Ultimissime

Spazzacorrotti: è costituzionale la retroattività della stretta sui benefici penitenziari? Questione rimessa alla Corte Costituzionale.
SPAZZACORROTTI: È COSTITUZIONALE LA RETROATTIVITA’ DELLA STRETTA SUI BENEFICI PENITENZIARI?
ESTENSIONE DELL’ART. 4-BIS DELLA LEGGE N. 354 DEL 1975 AI DELITTI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E DISCIPLINA INTERTEMPORALE Ordinamento penitenziario - Modifiche all'art. 4-bis, comma 1, della legge n. 354 del 1975 - Inserimento di determinati reati contro la pubblica amministrazione tra i reati ostativi alla concessione di alcuni benefici penitenziari - Denunciata applicabilità ai delitti commessi anteriormente all'entrata in vigore della novella legislativa – Mancata previsione di un regime transitorio.
Il Tribunale di sorveglianza di Venezia (r.o. n. 114 del 2019) solleva questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 6, lettera b), della legge 9 gennaio 2019, n. 3 (Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici), nella parte in cui, modificando l’articolo 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, si applica anche in relazione ai delitti di cui agli articoli 318, 319, 319-quater e 321 del codice penale, commessi anteriormente all’entrata in vigore della medesima legge. La disposizione censurata ha inserito determinati reati contro la pubblica amministrazione nel catalogo - di cui all’articolo 4-bis, comma 1, dell’ordinamento penitenziario - dei reati che precludono, salva la collaborazione del condannato con la giustizia, effettiva o impossibile, l’accesso ai benefici penitenziari e alle misure alternative alla detenzione. Il giudice rimettente muove dall’orientamento prevalente della giurisprudenza di legittimità che ritiene la disciplina dell’esecuzione delle pene detentive e delle misure alternative alla detenzione estranee all’ambito di garanzia dell’articolo 25, secondo comma, della Costituzione, assoggettandole al principio tempus regit actum, con conseguente applicabilità immediata, e quindi, retroattiva, della nuova disciplina peggiorativa anche ai fatti di reato commessi prima dell’entrata in vigore della novella legislativa. Tuttavia, osserva il rimettente, tale inquadramento contrasta con l’orientamento della Corte europea dei diritti dell’uomo che ritiene applicabile il principio di irretroattività della legge penale sfavorevole, come declinato dall’articolo 7 della CEDU, anche agli istituti implicanti variazioni delle modalità di esecuzione della pena. Ne consegue, conclude il rimettente, il contrasto della disposizione censurata con gli articoli 25, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’articolo 7 della CEDU. Tali parametri sono evocati dal rimettente anche sotto il profilo della violazione del principio dell’affidamento del condannato sulla qualità e quantità del trattamento sanzionatorio. Il rimettente denuncia, poi, la violazione degli articoli 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, ritenendo che la disposizione censurata introdurrebbe un irragionevole disparità di trattamento tra condannati per i medesimi delitti, a seconda che la loro istanza di ammissione ad una misura alternativa alla detenzione sia stata esaminata anteriormente o successivamente all’entrata in vigore della legge n. 3 del 2019, nonché inciderebbe sul percorso rieducativo del condannato, senza consentire alcuna valutazione individualizzata. Analoghe questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 6, lettera b), della legge 9 gennaio 2019, n. 3 sono state sollevate anche da altri giudici. La Corte di appello di Lecce (r.o. n. 115 del 2019), il Tribunale di Sorveglianza di Taranto (r.o. n. 157 del 2019), il Tribunale di Brindisi (r.o. n. 160 e n. 161 del 2019) lamentano, in particolare, l’estensione del regime dell’articolo 4-bis, comma 1, al reato di cui all’articolo 314, primo comma, del codice penale senza prevedere un regime transitorio che dichiari applicabile la norma ai soli fatti commessi successivamente all’entrata in vigore della legge n. 3 del 2019. Il Tribunale di Cagliari (r.o. n. 118 del 2019), il Tribunale di Napoli (r.o. n. 119 del 2019), il Tribunale di Caltanissetta (r.o. n. 193 e n. 194 del 2019) denunciano, in generale, l’inserimento dei reati contro la pubblica amministrazione tra quelli ostativi alla concessione di alcuni benefici penitenziari ai sensi dell’articolo 4-bis, comma 1, della legge n. 354 del 1975, senza prevedere un regime transitorio. Infine, il Tribunale di sorveglianza di Potenza (r.o. n. 210 del 2019) e il Tribunale di sorveglianza di Salerno (r. o. n. 220 del 2019) lamentano l’applicabilità della novella legislativa, rispettivamente, il primo rimettente, ai delitti di cui agli articoli 317 e 319 del codice penale, il secondo giudice, ai delitti di cui all'articolo 319-quater, primo comma, del codice penale, commessi anteriormente all'entrata in vigore della novella. I giudici rimettenti argomentano svolgendo considerazioni prevalentemente analoghe a quelle esposte dal Tribunale di sorveglianza di Venezia.