ratio giustificatrice dell’istituto – non consente invero la piena applicazione del principio di trasparenza, logico corollario del principio costituzionale del buon andamento dell’amministrazione (art. 97, secondo comma, Cost.) oltre che criterio che l’art. 1, primo comma della legge n. 241/1990 pone a fondamento dell’azione della P.A[2].
Sostanziandosi la trasparenza dell’agere publicum nella pubblicità e conoscibilità dell’operato delle Pubbliche amministrazioni, è opportuno che l’Amministrazione sanitaria stipuli appositi contratti con le strutture sanitarie private al fine della determinazione trasparente di obiettivi di salute, tipologia di prestazioni da assicurare, requisiti del servizio e corrispettivi preventivati a fronte delle attività concordate. Trattasi del resto di quanto previsto dall’art. 8-quinquies, secondo comma del d.lgs. n. 502/1992 in materia di riordino della disciplina sanitaria, disposizione richiamata anche dalla Cassazione civile nella recentissima statuizione oggetto di analisi.
Del resto, il comma 2-quinquies della medesima disposizione prevede la sospensione dell’accreditamento istituzionale ex art. 8-quater del d.lgs. n. 502/1992 in caso di mancata stipulazione degli accordi contrattuali tra unità sanitarie locali e strutture private, consentendo di dedurre che il provvedimento amministrativo di accreditamento costituisca soltanto parte di una sequenza strutturale più ampia, ovverosia quella che contempla anche il successivo ricorso allo strumento contrattuale genetico del rapporto obbligatorio.
Queste disposizioni necessitano di una lettura in combinato disposto con il secondo comma dell’art. 8-quater del medesimo decreto legislativo, a norma del quale “la qualità di soggetto accreditato non costituisce vincolo per le aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale a corrispondere la remunerazione delle prestazioni erogate, al di fuori degli accordi contrattuali di cui all'articolo 8-quinquies”, nonché con il primo comma dell’art. 8-sexies, sulla base del quale la remunerazione delle strutture che erogano assistenza ospedaliera e ambulatoriale a carico del Servizio sanitario nazionale avviene “secondo un ammontare globale predefinito indicato negli accordi contrattuali di cui all'articolo 8-quinquies”.
Da questo insieme di disposizioni è possibile evincere che l’accreditamento istituzionale ex art. 8-quater del d.lgs. n. 502/1992 costituisce condizione necessaria, ma non sufficiente per l’erogazione dei servizi sanitari da parte delle strutture private.
Come correttamente affermato dalla Cassazione civile nella statuizione all’esame, lo strumento contrattuale di tipo accessivo è indicativo del quantum dell’erogazione di prestazioni alla struttura privata, nonché di tariffe e di condizioni determinative della possibile regressione tariffaria, ponendo invece in capo all’Amministrazione sanitaria l’obbligo di pagamento dei corrispettivi.
l rapporto obbligatorio rinviene pertanto il suo fondamento in un vincolo contrattuale che, in ragione di un’interpretazione costituzionalmente orientata delle disposizioni normative poc’anzi considerate, non può che instaurarsi in forma scritta ad substantiam. Il principio di trasparenza, quale corollario del buon andamento ex art. 97, secondo comma, Cost., impone un’accessibilità che può essere garantita soltanto dalla presenza di un atto scritto, e non certamente da un accordo verbale o da un inizio di esecuzione non preceduto da preventiva risposta (art. 1327 c.c.) e indicativo di un perfezionamento a mezzo di fatti concludenti. Come affermato da certa dottrina in occasione del commento alla sentenza n. 32337/2023 della Terza Sezione della Cassazione Civile[3], gli enti pubblici devono tanto favorire quanto agevolare lo svolgimento di un controllo posto a tutela del bene pubblico e della trasparenza dell’attività amministrativa. La P.A., diversamente dal privato cittadino, non opera in un regime di “autoresponsabilità”, ma “utilizza […] il denaro pubblico e come tale, inevitabilmente, soggiace ex lege all’obbligo di rendicontazione: in virtù di ciò quest’ultima è regolarmente tenuta a estrinsecare in un qualsiasi documento scritto le decisioni prese accompagnate dagli impegni economico-contabili”[4].
La stessa dottrina mette in evidenza il fatto che la forma scritta ad substantiam consenta, laddove sorgano controversie con l’altra parte contraente, di individuare i centri di imputazione della responsabilità, operazione che riveste la sua significatività soprattutto nel settore pubblico nel quale “più di ogni altro, è doveroso sapere in via preventiva quale soggetto abbia effettivamente generato quel tipo di spesa”[5].
Se queste considerazioni rinvengono ragionevoli fondamenti nello ius positum, è altresì vero che possano trovare applicazione anche all’accreditamento transitorio e provvisorio: ciò in ragione del fatto – e anche qui paiono condivisibili le argomentazioni della Suprema Corte – che il passaggio dal regime di convenzionamento esterno a quello dell’accreditamento abbia lasciato invariata la natura del rapporto intercorrente tra Amministrazione sanitaria e strutture private, trattandosi in ogni caso di rapporto concessorio fondato sulla sequenza strutturale “provvedimento amministrativo di accreditamento - contratto accessivo”.
Ciò determina in conclusione la necessità, anche per quelle strutture sanitarie accreditate in via provvisoria, della stipulazione di un contratto con la P.A. idoneo tanto a garantire la trasparenza amministrativa – e che rivesta quindi forma scritta – quanto l’operatività dell’accreditamento, che in assenza di accordo contrattuale resterebbe sospeso ex lege (art. 8-quinquies, comma 2-quinquies, d.lgs. n. 502/1992) per mancato completamento della sequenza strutturale “accreditamento – contratto” che è alla base della relazione tra la parte pubblica e quella privata.
BIBLIOGRAFIA
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Cass. Civ., Sez. I, 26 ottobre 2007, n. 22537;
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Cass. Civ. Sez. III, 21 novembre 2023, n. 32337;
Cass. Civ., Sez. I, 30 agosto 2024, n. 23387, “Sanità e sanitari – ASL – strutture e servizi”, in https://onelegale.wolterskluwer.it/document/cass-civ-sez-i-ord-data-ud-27-06-2024-30-08-2024-n-23387/10SE0002902466?searchId=2752458282&pathId=7e7fdff6b5e26&offset=0;
AA.VV., “Istituzioni di diritto amministrativo”, Giappichelli Editore, Torino, 2017;
CAVADI R., “Sulla legittimità della forma scritta “ad substantiam” per i contratti stipulati con l’Ente locale”, in “Salvis Juribus” – “Amministrativo”, 2 gennaio 2024, http://www.salvisjuribus.it/sulla-legittimita-della-forma-scritta-ad-substantiam-per-i-contratti-stipulati-con-lente-locale/.
[1] La massima è il frutto della personale rielaborazione dell’autore.
[2] Diversi gli istituti che hanno decretato il passaggio da un’Amministrazione detentrice del segreto ad un’Amministrazione strutturata come vera e propria “casa di vetro” – espressione utilizzata da Filippo Turati nel 1908 in una sessione della Camera dei deputati. Basti pensare alla partecipazione procedimentale, che consente al privato cittadino di fornire all’Amministrazione procedente le informazioni più opportune affinchè l’operazione di contemperamento degli interessi in gioco sia improntata a completezza e trasparenza, nonché alla disciplina dell’accesso esoprocedimentale ai documenti amministrativi. La legge n. 15/2005, modificando l’art. 22 della legge n. 241/1990, ha qualificato l’accesso esoprocedimentale come “principio generale dell’attività amministrativa” in ragione delle sue “rilevanti finalità di pubblico interesse”, come tale volto ad assicurare non solo l’imparzialità, ma anche la trasparenza dell’agere publicum (art. 22, secondo comma). Ma è con i d.lgs. nn. 33/2013 e 97/2016 che la trasparenza si è trasformata in “accessibilità totale” a dati e documenti detenuti dalle Pubbliche amministrazioni, finendo col perseguire anche finalità anti-corruttive. Si veda AA.VV., “Istituzioni di diritto amministrativo”, Giappichelli Editore, Torino, 2017, pagg. 199 e ss.
[3] Cass. Civ., Sez. III, 21 novembre 2023, n. 32337. Trattasi di pronuncia nella quale gli Ermellini, richiamando precedenti orientamenti, hanno sancito la doverosità della forma scritta ad substantiam dei contratti d’opera professionale nei quali sia parte la Pubblica amministrazione. La forma scritta richiesta a fini di validità dell’atto rappresenterebbe, a detta dei giudici di legittimità, uno “strumento di garanzia del regolare svolgimento dell’attività amministrativa nell’interesse sia del cittadino, costituendo remora ad arbitri, sia della collettività, agevolando l’espletamento della funzione di controllo, ed è, quindi, espressione dei principi d’imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione posti dall’art. 97 Cost.”. Si richiede pertanto la “redazione a pena di nullità, di un apposito documento, recante la sottoscrizione del professionista e del titolare dell’organo attributario del potere di rappresentare l’Ente interessato nei confronti dei terzi”, dal quale desumere “la concreta instaurazione del rapporto con le indispensabili determinazioni in ordine alla prestazione da rendere e al compenso da corrispondere”.
[4] Cit. testualmente da CAVADI R., “Sulla legittimità della forma scritta “ad substantiam” per i contratti stipulati con l’Ente locale”, in “Salvis Juribus” – “Amministrativo”, 2 gennaio 2024, http://www.salvisjuribus.it/sulla-legittimita-della-forma-scritta-ad-substantiam-per-i-contratti-stipulati-con-lente-locale/.
[5] Cit. testualmente da CAVADI R., “Sulla legittimità della forma scritta “ad substantiam” cit.