ISSN 2039 - 6937  Registrata presso il Tribunale di Catania
Anno XVI - n. 04 - Aprile 2024

  Unione Europea



Osservatorio sulla Giurisprudenza dell'Unione Europea aggiornato al 31 ottobre 2016. A cura di Maria Novella Massetani

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  • Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella causa C – 182 / 15 Aleksei Petruhhin

    La fattispecie in questione riguarda la vicenda di un cittadino estone, arrestato in Lettonia e posto in custodia cautelare. La Russia ha, quindi, presentato alle autorità lettoni una domanda di estradizione.

    Il procuratore lettone ha autorizzato l’estradizione in Russia. L’interessato ha chiesto l’annullamento della decisione, affermando che, in virtù di un accordo sull’assistenza giudiziaria e sui rapporti giudiziari tra paesi baltici, egli godeva in Lettonia degli stessi diritti di un cittadino lettone: il diritto lettone proibisce l’estradizione dei cittadini nazionali.

    La Corte di Giustizia, investita della questione, ha asserito che il cittadino in questione recandosi in Lettonia si è avvalso, in qualità di cittadino dell’Unione Europea, del diritto di circolare liberamente nell’Unione, in tal modo la sua situazione rientra nel campo di applicazione dei trattati e del principio di non discriminazione in base alla cittadinanza. Le disposizioni nazionali in materia di estradizione prevedono una differenza di trattamento a seconda che il soggetto interessato sia un cittadino nazionale o di un altro Stato membro. In tal modo tali norme rischiano di pregiudicare la libertà dei cittadini di un altro Stato membro di circolare nell’Unione e costituiscono, quindi, una limitazione della libertà di circolazione. Tale restrizione può essere giustificata solo se è basata su circostanze oggettive e se proporzionata ad un obiettivo perseguito dalla normativa nazionale. 

    L’estradizione è una procedura che consente di evitare che reati commessi nel territorio di uno Stato da persone fuggite da tale territorio rimangono impuniti. La finalità dell’estradizione consiste nella lotta contro l’impunità di un soggetto che si trovi in un territorio diverso da quello in cui ha commesso il reato. In assenza di norme comunitarie in materia occorre attuare tutti i meccanismi di cooperazione e di assistenza reciproca. E’ necessario privilegiare lo scambio di informazioni con lo Stato membro di cui l’interessato ha la cittadinanza al fine di fornire alle autorità di tale Stato membro, purché siano competenti in base al loro diritto nazionale a perseguire tale persona per fatti commessi fuori dal loro territorio, l’opportunità di emettere un mandato d’arresto europeo ai fini dell’esercizio dell’azione penale. 

    La Corte di Giustizia afferma che nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio fondato di essere sottoposto alla pena di morte, tortura o trattamenti inumani. Ne consegue che, quando l’autorità competente dello Stato membro richiesto dispone di elementi che attestano un rischio concreto di trattamento degradante delle persone nello Stato terzo interessato, essa è tenuta a valutare la sussistenza di tale rischio in sede di esame della domanda di estradizione. L’autorità competenti dello Stato membro deve fondarsi su circostanze oggettive, attendibili, precise. Tali elementi possono derivare da decisioni giudiziarie internazionali, dello Stato membro interessato, nonché da documenti del Consiglio d’Europa.

  • Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella causa C – 121 / 15 Association nationale des operateus detaillants en energie (ANOUDE) / Premier ministre e a.

    Nella fattispecie la Corte si occupa del caso della contestazione promossa dall’associazione nazionale di operatori di gas naturale nei confronti dell’intervento delle autorità francesi sul prezzo della fornitura di gas naturale perché in violazione della direttiva sul mercato interno del gas naturale, come interpretata dalla Corte di Giustizia. 

    In Francia le autorità impongono all’operatore di gas naturale e alle imprese locali di produrre gas naturale a tariffe regolamentate per categorie di consumatori. Allo stesso tempo i fornitori di gas naturale hanno la possibilità di proporre la fornitura a prezzi inferiori rispetto alle tariffe regolamentate. 

    La Corte di Giustizia afferma che la direttiva in materia, 2009/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009, mira alla libera determinazione del prezzo della fornitura del gas naturale dal gioco della domanda e dell’offerta. Nel caso di specie le tariffe sono il risultato di una determinazione effettuata sulla base di criteri imposti dalle autorità pubbliche. Una tale regolamentazione costituisce un ostacolo alla realizzazione di un mercato del gas naturale concorrenziale. 

    Nella sentenza della Corte del 20 aprile 2010 i giudici hanno enunciato che gli Stati membri possono intervenire nella determinazione del prezzo di fornitura del gas al consumatore a condizione che tale intervento persegua un interesse economico generale, sia proporzionato e preveda obblighi di servizio pubblico definiti, trasparenti e non discriminatori.    

  • Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nelle cause C - 165 / 14 e C- 304 / 14 Alfredo Rendon Marin / Administration del Estado Secretary of State for the home Department / CS

    La fattispecie che ha dato origine alla pronuncia della Corte di Giustizia prende inizio dal caso di due cittadini di paesi non appartenenti all’Unione europea che hanno ricevuto il diniego di permesso di soggiorno e una espulsione da parte dello Stato membri ospitante di cui hanno la nazionalità i loro figli minorenni, i quali hanno, pertanto, cittadinanza dell’Unione.

    La Corte Europea afferma che il diritto comunitario osta a una normativa nazionale, che in modo automatico, nega il rilascio di un permesso di soggiorno o infligge l’espulsione a un cittadino di un paese non UE che ha l’affidamento esclusivo di un cittadino minorenni dell’Unione Europea per il solo motivo che tale cittadino non UE ha precedenti penali, qualora tale diniego o tale espulsione costringa il minore a lasciare il territorio comunitario.  

    La direttiva, 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004, si applica ai cittadini comunitari e i loro familiari che si recano o soggiornano in uno Stato membro diverso da quello di cui di cui hanno la cittadinanza. La Corte indica che il Trattato conferisce a chiunque possegga la cittadinanza di uno Stato membro lo status di cittadino dell’Unione europea. Perciò ciascun cittadino dell’Unione ha diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. Il Trattato osta a qualsiasi provvedimento nazionale che abbia l’effetto di privare i cittadini dell’Unione europea del godimento effettivo dei diritti attribuiti dal loro status di cittadini comunitari. Lo status di cittadino dell’Unione europea non incide sulla possibilità per gli Stati membri di giustificare una deroga al diritto di soggiorno dei cittadini dell’UE o dei suoi familiari per motivi di pubblica sicurezza e di ordine pubblico. Tale deroga deve rispettare il principio di proporzionalità e basarsi su un atteggiamento personale del soggetto interessato, allo scopo di verificare se egli rappresenti una minaccia effettiva, attuale e sufficientemente grave per la società dello Stato membro ospitante. In casi eccezionali lo Stato membro può adottare una misura di espulsione invocando l’eccezione connessa al mantenimento dell’ordine pubblico e alla salvaguardia della pubblica sicurezza, fermo restando che tali nozioni devono essere interpretate restrittivamente. 

  • Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella causa C – 601 / 14 Commissione europea / Repubblica Italiana

    La Corte di Giustizia è stata chiamata a pronunciarsi sul principio dell’equo indennizzo. In Italia alcune leggi speciali prevedono a favore delle vittime di alcuni reati dolosi violenti un indennizzo a carico dello Stato. In seguito alla trasposizione della direttiva, 2004/80/CE del Consiglio del 29 aprile 2004, in Italia tali disposizioni sono destinate ad applicarsi anche alle situazioni transfrontaliere. 

    Secondo la direttiva le vittime di reati dolosi violenti dovrebbero avere il diritto di ottenere un indennizzo adeguato per le lesioni subite, indipendentemente dal luogo dell’Unione europea in cui il reato è stato commesso. 

    La Commissione ha promosso un ricorso per inadempimento contro l’Italia poiché non ha realizzato un sistema generale d’indennizzo in grado di coprire tutte le tipologie di reati dolosi violenti nelle situazioni transfrontaliere, violando in tal modo il diritto comunitario. 

    La Corte di Giustizia interpellata evidenzia che il sistema di cooperazione istituito dalla direttiva richiede il rispetto del principio di non discriminazione sulla base della cittadinanza per quanto riguarda l’accesso all’indennizzo delle vittime di reati nelle situazioni transfrontaliere. La direttiva impone, altresì, ad ogni Stato membro di adottare, al fine di tutelare la libera circolazione delle persone, un sistema nazionale che garantisca un livello minimo di indennizzo equo e adeguato per le vittime di qualsiasi reato doloso violento commesso nel suo territorio. I giudici concludono che l’Italia non ha trasposto correttamente tale direttiva, non avendo adottato tutte le misure indispensabili per garantire l’esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di qualsiasi reato doloso violento commesso sul proprio territorio.

  • Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella causa C – 590 / 14 Dimosia Epicheirisi Ilektrismou AE (DEI) / Alouminion tis Ellados VEAE

    Una compagnia pubblica greca che fornisce energia elettrica ha concluso con un’altra società greca specializzata in produzione di alluminio un contratto con cui veniva accordata una tariffa agevolata per la fornitura di energia elettrica. La Commissione ha ritenuto che tale tariffa costituisse un aiuto di Stato. 

    La Corte di Giustizia, investita della questione, afferma che la proroga del periodo di validità di un aiuto esistente deve essere considerata come una modifica di un aiuto esistente e costituisce, quindi, un aiuto nuovo. I giudici nazionali devono garantire il rispetto del diritto dell’Unione relativo agli aiuti di Stato e sono soggetti ad un obbligo di leale cooperazione con le istituzioni comunitarie. La Corte conclude che un giudice nazionale cui venga sottoposta una controversia vertente su un contratto deve notificare alla Commissione tutte le misure che incidono sull’interpretazione e sull’esecuzione del contratto e che possono incidere sul funzionamento del mercato interno, sul gioco della concorrenza o sulla durata effettiva durante un periodo determinato, di aiuti esistenti.