Giurisprudenza Penale
Il convivente more uxorio: un lungo e travagliato riconoscimento, l'ultimo approdo delle Sezioni Unite.
Di Federica Favata
NOTA A CORTE DI CASSAZIONE PENALE, SEZIONI UNITE
INFORMAZIONE PROVVISORIA n. 22 del 26 novembre 2020
Il convivente more uxorio: un lungo e travagliato riconoscimento,
l'ultimo approdo delle Sezioni Unite.
Di FEDERICA FAVATA
L'informazione provvisoria delle Sezioni Unite n.22 del 2020, ha confermato l'applicabilità della causa di non punibilità prevista dallo art.384 c.p. anche al convivente more uxorio, sancendone un'automatica dilatazione applicativa.
La figura in questione e la sua equiparazione al coniuge, e adesso alla parte dell'unione civile, secondo quanto previsto dalla c.d L.Cirinnà, è stata molto discussa ed è stata oggetto di un percorso tortuoso a più passaggi, scandito da evoluzioni giurisprudenziali e innovazioni legislative.
Il diverso trattamento del convivente more uxorio rispetto al prossimo congiunto nella giurisprudenza costituzionale
In ossequio ad un’impostazione tradizionalistica che distingue le famiglie fondate sul vincolo del matrimonio da quelle “di fatto”, la giurisprudenza ha sempre preferito differenziare la disciplina e la conseguente tutela tra le due tipologie di nuclei familiari.
I due tipi di famiglia sono stati per lungo tempo, differenziati. In particolar modo alla stabilità del matrimonio data dal vincolo formale del relativo negozio, si è sempre contrapposta la mera affectio quotidiana, revocabile liberamente e in ogni istante, caratterizzante le coppie e famiglie “di fatto”.
L'unico dato che ha accomunato queste eterogenee formazioni familiari e dinnanzi al quale la giurisprudenza non si è mostrata insensibile è costituito dalla loro rilevanza costituzionale: esse meritano tutela nell'ambito dei diritti inviolabili dell'uomo nelle formazioni sociali garantite dall'art. 2 Cost..
La Corte Costituzionale in una nota decisione del 2004, ha giustificato il differente trattamento normativo del convivente more uxorio rispetto al prossimo congiunto. Le due figure trovano infatti un diverso fondamento costituzionale: l'art. 29 per la famiglia fondata sul matrimonio, i rapporti di fatto fruiscono invece, della tutela ex art. 2 della Carta Fondamentale.
Pur riconoscendo le due figure, ne ammette la profonda diversità e il diverso appiglio costituzionale,
Il precedente rilevante: la sentenza n. 11476 del 2019 della Cassazione equipara, ai fini dell'applicabilità dell'art.384 c.p, il convivente more uxorio al prossimo congiunto.
La pronuncia rende applicabile la causa di non punibilità prevista dall'art.384 c.pal soggetto responsabile del reato di favoreggiamento legato da un rapporto di convivenza more uxorio con il soggetto favorito, potendo essere questo considerato come prossimo congiunto per effetto della l.n.76 del 2016, l'esimente deve ritenersi estesa anche alle unioni civili.
La sentenza richiamata evoca fondamentalmente i principi di ragionevolezza e necessaria razionalità delle norme giuridiche, che devono essere invocati a tutela di situazioni eterogenee accomunate da forti elementi di identità, quali le famiglie di fatto, le famiglie tradizionalmente fondate sul matrimonio e quelle formatesi in forza di una unione civile.
Proprio la legge n.76 del 2017, costituisce il punto di svolta in materia, ed è intervenuta introducendo l'istituto delle unioni civili e ha disciplinato, nello specifico, per la prima volta, le convivenze di fatto al comma 1 dell'art.36.
La legge in esame ha equiparato sostanzialmente la parte dell'unione civile al coniuge.
Indicative in tal senso alcune norme penali coinvolte dalla modifica legislativa.
L'art.574 ter c.p che testualmente così recita “Agli effetti della legge penale il termine matrimonio si intende riferito anche alla costituzione di un'unione civile tra persone dello stesso sesso.
Quando la legge penale considera la qualita' di coniuge come elemento costitutivo o come circostanza aggravante di un reato essa si intende riferita anche alla parte di un'unione civile tra persone dello stesso sesso.”
E' stato ampliato l'ambito applicativo dell'art.649 co.1 c.p: la causa di esclusione della punibilità in caso di commissione di un delitto contro il patrimonio in danno dell'altra parte dell'unione civile, così come è previsto per il coniuge.
Infine anche le norme dell'ordinamento penitenziario, ai sensi dell'art.1 co.38 della medesima legge, prevedono diritti per le parti delle unioni civili, uguali a quelli spettanti ai coniugi.
La pronuncia del giudice di legittimità, ha fornito una interpretazione in linea con la nozione adottata dalla Corte EDU: una nozione sostanziale e omnicomprensiva di matrimonio, che ricomprende i rapporti di fatto, nel rispetto dell'art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che sancisce espressamente il rispetto della propria vita privata e familiare.
Il contrasto rimesso alle Sezioni Unite con l'ordinanza n.1825 del 2019
Due gli orientamenti che hanno dato vita al contrasto rimesso alle Sezioni Unite.
Il primo esclude l'operatività della causa di non punibilità, ai sensi del combinato disposto dell'art.384 c.p co.1 e l'art.307 co.4 c.p, per il convivente more uxorio.
Ad avviso di tale orientamento, entrambi gli articoli, non includono la figura del convivente di fatto in quella di prossimo congiunto.
La Cassazione secondo il primo orientamento, quindi fa proprie le impostazioni adottate dalla Corte Costituzionale in alcune sue pronunce del 2004 e del 2009, in base alle quali: l'esclusione non appare manifestamente in contrasto con il principio costituzionale di uguaglianza sancito dall'art.3, giacchè esistono, nell'ordinamento, ragioni costituzionali che giustificano un differente trattamento normativo tra i due casi, trovando il rapporto coniugale tutela diretta nell'art. 29 Cost., mentre il rapporto di fatto fruisce della tutela apprestata dall'art. 2 Cost. ai diritti inviolabili dell'uomo nelle formazioni sociali.
Viene affermata la diversità della convivenza more uxorio dal vincolo coniugale, fondata sulla diversità delle norme di copertura che giustifica i diversi trattamenti giuridici.
Le esigenze richieste dall'estensione delle cause di non punibilità, ossia da una parte, quella di reprimere i delitti contro l'amministrazione della giustizia e dall'altra, la tutela di beni riguardanti la vita familiare, pretendono l'intervento del legislatore, non potendosi affidare soltanto all'interprete l'esatta ponderazione dei valori e delle ragioni in conflitto. In tale conflitto, non è sempre agevole porre i beni afferenti alla famiglia su uno stesso piano.
Il secondo orientamento accoglie una concezione dinamica di famiglia ed è quello riscontrabile nelle decisioni della Corte europea dei diritti dell'uomo. Secondo tale concezione, la famiglia è una formazione sociale in perenne divenire e non un istituto statico e immutabile.
La causa di non punibilità perciò, diviene applicabile nei confronti di una famiglia di fatto e dei prossimi congiunti, tale interpretazione in bonam partem di tale orientamento di legittimità, consente la parificazione sul piano penale del convivente more uxorio alla famiglia fondata sul matrimonio. L'argomentazione utilizzante più pregnante e significativa, è quella che fa riferimento al D. Lgs n.6 del 2017, che equiparando i componenti dell'unione civile ai coniugi, non esclude l'estensione della causa di non punibilità in esame ai conviventi more uxorio.
Il secondo orientamento, fa chiaramente intendere l'incisività della disciplina introdotta dalla legge c.d Cirinnà, sul riconoscimento a pieno titolo della figura del convivente more uxorio, considerata l'introduzione espressa della “convivenza di fatto”, in omaggio ai canoni convenzionali e sovranazionali.
La recentissima informazione provvisoria delle Sezioni Unite, cha ha sancito la soluzione affermativa del contrasto, si pone pertanto in linea con il secondo degli orientamenti, favorevole all'ampliamento dell'ambito applicativo della causa di esclusione della punibilità ex art.384 co.1 c.p.
Si attende la sentenza.