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Anno XVI - n. 09 - Settembre 2024

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Rimessa alla CGUE la questione interpretativa relativa al termine di conclusione degli accertamenti preliminari, per la contestazione delle sanzioni antitrust. Ordinanza del Consiglio di Stato.

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Consiglio di Stato, Sez. VI, ord. del 9 luglio 2024, n. 6057.

È rimessa alla Corte di giustizia dell’Unione europea, ex art. 267 TFUE, la seguente questione pregiudiziale: se l’art. 101 TFUE osti a una normativa nazionale, quale quella di cui all’art. 14, legge 24 novembre 1981, n. 689, che, ai fini dell’esercizio dei poteri sanzionatori, impone all’Autorità garante della concorrenza e del mercato di notificare alle imprese interessate il provvedimento di avvio dell'istruttoria, che indica inter alia gli elementi essenziali in merito alle presunte infrazioni, entro il termine decadenziale di novanta giorni, ovvero trecentosessanta giorni per le imprese residenti all’estero, decorrente dal momento in cui l’autorità ha la conoscenza della violazione.

È rimessa alla Corte di giustizia dell’Unione europea, ex art. 267 TFUE, la seguente questione pregiudiziale: se l’art. 101 TFUE osti a una normativa nazionale, quale quella di cui all’art. 14, legge 24 novembre 1981, n. 689, che, ai fini dell’esercizio dei poteri sanzionatori, impone all’Autorità garante della concorrenza e del mercato di notificare alle imprese interessate il provvedimento di avvio dell'istruttoria, che indica inter alia gli elementi essenziali in merito alle presunte infrazioni, entro il termine decadenziale di novanta giorni, ovvero trecentosessanta giorni per le imprese residenti all’estero, decorrente dal momento in cui l’autorità ha la conoscenza della violazione.

Osserva il Consiglio di Stato:

a) come nella disciplina italiana antitrust, l'avvio del procedimento volto all’accertamento di eventuali violazioni del diritto della concorrenza;

a1) sia preceduto da una fase preliminare (pre-istruttoria) nella quale l’Autorità per la concorrenza e il mercato (AGCM) - sulla base di segnalazioni, denunce, esposti, notizie o informazioni autonomamente acquisite - procede, in ossequio al disposto dell'art. 12 della l. 10 ottobre 1990, n. 287, in via officiosa a una indagine di tipo preliminare volta a verificare la sussistenza dei presupposti per procedere all’avvio dell’istruttoria (è questa la valutazione di cui all’inciso del primo comma dell’art. 12 della legge 10 ottobre 1990 n. 287, sicché si instauri solo qualora l'Autorità, ravvisando una “presunta infrazione” (art. 14, comma 1, della l n. 287 del 1990), deliberi di procedere all’istruttoria finalizzata a verificarne l’esistenza, notificandone l’apertura alle imprese e agli enti interessati (art. 14, della l. n. 287 del 1990; art. 6, del d.P.R. 30 aprile 1998, n. 217);

a2) tale fase di pre-istruttoria non può compendiarsi in attività estremamente complesse, per la semplice ragione che l'attività istruttoria vera e propria - id est: le richieste di informazioni e documenti, le ispezioni, le perizie, le analisi statistiche ed economiche, le consultazioni di esperti, di cui agli artt. 9 e segg. d.P.R. n. 217 del 1998 - può essere posta in essere solo dopo la notifica alle parti interessate del provvedimento che dà avvio alla istruttoria;

a3) come la predetta durata fase pre-istruttoria non sia determinata dal legislatore italiano che non ha espressamente disciplinato entro quale termine debba concludersi tale fase pre-istruttoria così determinando il sorgere di diversi orientamenti interpretativi;

soggetto inciso) tutte le ipotesi di sanzioni amministrative, sia che siano attinenti a reati depenalizzati, sia che conseguano ad illeciti qualificati ab origine come amministrativi, con la sola eccezione delle violazioni disciplinari e di quelle comportanti sanzioni non pecuniarie; - in ragione dell'assenza di una specifica disciplina derogatoria poiché: i) l'art. 31 della l. n. 287 del 1990 prevede l'applicazione delle norme generali di cui alla l. n. 689 del 1981 "in quanto applicabili" e, a propria volta, il regolamento in materia di procedure istruttorie dell'Autorità (d.P.R. n. 217 del 1998) non reca l'indicazione di alcun termine per la contestazione degli addebiti, e quindi non può far ritenere "diversamente stabilita" la scansione procedimentale e, quindi, inapplicabile il termine di cui all'art. 14, L. n. 689/1981 (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 10 luglio 2018 n. 4211); ii) diversamente, per varie altre autorità indipendenti, talora sono le stesse leggi che ne regolano l’esercizio dei poteri sanzionatori ad imporre l’osservanza di un termine per la contestazione delle violazioni al soggetto incolpato, talvolta derogando rispetto al termine fissato dall’art. 14 della l. n. 689 della 1981, segnatamente, l' art. 45, comma 5, d.lgs. 1 giugno 2011, n. 93 (per l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente); art. 195, comma 1, del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (per la Banca d’Italia e la Commissione nazionale per la società e la borsa, con riguardo alle sanzioni amministrative previste nel titolo II del Capo V del d.lgs. n. 58 del 1998), l'art. 19-quinquies, d.lgs. 5 dicembre 2005, n. 252 (per la Commissione di vigilanza sui fondi pensione);

a4) per un indirizzo giurisprudenziale prevalente – sposato anche dalla sezione rimettente – deve trovare applicazione il sistema normativo previsto dal Capo I della l. n. 689 del 1981: - stante la portata generale della disciplina ivi prevista emergente dall'art. 12 della legge medesima: i) sia sulla base del suo tenore letterale poiché si stabilisce che le relative disposizioni si osservano, in quanto applicabili e salvo che non sia diversamente stabilito, per tutte le violazioni per le quali è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 4 ottobre 2022, n. 8503, Id. 9 maggio 2022, nn. 3570, 3571, 3572, in Foro amm., 2022, 623; Id., 8 febbraio 2022 n. 878; 25 gennaio 2021 n. 738); ii) sia sulla base dell’intentio legis sottesa e volta a assoggettare ad uno statuto unico ed esaustivo (e con un medesimo livello di garanzie procedimentali per il  - in quanto espressione del principio di tempestività della contestazione, posto a tutela del diritto di difesa, quale corollario della natura sostanzialmente penale delle sanzioni antitrust e della conseguente applicabilità alla presente fattispecie dei principi fondamentali del diritto punitivo (tra cui il diritto ad un “fair trial” ex art. 6 CEDU) e, declinato, nel nostro sistema, dal già citato art. 14 della l. n. 689 del 1981 è ricollegato non già alla data di commissione della violazione, bensì al tempo di accertamento dell'infrazione.

Si fa riferimento non alla mera notizia del fatto ipoteticamente sanzionabile nella sua materialità, ma all'acquisizione della piena conoscenza della condotta illecita, implicante il riscontro (allo scopo di una corretta formulazione della contestazione) della sussistenza e della consistenza dell'infrazione e dei suoi effetti. Ne discende la non computabilità del periodo ragionevolmente occorso, in relazione alla complessità delle singole fattispecie, ai fini dell'acquisizione e della delibazione degli elementi necessari per una matura e legittima formulazione della contestazione (cfr. Cass. civ., sez. II, 13 dicembre 2011, n. 26734, in Giust. civ., Mass., 2011, 1766; e 21 aprile 2009, n. 9454, in Giust. civ., Mass., 2009, 655);

a5) per un diverso orientamento - cui il giudice di primo grado, nella fattispecie in esame, ha aderito - il citato art. 14 della l. n. 689 del 1981 non può trovare applicazione;

b) come il diritto comunitario: b1) non osti a previsioni nazionali del tipo descritto dal momento che, in assenza di specifiche disposizioni sul punto del legislatore europeo [non contenute nemmeno nel regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, che disciplina la materia], gli Stati membri, in ragione della loro autonomia procedurale, siano liberi di prevedere dei termini di durata della fase preistruttoria purché non irragionevoli e purché non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’attuazione del diritto comunitario, non rilevando in tal senso la circostanza che, per i procedimenti antitrust condotti dalla Commissione europea, non sia previsto un termine di decadenza per l’avvio della procedura formale, giacché. in base ai principi di effettività e di equivalenza, il diritto nazionale ben può accordare maggior tutela, anche attraverso la previsione di un tale termine per i procedimenti condotti dall’autorità nazionale;

b2) fornisca utili indicazioni interpretative da ancorarsi alla dalla direttiva 2019/1/UE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2018 che, sebbene ratione temporis non applicabile al caso in esame: i) nel prevedere l’obbligo per le autorità nazionali di trasmettere agli incolpati la comunicazione degli addebiti (art. 3, comma 3), pur non prescrivendo un termine entro cui la stessa debba essere inviata, precisa che i procedimenti antitrust devono essere soggetti a garanzie adeguate che soddisfino “almeno” i principi generali del diritto dell’Unione e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (considerando n. 14), rimanendo aperta per gli Stati membri la possibilità di fissare garanzie maggiori rispetto a quelle stabilite dal diritto comunitario; ii) stabilisce che i procedimenti antitrust debbano concludersi “entro termini ragionevoli”, dovendosi “trovare il giusto equilibrio tra il rispetto dei diritti fondamentali delle imprese e l'obbligo di garantire l'applicazione efficace degli articoli 101 e 102 TFUE” (considerando n. 14); iii) ammette che gli Stati membri stabiliscano dei termini di prescrizione “assoluti” del procedimento (considerando n. 70 e art. 29), ossia termini massimi non valicabili, non passibili di interruzione o sospensione, così confermando, mutatis mutandis, che il diritto europeo non osta alla previsione, nel diritto interno, di termini massimi, purché la durata di tali limitazioni assolute non renda praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’applicazione efficace degli articoli 101 e 102 TFUE;

c) alla luce di quanto si è detto sino ad ora, il termine fissato dal legislatore italiano (art. 14 della l. n. 689/1981) per l’invio della contestazione degli addebiti: i) non appare irragionevole, non rendendo eccessivamente difficile l’enforcement del diritto europeo e realizzando un giusto contemperamento tra tale ultimo interesse e le esigenze di tutela del diritto di difesa dei soggetti incolpati; ii) ha la funzione di consentire alle imprese di difendersi adeguatamente nel corso del procedimento, venendo messe tempestivamente a conoscenza degli addebiti loro rivolti e potendo così esercitare adeguatamente i propri diritti di difesa che devono essere garantiti a fronte delle possibili sanzioni pecuniarie che l’Autorità potrà loro comminare e che hanno natura sostanzialmente penale ai sensi dell’art. 6 CEDU; iii) non compromette l’enforcement del diritto europeo, anche considerato che tale termine riguarda la fase pre-istruttoria del procedimento durate la quale, come si è detto, l’Autorità può svolgere solamente attività preliminari, dal momento che, anche a tutela del diritto di difesa, gli accertamenti più complessi possono svolgersi solo successivamente; iv) non preclude, successivamente all’invio della contestazione degli addebiti, laddove emergano nuovi elementi prima non conosciuti dall’Autorità che la medesima possa estendere la contestazione soggettivamente ovvero oggettivamente (così come avvenuto anche nel caso di specie, dove l’AGCM, con delibera del 23 febbraio 2021, n. 28593, ha esteso l’oggetto dell’istruttoria);

d) come i provvedimenti che l’Autorità può adottare sono plurimi e rispondono a diverse finalità, affiancandosi a quella prettamente sanzionatoria quella di “cura dei mercati”, così potendosi delineare in progressione: i) la diffida, ossia un ordine con cui impone la cessazione dell’infrazione e dei suoi effetti e ne vieta le reiterazione in futuro; ii) cui possono aggiungersi, in presenza di “infrazioni gravi”, anche le sanzioni pecuniarie (così come previsto dall’art. 15 della n. 287 del 1990 nella versione ratione temporis vigente, e successivamente novellato – al fine di rendere più incisivi i poteri sul punto attribuiti all’Autorità – dalla l. 8 novembre 2021, n. 185, e) come il termine di decadenza fissato dall’art. 14 dalla l. n. 689/1981, essendo stabilito con riguardo ai procedimenti di irrogazione di sanzioni pecuniarie ed essendo diretto a garantire il diritto di difesa dell’incolpato nell’ambito di tali procedimenti, si applichi esclusivamente con riferimento all’esercizio della potestà sanzionatoria (si veda, mutatis mutandis, con riferimento alla garanzia del ne bis in idem con riguardo alle sanzioni irrogate dall’AGCM in materia di pratiche commerciali scorrette, la sentenza Cons. Stato, sez. VI, 22 marzo 2024, n. 2791, §§17-18, in Foro it., 2024, III, 229), sicché laddove l’Autorità decada dalla possibilità di esercitare tale potere, non rispettando detto termine perentorio, potrà nondimeno esercitare gli ulteriori poteri che le sono attribuiti, e segnatamente quello di “diffida”.