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Anno XVII - n. 05 - Maggio 2025

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Il Consiglio di Stato si esprime sull'affidamento diretto ai sensi del decreto semplificazioni.

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Consiglio di Stato, Sez. V, sent. del 15 febbraio 2022 n. 1108

Al riguardo, deve anzitutto evidenziarsi che il ricordato decreto legge n. 76 del 2020, in forza delle cui disposizioni è avvenuto l’affidamento contestato, ha introdotto una disciplina emergenziale, temporanea (in quanto applicabile agli affidamenti la cui determina a contrarre o altro atto di avvio del procedimento siano adottati entro il 31 luglio 2021, termine da ultimo poi prolungato fino al 30 giugno 2023, in forza dell'art. 51 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77) e derogatoria del Codice dei Contratti pubblici, prevedendo per appalti di modico valore forme procedurali semplificate e più “snelle” al fine di addivenire ad affidamenti in tempi rapidi, fermo il rispetto dei principi di cui all’art. 30 del d.lgs. n. 50/2016; ciò sul presupposto che l'efficacia della spesa pubblica, specie in caso di maggiore rapidità della sua erogazione, possa rappresentare, in una congiuntura di particolare crisi economica, una forma di volano dell'economia.

In particolare, per quanto di interesse, il c.d. Decreto semplificazioni ha previsto la possibilità di utilizzare la procedura dell’affidamento diretto - che il codice riserva invece ai soli affidamenti sotto soglia fino ad euro 40.000,00 - ad affidamenti fino a €. 150.000,00 per i lavori e fino alle soglie di legge (art. 35 del d.lgs. n. 50 del 2016) per servizi e forniture.

Il ricorso a tale procedura semplificata non presuppone una particolare motivazione né l’esperimento di indagini di mercato o di consultazioni di operatori economici (infatti non è neppure previsto l’obbligo di richiedere preventivi).

Infatti, come emerge dalla comparazione tra la lettera a) e la lettera b) comma 2 dell’art. 1 del d.l. 76/2020 - vigente al momento dell’assunzione dei provvedimenti impugnati - nell’ipotesi di affidamento diretto è riservata alla stazione appaltante la scelta discrezionale del contraente, senza che sia necessaria la previa consultazione di un certo numero di operatori economici, da individuarsi tramite indagini di mercato o elenchi, essendo ciò espressamente previsto solo per la diversa procedura negoziata senza bando di cui alla lettera b).

Del resto tale è il regime previsto, nel caso di affidamenti di importo inferiore a euro 40.000,00 di cui all’art. 36 del Codice dei Contratti pubblici, secondo cui le amministrazioni appaltanti possono procedere “mediante affidamento diretto, anche senza previa consultazione di due o più operatori economici”, laddove la formulazione originaria parlava di “affidamento diretto adeguatamente motivato”: con il d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56 (“Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”) il legislatore ha eliminato il riferimento all’adeguata motivazione, prevedendo inoltre un affidamento non necessariamente preceduto da un confronto competitivo tra aspiranti e rimesso a una diretta individuazione dell’affidatario da parte della stazione appaltante.

Giova anche richiamare le Istruzioni tecniche e linee guida dell’Anci (Quaderno ANCI 23 relativo a Affidamenti di lavori, servizi e forniture a seguito del D.L. semplificazioni n. 76/2020 (L.N. 120/2020), in cui è stato espressamente ribadito al riguardo che la fattispecie in questione costituisce affidamento diretto, non comportante la necessità “di confronto comparativo tra operatori economici”, lasciando, per converso, “libertà di azione alle Stazioni Appaltanti come sottolineato dalla giurisprudenza amministrativa in materia”, conformemente alla ratio legis alla base dell’introduzione della deroga di “velocizzare e semplificare gli affidamenti”.

È stato anche chiarito (cfr. parere del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti n. 764 del 20 ottobre 2020, richiamato dalla difesa comunale) che “L’eventuale confronto dei preventivi di spesa forniti da due o più operatori economici rappresenta comunque una best practice, salvo che ciò comporti una eccessiva dilazione dei tempi di affidamento che, invece, sarebbe in contrasto con la ratio che informa l’intero decreto semplificazione. Giova inoltre precisare che, negli affidamenti diretti, non essendovi confronto competitivo, anche l’eventuale raffronto tra preventivi non presuppone l’utilizzo di un criterio di aggiudicazione. Quanto all’eventuale richiesta di preventivi ed alle relative modalità, rientra nella discrezionalità della Stazione appaltante, competente in materia, determinare le modalità attraverso cui addivenire all’individuazione del proprio contraente diretto”.

Anche la giurisprudenza amministrativa (si veda Cons. Stato, Sez. IV, 23 aprile 2021, n. 3287) ha qualificato il caso in esame quale “affidamento diretto” ai sensi della lettera a), comma 2, dell’art. 1 del decreto legge semplificazioni, che non prevede espressamente la consultazione degli operatori economici, precisando che lo stesso art. 36 del Codice dei Contratti pubblici, come modificato, prevede la consultazione di cinque operatori economici solo nell’ipotesi di cui alla lettera b), ovvero per gli appalti di servizi e forniture nel caso di affidamenti diretti superiori a 40.000,00 € e sotto la soglia comunitaria.

Un limite a tale semplificazione procedurale si rinviene comunque nel comma 3 del medesimo articolo 1 del d.l. 76/2020 secondo cui “Gli affidamenti diretti possono essere realizzati tramite determina a contrarre, o atto equivalente, che contenga gli elementi descritti nell'articolo 32, comma 2, del decreto legislativo n. 50 del 2016”.

Per quanto qui rileva quest’ultima norma (art. 32, comma 2, d.lgs. 50/2016) nella seconda parte dispone testualmente che: “Nella procedura di cui all'articolo 36, comma 2, lettere a) e b), la stazione appaltante può procedere ad affidamento diretto tramite determina a contrarre, o atto equivalente, che contenga, in modo semplificato, l'oggetto dell'affidamento, l'importo, il fornitore, le ragioni della scelta del fornitore, il possesso da parte sua dei requisiti di carattere generale, nonché il possesso dei requisiti tecnico-professionali, ove richiesti.”

Tanto premesso in generale quanto alla disciplina applicabile alla fattispecie per cui è causa e venendo all’esame dei motivi di appello, giova anzitutto evidenziare che il Comune ha adeguatamente chiarito le ragioni a fondamento della scelta operata evidenziando di aver deciso di esternalizzare la gestione del servizio, non essendo in grado di gestire direttamente la struttura, e inoltre di aver inteso, tramite l’affidamento diretto in questione, evitare il prolungamento della chiusura e la sua mancata operatività (anche a ragione dei tempi presumibilmente necessari per l’espletamento di una procedura di gara aperta relativa all’affidamento pluriennale della concessione), garantendo quindi la ripresa in tempi rapidi dell’attività di gestione a fini turistico-ricettivi, anche al fine di evitare tanto l’avvio di una nuova procedura di revoca del contributo da parte della Regione (che già a suo tempo, come risulta dagli atti, aveva avviato il procedimento di revoca del finanziamento, contestando proprio la mancata operatività della struttura confliggente con le finalità del contributo erogato- ossia “la qualificazione dell’offerta turistica, in relazione alle specifiche vocazioni dei sistemi locali ed in sinergia con pacchetti turistici definiti”- cfr. nota regionale del 20 febbraio 2014- salvo poi archiviarlo per effetto delle azioni positive intraprese dal Comune per il recupero del borgo di Codeglia), quanto il deterioramento della struttura, nonché dei suoi arredi e beni strutturali dovuto al loro inutilizzo.