Ultimissime

Caratteristiche per il riconoscimento della personalità giuridica di ente di culto (nella specie, Sikh Gurdwara Parbandhak Committee Italy). Pronuncia del Consiglio di Stato.
Consiglio di Stato, Sez. I, parere del 29 ottobre 2021, n. 1685.
Va riconosciuta personalità giuridica all’associazione denominata “Sikh Gurdwara Parbandhak Committee Italy”, quale ente di culto diverso dal cattolico, ai sensi degli artt. 2, l. n. 1159 del 1929 e 10, r.d. n. 289 del 1930.
La Sezione ha ricordato di essersi già espressa negativamente sulla istanza di riconoscimento di personalità giuridica, condividendo le perplessità dell’amministrazione che, in aggiunta alla esiguità dei mezzi economici e finanziari e all’ambiguità relativa alla sede dell’ente, si appuntavano su alcuni aspetti propri della religione Sikh che confliggono in maniera evidente con principi fondamentali del nostro ordinamento pubblico interno, quali l’uso (rectius il ‘porto’) del kirpan (pugnale rituale ricurvo) e il divieto di divorzio per le sole donne.
Ha chiarito il parere che l'ente istante, espressione di una diversa componente del Sikhismo presente in Italia, ha opportunamente preso in considerazione quei rilievi e, a seguito di ripetute interlocuzioni con l’Amministrazione e grazie al coinvolgimento del Banco Nazionale di Prova, quale autorità tecnica nazionale competente in materia di armi, ha predisposto un prototipo di pugnale rituale kirpan che ha sottoposto alle valutazioni della anzidetta autorità. Il Banco Nazionale di Prova per le armi da fuoco portatili e per le munizioni commerciali ha infine attestato che il prototipo, in ragione delle sue caratteristiche tecniche e delle sue dimensioni, "non è idoneo a recare offesa alla persona" e, pertanto, non è da considerarsi tra le armi proprie di cui è vietato il porto, rappresentando nello specifico un mero simulacro. La certificazione del Banco Nazionale di prova è espressamente citata dall'art. 7, lettera a, numero 4), dello statuto.
Per quanto concerne il divieto di divorzio per le sole donne, il Ministero conferma che non solo l’ultimo statuto ma anche il precedente del 27 giugno 2017 esplicitano il principio di uguaglianza; similmente, la relazione sui principi religiosi prodotta dall'ente si diffonde sulle pari opportunità per le donne. I principi religiosi sopra enunciati sono ribaditi con maggiore evidenza dall'ente richiedente che, a seguito di un percorso di confronto e di dialogo con il Ministero dell'interno, ha novellato, come ricordato, lo statuto con atto pubblico in data 15 maggio 2020. L'associazione ha assunto la seguente denominazione: "Sikh Gurdwara Parbandhak Committee Italy (Sikh Gurdwara Parbandhak Comitato Italia)”.
La base normativa di riferimento ai fini dell’espressione del parere è costituita dall’art. 2 della legge n. 1159/1929 e dagli artt. 10 ss. del R.D. n. 289/1930. Si tratta di disposizioni vigenti che, tuttavia, risalgono a un tempo in cui l’ordinamento non guardava con particolare favore agli enti di culto diversi da quelli di religione cattolica. Non è casuale il riferimento, risalente all’epoca, ai culti “ammessi”, che trovava corrispondenza nell’art. 1 dello Statuto Albertino che a sua volta considerava i culti diversi dalla religione cattolica “tollerati conformemente alle leggi”.
Peraltro, la Costituzione repubblicana ha poi introdotto un insieme di garanzie significative a tutela della libertà di culto e delle formazioni nelle quali è professata la fede religiosa. In particolare, con riguardo alle garanzie per le confessioni religiose diverse dalla cattolica, l’art. 8 Cost. ha sancito l’uguaglianza di tutte le confessioni davanti alla legge (primo comma) e il diritto per le confessioni diverse dalla cattolica di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano (secondo comma), oltre a stabilire che i loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese (terzo comma). Ulteriori garanzie sono poste dall’art. 19 Cost., a presidio della libertà di culto, in qualsiasi forma, individuale o associata, con il solo limite del buon costume, e dall’art. 20 Cost., in base a cui il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto di una associazione o istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività. Senza contare il contenuto dell’art. 17 Cost. relativo al diritto di riunione, che esenta dall’obbligo di preavviso le riunioni, comprese quelle aperte al pubblico, mentre limita le ipotesi di divieto di riunioni in luogo pubblico alla presenza di comprovati motivi di sicurezza o incolumità pubblica.
Se ne ricava che anche l’interprete è chiamato a considerare alla luce dei sopravvenuti principi costituzionali le disposizioni previgenti, relative alle confessioni religiose diverse dalla cattolica e, per quanto rileva in questa sede, le disposizioni sul riconoscimento della personalità giuridica delle associazioni facenti capo a tali confessioni, ove i loro rapporti con lo Stato italiano non siano regolati da intese a termini dell’art. 8, terzo comma, Cost. Pertanto, anche il principio costituzionale dell'autonomia statutaria delle confessioni religiose diverse dalla cattolica (art. 8, secondo comma, Cost.) implica l'abbandono da parte dello Stato di quel potere di ingerenza che la Corte costituzionale ha ritenuto in contrasto con i parametri costituzionali (v. Corte cost., sent. n. 259/1990). Si tratta di una lettura costituzionalmente orientata che il Consiglio di Stato ha da tempo fatto propria (v. Cons. St., Sez. I, n. 1390/1986, n. 2158/1989 e, da ultimo Sez. I, n. 1875/2020).
E, del resto, già da tempo la stessa Corte costituzionale (v. sent. n. 59/1958) ha sottolineato che occorre stabilire con chiarezza la distinzione fra la libertà di esercizio dei culti acattolici come pura manifestazione di fede religiosa e l’organizzazione delle varie confessioni nei loro rapporti con lo Stato. “Questa distinzione, mentre risulta evidente dal punto di vista logico, trova nettamente fissato il suo positivo fondamento giuridico negli artt. 8 e 19 della Costituzione. La diversità di contenuto e significato di tali norme, corrispondente alla predetta distinzione, riceve la sua conferma, oltre tutto, anche dalla diversa collocazione di esse: una inserita nei "Principi fondamentali", l'altra nel titolo dei rapporti civili e, più specificamente, nella parte relativa ai diritti di libertà. Con l'art. 19 il legislatore costituente riconosce a tutti il diritto di professare la propria fede religiosa, in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitare in privato o in pubblico il culto, col solo e ben comprensibile, limite che il culto non si estrinsechi in riti contrari al buon costume. La formula di tale articolo non potrebbe, in tutti i suoi termini, essere più ampia, nel senso di comprendere tutte le manifestazioni del culto, ivi indubbiamente incluse, in quanto forma e condizione essenziale del suo pubblico esercizio, l'apertura di templi ed oratori e la nomina dei relativi ministri”.
Dal che si ricava che il riconoscimento di un ente di culto non può in alcun modo riverberarsi in forme e modi atti a limitare la libertà di culto in tutte le sue forme o a svolgere, anche solo in forma mediata, un riscontro sui contenuti di un determinato credo religioso.
Il parere della Sezione non può, pertanto, che prendere in considerazione - come già in precedenti pareri (cfr. ex multis, da ultimo, Sez. I, n. 1277/2021) - gli aspetti rilevanti per l’ordinamento giuridico interno mentre rimangono impregiudicate tutte le questioni e gli eventuali contenziosi che ne dovessero scaturire sul piano ecclesiologico o attinenti ai profili organizzativi della confessione religiosa, in merito ai quali non si ha titolo per intervenire. Tanto meno può entrare in discussione la libertà di culto nelle sue varie forme e aggregazioni.
In mancanza di un sistema di ricognizione delle confessioni organizzate statutariamente ex art. 8, secondo comma, Cost. occorre comunque declinare i contenuti della risalente normativa del 1929 e del 1930 alla luce dei successivi principi costituzionali, con riferimento al riconoscimento degli enti di culto facenti capo a confessioni religiose per le quali non è intervenuta intesa.
Questa Sezione, con il parere n. 1574/2019, ha nuovamente riassunto i consolidati principi e parametri che, affermati dal Consiglio di Stato, anche ora vanno confermati, in ordine ai requisiti necessari ai fini del riconoscimento della personalità giuridica delle associazioni di culto diverso dal cattolico (già esposti nel parere di questa Sezione n. 2771 del 26 novembre 2018).
Con il parere n. 1574/2019, la Sezione ha ribadito, nella vigenza della legge n. 1159/1929 e del R.D. n.289/1930, che lo status di ente ecclesiastico è acquisito all’esito del procedimento previsto dalla normativa riguardante gli enti di culto diversi da quello cattolico (v. Cons. St., Sez. VI, n. 2331/2009); ha inoltre confermato la natura del provvedimento di attribuzione della personalità giuridica a un ente di culto diverso da quello cattolico (Cons. St., Sez. I, n. 2635/2016) e ha sottolineato che si applica la normativa di cui alla legge n. 1159/1929 – e non quella di cui al D.P.R. n. 361/2000 concernente il regolamento per la semplificazione dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private - allorché si riscontri la presenza di un fine di culto nell'organizzazione dell’associazione considerata, qualunque importanza possa questo assumere nella sua esistenza giuridica (Cons. St., Sez. I, n. 2331/2009).
I canoni di riferimento sono stati così sintetizzati dalla Sezione:
- la natura di un ente di culto deve essere desunta dallo statuto adottato e dalle attività effettivamente svolte (Cons. St., Sez. I, n. 2635-2016);
- occorre lo scopo finalistico di carattere prevalentemente religioso dell’associazione, il consistente numero di fedeli, la disponibilità dell’immobile in cui l’associazione ha la sua sede, l’individuazione nominativa del suo effettivo rappresentante, la consistenza del patrimonio mobiliare e l’espressa previsione statutaria di devoluzione dell’intero patrimonio in caso di estinzione (Cons. St., Sez. I, 30 luglio 1986, n. 1390; Sez. I, n. 2236/2015; Sez. I, n. 413/2016);
- occorre un’attività di culto nell’ambito di una particolare fede religiosa (Cons. St. Sez. I, n. 1534/2014; Sez. I, n. 2635/2016; Sez. I, n. 3417/2015; Sez. I, n. 764-2018);
- lo statuto deve prevedere una disposizione circa i ministri di culto, la cui presenza è essenziale per la valutazione del carattere cultuale di un organismo (Cons. St., Sez. I, RG n. 1659/2008);
- occorre la congruità del patrimonio rispetto al raggiungimento degli scopi statutari in quanto una delle conseguenze più rilevanti dell'erezione in ente con personalità giuridica è quella della limitazione della responsabilità dell'ente medesimo al proprio patrimonio, con conseguente necessità di tutelare adeguatamente i terzi intreccianti rapporti giuridici col nuovo soggetto di diritti. Tale esigenza rende perfettamente compatibile coll'ordinamento costituzionale l'art. 10, secondo comma, del R.D. 28 febbraio 1930 n. 289, che impone all'istante l'onere di indicare, nella domanda di riconoscimento della personalità giuridica ad istituti delle confessioni cattoliche, i «mezzi finanziari... per il raggiungimento dei propri fini» (Cons. St., Sez. I, RG n. 1390/1986; Sez. I, n. 2635/2016);
- ulteriore elemento di valutazione è costituito dalla consistenza numerica dei fedeli e dall’ambito territoriale nel quale sono distribuiti (Cons. st., Sez. I, RG n. 1659/2008; Sez. I, n. 2635/2016; Sez. I, n. 1875/2020).
Tali canoni non possono che essere confermati in questa sede, con l’avvertenza che anche il parametro della consistenza numerica va considerato con esclusivo riferimento al riconoscimento della personalità giuridica e non può investire in alcun modo la dimensionale confessionale (cfr. da ultimo Sez. I, n. 1875/2020).