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Anno XVI - n. 04 - Aprile 2024

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Natura sanzionatoria e violazione del principio del ne bis in idem nei casi di interdittiva ANAC. Pronuncia del Consiglio di Stato.

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Consiglio di Stato, Sez. V, sent. del 25 gennaio 2022, n. 491.

Il rigetto di una istanza di riesame non equivale alla mancata apertura del procedimento di riesame, concernendo non già il profilo dell’iniziativa procedimentale, ma quello dell’epilogo decisorio, presupponente una nuova ponderazione degli interessi, condotta sulla base degli ulteriori elementi assunti a sostegno della decisione.

Qualora su di una determinata domanda vi sia stata statuizione del giudice e detta statuizione sia passata in giudicato, non è possibile che la stessa domanda venga riproposta, in quanto ciò comporterebbe la violazione del principio del ne bis in idem; ma perché ciò si verifichi, occorre che il precedente giudizio coinvolga le stesse parti in causa e prospetti gli stessi elementi identificativi dell’azione proposta, e quindi che nei giudizi sia chiesto l’annullamento degli stessi provvedimenti, od al più di provvedimenti diversi ma legati da uno stretto vincolo di consequenzialità, in quanto inerenti ad un medesimo rapporto, sulla base di identici motivi di impugnazione.

Il potere esercitato dall’Anac con l’annotazione nel casellario informatico, ai sensi del predetto art. 38, comma 1-ter, d.lgs. n. 163 del 2006 ha natura sanzionatoria ed afflittiva, con carattere dunque tassativo e di stretta interpretazione (al pari, del resto, delle altre cause di esclusione); ne consegue che l’art. 38, comma 1-ter, d.lgs. n. 163 del 2006 non si applica al di fuori dei casi considerati di presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione.

Ha chiarito la Sezione che la conferma impropria si ha allorchè l’amministrazione, a fronte di un’istanza di riesame, si limiti a dichiarare l’esistenza di un suo precedente provvedimento (in definitiva, a richiamarlo), senza compiere alcuna ulteriore istruttoria e senza esprimere una nuova motivazione; ove invece i fatti ed i motivi prospettati dal richiedente siano in qualche modo rivalutati, si ha una decisione di merito, di segno negativo, che costituisce una conferma propria (in quanto ha un contenuto identico a quello originario), provvedimento autonomamente impugnabile.
​​​​​​​Il riesame, quantunque ampiamente discrezionale, essendo rimesso alla valutazione di merito dell’amministrazione, allorchè viene attivato, si conclude con un provvedimento che, ove analogo al precedente, assume la natura di conferma propria, esorbitando dall’ambito dell’atto ad effetto confermativo, che si configura allorchè l’amministrazione dà atto dell’esistenza di un precedente provvedimento, rifiutando di procedere ad una nuova valutazione dell’affare.  

Né può trascurarsi di considerare come talora il potere di riesame sia funzionale al ripristino della coerenza e ragionevolezza dell’ordinamento (valore primario dell’ordinamento, come affermato anche, ovviamente su altro piano, dalla giurisprudenza costituzionale nei più variegati settori dell’ordinamento: a titolo esemplificativo, Corte cost., 30 novembre 1982, n. 204 e 15 marzo 2020, n. 54).

La Sezione ha ricordato che sul piano interpretativo, la differenza tra dichiarazioni omesse e false, riconducendo le due ipotesi rispettivamente nell’ambito dell’art. 80, comma 5, lett. c-bis), ovvero lett. f-bis), d.lgs. n. 50 del 2016. In particolare, Cons. Stato, Ad. Plen., 28 agosto 2020, n. 16 ha precisato che le fattispecie riconducibili nella prima previsione non consentono l’esclusione automatica dalla procedura di gara, ma impongono alla stazione appaltante di svolgere la valutazione di integrità ed affidabilità del concorrente. Al contrario, la falsità dichiarativa ha attitudine espulsiva automatica ed è predicabile rispetto ad un “dato di realtà”, ovvero ad una situazione fattuale per la quale possa porsi l’alternativa logica “vero/falso” rispetto alla quale valutare la dichiarazione resa dall’operatore.

Ora, a prescindere da questi profili attinenti alla disciplina della gara, ciò che rileva in questa sede è che risulta ormai acclarata la differenza giuridica tra omessa dichiarazione e falsa dichiarazione. Solo quest’ultima (unitamente alla falsa documentazione) assume valore, a termini dell’art. 38, comma 1-ter, d.lgs. n. 163 del 2006, ma anche dell’analogo art. 80, comma 12, del d.lgs. n. 50 del 2016, nella prospettiva della segnalazione all’Anac, la quale, ove la ritenga resa con dolo o colpa grave, dispone l’iscrizione nel casellario informatico ai fini dell’esclusione dalla gara e dagli affidamenti di subappalti. 

Il sopravvenuto chiarimento giurisprudenziale non ha peraltro una “portata innovativa”, in quanto, come detto, già l’art. 38, comma 1-ter, limitava, come emerge dalla sua ermeneusi letterale, la segnalazione alle ipotesi di falsa dichiarazione o falsa documentazione, locuzione che comunque non ammette un’interpretazione estensiva (nei confronti delle dichiarazioni omesse), operando il principio di stretta tipicità legale della fattispecie sanzionatoria, come questa Sezione ha avuto occasione di porre in evidenza in pronunce cautelari.

Tornando sulla natura giuridica dell’annotazione nel casellario, osserva il Collegio come sia impossibile escluderne una natura sanzionatoria, a prescindere (come già ritenuto anche da Cass., sez. un., 4 dicembre 2020, n. 27770) dalla ravvisabilità degli indici elaborati dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo per l’affermazione di un quid pluris e cioè della natura sostanzialmente penale (cui devono correlarsi determinate garanzie) della sanzione ai sensi e per gli effetti dell’art. 6 della convenzione europea dei diritti dell’uomo, ed in particolare di quelli della qualificazione giuridica dell’illecito nel diritto nazionale, della intrinseca natura dell’illecito e del grado di severità della sanzione in cui l’interessato rischia di incorrere (c.d. “Engel criteria”, affermati per la prima volta dalla Corte EDU, 8 giugno 1976, Engel c. Paesi Bassi, e poi ribaditi dalla sentenza 4 marzo 2014, Grande Stevens e altri c. Italia), tematica cui è applicabile la recente giurisprudenza costituzionale evocata dall’appellante, concernente in definitiva l’estensione dello “statuto costituzionale” delle sanzioni penali a quelle amministrative a carattere punitivo (tra cui i principi di irretroattività della norma sfavorevole, e di retroattività della lex mitior : cfr. Corte cost. 16 aprile 2021, n. 68). 

Occorre considerare che, seppure l’annotazione sia generalmente ricondotta nell’ambito della funzione di vigilanza e controllo dell’Anac (argomentando anche dall’art. 213, comma 10, d.lgs. n. 50 del 2016), con riguardo alla falsa dichiarazione o falsa documentazione non costituisce un mero atto dovuto da parte dell’Anac a seguito della segnalazione, imponendo altresì un giudizio di imputabilità della falsa dichiarazione (in termini di dolo o colpa grave), e producendo delle conseguenze inequivocabilmente afflittive, in particolare l’esclusione dalle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalti per un dato arco temporale, così da assumere -lo si ripete- natura sanzionatoria.