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Anno XVII - n. 05 - Maggio 2025

  Giurisprudenza Civile



Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili, Sentenza 27 luglio 2017 - n. 18725

Sulla necessità dell’atto pubblico per la validità della donazione mediante operazione bancaria. A cura di Valentina Praticò
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Con sentenza 18725/2017 la Suprema Corte di Cassazione prende posizione sulla controversa questione vertente sulla corretta qualificazione dell’operazione con la quale un soggetto, titolare di strumenti finanziari, disponga il trasferimento - a titolo liberale - dei medesimi dal proprio patrimonio a quello di altra persona, attraverso l’intermediazione di una banca chiamata a dare esecuzione all’ordine di trasferimento dei titoli con operazioni contabili di addebitamento e di accreditamento. 

Il nodo gordiano che sollecita l’intervento risolutore delle SS.UU.: si rinviene nella necessità di stabilire la natura dei rapporti intercorrenti tra lo schema tipico della donazione, caratterizzato dalla spontaneità, ovvero dall’assunzione del vincolo nullo iure cogente, e dall’animus donandi, inteso quale assenza di un interesse patrimoniale del disponente sotteso al compimento dell’operazione, e  le liberalità diverse da essa, ovvero le cd. donazioni indirette o liberalità atipiche, le quali si connotano in quanto l’arricchimento del beneficiario non si realizza con l’attribuzione di un diritto o con l’assunzione di un obbligo da parte del disponente, ma in modo diverso.

In particolare, occorre accertare se l’operazione oggetto dei fatti di causa rientri nella costruzione giuridica cristallizzata all’art. 769 C.c., e pertanto sia subordinata all’adozione del relativo schema formale – causale, o, contrariamente a ciò, rappresenti una conseguenza indiretta giustificata dal ricorso ad un’operazione trilaterale di movimentazione finanziaria con l’intermediazione dell’ente creditizio. 

FATTO

Il petitum della controversia instaurata davanti al Giudice di prime cure di Trieste è rappresentato dalla richiesta di restituzione del valore degli strumenti finanziari appartenuti al padre dell’attrice, la quale, nell’articolare le proprie difese, espone che essi erano custoditi in un apposito conto di deposito titoli e che la convenuta, nella qualità di delegata, aveva dato ordine alla banca di trasferirli sul proprio conto.  

Nello specifico, l’attrice rassegnava le proprie conclusioni chiedendo che l’adito Giudice dichiarasse la nullità dell’operazione compiuta, per difetto del requisito di forma richiesto solennemente dal Codice civile, la cui ratio è da taluno rinvenuta nell’esigenza di garantire un’adeguata ponderazione delle attribuzioni liberali. 

Dal canto suo, la convenuta, regolarmente costituitasi in giudizio, eccepiva che l’attribuzione ricevuta dovesse considerarsi, in parte, adempimento di obbligazione naturale, in virtù del legame affettivo  instaurato con il de cuius, ed in parte donazione indiretta, ma le spiegate difese non convincevano il Giudicante di prime cure, che aderiva alla prospettazione compiuta dall’attrice e, pertanto, dichiarava la  nullità del negozio oggetto dei fatti di causa. 

Per converso, la Corte d’appello considerava l’ordine di bonifico del disponente atto idoneo a veicolare lo spirito di liberalità e, sulla base di una ritenuta equiparazione all’operazione di cointestazione del deposito in conto corrente, qualificava la suddetta operazione come donazione indiretta, per la quale  non si richiede la forma scritta prevista per la donazione tipica.

PREMESSA 

Prima di addentrarsi nell’esame delle motivazioni di diritto, poste alla base dell’argomentare del Supremo Giudice di legittimità, pare opportuno compiere una breve disamina in merito alla materia delle donazioni.  

Innanzitutto, va rammentato che il trasferimento di diritti o l’assunzione di obbligazioni avviene di norma  a titolo oneroso e presuppone il versamento di un  corrispettivo. 

Non è escluso, tuttavia, che le parti, nell’esercizio della loro autonomia negoziale, decidano di non associare alla prestazione di una parte l’obbligo della controparte di effettuare una controprestazione, dando così vita ad un negozio a titolo gratuito, tra i quali certamente la donazione assume pregio giuridico. 

Caratteristiche peculiari di tale negozio giuridico vengono rinvenute nella coesistenza di tre aspetti: 1) l’incremento del patrimonio del destinatario, cui naturaliter consegue il depauperamento del patrimonio di colui che decide di compiere l’attribuzione patrimoniale; 2) la spontaneità, ovvero l’assenza di coazione giuridica, sul presupposto che l’attribuzione del vantaggio patrimoniale non debba essere sorretta dalla necessità di adempiere ad un vincolo giuridico o extra - giuridico rilevante per l’ordinamento; 3) l’animus donandi, poiché il disponente pone in essere il negozio di liberalità senza pretendere alcunché in cambio.  

Tali elementi risultano dall’esame della lettera dell’art. 769 C.c., che definisce la donazione il contratto¹ con cui una parte arricchisce l’altra, disponendo a suo favore di un diritto o assumendo, sempre a titolo gratuito, un’obbligazione, definendosi, in suddetta ipotesi, la donazione come obbligatoria. 

Oggetto di donazione possono essere beni immobili o beni mobili e, tra questi, anche le quote sociali e i titoli di credito. Quanto a questi ultimi, va acclarato che anche il loro trasferimento, per spirito di liberalità e a titolo gratuito, debba essere effettuato in forma solenne, a pena di nullità, rendendosi peraltro necessaria anche l’adozione dei requisiti formali necessari per la circolazione delle quote stesse o dei titoli di credito²

Nel contratto di donazione che si sta esaminando la forma giuridica dell’atto riveste particolare importanza, sicché essa deve essere redatta dal notaio o da un altro pubblico ufficiale legittimato ad attribuire al documento pubblica fede, come previsto ex art. 2699 C.c., dal momento che la conclusione di tale negozio deve essere provata per iscritto e la prova per testimoni o per presunzioni è ammissibile solo laddove il documento sia stato smarrito senza colpa. 

Ciò chiarito, deve rilevarsi che, unitamente alle liberalità tipiche, il nostro sistema ammette talune ipotesi di liberalità atipiche e, a tal fine, si definisce indiretta la donazione che si configura quando le parti intendano raggiungere il risultato tipico dello schema contrattuale della donazione attraverso il ricorso a strumenti giuridici diversi da esso, in quanto idonei a produrre in via mediata gli effetti economici della liberalità ex art. 769 C.c.: essa (la donazione indiretta)  rappresenta il genus nel quale confluiscono tutti quegli atti che, pur non rivestendo forma di donazione, realizzano parimenti lo scopo di liberalità. 

Tale figura troverebbe fondamento, ad avviso della dottrina più accreditata, nel combinato disposto ex artt. 809 C.c., afferente alle liberalità risultanti da atti diversi dalla donazione, e 737 C.c., nella parte in cui il suddetto testo normativo individua l’oggetto della collazione in quanto si sia ricevuto per donazione direttamente o indirettamente³.  

Simmetricamente, deve darsi atto di quanti, invece, ritengono che il fondamento della nozione in esame debba rinvenirsi per esclusione, qualificandosi come indirette tutte le donazioni che non sono dirette. 

Aderendo alla speculazione dottrinale maggioritaria, primaria importanza riveste l’impiego di un negozio oneroso che produce, insieme all’effetto tipico che gli è proprio, anche l’effetto ulteriore – che viene realizzato indirettamente, ovvero come uno scopo ulteriore ed indiretto rispetto alla sua causa tipica - dell’arricchimento del donatario e del contestuale depauperamento del donante. 

Un tale effetto si rintraccia, ad esempio, nella rinuncia abdicativa o nella remissione del debito, quali figure che si ascrivono a pieno titolo nella categoria di cui si discute a condizione che tra rinunzia ed arricchimento intercorra un nesso di causalità diretta, ovvero nel contratto a favore di terzo, posto che la suddetta ipotesi si sostanzia in un’obbligazione assunta dal promittente al fine di soddisfare un interesse, prescindendo da qualsiasi rapporto obbligatorio; infine, nell’adempimento del terzo, teso a beneficiare il debitore. 

Quanto all’aspetto formale, va chiarito sin da subito che l’art. 809 C.c. non richiami le prescrizioni di forma richieste all’art. 782 C.c, per la validità della donazione diretta, essendo, pertanto, all’uopo sufficiente che siano osservate le formalità prescritte per il negozio tipico indirettamente utilizzato. 

DECISIONE DELLE SS.UU.

Le SS.UU. sono chiamate a verificare se la stabilità del trasferimento di ricchezza attuato dal de cuius a mezzo banca sia subordinata all’adozione dello schema formale-causale della donazione, o se l’attribuzione liberale a favore del beneficiario rappresenti una conseguenza indiretta giustificata dal ricorso ad un’operazione trilaterale di movimentazione finanziaria con l’intermediazione dell’ente creditizio. 

Prima di dare una risposta al presente quesito di diritto, i Giudici supremi ritengono di dover soffermare la loro attenzione sulle modalità con cui è possibile addivenire alla realizzazione di una donazione indiretta. 

Tra queste, importanza non secondaria riveste il già citato contratto a favore di terzi, in quanto l’esperienza giurisprudenziale fin qui consolidata si è orientata nel senso di ritenere efficace un accordo tra disponente-stipulante e promittente per attribuire un diritto al terzo beneficiario, senza che quest’ultimo versi alcun corrispettivo e senza prospettiva di vantaggio economico per lo stipulante. 

Seguendo tale ordine di idee, emerge chiaramente che detta liberalità costituisca una donazione indiretta, la quale, come costantemente ritenuto da numerose pronunce giurisprudenziali, pure se è sottoposta alle norme di carattere sostanziale che regolano le donazioni, non sottostà invece alle norme riguardanti la forma di queste.

Nel percorso argomentativo seguito dai Giudici della Corte di Cassazione, rileva, parimenti, che una donazione indiretta possa ritenersi perfezionata laddove il terzo abbia compiuto il pagamento di un’obbligazione altrui per spirito di liberalità verso il debitore, sul presupposto che la suddetta operazione economica implichi il coinvolgimento delle sfere giuridiche di tre soggetti, ovvero il solvens, estraneo al rapporto obbligatorio benché autore dell’adempimento, il quale dispone della propria sfera compiendo la liberalità verso il debitore per liberarlo da un’obbligazione, il creditore ed il debitore beneficiario della liberalità.

Il risultato liberale può essere, altresì, conseguito quando le parti di un contratto oneroso fissino un corrispettivo molto inferiore al valore reale del bene trasferito ovvero un prezzo eccessivamente alto, a beneficio, rispettivamente, dell’acquirente o dell’alienante, venendo il contratto di compravendita stipulato dalle parti al solo fine di conseguire in via indiretta la finalità dell’arricchimento del contraente che beneficia dell’attribuzione di maggior valore. 

Per converso, deve ritenersi diretta la donazione che consiste nel trasferimento del libretto di deposito a risparmio al portatore, effettuato dal depositante al terzo possessore al fine di compiere una liberalità. 

Una tale conclusione risulterebbe avvalorata, come si legge nella motivazione della sentenza qui in esame, sul presupposto che, quando il depositante trasferisce detto libretto, egli pone in essere un negozio di trasferimento con un terzo soggetto, realizzabile per una delle tante cause possibili, sicché le liberalità attuate a mezzo di titoli di credito non sono donazioni indirette, ma donazioni dirette. 

Determinante è l’incorporazione dell’obbligazione del donante in un titolo formale e astratto, avendo l’astrattezza del titolo nei rapporti tra le parti funzione esclusivamente processuale, restando il titolo formale sempre collegato al negozio sottostante.

Logico corollario di tale impostazione è che la donazione sarebbe impugnabile per la mancanza del requisito della forma dell’atto pubblico, poiché l’esclusione dell’onere di forma è riferita alle sole fattispecie negoziali causali che rechino in se medesime la causa giustificativa del relativo effetto, venendone, per l’effetto, esclusi i negozi astratti, i quali trovano necessario fondamento in un rapporto sottostante.

Rebus sic stantibus, la donazione indiretta non è configurabile allorché la donazione sia rivestita sotto la forma cambiaria, poiché l’efficacia del titolo formale è sempre subordinata alla esistenza ed alla validità del rapporto sottostante, di guisa che la donazione è impugnabile per la mancanza dell’atto pubblico.

Ad analoghe conclusioni, deve, altresì, addivenirsi qualora, avendo la donazione come oggetto mediato un assegno bancario, l’opponibilità di tale contratto implica la possibilità di dedurre la nullità della donazione medesima per carenza della prescritta forma. 

Sul punto, va acclarato che si è sottolineato che l’esclusione dell’onere di forma deve intendersi riferita alle sole fattispecie negoziali causali, tali cioè che abbiano in sé la causa giustificativa del relativo effetto, ma non anche ai negozi astratti come quelli di emissione o di girata di titoli di credito o di assegni, i quali trovano necessario fondamento in un rapporto sottostante, e quindi in un negozio del quale ricorrano i requisiti di sostanza e di forma, con conseguente opponibilità del difetto nei rapporti diretti tra emittente e prenditore e tra girante e rispettivo giratario.

È stata, quindi, ricondotta alla donazione diretta l’elargizione di somme di danaro di importo non modico mediante assegni circolari in una fattispecie nella quale il beneficiante aveva chiesto alla banca presso la quale intratteneva un rapporto di conto corrente, su cui era autorizzata ad operare anche la beneficiata, la formazione di un certo numero di assegni circolari intestati a quest’ultima disponendo che il relativo importo fosse addebitato a quel conto.

Infatti, l’operazione bancaria compiuta in esecuzione dello iussum dato dal titolare del conto corrente svolge una funzione esecutiva di un atto negoziale ad esso esterno, intercorrente tra il beneficiante e il beneficiario, il quale soltanto è in grado di giustificare gli effetti del trasferimento di valori da un patrimonio all’altro. 

Si è di fronte, cioè, non ad una donazione attuata indirettamente in ragione della realizzazione indiretta della causa domandi, ma ad una donazione tipica ad esecuzione indiretta, poiché gli strumenti finanziari che vengono trasferiti al beneficiario provengono dalla sfera patrimoniale del beneficiante, ed il trasferimento si realizza mediante un’attività di intermediazione gestoria dell’ente creditizio, rappresentando il bancogiro una mera modalità di trasferimento di valori del patrimonio di un soggetto in favore del patrimonio di altro soggetto.

In particolare, nel bancogiro, la banca non può rifiutarsi di eseguire l’ordine impartitole, in considerazione del rapporto contrattuale che la vincola al delegante, a condizione che esista la disponibilità di conto, sicché il trasferimento scaturente dall’operazione di bancogiro è destinato a rinvenire la propria giustificazione causale nel rapporto intercorrente tra l’ordinante-disponente e il beneficiario, dal quale dovrà desumersi se l’accreditamento è sorretto da una giusta causa. 

Deve, dunque, ritenersi che il passaggio di valori patrimoniali a titolo di liberalità dal beneficiante al beneficiario a mezzo banca non possa qualificarsi come contratto a favore di terzo, ovvero come donazione indiretta, poiché il patrimonio del promittente è direttamente coinvolto nel processo attributivo.

Le SS.UU. statuiscono, quindi, che il trasferimento compiuto per spirito di liberalità di strumenti finanziari, originariamente collocati sul conto del beneficiante a quello del beneficiario, attraverso l’intermediazione della banca, in esecuzione di un ordine di bancogiro impartito dal disponente, non sia qualificabile come donazione indiretta, ma, per converso, si iscriva a pieno titolo tra le donazioni tipiche ad esecuzione indiretta, per la cui validità la legge presuppone la stipulazione dell’atto pubblico, salvo che ricorra l’ipotesi della donazione di modico valore.

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¹ Nonostante sia normata all'interno del libro delle successioni, la donazione è un contratto. Tale presa di posizione si giustifica a causa dell'applicazione all'istituto di principi propri del testamento, quale, per esempio, la prevalenza della volontà del donante, dovendosi applicare  le disposizioni sui contratti soltanto in mancanza di norme specifiche.

² Così F. CARINGELLA, Manuale di diritto civile, Roma, 2016, 2186. 

³ G. Chiné, A. Zoppini, M. Fratini, Manuale di diritto civile, Roma, 2015, p. 545.

F. Caringella, op. cit., p. 2206. 

Cass. Civ., Sez. I, 29 luglio 1968, n. 2727.