Ultimissime

Rimborso delle spese legali per gli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria in relazione al procedimento disciplinare davanti alla commissione di disciplina.
Consiglio di Stato, Sez. II, sent. del 4 maggio 2020, n. 2841.
L’art. 18, d.l. 25 marzo 1997, n. 67, convertito nella l. 23 maggio 1997, n. 135, che prevede il rimborso delle “spese legali relative a giudizi per responsabilità civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali” non è applicabile al procedimento davanti alla commissione di disciplina, previsto dagli artt. 16 e ss. delle Disposizioni di attuazione del codice di procedura penale per gli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, trattandosi di procedimento di natura disciplinare (1).
E’ manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 18, d.l. 25 marzo 1997, n. 67, convertito nella l. 23 maggio 1997, n. 135, per la mancata previsione del rimborso delle spese sostenute per la difesa anche nel procedimento davanti alla commissione di disciplina, di cui agli artt. 16 e segg. delle Disposizioni di attuazione del codice di procedura penale in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., rientrando la disciplina del rimborso delle spese legali nella discrezionalità del legislatore, che deve contemperare la tutela dei dipendenti pubblici con le esigenze dei limiti della spesa pubblica, e non essendo il procedimento disciplinare soggetto alla medesima tutela costituzionale dei procedimenti giurisdizionali ma al rispetto del nucleo essenziale del principio del contraddittorio (2).
(1) Ha ricordato la Sezione che l’art. 18, d.l. 25 marzo 1997, n. 67, convertito nella l. 23 maggio 1997, n. 135, si interpreta nel senso che la spettanza del rimborso è subordinata ad una duplice condizione “a) l'esistenza di un giudizio, promosso nei confronti del dipendente, conclusosi con un provvedimento che abbia definitivamente escluso la sua responsabilità; b) la sussistenza di un nesso tra gli atti e i fatti ascritti al dipendente e l'espletamento del servizio e l'assolvimento degli obblighi istituzionali”.
Il “giudizio” in base alla lettera della legge non può, dunque, che essere ricondotto ad un procedimento giurisdizionale, civile, penale, o davanti alla Corte dei Conti.
Trattandosi del riconoscimento di un beneficio di carattere economico a carico dell’erario previsto dal legislatore per i dipendenti pubblici, la relativa disciplina non può essere estesa in via analogica ad altre fattispecie e a differenti presupposti.
Le disposizioni dell’art. 18, d.l. n. 67 del 1997 e le analoghe disposizioni previste per gli enti locali non sono suscettibili di interpretazione analogica, né estensiva, trattandosi di “materia disciplinante, secondo parametri di rigore e tassatività, le modalità ed i presupposti sostanziali di impiego di denaro pubblico” (cfr. Cass. civ., sez. III, 25 settembre 2014, n. 20193 con riguardo al rimborso delle spese di un procedimento penale richiesto da un assessore comunale, non legato da un rapporto organico di dipendenza con l’ente).
(2) La Sezione ha escluso che siano configurabili profili di incostituzionalità della norma.
Con riferimento all’art. 24 Cost. è evidente che non sussiste alcuna violazione di tale disposizione, trattandosi di un procedimento disciplinare amministrativo non integralmente coperto da tale norma a tutela del diritto di difesa nei procedimenti giurisdizionali.
La Corte costituzionale ha, infatti, affermato che la garanzia costituzionale del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost. si dispiega nella sua pienezza solo rispetto ai procedimenti giurisdizionali, e non può, quindi, essere invocata in materia di procedimento disciplinare che, viceversa, ha natura amministrativa e sfocia in un provvedimento non giurisdizionale, rispetto ai quali si riflette in maniera attenuata con il rispetto delle norme che regolano il procedimento amministrativo relative alla imparzialità, alla trasparenza e alla partecipazione (sentenze n. 505 del 14 dicembre 1995; n. 460 del 3 novembre 2000).
In particolare, nei procedimenti disciplinari che possono concludersi con sanzioni afflittive delle condizioni di vita della persona, incidendo in maniera determinante sulla sfera lavorativa delle stessa, si richiede il rispetto delle garanzie procedurali per la contestazione degli addebiti e per la partecipazione dell'interessato al procedimento, in quanto, in base ai principi che ispirano la disciplina del “patrimonio costituzionale comune” relativo al procedimento amministrativo, desumibili dagli obblighi internazionali (art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali), dall’ordinamento comunitario (art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea) e dalla legislazione nazionale (legge n. 241 del 1990), vanno garantiti all'interessato alcuni essenziali strumenti di difesa, quali la conoscenza degli atti che lo riguardano, la partecipazione alla formazione dei medesimi e la facoltà di contestarne il fondamento e di difendersi dagli addebiti (sentenza n. 182 del 30 maggio 2008, che ha escluso la violazione dell’art. 24 della Costituzione per la mancata previsione della possibilità di nominare quale difensore un avvocato nei procedimenti disciplinari degli appartenenti all’amministrazione di pubblica sicurezza, in quanto, “anche se il legislatore potrebbe nella sua discrezionalità prevederla seguendo un modello di più elevata garanzia… la norma consente all'inquisito di partecipare al procedimento e di difendere le proprie ragioni”).
Con particolare riferimento al procedimento disciplinare relativo ai dipendenti delle forze armate, la Corte ha affermato che il diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost. non si estende, nel suo pieno contenuto, oltre la sfera della giurisdizione sino a coprire ogni procedimento contenzioso di natura amministrativa, nel quale tuttavia deve essere salvaguardata “una possibilità di contraddittorio” che garantisca il nucleo essenziale di valori inerenti ai diritti inviolabili della persona quando possono derivare per essa sanzioni che incidono su beni, quale il mantenimento del rapporto di servizio o di lavoro, che hanno rilievo costituzionale (sentenza n. 356 del 24 luglio 1995).
Rispetto a tale consolidata giurisprudenza costituzionale - che ha ricondotto il diritto di difesa, nell’ambito dei procedimenti disciplinari amministrativi, al nucleo essenziale del rispetto del principio del contraddittorio, tramite la previa contestazione degli addebiti e la possibilità di partecipazione al procedimento - non può quindi ritenersi che dall’art. 24 Cost. discenda un vincolo per il legislatore di assicurare per i dipendenti pubblici sottoposti ad un procedimento disciplinare, pur se connotato da alcuni risvolti peculiari, quale quello previsto dalle Disp. att. c.p.p. in relazione alla specialità delle funzioni svolte, la medesima disciplina, oltretutto di carattere economico, prevista per i procedimenti giurisdizionali.
Quanto alla lamentata irragionevolezza, la scelta di ampliare il beneficio del rimborso delle spese legali anche al di fuori delle ipotesi già previste dalla legge appartiene evidentemente alla discrezionalità del legislatore, che nel caso di specie, non si può ritenere essere stata esercitata in maniera manifestamente illogica o irragionevole, tenuto conto della diversa natura del procedimento giurisdizionale rispetto a quello disciplinare e della esigenza di contemperare la tutela dei dipendenti pubblici con quelle generali dei limiti della spesa pubblica (cfr. Cass. civ. Sez. Unite, 6 luglio 2015, n. 13861, che con riferimento alla disciplina dell’art. 18, d.l. n. 67 del 1997 e alla compatibilità costituzionale del giudizio di congruità da parte dell’Avvocatura dello Stato, ha richiamato il “dovere del legislatore di tener conto delle esigenze di finanza pubblica, che impongono di non far carico all'erario di oneri eccedenti quanto è necessario, e al contempo sufficiente, per soddisfare gli interessi generali e i doveri giuridici che presidiano l'istituto del rimborso spese”).