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Fatturazione a 28 giorni: poteri conformativi ripristinatori ed indennitari dell’Agcom.
Consiglio di Stato, Sez. VI, sent. del 7 febbraio 2020, n. 987.
E’ legittima l’applicazione di un indennizzo, da parte della Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, anche senza previa diffida, a fronte della scelta degli principali operatori di telefonia di fatturare i servizi erogati con cadenza a 28 giorni, anziché con cadenza mensile (1).
L’art. 2, comma 20, lett. d), l. n. 481 del 1995 assegna all’Autorità per far cessare comportamenti lesivi dei diritti degli utenti, se del caso imponendo all’operatore, che li commetta, l’obbligo di corrispondere loro un indennizzo ai sensi del precedente comma 12, lett. g), che può esser anche automatico.L’indennizzo o indennità è termine riferito normalmente a prestazioni pecuniarie che ricorrono, in diritto civile, in situazioni molto diverse fra loro; in diritto amministrativo, si ricollega di solito o perlopiù all’adozione di un provvedimento amministrativo che incida sulla sfera patrimoniale di un privato (come nel caso dell’espropriazione). L’indennità si distingue dal risarcimento (collegato ad un danno ingiusto), in quanto essa dipende solo da un fatto di arricchimento a scapito di altri che si deve eliminare, senza alcuna indagine sull’ingiustizia del danno (spettante all’AGO: arg. ex Cass., sez. un., 29 agosto 2008 n. 21934, di norma senza pregiudizio per i poteri inibitori o conformativi spettanti alle ANR). Il danno è una lesione di un bene protetto, mentre il fatto genetico dell’obbligo restitutorio di natura indennitaria è la perdita o limitazione della sfera giuridico-patrimoniale altrui in correlazione ad un trasferimento forzoso od alla nascita di un diritto in capo ad altri che l’ordinamento vuole riequilibrare. L’indennizzo ha una funzione di corrispettività o di carattere sostitutivo del bene che è stato trasferito.
Nel caso di specie, l’erogazione gratuita della prestazione (di natura lato sensu indennitaria) sostituisce la somma di danaro che è stata prelevata dalla generalità degli utenti con il sistema di fatturazione a 28 giorni.
Da queste coordinate generali deriva l’individuazione dell’esatta natura del potere esercitato, che è un potere conformativo di natura lato sensu indennitaria e non certo un potere sanzionatorio.
Va altresì rilevato che la giurisprudenza da tempo ha riconosciuto alle Autorità indipendenti, per la loro collocazione istituzionale, dei poteri impliciti, da esercitarsi in relazione agli scopi stabiliti dalla legge.
In conclusione, in base all’art. 2, comma 20, lett. d), l’AGCOM non ha esercitato un vero e proprio potere sanzionatorio, ma ha attivato il rimedio generale posto dalla legge (dunque, tutt’altro che privo di base normativa) sull’ordinamento delle Autorità di regolazione. Tal rimedio indennitario, infatti e che per sua natura s’attaglia alla situazione cui intende por soluzione, appunto per questo sfugge al principio di tipicità proprio delle sanzioni. Ma non per ciò solo non risponde al fine generale dell’istituzione delle ANR e, in particolare, trova il suo fondamento nella necessità di assicurare, insieme con la promozione della concorrenza e con definizione di sistemi tariffari certi, trasparenti e basati su criteri predefiniti per i servizi erogati, la tutela degli interessi di utenti e consumatori. L’indennizzo, quindi e proprio perché in base alla delibera n. 114/2017/CONS non s’atteggia più a mero rimborso, contempera le esigenze di ripristino della fatturazione a cadenza mensile (il termine per il cui adempimento servendo a risolvere i problemi operativi di tal ripristino nei sistemi interni degli operatori di telefonia) con la refusione dei disagi subiti dagli utenti.
L’appellante adombra la necessità della previa diffida ai fini dell’imposizione dell’indennizzo, ma tal dicotomia temporale, non necessaria nella misura lato sensu ripristinatoria assunta da AGCOM, neppure si ravvisa nella legge. Questa, piuttosto, tende a unificare la regolazione del corretto modus agendi degli operatori con le misure di tutela consumeristica, giacché il ripristino dello statu quo ante consta anche della riparazione degli effetti pregiudizievoli: tutto ciò ad un unico fine, ossia al fine d’evitare che la scelta unilaterale degli operatori di telefonia (sul piano della trasparenza, della conoscibilità dei costi del servizio, della buona fede contrattuale e del buon andamento del servizio) incida senza controllo sulla sfera giuridica degli utenti. Questi ultimi, in mercati regolati come quello in esame, sono soggetti che tengono condotte di c.d. “apatia” solo in apparenza razionale, cioè soggetti di minorata difesa: l’attivazione, da parte degli utenti, di meccanismi ordinari di controllo comporterebbe effetti disfunzionali sul piano sia dell’andamento molecolare del contenzioso, sia dell’ingolfamento del sistema giudiziario, sia sul piano della rinuncia alla tutela da parte dei soggetti c.d. apatici.
Si tratta della c.d. tutela amministrativa dei diritti o public enforcement, un campo indispensabile di intervento delle Autorità di regolazione nella moderna realtà dei mercati, a fronte delle difficoltà dell’ordinaria risposta giudiziaria (basata sull’innesco di un contenzioso pulviscolare) a rispondere alle problematiche poste dall’economia di massa.
Ciò serve ad assicurare un’effettiva e concreta tutela a favore degli utenti, quali soggetti deboli del rapporto negoziale (e senza più necessità, dunque, d’una loro istanza di “rimborso”) e per dissuadere (su un piano general preventivo) gli operatori da condotte illegittime e pregiudizievoli.
L’indennizzo quindi non impone a questi ultimi alcuna erogazione patrimoniale né in denaro, né in servizi, né in alcunché d’altro che non sia, da un lato, il mero riallineamento (ovviamente, d’ufficio) della cadenza mensile di fatturazione e, dall’altro, il conseguente conguaglio (sempre d’ufficio) per il disallineamento cagionato da una fatturazione a cadenza diversa.