ISSN 2039 - 6937  Registrata presso il Tribunale di Catania
Anno XVII - n. 05 - Maggio 2025

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Legittimazione passiva nelle azioni risarcitorie e di aiuti di Stato.

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Consiglio di Stato, Sez. II, sent. del 6 maggio 2020, n. 2866.

In caso di domanda di risarcimento dei danni cagionati ai privati dal mancato esercizio del potere amministrativo, la questione del se e in quale misura le diverse amministrazioni coinvolte dalla legge nel procedimento amministrativo fossero chiamate a partecipare alle attività il cui omesso svolgimento ha determinato il danno, con il connesso esame dell’articolazione della procedura e delle diverse competenze, afferisce non al profilo del rito della legittimazione passiva rispetto all’azione risarcitoria, ma al merito del giudizio e cioè alla sussistenza o meno dell’obbligo di provvedere e delle connesse responsabilità in capo a ciascuna delle amministrazioni interessate; conseguentemente, non può essere accolta l’eccezione preliminare con la quale l’amministrazione convenuta in giudizio assuma il proprio difetto di legittimazione passiva, sulla base di una ricostruzione della procedura e della suddivisione delle competenze difforme da quella proposta dal ricorrente (1).


In tema di aiuti di Stato, ai sensi dell’art. 88, paragrafo 3, n. 3, del Trattato istitutivo dell’Unione europea – secondo cui  “Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale” - se i progetti di aiuto devono essere immediatamente notificati alla Commissione e rimangono sospesi nella erogazione fino a che non vengano autorizzati con apposita decisione positiva, ciò non impedisce che medio tempore siano avviate e portate avanti tutte le attività e le procedure volte al riconoscimento, all’attribuzione ed alla quantificazione dei benefici, rimanendo sospensivamente condizionato al nulla osta della Commissione la sola materiale corresponsione degli stessi (2).
 

(1) Ha chiarito la sentenza che la questione dell’ammissibilità della domanda di condanna al risarcimento del danno ingiusto derivante da mancato esercizio di attività amministrativa obbligatoria comporta, prima ancora della verifica del corretto e puntuale esercizio dell’attività amministrativa da parte della Regione appellante - come da quest’ultima preteso -, l’individuazione e la valutazione del quadro normativo cui una tale attività amministrativa andrebbe ascritta. Inoltre, il perimetro di tale attività va definito in base all’organizzazione delle competenze di tutti i soggetti istituzionali nella materia in questione, precisandone le condizioni e i presupposti di esercizio.
Tale valutazione attiene al merito della controversia, cioè al problema della fondatezza della domanda e della verifica della sussistenza della posizione soggettiva fatta valere in giudizio.

(2) La sospensione dell’erogazione di un regime di aiuti preclude, dunque, la fase del pagamento (erogazione dell’aiuto), ma non le attività istruttorie e le fasi contabili precedenti a quella del pagamento quali l’impegno di spesa. Nella fattispecie, la condizione sospensiva dell’efficacia delle disposizioni del d.m. 2 maggio 2006, oggetto dell’avvertenza posta in calce ad esso, aveva ad oggetto l’erogazione degli interventi di sostegno finanziario, ma non le attività amministrative diverse da essa; del resto, solo dall’erogazione degli indennizzi l’art. 9, comma 3, dello stesso d.m. faceva derivare la registrazione ai sensi dell’art. 3 del regolamento (CE) n. 69/2001 per il computo dell’importo complessivo degli aiuti de minimis. Né pare che possa farsi derivare un diverso effetto dall’avvertenza posta in calce al decreto ministeriale, anche considerata la sua estraneità al corpo normativo del provvedimento.