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Consiglio di Stato, Sez. I, Parere n. 883 (Formez) del 21/3/19: disciplina in materia di contratti pubblici
Il Consiglio di Stato, chiamato dall'ANAC a esprimere autorevole avviso in relazione al caso specifico di Formez PA al fine di definire la sua configurabilità come organismo in house di tutte le amministrazioni centrali dello Stato ancorché non associate, nonché sulla problematica più generale della coerenza con la disciplina in materia di contratti pubblici dettata dal d.lgs. 50/2016, di disposizioni (come quella dell’art 2 d.lgs. 6/2010) contemplanti forme di affidamento diretto di contratti pubblici in deroga ai presupposti previsti e disciplinati dall’art 5 del Codice, con il parere n. 883 del 21/3/2019, ha indicato che i requisiti dell’in house sono adesso chiaramente indicati dall’art. 12, paragrafo 1, della direttiva 2014/24/UE, dall’art. 28, paragrafo 1, della direttiva 2014/25/UE e dall’art. 17, paragrafo 1, della direttiva 2014/23/UE; tutte norme di identico tenore. Non è disciplinato solo l’in house, ma anche la cooperazione tra amministrazioni aggiudicatrici (c.d. contratti di collaborazione), la quale però rimane al di fuori dell’in house, in quanto non comporta la costituzione di organismi distinti rispetto alle amministrazioni interessate all’appalto o alla concessione. In particolare, l’art. 17, paragrafo 1, della direttiva sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, relativo alle concessioni tra enti nell’ambito del settore pubblico, prevede che una concessione aggiudicata da un’amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato non rientra nell’ambito di applicazione della direttiva quando siano soddisfatti tutti i requisiti del controllo analogo a quello da esso esercitato sui propri servizi, quando oltre l’80 % delle attività della persona giuridica controllata sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’ente controllante e non vi sia alcuna partecipazione di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto. Le direttive sono state attuate con il d.lgs. 50/2016, recante il nuovo codice dei contratti pubblici che all’art 5, rubricato “principî comuni in materia di esclusione per concessioni, appalti pubblici e accordi tra enti e amministrazioni aggiudicatrici nell’ambito del settore pubblico”, reca una disciplina di principio che tratteggia nelle sue linee essenziali le caratteristiche principali dell’in house; le previsioni codicistiche ricalcano in buona parte le direttive. Ai sensi dell’art. 5, comma 1, primo periodo, in presenza di determinate condizioni, le norme del codice non si applicano ai contratti aggiudicati da un’amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore a una “persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato”; ciò significa che i confini dell’in house sono stati estesi al di fuori del fenomeno delle società di diritto privato comprendendovi anche gli enti pubblici. Per l’individuazione dell’in house sono richiesti adesso tre requisiti: 1) controllo analogo; 2) oltre l'80 per cento delle attività della persona giuridica controllata deve essere effettuata nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’ente controllante; 3) partecipazione totalitaria.
In definitiva, quindi, il Collegio ha risposto esprimendosi: a) "in ordine al primo quesito posto dall’ANAC, se sia possibile configurare Formez PA come organismo in house di tutte le amministrazioni centrali dello Stato ancorché non associate, il Consiglio osserva che, alla luce dell’attuale quadro normativo di riferimento, perché Formez PA possa essere organismo in house di un’amministrazione, con conseguente possibilità di affidamento diretto dei contratti, è necessario che la singola amministrazione centrale entri a fare parte dell’associazione "; b) "sul secondo quesito relativo alla “problematica più generale della coerenza con la disciplina in materia di contratti pubblici dettata dal d.lgs. 50/2016, di disposizioni (come quella dell’art 2 d.lgs. 6/2010) contemplanti forme di affidamento diretto di contratti pubblici in deroga ai presupposti previsti e disciplinati dall’art. 5 del Codice”, stante la genericità della richiesta il Collegio non può pronunciarsi. In via generale va osservato che, al fine di evitare un insanabile contrasto con il diritto eurounitario, la soluzione ermeneutica da privilegiare è quella di interpretare le norme nazionali in modo conforme alle direttive europee, coordinandole anche con le disposizioni oggi presenti nel codice dei contratti pubblici. Peraltro in caso di contrasto tra la normativa comunitaria e quella nazionale deve prevalere la prima, come ormai pacificamente ammesso".