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Anno XVI - n. 10 - Ottobre 2024

  Diritto della Navigazione



Osservatorio sulla Giurisprudenza in materia di Diritto della Navigazione aggiornato al 31 agosto 2017. A cura di Luca Salamone

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  • Corte costituzionale 11 gennaio 2017 n. 40 (In tema di competenza delle leggi regionale sui beni demaniali marittimi).

    Con la pronuncia in rassegna il giudice costituzionale si è pronunciato sulla legittimità costituzionale dell’art. 14, commi 8 e 9, della legge della Regione Puglia 10 aprile 2015, n.17 (recante «Disciplina della tutela e dell’uso della costa»).

    In particolare, con la censura del comma 8 la Consulta conferma che per il rilascio di nuove concessioni (in tal senso Consiglio di Stato, sezione VI, 28 gennaio 2014, n. 432, con riferimento alla variazione del titolo concessorio), legittimamente la legge reg. Puglia n. 17/2015 prescrive, correttamente, il ricorso a procedure di evidenza pubblica, non previste, invece, dalla seconda parte del comma impugnato, che appunto dispone la destinazione diretta di tali aree alla variazione o traslazione dei titoli concessori in contrasto con il PCC (piano comunale delle coste). Ad avviso della Consulta, il mancato ricorso a procedure di selezione aperta, pubblica e trasparente tra gli operatori economici interessati determina, dunque, un ostacolo all’ingresso di nuovi soggetti nel mercato, non solo risultando invasa la competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., ma conseguendone altresì il contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., per lesione dei principi di derivazione europea nella medesima materia (si vedano in tal senso anche C. Cost. n. 171 del 2013, n. 213 del 2011, n. 340, n. 233 e n. 180 del 2010). 

    Quanto al comma 9 dell’art. 14 della legge reg. Puglia n. 17 del 2015, nella parte in cui prevede che «il PCC, nelle disposizioni transitorie volte a disciplinare le modalità di adeguamento dello stato dei luoghi antecedenti alla pianificazione, salvaguarda le concessioni in essere fino alla scadenza del termine della proroga di cui all’articolo 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n.194, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, salve le esigenze di sicurezza» che ad avviso del ricorrente avrebbe introdotto una proroga di concessioni demaniali in scadenza, con invasione della competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza e lesione dei principi pro-concorrenziali di derivazione europea. La questione è stata ritenuta fondata, in relazione all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. con riferimento alla fase transitoria di adeguamento dello stato dei luoghi preesistente alla nuova pianificazione, la disposizione in esame impone di «salvaguardare le concessioni in essere», fino alla scadenza del termine della proroga fissata dall’art. 1, comma 18, del d.l. n. 194 del 2009, come convertito e successivamente novellato, e, dunque, fino al 31 dicembre 2020. Essa è testualmente riferita a tutte «le concessioni in essere» e si applica, perciò, sia alle concessioni già assentite alla data di entrata in vigore del d.l. n. 194 del 2009, come convertito e successivamente modificato, sia alle concessioni rilasciate successivamente, incluse quelle conseguenti alla «variazione o traslazione dei titoli concessori in contrasto con il PCC», di cui alla seconda parte del precedente comma 8 del medesimo art. 14 della legge regionale. Il contenuto precettivo della disposizione impugnata è dunque volto a stabilire, per tutte le concessioni menzionate, una scadenza comune, individuata in quella fissata dal legislatore statale in sede di proroga disposta con l’art. 1, comma 18, del d.l. n. 194 del 2009. 

    Nondimeno ad avviso della Consulta, la disciplina dei termini di scadenza delle concessioni demaniali marittime incide sull’ingresso di altri potenziali operatori economici nel mercato e rientra nella materia «tutela della concorrenza». E la Corte ha già chiarito (cfr. sentenza C. cost. n. 49 del 2014) che in materie di competenza esclusiva dello Stato, come quella ex art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., sono «inibiti alle Regioni interventi normativi diretti ad incidere sulla disciplina dettata dallo Stato, finanche in modo meramente riproduttivo della stessa (cfr. sentenza n. 245 del 2013, che richiama le sentenze n. 18 del 2013, n. 271 del 2009, n. 153 e n. 29 del 2006)».

    Proprio con riferimento alle concessioni già in essere alla data di entrata in vigore del d.l. n. 194/2009, la costante giurisprudenza costituzionale (da ultimo, cfr. C. cost. n. 195/2015) afferma che la novazione della fonte, con intrusione negli ambiti di competenza esclusiva statale, costituisce causa di illegittimità costituzionale della norma regionale (cfr. C. cost. n. 35 del 2011), derivante non dal modo in cui essa ha disciplinato, ma dal fatto stesso di aver disciplinato una materia di competenza legislativa esclusiva dello Stato (cfr. C. cost. n. 18 del 2013).

    Ancora più evidente appare la violazione del parametro costituzionale ricordato nella parte in cui il comma 9 dell’art. 14 della legge reg. Puglia n. 17/2015 si applica anche alle concessioni rilasciate successivamente alla data di entrata in vigore del d.l. n. 194/ 2009. 

    La disposizione regionale riconduce, infatti, la scadenza ad un termine di nuovo conio, individuato per relationem in quello contenuto nella legge statale. In tal modo risultano prorogate concessioni che di una tale proroga non avrebbero potuto beneficiare, poiché la disciplina statale è relativa alle sole concessioni già in essere alla data di entrata in vigore del d.l. n. 194/2009.

  • Corte di Cassazione, Sez. IV - Penale, 20 gennaio 2017, n. 6376 (In tema di posizione di garanzia nei confronti di coloro che svolgono attività lavorative sulla nave).

    Con la sentenza in rassegna il supremo giudice di legittimità ha statuito che il comandante di una nave – che nella fattispecie senza alcun previo accertamento di natura medica circa l’idoneità all’immersione profonda, aveva imbarcato un lavoratore addetto alla cucina consentendogli anche di effettuare immersioni, nel corso di una delle quali quest'ultimo decedeva – in base all’ordinamento della navigazione marittima di cui al codice della navigazione, ha l’obbligo di sovraintendere a tutte le funzioni che attengono alla salvaguardia delle persone imbarcate, per detta ragione egli è quindi titolare di una posizione di garanzia nei confronti di tutti coloro che lavorano a bordo della nave sotto il suo controllo, e ciò indipendentemente dall’accertamento della esistenza di un rapporto di lavoro subordinato in senso civilistico, in ragione della sua naturale posizione gerarchica rispetto a tutti coloro che sono imbarcati.

  • Corte di Cassazione, Sez. I, 30 gennaio 2017, n. 2230 (In tema di diritto all’autoproduzione nell’ambito di beni demaniali e contemperamento della libertà d’impresa con interessi pubblici).

    Il caso in esame si riferisce ad una fattispecie nella quale un’impresa aveva chiesto che le fosse consentito il diritto d’attracco al terminale portuale di Villa San Giovanni negatole da altra impresa concorrente, già presente sul mercato del servizio di trasporto auto da Reggio Calabria a Messina in virtù di un provvedimento concessorio dell’ufficio locale marittimo. Con la sentenza in rassegna il supremo giudice di legittimità ha statuito che in tema di tutela della concorrenza e del mercato, in assenza di un monopolio legale e della prova dell’esistenza di un monopolio di fatto, il diritto all’autoproduzione di cui all’art. 9 della l. n. 287 del 1990 trova fondamento nell’art. 41, comma 1, Cost., tuttavia esso non è un diritto assoluto ed incondizionato, in quanto esige la verifica, da parte dell’autorità amministrativa, nella fattispecie quella marittima, addetta alla regolazione di quel determinato settore, che non vi siano ulteriori interessi pubblici ad una limitazione dell’uso di una certa infrastruttura (nel caso in esame il terminale portuale di Villa San Giovanni), la quale, per essere posta su beni appartenenti al demanio marittimo caratterizzati da una loro accessibilità limitata, esige il contemperamento di detti interessi e delle modalità di esercizio dei diritti contemperati.  

  • Corte di Cassazione, SS.UU. I, 2 febbraio 2017, n. 2735 (In tema di diritto all’autoproduzione nell’ambito di beni demaniali e contemperamento della libertà d’impresa con interessi pubblici).

    Con la sentenza in rassegna le Sezioni Unite del supremo giudice di legittimità ha statuito che la disciplina dettata dalla legge per i beni demaniali e relativa tutela possessoria si estende, in quanto compatibile, anche al mare territoriale, benché quest’ultimo non rientri fra tali beni, ma costituisca, al contrario, come ormai assodato anche in giurisprudenza, una res communis omnium. Su tale presupposto ad avviso del giudice di legittimità ne deriva che, anche rispetto in un tratto di mare territoriale è configurabile un diritto soggettivo di uso speciale, il quale ricorre allorché, pur non restando precluso l’uso comune del bene demaniale a tutti i componenti della collettività uti cives, un determinato soggetto risulti abilitato a trarre dal detto bene uti singulus utilità maggiori ed eventualmente in tutto od in parte diverse rispetto a quelle degli altri consociati. In particolare, tale diritto sussiste a favore del titolare della concessione demaniale marittima avente ad oggetto l’istallazione di uno stabilimento balneare aperto al pubblico, avendo il concessionario un evidente interesse differenziato all’esercizio della balneazione nello specchio di mare antistante il suo stabilimento. Sicché, ad avviso degli ermellini, anche l’alterazione della qualità dell’acqua marina è idonea a turbare (non il diritto di quivis, ma) l’esercizio del (possesso corrispondente al) diritto del concessionario del lido. 

  • Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sezione VII, 14 aprile 2017, n. 911 (In tema di proroga automatica delle concessioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico-ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati).

    Con la pronuncia in rassegna il giudice amministrativo per la Campania ha affrontato il ricorso di una società titolare di una concessione demaniale marittima, rilasciata dalla Giunta Regionale Campana, avente ad oggetto la gestione di un’attività di ristorazione e di stabilimento balenare nel Comune di Pozzuoli. La società ricorrente ha impugnato il provvedimento di decadenza della concessione balneare che ordinava l’immediata restituzione dei beni demaniali previo ripristino dello stato dei luoghi, sulla scorta di un presunto contrasto con il diritto comunitario delle previsioni di legge in tema di proroga automatica delle concessioni demaniali marittime. 

    Il giudice amministrativo regionale ha accolto il ricorso ritenendo in primo luogo che il provvedimento di decadenza fosse in contrasto con un precedente giudicato intervenuto sul punto: infatti già con sentenza n. 4514 del 26.09.2013 la stessa sezione si era espressa accertando con efficacia di giudicato la legittima proroga sino al 2020 della concessione sulla base della successione di norme da ultimo l’art. 34-duodecies d.l. 179/2012. Il giudice amministrativo aveva già deciso la stessa situazione (stesso provvedimento di decadenza, stesso ricorso, stesse parti e stesso rapporto giuridico oggetto al suo esame) e nell’odierna sentenza ha sancito «che il cosiddetto effetto conformativo si estende anche all’obbligo degli uffici comunali di adeguarsi ai canoni di legittimità della precedente pronuncia giurisdizionale evitando di rimettere in questione situazioni ormai consolidatesi». In buona sostanza ha configurato la violazione del giudicato in quanto il nuovo atto (provvedimento di decadenza del 2016) riproduce gli stessi vizi già censurati in sede giurisdizionale con la sentenza del 2013.

    Allo stesso tempo, il Tribunale amministrativo partenopeo, pur ribadendo in conformità della recente decisione della Corte di Giustizia UE sez. V, 14.07/2017 n. 458, l’incompatibilità delle proroghe automatiche ai principi UE da verificarsi in ragione dell’interesse transfrontaliero certo di ogni singola concessione, ritiene tale valutazione omessa nel caso di specie dal Comune di Pozzuoli il quale, ad adiuvandum delle ragioni difensive della ricorrente, avrebbe anche posto in essere comportamenti contraddittori riconoscendo, di contro la proroga per altri casi. A giudizio del tribunale campano tale provvedimento è illegittimo in quanto gli invocati principi eurounitari non sono stati applicati correttamente dal Comune di Pozzuoli. Ricorda infatti il Tar Campania che, secondo la sentenza “Promoimpresa” (Corte di giustizia Ue, sez. V, 14 luglio 2016), l’articolo 49 TFUE e l’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE (nota come “Bolkestein”) devono essere interpretati nel «senso che non consentono a una misura normativa nazionale di prevedere un meccanismo di proroga automatica delle concessioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico-ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati». Osserva tuttavia il collegio che «tale incompatibilità delle proroghe automatiche non ha però portata generalizzata ma va riconosciuta, per espressa precisazione della Corte, quanto tali concessioni presentino, in ragione delle relative caratteristiche geografiche ed economiche, un interesse transfrontaliero certo (quest’ultimo deve essere valutato sulla base di tutti i criteri rilevanti, quali “l’importanza economica dell’appalto, il luogo della sua esecuzione o le sue caratteristiche tecniche, tenendo conto delle caratteristiche proprie dell’appalto in questione”)». Ad avviso del giudice amministrativo l’automatica applicabilità del principio comunitario va dunque esclusa poiché ricade sull’amministrazione concedente l’onere di compiere una valutazione in concreto sull’interesse transfrontaliero. A giudizio del Tar Campania, la disapplicabilità automatica delle concessioni in essere, prorogate ex comma 18° D.L. n. 194/2009 conv. in legge n. 25/2010, va esclusa per un secondo ordine di ragioni e cioè con riferimento alla tutela del legittimo affidamento del concessionario. Ciò in quanto la Corte di Giustizia «riconosce, entro certi limiti, che il principio della certezza del diritto, applicabile nel caso di una concessione rilasciata in epoca risalente (“quando non era ancora stato dichiarato che i contratti aventi un interesse transfrontaliero certo avrebbero potuto essere soggetti a obblighi di trasparenza”) esige che la risoluzione di siffatta concessione sia corredata di un periodo transitorio che permetta alle parti del contratto di sciogliere i rispettivi rapporti contrattuali a condizioni accettabili, in particolare, dal punto di vista economico», anche da qui l’illegittimità della declaratoria di inefficacia della concessione in essere». 

    In definitiva dalla sentenza del Tar Campania si ricava il principio secondo cui, in tema di concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative, sia il giudice nazionale, sia le competenti pubbliche amministrazioni sono tenuti a compiere una valutazione caso per caso al fine di verificare sia la rilevanza economica dell’attività insistente sulla superficie demaniale, sia la ricorrenza o meno del legittimo affidamento del concessionario. 

  • Consiglio di Stato, Sezione V, 16 febbraio 2017, n. 688 (In tema di rilascio delle concessioni demaniali e principio di parità di trattamento).

    Con la pronuncia in rassegna il supremo consesso amministrativo, sulle orme di una giurisprudenza in materia ormai consolidata, ha statuito che non sussiste un obbligo di legge di procedere all’affidamento della concessione del demanio marittimo nelle forme tipiche delle procedura ad evidenza pubblica previste per i contratti d’appalto della pubblica amministrazione, con previa definizione dei criteri di valutazione delle offerte. L’affermazione generale di questo principio anche in materia di affidamento in concessione a privati di beni demaniali economicamente contendibili va infatti valutato alla luce della norma speciale vigente in materia di concessioni del demanio marittimo, consistente nell’art. 37 Cod. Nav., che nulla di ciò prevede. 

  • Consiglio di Stato, Sezione VI, 16 febbraio 2017, n. 698 (In tema di rilascio delle concessioni demaniali e principio di parità di trattamento).

    Con la pronuncia in rassegna il supremo consesso amministrativo ha statuito che la disposizione dell’art. 1, comma 251, L. n. 296/2006 risulta strutturata e concepita come introduttiva di nuovi criteri (legali) di calcolo del prezzo dovuto per l’uso di beni dello Stato, al fine di adeguare i canoni ai valori di mercato, senza che la modifica legislativa, in senso sfavorevole per l’utilizzatore del bene demaniale, delle condizioni economiche dei rapporti concessori (di durata) possa ritenersi in violazione del principio di affidamento sulla stabilità dei rapporti giuridici. 

  • Tribunale amministrativo regionale per la Campania – Salerno, Sezione II, 1 aprile 2017, n. 711 (In tema di natura della concessione demaniale marittima e revoca della stessa).

    Con la pronuncia in rassegna il giudice amministrativo per la Campania ha statuito che non incombe sulla competente amministrazione un obbligo tassativo ed inderogabile, ogni qual volta il privato responsabile dell’abusiva occupazione del demanio marittimo abbia inoltrato una domanda diretta ad acquisire in sanatoria il prescritto titolo di legittimazione, di pronunciarsi sull’istanza medesima, in quanto ciò che può esigersi dall’amministrazione competente è, tutt’al più, che essa tenga conto dell’eventuale sanabilità dell’occupazione (dovere che, come già chiarito in precedenza, resta a carico dell’amministrazione) prima di ingiungere lo sgombero del demanio marittimo, ma non può ritenersi che la presentazione di una qualunque istanza sia sufficiente per paralizzare il potere dovere di tutela del demanio marittimo, previsto dagli art. 54 e 55 Cod. Nav..