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Anno XVII - n. 05 - Maggio 2025

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Il Consiglio di Stato si esprime sulle misure cautelari ex art. 14 bis, l. n. 287 del 1990 e sullo sfruttamento abusivo di posizione dominante nel mercato.

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Consiglio di Stato, Sez. VI, sent. del 16 dicembre 2021, n. 8402.

ll contenuto delle misure cautelari ex art. 14 bis, l. n. 287 del 1990, suscettibili di essere disposte in via interinale dall’Autorità per evitare che, nelle more della conclusione di un procedimento antitrust per l’accertamento di un abuso di posizione dominante ex art. 102 TFUE, possa concretizzarsi un (presunto) danno grave e irreparabile per la concorrenza, in applicazione del principio di strumentalità della tutela cautelare (anche sostanziale), non può eccedere quanto l’Autorità procedente potrebbe adottare con il provvedimento conclusivo del procedimento, avuto riguardo allo stato del mercato riscontrabile al momento della decisione.

La nozione di "sfruttamento abusivo di posizione dominante" ai sensi dell'art. 102 TFUE è una nozione oggettiva che riguarda i comportamenti di un'impresa in posizione dominante, i quali, su un mercato in cui, proprio per il fatto che vi opera detta impresa, il grado di concorrenza è già sminuito, abbiano l'effetto di ostacolare, ricorrendo a mezzi diversi da quelli su cui si impernia la concorrenza normale tra prodotti o servizi, fondata sulle prestazioni degli operatori economici, la conservazione del grado di concorrenza ancora esistente sul mercato o lo sviluppo di detta concorrenza

Ha chiarito  la Sezione che il provvedimento assunto dall’Autorità per evitare che, nelle more della conclusione di un procedimento antitrust per l’accertamento di un abuso di posizione dominante ex art. 102 TFUE, possa concretizzarsi un (presunto) danno grave e irreparabile per la concorrenza, in ragione della sua natura interinale, ha attuato un assetto di interessi di natura provvisoria, destinato ad essere sostituito con l’adozione del provvedimento conclusivo del procedimento antitrust. 

La provvisorietà delle misure cautelari trova, dunque, la propria giustificazione (altresì) in ragione della fase procedimentale in cui la decisione viene assunta: l’Autorità, difatti, qualora sia in condizione di constatare la certa integrazione dell’infrazione, è chiamata ad assumere la decisione finale ex art. 7 regolamento n. 1 del 2003, adottando misure tendenzialmente stabili; altrimenti, è tenuta a proseguire l’istruttoria procedimentale, eventualmente disponendo, nelle more, misure provvisorie qualora sussista il rischio di un danno grave e irreparabile per la concorrenza. 

Ne deriva che le misure cautelari sono assunte in pendenza del procedimento amministrativo, sulla base di un accertamento ancora non completo, avuto riguardo a quanto appare al momento della decisione provvisoria all’uopo adottata. 

Occorre che il bene tutelato dalla norma giuridica, individuabile nell’interesse pubblico all’assetto concorrenziale del mercato - non confondibile con l’interesse privato all’inibizione dell’altrui condotta illecita o al risarcimento di un danno ingiusto derivante dall’infrazione in concreto commessa, stante la necessità di distinguere gli strumenti di pubblic enforcement e private enforcement (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 22 settembre 2014, n. 4773) – sia esposto ad un pericolo attuale, sussistendo il rischio di concretizzazione di un danno grave e irreparabile. 

Al ricorrere dei delineati presupposti, l’Autorità procedente è abilitata ad adottare misure cautelari, assumendo una decisione dal contenuto corrispondente alle misure definitive suscettibili di essere disposte a conclusione del procedimento amministrativo. 

Come precisato dalla giurisprudenza europea, in relazione all’art. 3 regolamento CEE n. 17 del 1962, ma con considerazioni di carattere generale riferibili anche alla vigente disciplina concernente l'applicazione delle regole di concorrenza dettate dagli artt. 101 e 102 TFUE, “i provvedimenti cautelari che la Commissione può adottare in via urgente sono quelli che appaiono indispensabili onde evitare che l’esercizio del potere di decisione di cui all’art. 3 risulti vanificato, o addirittura illusorio, per effetto del comportamento di alcune imprese. Ne consegue che i provvedimenti d’urgenza devono rientrare nell’ambito della decisione che può venir adottata in via definitiva in forza dell’art. 3” (sentenza della Corte, 28 febbraio 1984, in cause riunite C-228 e 229/82, Ford of Europe Incorporated, punto 19). 

Si conferma, dunque, che il contenuto delle misure cautelari, suscettibili di essere disposte in via interinale, in applicazione del principio di strumentalità della tutela cautelare (anche sostanziale), non può eccedere quanto l’Autorità procedente potrebbe adottare con il provvedimento conclusivo del procedimento, avuto riguardo allo stato del mercato riscontrabile al momento della decisione. 

L'esame del carattere abusivo di una pratica di un'impresa dominante deve essere effettuato prendendo in considerazione tutte le circostanze specifiche della controversia, avuto riguardo allo stato di fatto esistente al momento dell’adozione del provvedimento cautelare per cui è controversia. 

Difatti, “la legittimità di un atto amministrativo va accertata con riguardo allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della sua emanazione, secondo il principio del tempus regit actum” (ex multis, Cons.St., sez. II, 8 marzo 2021, n. 1908), non potendo, dunque, valorizzarsi, al fine di dedurre l’illegittimità del provvedimento cautelare, circostanze sopravvenute rispetto alla sua adozione, che per propria natura non avrebbero potuto essere valutate in sede procedimentale in quanto non esistenti nel momento della decisione.