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Anno XVI - n. 04 - Aprile 2024

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Rapporto tra trattamento sanitario obbligatorio e obbligo di vaccinazione.

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Tar Calabria - Catanzaro, Sez. I, sent. del 15 settembre 2015 n. 1462.

Se è vero che il «confine tra le terapie ammesse e terapie non ammesse, sulla base delle acquisizioni scientifiche e sperimentali, è determinazione che investe direttamente e necessariamente i principi fondamentali della materia» (Corte cost. 12 luglio 2017, n. 169), a maggior ragione, e anche per ragioni di eguaglianza, deve essere riservato allo Stato - ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost. - il compito di qualificare come obbligatorio un determinato trattamento sanitario, sulla base dei dati e delle conoscenze medico-scientifiche disponibili.

L’insegnamento continuamente ribadito (Corte cost. 22 giugno1990, n. 307; Corte cost. 23 giugno 1994, n. 258; Corte cost. 18 gennaio 2018, n. 5) è nel senso che la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l'art. 32 Cost.: se il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri; se si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiano normali e, pertanto, tollerabili; e se, nell'ipotesi di danno ulteriore, sia prevista comunque la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato, e ciò a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria.

I valori costituzionali coinvolti nella problematica delle vaccinazioni, come si vede, sono molteplici e il loro contemperamento è compito del legislatore, il quale ha discrezionalità nella scelta delle modalità attraverso le quali assicurare una prevenzione efficace dalle malattie infettive, potendo egli selezionare talora la tecnica della raccomandazione, talaltra quella dell'obbligo, nonché, nel secondo caso, calibrare variamente le misure, anche sanzionatorie, volte a garantire l'effettività dell'obbligo.

Questa discrezionalità deve essere esercitata alla luce delle diverse condizioni sanitarie ed epidemiologiche, accertate dalle autorità preposte (Corte cost. 14 dicembre 2017, n. 268), e delle acquisizioni, sempre in evoluzione, della ricerca medica, che debbono guidare il legislatore nell'esercizio delle sue scelte in materia (Corte cost. 25 giugno 2002, n. 282).

Dunque, le vaccinazioni obbligatorie, così come tutti i trattamenti sanitari, sono coperti di riserva statale, che, a sua volta, è connessa al principio di eguaglianza previsto dall'art. 3 Cost. (Corte cost., 6 giugno 2019, n. 137).

Infatti, il diritto della persona di essere curata efficacemente, secondo i canoni della scienza e dell'arte medica, e di essere rispettata nella propria integrità fisica e psichica (Corte cost. 26 giugno 2002, n. 282; Corte cost. 14 novembre 2003, n. 338; Corte cost. 12 luglio 2017, n. 169) deve essere garantito in condizione di eguaglianza in tutto il paese, attraverso una legislazione generale dello Stato basata sugli indirizzi condivisi dalla comunità scientifica nazionale e internazionale. Tale principio vale non solo per le scelte dirette a limitare o a vietare determinate terapie o trattamenti sanitari, ma anche per l'imposizione di altri. Se è vero che il «confine tra le terapie ammesse e terapie non ammesse, sulla base delle acquisizioni scientifiche e sperimentali, è determinazione che investe direttamente e necessariamente i principi fondamentali della materia» (Corte cost. 12 luglio 2017, n. 169), a maggior ragione, e anche per ragioni di eguaglianza, deve essere riservato allo Stato - ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost. - il compito di qualificare come obbligatorio un determinato trattamento sanitario, sulla base dei dati e delle conoscenze medico-scientifiche disponibili.