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Anno XVII - n. 05 - Maggio 2025

  Giurisprudenza Civile delle Corti Supreme
  A cura di Anna Laura Rum



Per le Sezioni Unite, nel caso in cui lo scioglimento della comunione immobiliare si attui mediante attribuzione dell'intero al coniuge affidatario della prole, il valore dell'immobile oggetto di divisione non può risentire del diritto di godimento già assegnato allo stesso a titolo di casa coniugale.

Di Anna Laura Rum
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NOTA A CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE, SENTENZA 9 GIUGNO 2022, N. 18641

 

Per le Sezioni Unite, nel caso in cui lo scioglimento della comunione immobiliare si attui mediante attribuzione dell'intero al coniuge affidatario della prole, il valore dell'immobile oggetto di divisione non può risentire del diritto di godimento già assegnato allo stesso a titolo di casa coniugale.

 

Di ANNA LAURA RUM

 

 

Sommario: 1. I fatti di causa 2. Le argomentazioni delle Sezioni Unite 3. Il principio di diritto

 

  1. I fatti di causa

I fatti di causa vedono l’attore convenire in giudizio la convenuta, dalla quale era legalmente separato, per chiedere lo scioglimento della comunione legale esistente su un immobile.

La convenuta, affidataria della prole, si costituiva in giudizio opponendosi, in via principale, allo scioglimento della comunione immobiliare e che si procedesse alla divisione del compendio immobiliare previo accertamento del suo valore, che tenesse conto dell'assegnazione in suo favore dello stesso a titolo di casa coniugale, come disposta nel giudizio di separazione giudiziale, nonché considerando la coabitazione con lei delle figlie di minore età, che le erano state affidate.

Il Tribunale di primo grado rigettava l'opposizione avverso la domanda di divisione formulata in via principale dalla convenuta e, con separata ordinanza, rimetteva la causa sul ruolo per la sua prosecuzione in relazione alla sola domanda di scioglimento della comunione.

All'esito della conseguente istruzione probatoria, nel corso della quale veniva espletata c.t.u. estimativa, lo stesso Tribunale disponeva lo scioglimento della comunione legale fra le parti, attribuendo alla convenuta la proprietà esclusiva dell'anzidetto compendio immobiliare, determinando il conguaglio dovuto dalla stessa in favore dell'attore.

Proposto appello, il giudice di secondo grado concludeva - in consonanza con quello di prime cure - per la convinta adesione al principio secondo cui l'assegnazione del godimento della casa familiare non può essere considerata in occasione della divisione dell'immobile in comproprietà tra i coniugi al fine di determinare il valore di mercato del bene, qualora lo stesso venga attribuito al coniuge titolare del diritto al godimento quale casa coniugale, atteso che il provvedimento di assegnazione per quest'ultimo titolo viene adottato nell'esclusivo interesse dei figli e non del coniuge affidatario; diversamente, si realizzerebbe un'indebita locupletazione a suo favore, potendo egli, dopo la divisione, alienare il bene a terzi senza alcun vincolo e per il prezzo integrale, in relazione, cioè, al suo valore venale determinato dall'andamento del mercato immobiliare.

Avverso l'indicata sentenza di appello, è stato proposto ricorso per cassazione e la Seconda Sezione civile, cui è stata assegnata la trattazione, ravvisando un contrasto giurisprudenziale sulla questione, con ordinanza interlocutoria n. 28871/2021, ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni unite.

In particolare, la ricorrente, convenuta nel giudizio di primo grado, ha denunciato - ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. - la violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 337-sexies, comma 1, c.c., e 6, comma 6, della legge 1 0 dicembre 1970, n. 898, nonché degli artt. 1116, 720 e 726 c.c., oltre che dell'art. 3 Cost., sostenendo che l'assegnazione della casa familiare ad uno dei coniugi separati, che non sia di sua proprietà esclusiva, instaura un vincolo (opponibile anche ai terzi per nove anni e, in caso di trascrizione, senza limiti di tempo) che oggettivamente comporta una decurtazione del valore della proprietà, totalitaria o parziaria, di cui è titolare l'altro coniuge, il quale da quel vincolo rimane astretto, come i suoi aventi causa, fino a quando il provvedimento non sia eventualmente modificato, sicché nel giudizio di divisione (e, quindi, ai fini della determinazione del valore reale dell'immobile che ne forma l'oggetto) se ne deve tener conto indipendentemente dal fatto che il bene venga attribuito in piena proprietà all'uno o all'altro dei coniugi legalmente separati oppure venduto a terzi.

Nel dettaglio, la questione sottoposta all'esame delle Sezioni unite, da parte della Seconda Sezione civile è "se - in sede di divisione di un immobile in comproprietà di due coniugi legalmente separati già destinato a residenza familiare e, per tale ragione, assegnato, in sede di separazione, al coniuge affidatario della prole - occorra tenere conto della diminuzione del valore commerciale del cespite conseguente alla presenza sul medesimo del diritto di godimento del coniuge a cui è stata affidata la prole, pure nel caso in cui la divisione si realizzi mediante attribuzione a quest'ultimo della proprietà dell’intero immobile con conguaglio in favore del comproprietario e, quindi, determinandolo non in rapporto al valore venale dello stesso immobile, bensì in misura ridotta che tenga conto dell'incidenza della permanenza di tale vincolo, opponibile anche ai terzi".

Sul punto, la Seconda Sezione ha evidenziato che si sono formati due differenti indirizzi interpretativi dottrinal-giurisprudenziali: secondo un primo orientamento, condiviso dall'impugnata sentenza, l'assegnazione del godimento della casa familiare in sede di separazione personale o divorzio dei coniugi non dovrebbe essere considerata al fine della determinazione del valore di mercato del bene in sede di divisione dell'immobile in comproprietà tra i coniugi e ciò anche quando il bene venga attribuito al coniuge titolare del diritto al godimento sullo stesso, atteso che un tale diritto è attribuito nell'esclusivo interesse dei figli e non del coniuge affidatario sicché, decurtandone il valore dalla stima del cespite, si realizzerebbe un'indebita locupletazione a favore del medesimo coniuge affidatario, potendo egli, dopo la divisione, alienare il bene a terzi senza alcun vincolo e per il prezzo integrale.

Per altro orientamento, l'esistenza del vincolo derivante dall'assegnazione della casa coniugale e la sua opponibilità ai terzi determinerebbe una oggettiva contrazione del valore della proprietà, che si riflette sulla situazione dominicale del coniuge assegnatario e dei suoi aventi causa, fino a che detto provvedimento non sia modificato, con la conseguenza che nel giudizio di divisione si dovrebbe tener conto della portata di detto provvedimento in termini di incidenza sul valore del bene (anche, dunque, ai fini dei conguagli), e ciò indipendentemente dal fatto che il bene sia attribuito in piena proprietà all'uno o all'altro coniuge ovvero venduto a terzi.

 

  1. Le argomentazioni delle Sezioni Unite

Le Sezioni Unite, dopo una accurata analisi del contesto normativo di riferimento, osservano che in tema di separazione, l'assegnazione della casa coniugale non può costituire una misura assistenziale per il coniuge economicamente più debole, ma postula l'affidamento dei figli minori o la convivenza con i figli maggiorenni non ancora autosufficienti, mentre ogni questione relativa al diritto di proprietà di uno dei coniugi o al diritto di abitazione sull'immobile esula dalla competenza funzionale del giudice della separazione e va proposta con il giudizio di cognizione ordinaria.

Dunque, per il Collegio, quando la divisione ha per oggetto un bene immobile sul quale insiste il diritto di assegnazione della casa coniugale, i possibili esiti delle operazioni divisionali sono quelli tipici di una qualsiasi

comunione.

In punto di natura del diritto di assegnazione della casa coniugale, le Sezioni Unite affermano che si tratti di un diritto di godimento sui generis, ossia originato dal provvedimento di assegnazione e non definibile come diritto reale o semplice vincolo di destinazione.

Per quanto riguarda il regime della trascrizione, poi, si afferma che la mancata trascrizione del provvedimento di assegnazione della casa familiare esclude l'opponibilità del vincolo, oltre il periodo di nove anni dall'assegnazione, al terzo che abbia successivamente acquistato l'immobile dal coniuge che ne era proprietario, senza che assuma alcun rilievo la circostanza che il titolo di acquisto del terzo contenga l'indicazione specifica dell'esistenza del diritto del coniuge assegnatario.

Giungendo alla risoluzione del contrasto, le Sezioni unite affermano che deve essere condiviso l'indirizzo giurisprudenziale secondo il quale, nel caso in cui lo scioglimento della comunione immobiliare si attui mediante attribuzione dell'intero al coniuge affidatario della prole, il valore dell'immobile oggetto di divisione non può risentire del diritto di godimento già assegnato allo stesso a titolo di casa  coniugale, poiché esso viene ad essere assorbito o a confondersi con la proprietà attribuitagli per intero, con la conseguenza che, ai fini della determinazione del conguaglio in favore dell'altro coniuge, bisognerà porre riferimento, in proporzione alla quota di cui era comproprietario, al valore venale dell'immobile attribuito in proprietà esclusiva all'altro coniuge, risultando, a tal fine, irrilevante la circostanza che nell'immobile stesso continuino a vivere i figli minori o non ancora autosufficienti rimasti affidati allo stesso coniuge divenutone proprietario esclusivo, in quanto il relativo aspetto continua a rientrare nell'ambito dei complessivi e reciproci obblighi di mantenimento della prole da regolamentare nella sede propria, con la eventuale modificazione in proposito dell'assegno di mantenimento.

Il Collegio, ancora, ritiene incontestabile la sussistenza di una completa autonomia tra l'istituto dell'assegnazione della casa coniugale e quello della divisione dell'immobile adibito a tale destinazione conseguente allo scioglimento della comunione: il provvedimento di assegnazione trova fondamento in presupposti del tutto autonomi dal titolo dominicale che lega i coniugi all'immobile adibito a casa familiare e, in virtù della sua riconosciuta opponibilità per effetto della trascrizione (già prevista dall'art. 155-quater c.c. e ora dal vigente art. 337-sexies, comma 1, c.c.), il relativo vincolo continua ad insistere sul bene anche qualora quest'ultimo venga alienato a terzi.

Si aggiunge che, in base alla disciplina generale in tema di scioglimento della comunione immobiliare, ove trattasi di immobile non divisibile (art. 720 c.c.) e si proceda all'attribuzione dell'intero bene a uno dei comproprietari, scatta quale applicazione della relativa regola generale - il conseguente obbligo di corresponsione a favore dell'altro della quota di conguaglio; in tal caso, ovvero qualora il bene venga attribuito in proprietà esclusiva al coniuge che già ne godeva come casa coniugale, verrà a prodursi l'effetto della concentrazione in capo allo stesso coniuge di tale diritto di godimento e del diritto dominicale sull'intero immobile, che permane privo di vincoli, con la conseguenza che il primo, già derivante dal provvedimento di assegnazione giudiziale, risulterà assorbito dall'acquisito diritto in proprietà esclusiva dell'immobile stesso, il quale, secondo  le Sezioni Unite, ne determinerà l'estinzione.

Inoltre, le Sezioni Unite affermano che l'attribuzione dell'immobile adibito a casa familiare in proprietà esclusiva dell'assegnatario in sede di divisione configura una causa automatica di estinzione del diritto di godimento con tale destinazione, che comporta il conferimento allo stesso immobile di un valore economico pieno corrispondente a quello venale di mercato: pertanto, così come avviene per le altre ipotesi in cui l'estinzione del diritto di abitazione dipende da un fatto giuridico (ad es. la morte del destinatario del provvedimento di assegnazione), anche in tale ipotesi la segnalazione pubblicitaria destinata a certificare l'avvenuta estinzione del vincolo ben potrà essere eseguita sulla scorta di un atto ricognitivo del già titolare del diritto di godimento, divenuto poi esclusivo proprietario dell'immobile (non ritenendosi necessaria in proposito una pronuncia giudiziale, la quale, in ogni caso, non potrebbe che sostanziarsi in una sentenza di accertamento del venir meno degli effetti della trascrizione conseguente alla cessazione del vincolo).

In definitiva, il Collegio è netto nel dire che l'immobile attribuito in proprietà esclusiva al coniuge già assegnatario quale casa coniugale non può considerarsi decurtato di alcuna utilità, posto che la qualità di titolare del diritto dominicale e quella di titolare del diritto di godimento vengono a coincidere: non si configura, in altri termini, alcun diritto altrui che limiti le facoltà di godimento del coniuge attributario dell'intero - e già assegnatario in quanto affidatario della prole - e sia, perciò, idoneo a comportare la diminuzione del valore di mercato del bene.

Per la Corte di Cassazione, in conclusione, riconoscere al coniuge attributario dell'immobile per intero una decurtazione del conguaglio dovuto all'altro coniuge già comproprietario, in virtù del diritto di godimento già riconosciutogli con l'assegnazione, costituirebbe un suo ingiustificato arricchimento, in quanto egli si troverebbe come più volte posto in risalto - ad essere titolare di un bene non gravato da alcun diritto altrui, in virtù della produzione del suddetto effetto estintivo.

Di contro, si osserva, nell'ipotesi in cui la comunione immobiliare venga sciolta a seguito della divisione giudiziale con l'attribuzione dell'immobile in proprietà esclusiva a favore del coniuge non assegnatario dello stesso quale casa coniugale (e non affidatario della prole), quest'ultimo si troverà in una situazione comparabile a quella del terzo acquirente dell'intero (a seguito di aggiudicazione in esito al procedimento divisionale, con le relative valutazioni del caso ad opera dell'ausiliario tecnico del giudice), ovvero diventerà titolare di un diritto di proprietà il cui valore dovrà essere decurtato dalla limitazione delle facoltà di godimento da correlare all'assegnazione dell'immobile al coniuge affidatario della prole, permanendo il relativo vincolo sullo stesso con i relativi effetti pregiudizievoli derivanti anche dalla sua trascrizione ed opponibilità ai terzi ai sensi dell'art. 2643 c.c. .

Ne deriva, per le Sezioni Unite, una soluzione differenziata del valore dell'immobile, a seconda che il medesimo sia assegnato in proprietà esclusiva al coniuge che (per essere residente con i figli o affidatario degli stessi) aveva su di esso il diritto di cui al citato art. 337-sexies, comma 1, c.c. (già art. 115-quater c.c.) ovvero, in alternativa, sia trasferito in proprietà per l'intero all'altro coniuge, o venduto ad un terzo, posto che, in questi due ultimi casi, il diritto di godimento in capo all'altro coniuge continua a sussistere.

 

  1. Il principio di diritto

Le Sezioni Unite, in definitiva, con la sentenza n. 18641/2022, affermano il seguente principio di diritto: “nel caso in cui lo scioglimento della comunione immobiliare si attui mediante attribuzione dell'intero al coniuge affidatario della prole, il valore dell'immobile oggetto di divisione non può risentire del diritto di godimento già assegnato allo stesso a titolo di casa  coniugale, poiché esso viene ad essere assorbito o a confondersi con la proprietà attribuitagli per intero, con la conseguenza che, ai fini della determinazione del conguaglio in favore dell'altro coniuge, bisognerà porre riferimento, in proporzione alla quota di cui era comproprietario, al valore venale dell'immobile attribuito in proprietà esclusiva all'altro coniuge, risultando, a tal fine, irrilevante la circostanza che nell'immobile stesso continuino a vivere i figli minori o non ancora autosufficienti rimasti affidati allo stesso coniuge divenutone proprietario esclusivo, in quanto il relativo aspetto continua a rientrare nell'ambito dei complessivi e reciproci obblighi di mantenimento della prole da regolamentare nella sede propria, con la eventuale modificazione in proposito dell'assegno di mantenimento”.