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Anno XVI - n. 03 - Marzo 2024

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Interruzione del giudizio per morte della parte e riassunzione del giudizio.

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Consiglio di Stato, Sez. VI, ord. coll., 28 gennaio 2020, n. 704.

In presenza di una dichiarazione del difensore costituito ex art. 300 c.p.c. relativa alla morte del proprio assistito, funzionale ad ottenere l’interruzione del processo, depositata in giudizio e legalmente conosciuta dalle altre parti mediante la celebrazione dell’udienza (in cui venga trattata la questione dell’avvenuta dichiarazione dell’evento interruttivo), si determina comunque l’interruzione del processo, con decorrenza del termine di riassunzione da rispettare a pena di estinzione del giudizio (1).

(1) Ricorda la Sezione che in subiecta materia, secondo un primo indirizzo (Cons. St., sez. IV, 3 ottobre 2017, n. 4587; id., sez. V, 16 aprile 2014, n. 1954), la dichiarazione dell’evento interruttivo dovrebbe avvenire con atto notificato alle altre parti o con dichiarazione resa in udienza, fattispecie tipiche regolate dal legislatore ai sensi del combinato disposto degli artt. 79, comma 2, c.p.a. e 300 c.p.c., che non ammetterebbero atti equipollenti; di conseguenza, non assumerebbero rilevanza il mero deposito del certificato di morte della parte processuale ovvero la dichiarazione dell’evento interruttivo resa in atto depositato in giudizio, tenuto conto che, nel primo caso, mancherebbe una dichiarazione del difensore costituito ai fini della produzione dell’effetto interruttivo, nel secondo caso, in assenza di un onere di continuo monitoraggio del fascicolo del giudizio, non potrebbe ritenersi rilevante il deposito di un atto processuale non legalmente conosciuto dalle altre parti processuali.

Secondo altro indirizzo, invece, la richiesta di interruzione del processo dichiarata con atto depositato in giudizio potrebbe essere valorizzata ai fini dell’integrazione della fattispecie interruttiva (Cons. St., sez. II, 11 dicembre 2019, n. 8407, che ha dichiarato l’interruzione del processo sulla base di un certificato di morte e di una richiesta di interruzione depositati in atti; cfr. anche Cons. St., sez. IV, 6 novembre 2018, n. 6268 che, in un caso di mancata comparizione dei difensori all’udienza, ha comunque dichiarato l’interruzione del processo sulla base di un certificato di morte, acquisito al giudizio, riguardante una delle parti processuali).

La ratio sottesa alle disposizioni processuali, nella parte in cui subordinano l’interruzione del processo ex art. 300 c.p.c. ad apposita dichiarazione del difensore della parte costituita, risponde all’esigenza di tutelare l’effettività del diritto di difesa della parte colpita dall’evento interruttivo. In siffatte ipotesi, l’ordinamento processuale assicura al difensore costituito, professionista qualificato in grado di meglio apprezzare le iniziative processuali da svolgere a tutela del proprio assistito, il potere di scelta tra la prosecuzione del processo e la sua interruzione, dipendendo l’effetto interruttivo da una sua dichiarazione espressa da rendere in giudizio.

Tale iniziativa, riservata al difensore costituito, peraltro, è regolata dall’ordinamento processuale civile (art. 300 c.p.c.), cui rinvia l’art. 79, comma 2, c.p.a., anche nelle forme di comunicazione all’uopo da osservare, potendo il difensore rendere la dichiarazione verbalmente in udienza ovvero per iscritto con atto da notificarsi alle altre parti processuali.