ISSN 2039 - 6937  Registrata presso il Tribunale di Catania
Anno XVII - n. 05 - Maggio 2025

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Sulla base del primato del diritto dell’Unione, il giudice nazionale deve disattendere qualsiasi prassi giurisdizionale nazionale che pregiudichi la sua facoltà di interrogare la Corte di giustizia. Pronuncia della CGUE.

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CGUE, comunicato n. 207 del 23 novembre 2021, sent. nella causa C-564/19 IS (Illegittimità dell’ordinanza di rinvio).

Il diritto dell’Unione osta a che, a seguito di un’impugnazione nell’interesse della legge proposta dal procuratore generale, il giudice supremo nazionale dichiari l’illegittimità di una domanda di pronuncia pregiudiziale presentata da un giudice di grado inferiore, per il motivo che le questioni poste non sono rilevanti e necessarie ai fini della soluzione della controversia principale.

Sulla base del primato del diritto dell’Unione, il giudice nazionale deve disattendere qualsiasi prassi giurisdizionale nazionale che pregiudichi la sua facoltà di interrogare la Corte di giustizia.

Un giudice del Pesti Központi Kerületi Bíróság (Tribunale centrale distrettuale di Pest, Ungheria) è investito di un procedimento penale nei confronti di un cittadino svedese. Nel corso della prima audizione da parte dell’autorità inquirente, l’imputato, che non conosce l’ungherese ed è stato assistito da un interprete di lingua svedese, è stato informato dei sospetti a suo carico. Tuttavia, non esiste alcuna informazione sulla selezione dell’interprete, sulla verifica delle sue competenze o sul fatto che quest’ultimo e l’imputato si comprendessero. Infatti, in Ungheria non esiste alcun registro ufficiale di traduttori e di interpreti e la normativa ungherese non precisa chi possa essere designato a tale titolo nei procedimenti penali, né secondo quali criteri. Pertanto, secondo il giudice adito, né l’avvocato né il giudice sarebbero in grado di verificare la qualità dell’interpretazione.

In tali circostanze, esso ritiene che il diritto dell’imputato di essere informato dei suoi diritti e i suoi diritti della difesa potrebbero risultarne pregiudicati. Di conseguenza, detto giudice ha deciso di interrogare la Corte sulla compatibilità della normativa ungherese con la direttiva 2010/64 1 , sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali, e con la direttiva 2012/13 2 , sul diritto all’informazione in tali procedimenti. In caso di incompatibilità, esso chiede, inoltre, se il procedimento penale possa proseguire in assenza dell’imputato, dato che tale procedimento è previsto nel diritto ungherese, in determinati casi, qualora quest’ultimo non si presenti all’udienza. Dopo tale rinvio iniziale alla Corte, la Kúria (Corte suprema, Ungheria) ha statuito su un’impugnazione nell’interesse della legge presentata dal procuratore generale ungherese avverso la decisione di rinvio e ha dichiarato quest’ultima illegittima, senza tuttavia pregiudicarne gli effetti giuridici, per il motivo, in sostanza, che le questioni poste non erano rilevanti e necessarie ai fini della soluzione della controversia di cui trattasi. Sulla base degli stessi motivi sottesi alla decisione della Kúria (Corte suprema), un procedimento disciplinare, nel frattempo revocato, è stato avviato contro il giudice del rinvio. Nutrendo dubbi circa la conformità al diritto dell’Unione di un siffatto procedimento nonché della decisione della Kúria (Corte suprema) e circa l’impatto di quest’ultima sul prosieguo del procedimento penale principale, il giudice summenzionato ha presentato un’ulteriore domanda di pronuncia pregiudiziale al riguardo.

Giudizio della Corte:

In primo luogo, la Corte, riunita in Grande Sezione, dichiara che il sistema di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte, istituito dall’articolo 267 TFUE, osta a che un giudice supremo nazionale accerti, a seguito di un’impugnazione nell’interesse della legge, l’illegittimità di una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da un giudice di grado inferiore, senza pregiudicare gli effetti giuridici della decisione di rinvio, per il motivo che le questioni poste non sono rilevanti e necessarie ai fini della soluzione della controversia principale. Infatti, tale controllo di legittimità è simile al controllo della ricevibilità di una domanda di pronuncia pregiudiziale, per il quale la Corte è competente in via esclusiva. Inoltre, una simile constatazione di illegittimità è tale, da un lato, da indebolire l’autorità delle risposte che la Corte fornirà e, dall’altro, da limitare l’esercizio della competenza dei giudici nazionali a rivolgersi alla Corte in via pregiudiziale e, di conseguenza, è idonea a limitare la tutela giurisdizionale effettiva dei diritti che i singoli traggono dal diritto dell’Unione. In tali circostanze, il principio del primato del diritto dell’Unione impone al giudice di grado inferiore di disattendere la decisione del giudice supremo dello Stato membro interessato. Questa conclusione non è inficiata in alcun modo dal fatto che, successivamente, la Corte possa eventualmente dichiarare irricevibili le questioni pregiudiziali sollevate da detto giudice di grado inferiore.

In secondo luogo, la Corte dichiara che il diritto dell’Unione osta a un procedimento disciplinare avviato contro un giudice nazionale per aver adito la Corte in via pregiudiziale, in quanto la sola prospettiva di esservi esposto può pregiudicare il meccanismo previsto all’articolo 267 TFUE, nonché l’indipendenza del giudice, che è essenziale per il buon funzionamento di tale meccanismo. Inoltre, un siffatto procedimento è idoneo a dissuadere tutti i giudici nazionali dal presentare rinvii pregiudiziali, il che potrebbe compromettere l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione. Infine, in terzo luogo, la Corte esamina gli obblighi incombenti agli Stati membri, in forza della direttiva 2010/64, con riferimento all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali. In proposito, gli Stati membri devono adottare misure concrete che garantiscano, da un lato, che la qualità dell’interpretazione e delle traduzioni sia sufficiente affinché l’indagato o l’imputato comprenda l’accusa formulata a suo carico. L’istituzione di un registro di traduttori o di interpreti indipendenti costituisce, al riguardo, uno dei mezzi per il perseguimento di tale obiettivo. Dall’altro lato, le misure adottate dagli Stati membri devono consentire ai giudici nazionali di verificare la qualità sufficiente dell’interpretazione, affinché siano garantiti l’equità del procedimento e l’esercizio dei diritti della difesa. In esito a detta verifica, il giudice nazionale può concludere che, a causa di un’interpretazione inadeguata o dell’impossibilità di accertarne la qualità, una persona non è stata informata dell’accusa elevata a suo carico in una lingua ad essa comprensibile. In tali circostanze, le direttive 2010/64 e 2012/13, lette alla luce dei diritti della difesa, ai sensi dell’articolo 48, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, ostano a che il procedimento penale prosegua in contumacia.