ISSN 2039 - 6937  Registrata presso il Tribunale di Catania
Anno XVII - n. 05 - Maggio 2025

  Giurisprudenza Amministrativa



All’Adunanza plenaria (per tre volte in due settimane) la questione se l’erronea declaratoria di improcedibilità, inammissibilità o irricevibilità del ricorso ovvero la mancata pronuncia sulla domanda comporti o meno l’annullamento con rinvio al giudice di primo grado

Nota a sentenze Cons. Stato, Sez. V, 10 aprile 2018, n. 2161 (Pres. Caringella, est. Franconiero) e C.g.a. 17 aprile 2018, n. 223 (Pres. Deodato, est. Modica de Mohac) e ordinanza Cons. Stato, Sez. III, 24 aprile 2018, n. 2472(Pres. Lipari, est. Spiezia). A cura di Andrea Romano
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  1. La questione

Il contrasto giurisprudenziale oggetto del presente commento origina dall’ipotesi in cui il Tar abbia deciso con una pronuncia di rito ex art. 35 c.p.a. una controversia, senza conseguente delibazione nel merito della domanda, e, a seguito di impugnazione, il giudice di appello abbia riformato la decisione. In tale ipotesi si pone la questione se il giudice di secondo grado debba giudicare nel merito la causa ovvero se debba  rinviarla al giudice di primo grado.

Tale questione, di carattere generale, ha natura pregiudiziale e investe il quesito se, in tali ipotesi, debba avvenire la devoluzione al giudice di secondo grado dei motivi di primo grado[1], ovvero il rinvio della causa al giudice di primecure con conseguente regressione del processo a quest’ultimo, ai sensi dell'art. 105, co. 1, c.p.a., che così recita: “Il Consiglio di Stato rimette la causa al giudice di primo grado soltanto se è mancato il contraddittorio, oppure è stato leso il diritto di difesa di una delle parti, ovvero dichiara la nullità della sentenza, o riforma la sentenza o l'ordinanza che ha declinato la giurisdizione o ha pronunciato sulla competenza o ha dichiarato l'estinzione o la perenzione del giudizio”.

Le ipotesi che danno adito a tale problematica peraltro, all’atto pratico, sono molto ricorrenti e la casistica che le origina è pressoché infinita, potendosi ricordare, a mero titolo esemplificativo, in materia di gare pubbliche, la declaratoria di inammissibilità del ricorso per intempestività dell’azione processuale determinata dalla asserita immediata lesività del bando di gara[2], ovvero, in materia di risarcimento danni, la declaratoria di inammissibilità per intervenuta decadenza per decorso del termine di cui all’art. 30, comma 3, c.p.a[3], ovvero ancora, in materia edilizia, la assunta tardiva impugnazione del permesso di costruire rilasciato dal comune[4].

  1. Il contrasto giurisprudenziale

Ultimamente si è registrato un acceso dibattito giurisprudenziale, alimentato più che altro ad opera del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana (C.g.ar.s.), che difformemente all’interpretazione assolutamente prevalente del Consiglio di Stato, ritiene auspicabile la seconda soluzione prospettata.

In particolare,con le decisioni n.33 del 24.1.2018 e n. 223 del 17 aprile 2018 (qui in commento) del C.g.a.r.s., nonché con la sentenza n.1535 del 12.3.2018 della IV^ Sezione del Consiglio di Stato si è opinato per il rinvio del giudizio al medesimo T.a.r., che dovrà provvedere a pronunciare in diversa composizione ex artt. 17 c.p.a. e 51, n. 4, c.p.c.[5].

Al contrario, con le decisioni del Consiglio di Stato n.3809 del 31.7.2017 della IV^ Sezione, n.421 del 23.1.2018 della V^ Sezione e n.5955 del 18.12.2017 della VI^ Sezione è stata prediletta la tesi secondo cui in caso di annullamento delle sentenze di inammissibilità, irricevibilità e/o improcedibilità il Giudice d’appello non deve rinviare la causa al Giudice di primo grado, dovendo invece procedere alla immediata decisione delle questioni già proposte in primo grado anche se mai espressamente affrontate in tale fase di giudizio.

  1. La tesi (innovativa) del Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana

Secondo l'orientamento del C.g.a.r.s. l’esame dell’art. 105 c.p.a., il quale delinea I casi in cui il Consiglio di Stato deve rimettere la decisione al giudice di primo grado[6], evidenzia come esso individui pacificamente alcune ipotesi di natura tassativa. Tuttavia tali ipotesi talvolta sono espressive di clausoleaperte, di fattispecie non specificamente tipizzate e che perciò lasciano aperti varchi interpretativi volti alla individuazione dei casi in esse sussumibili. Proprio tale indeterminatezza determina un ampliamento delle ipotesi di rimessione al primo giudice, giungendo in sostanza a ritenere le fattispecie individuate all’art. 105 alla stregua di vere e proprie clausole generali[7].

  • Orbene, la necessità del rinvio al giudice di primo grado discenderebbe dall'esame della giurisprudenza costituzionale da cui emergerebbe - in definitiva - che nel sistema della giustizia amministrativa il c.d. “principio del doppio grado generalizzato” esiste ed è vigente (ed è quindi vincolante per il Legislatore), seppur con specifico riferimento alle controversie concernenti materie devolute in primo grado ai Tribunali Amministrativi Regionali, in ordine alle quali - dunque - deve sempre essere assicurato un secondo grado di giudizio[8].Se così è, conclude il C.g.a.r.s., ne consegue che in tutti i casi in cui i Tribunali Amministrativi Regionali siano ordinariamente competenti - ex lege - a decidere in primo grado, tale “giudizio di base” non può essere pretermesso (o “saltato”).Nella fattispecie dedotta in giudizio, osserva il C.g.a.r.s. si verte in tema di appalti pubblici e nessuna norma di legge devolve al Consiglio di Stato giurisdizione in unico grado in tale materia, sicché non appare revocabile in dubbio che –a tenore dell’interpretazione fatta propria dal Consiglio di giustizia amministrativa – il principio del doppio grado di giudizio affermato dalla Corte Costituzionale debba trovare, proprio nei termini in cui detta Corte lo ha tratteggiato, piena e completa applicazione.
  • La C.g.a.r.s., inoltre, pone un’ulteriore questione tale da incidere sulla soluzione della vicenda in questione: distingue, in sostanza, richiamandosi a tradizionale dottrina, tra pronunce di inammissibilità e improponibilità dalle pronunce laddove invece il giudice si sia limitato a dichiarare il ricorso irricevibile.Laddove il giudice di primo grado non abbia pronunziato l’inammissibilità del ricorso (nella specie, avverso il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione e di ritiro degli atti di gara), per un motivo attinente alle condizioni dell’azione (dunque riferentesi all’interesse ad agire, alla legittimazione processualeo all’astratta esistenza dell’interesse legittimo) promossa dalla ricorrente, né per fatti che rivelassero un difetto nei presupposti processuali(dunque riferentesi alla regolare composizione del Collegio, all’eventuale sussistenza di cause di incompatibilità ecc.), ma semplicemente perché ha ritenuto che il “tipo” di atto processuale utilizzato dal soggetto postulante (id est: la “formula schematica”) non fosse correttamente qualificabile in termini di “domanda giudiziale”; e che pertanto la stessa non fosse “ricevibile” e non fosse quindi idonea ad innescare il meccanismo processuale che attiva l’esercizio del potere giurisdizionale.Ritiene pertanto il C.g.a.r.s. che nel caso dedotto in giudizio, come in quelli ad esso assimilabili, ricorra l’ipotesi di una pronunzia sostanzialmente declinatoria della giurisdizione, annullata la quale occorre perciostesso, ai sensi dell’art.105 del codice del processo amministrativo, rinviare la causa al Giudice di primo grado perché eserciti il potere giurisdizionale che funzionalmente gli compete.
  • La terza ragione che induce il C.g.a.r.s. ha ritenere necessario il rinvio al giudice di primo grado è che l’art.105 del codice del processo amministrativo impone il rinvio al giudice di primo grado (perché decida nel merito nell’esercizio della sua competenza funzionale) in tutte le ipotesi in cui il giudice d’appello - escluse quelle di riforma di statuizioni di merito (per le quali non si pone, all’evidenza, alcun problema di rinvio) - pervenga ad una pronunzia di nullità (o di annullamento) della sentenza appellata, il che certamente è quanto si verifica nel caso di pronunzia cassatoria della sentenza di inammissibilità o di improcedibilità.In altri termini - ed a ben guardare - nulla impedisce di ritenere che nel prescrivere che il giudice di appello deve rinviare la causa (per la decisione) a quello di primo grado ogniqualvolta “dichiara la nullità della sentenza”, il Legislatore si sia riferito anche ai casi di “cassazione” - questo sarebbe il giusto termine tecnico da utilizzare - delle sentenze di improcedibilità e di inammissibilità[9].
  1. Le tesi (maggioritaria e tradizionale) del Consiglio di Stato

    • Secondo la Sezione V del Consiglio di Stato, la quale dichiara espressamente di aderire al contrario indirizzo tradizionale (e maggioritario[10]), invece, la soluzione opposta si giustifica dal carattere tassativo delle cause di regressione del processo a quelle tipizzate nella disposizione di cui all’art. 105 c.p.a., che sembrerebbe fatto palese dall’impiego nelcomma 1dell’avverbio «soltanto». Per come formulata, la disposizione in esame dovrebbe dunque precludere interpretazioni estensive dei casi in essa previsti, contrariamente invece a quanto ritenuto dal C.g.a.r.s. Sottolinea innanzitutto il Consiglio di Stato che un’errata pronuncia in rito non può automaticamente essere ritenuta lesiva del diritto di difesa in giudizio, in particolare ogniqualvolta le facoltà difensive della parte soccombente sono state comunque esercitate con pienezza, ed essa abbia potuto fare valere ragioni contrarie all’accoglimento della questione in rito poi risultata risolutiva della controversia in primo grado (in questa ipotesi si colloca peraltro il giudizio che ha dato origine alla pronuncia in commento). A conclusioni diverse potrebbe (rectius: deve) pervenirsi quando la questione decisiva non sia mai stata sottoposta al contraddittorio delle parti[11].
    • Inoltre la V Sezione sottolinea un altro argomento di carattere sistematico che pone in raffronto l’attuale art. 105 c.p.a. con il “vecchio” art. 35, L. 1034/1971 (Legge istitutiva dei Tribunali Amministrativi Regionali)[12]. La maggiore ampiezza dei casi di regressione del processo al primo giudice contemplati dal codice dei processo amministrativo rispetto alla “vecchia” legge Tar, che precedeva il rinvio al primo giudice nei soli casi di difetto di procedura e di vizio di forma– argomento anch’esso valorizzato dal giudice d’appello siciliano nella sentenza 24 gennaio 2018, n. 33, a sostegno del nuovo orientamento – appare spiegabile con l’esigenza di tipizzare meglio tali casi, anche attraverso il recepimento della giurisprudenza formatasi sul punto (come nel caso della declinatoria di giurisdizione[13]).In particolare, relativamente alla errata dichiarazione di estinzione del processo o perenzione del ricorso da parte del giudice di primo grado, tali ipotesi sono previste dal comma 2 dell’art. 35 cod. proc. amm. (unitamente al caso dell’inattività delle parti), laddove nel comma 1 della medesima disposizione sono contemplate le sentenze dichiarative dell’irricevibilità, inammissibilità e improcedibilità del ricorso. Quindi, secondo al Sezione, il fatto che queste ultime non siano richiamate dal comma 1 dell’art. 105, non potrebbe essere spiegato altrimenti che con l’intendimento del legislatore di escludere l’annullamento con rinvio al giudice di primo grado nel caso in cui il Consiglio di Stato ne accerti l’erroneità.
  2. Ordinanza della III Sezione del 24 aprile 2018, n. 2472di rimessioneall’Adunanza Plenaria

Diverso il caso sottoposto all’esame della terza Sezione all’udienza delli 16/1/2018, nel quale è mancato qualsiasi tipo di esame della domanda (risarcitoria) formulata ritualmente dall’originario ricorrente[14].

La totale omissione di pronuncia su un’intera azione (la domanda risarcitoria) ha determinato, secondo la Sezione, con ogni evidenza, una diretta lesione del diritto di difesa (a differenza dell’erronea declaratoria di inammissibilità, irricevibilità o improcedibilità), perché ha provocato, nei confronti della parte ricorrente, effetti equivalenti a quelli della “pronuncia a sorpresa”, di cui all’art. 73 c.p.a.

Ora, quando il giudice pone a base della propria decisione una questione rilevata d’ufficio, senza prospettarla preventivamente alla dialettica tra le parti, arreca un sicuro pregiudizio al diritto di difesa dell’interessato, impedendogli di manifestare la propria posizione.

Pertanto sarebbe plausibile concludere che, quando il giudice disattende del tutto l’azione proposta dal ricorrente, senza spiegarne le ragioni, lede, in modo ancora più vistoso, il diritto di difesa della parte interessata, che si vede privata di ogni possibilità di difesa in ordine ad una pronuncia sfavorevole, adottata al di fuori del prescritto contraddittorio.

Tuttavia, conclude la terza Sezione, al fine di evitare contrasti di giurisprudenza, di rimettere alla Adunanza Plenaria, ai sensi dell’art. 99, comma 1, CPA, la seguente questione di diritto:“se, qualora il giudice di primo grado abbia omesso del tutto la pronuncia su una delle domande del ricorrente (nella specie l’azione di risarcimento del danno, conseguente all’annullamento dei provvedimenti impugnati), la controversia debba essere decisa nel merito dal giudice di secondo grado, in coerenza con l’effetto devolutivo dell’appello e con la regola della tassatività delle ipotesi di rinvio al primo giudice, oppure, in alternativa, la causa debba essere rimessa al TAR, valorizzando la portata anche sostanziale della nozione di “violazione del diritto di difesa” e il principio costituzionale del doppio grado, anche alla luce della circostanza che la radicale e immotivata omissione di pronuncia avrebbe effetti equivalenti a quelli di una decisione adottata d’ufficio, in violazione del contraddittorio con le parti, stabilito dall’art. 73, comma 3, del CPA”[15].

Si resta dunque in attesa della pronuncia dell’Alto Consesso a chiarimento, in funzione nomofilattica, del contrasto di cui si è dato conto nella presente nota.

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[1]L’effetto devolutivo dell’appello è oggi consacrato dall’art. 104 c.p.a. dal quale peraltro discende il corollario, espressamente delineato in tale disposizione, del divieto — con le eccezioni ora previste dal c.p.a. — di porre nuove difese rispetto a quelle formulate innanzi al primo giudice al fine di assicurare che l’oggetto del giudizio del gravame non risulti più ampio di quello su cui si è pronunciato il giudice della sentenza appellata (cfr., già in precedenza, Cons. St., sez. V, 24.4.2009, n. 2588).

[2]Al riguardo si veda la recente pronuncia dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 26 aprile 2018, n. 4 con la quale si è affermato che l’operatore del settore che non ha presentato domanda di partecipazione alla gara non è legittimato a contestare le clausole di un bando di gara che non rivestano nei suoi confronti portata escludente, precludendogli con certezza la possibilità di partecipazione, ribadendo il principio che i bandi di gara e di concorso e le lettere di invito vanno normalmente impugnati unitamente agli atti che di essi fanno applicazione, dal momento che sono questi ultimi ad identificare in concreto il soggetto leso dal provvedimento ed a rendere attuale e concreta la lesione della situazionesoggettiva dell'interessato e che possono essere tuttavia enucleate alcune eccezioni a tale principio generale, individuandosi taluni casi in cui deve essere impugnato immediatamente il bando di gara (cfr. Adunanza plenaria Consiglio di Stato 29 gennaio 2003, n. 1 e Adunanza plenaria Consiglio di Stato 7 aprile 2011, n. 4).

[3] v. C.g.a. 24 Gennaio 2018, n. 33. Tale sentenza peraltro è quella da cui origina il filone giurisprudenziale del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana che ha dato, principalmente, adito al contrasto giurisprudenziale in commento e sulla scia del quale vi è stata la di poco successiva decisione del medesimo C.g.a. del 17 Aprile 2018, n. 223, oggetto, tra l'altro, del presente commento.

[4] cfr. Cons. Stato, IV Sezione, 31 Luglio 2017, n. 3809.

[5] cfr. Cons. Stato, Ad. plen., n. 2 del 2009; nn. 4 e 5 del 2014, queste ultime rese sotto l'egida del nuovo codice del processo amministrativo, che hanno ribadito la necessità di salvaguardare il principio di imparzialità/terzietà della giurisdizione in sede di rinvio prosecutorio.

[6]L’art.105 del codice del processo amministrativo stabilisce che il Consiglio di Stato rimette la causa al Giudice di primo grado soltanto nei seguenti casi:
- se è mancato il contraddittorio;
- se è stato leso il diritto di difesa di una delle parti;
- se venga dichiarata la nullità della sentenza;
- se venga riformata la sentenza che ha declinato la giurisdizione; o che ha pronunziato sulla competenza o che ha dichiarato l’estinzione o la perenzione del giudizio.

[7] Per una visione d’insieme sull’argomento delle clausole generali, v. E. Fabiani, Clausole generali e sindacato della cassazione, UTET, Torino 2003, e id., Clausole generali, voce dell’Enciclopedia del diritto. Annali, vol. V, Giuffrè, Milano 2012, pp. 183 ss e, in particolare , sull’efficacia espansiva nel diritto moderno del fenomeno, AA.VV. a cura di G. D’Amico, Principi e clausole generali nell’evoluzione dell’ordinamento giuridico, Giuffe’, Milano, 2017.

[8] Ci si riferisce allesentenze n.61 del 12/3/1975 e n.8 dell’1/2/1982 della Corte Costituzionale, nonché a Corte Cost. n.395 del 3/3/1988 la Corte Costituzionale che, ritornata sulla questione e ridimensionando la portata dell’art.125 della Costituzione e l’operatività del principio già affermato, ha tuttavia precisato che i casi di giurisdizione in unico grado costituiscono pur sempre un’eccezione, che tale eccezione è da considerare costituzionalmente legittima esclusivamente ove il “giudice senza appello” sia il Consiglio di Stato e che i casi di giurisdizione in unico grado, concretandosi in eccezioni al c.d. “principio del doppio grado generalizzato”, che costituisce comunque la regola, devono essere individuati espressamente (quindi inequivocabilmente e chiaramente) e tassativamente.

[9]Ricorda la sentenza in esame come sia stato evidenziato in teoria generale che nell’ambito del sistema processuale amministrativo la differenza fra la sentenza con la quale il giudice di appello “dichiara la nullità” e la sentenza con la quale, invece, pronunzi l’”annullamento” di una sentenza appellata, si appalesa poco incisiva: tanto l’una che l’altra hanno, infatti, il medesimo effetto ripristinatorio (e l’efficacia è sempre retroattiva).

[10]La giurisprudenza del Consiglio di Statoha circoscritto i casi di annullamento della sentenza di primo grado con rinvio al Tribunale amministrativo ai seguenti:
- svolgimento del giudizio di primo grado a contraddittorio non integro, a causa della mancata notifica del ricorso a tutti i controinteressati (da ultimo: Cons. Stato, IV, giugno 2016, n. 2316; V, 23 marzo 2018, n. 1843, 7 febbraio 2018, n. 810; VI, 2 febbraio 2017, n. 451, 14 luglio 2016, n. 3142);
- sentenza resa all’esito di un’udienza di discussione la cui fissazione non è stata comunicata alla parte (di recente: Cons. Stato, V, 14 giugno 2017, n. 2897; VI, 28 luglio 2017, n. 3802, 10 aprile 2017, n. 1668);
- violazioni del diritto di difesa consumatasi con il deposito della consulenza tecnica d’ufficio, non preceduta dall’assegnazione alle parti di un termine per formulare osservazioni, il giorno stesso dell’udienza di discussione (Cons. Stato, VI, 17 gennaio 2017, n. 175);
- in generale ogni violazione del contraddittorio occorsa nell’ambito di tale incombente istruttorio; ad es. per mancata comunicazione dell’avvio delle operazioni peritali, per mancanza delle stesse operazioni, e per mancato invio dello schema di relazione ai consulenti di parte (cfr. tra le altre: Cons. Stato, III, 7 febbraio 2017, n. 534);
- definizione del giudizio di primo grado con sentenza semplificata ex art. 60 cod. proc. amm. malgrado la riserva della parte di proporre ricorso incidentale o motivi aggiunti (Cons. Stato, V, 15 gennaio 2018, n. 178; VI, 17 maggio 2017, n. 2345);
- applicazione al giudizio di primo grado del rito elettorale ex art. 129 cod. proc. amm. in difetto dei presupposti di relativa applicabilità (Cons. Stato, III, 5 marzo 2018, n. 1328);

 [11] Cfr. in questo senso, tra le varie: Cons. Stato, IV, 1 settembre 2017, n. 4167, 10 luglio 2017, n. 3372, 6 febbraio 2017, n. 491; V, 16 febbraio 2017, n. 710; VI, 19 giugno 2017, n. 2974

[12]L’art. 35 della legge istitutiva dei T.a.r. (L. 6 dicembre 1971, n. 1034) prevedeva , al comma 1, che; “Se il Consiglio di Stato accoglie il ricorso per difetto di procedura o per vizio di forma della decisione di primo grado, annulla la sentenza impugnata e rinvia la controversia al tribunale amministrativo regionale”.

[13] cfr. Consiglio di Stato, Ad. plen., 8 novembre 1996, n. 23

[14]Nella fattispecie si trattava di un’azione di risarcimento del danno conseguente all’annullamento dei provvedimenti impugnati.

[15]V. Cons. Stato, ord. 24 aprile 2018, n. 2472, in www.giustizia-Amministrativa.it