Ultimissime

Interesse negativo a non essere coinvolto in trattative inutili e risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale. Pronuncia del Consiglio di Stato.
Consiglio di Stato, Sez. V, sent. del 12 marzo 2025, n. 2045.
Orbene, in presenza di un parere siffatto, il cui contenuto può senz’altro essere condiviso nella presente sede giudiziale, costituendo espressione della corretta interpretazione della normativa di riferimento, la revoca dell’aggiudicazione (da qualificarsi giuridicamente in termini di annullamento in autotutela) costituiva atto del tutto legittimo, in quanto adottato sulla base del contemperamento di tutti gli interessi in gioco, dovendo in particolare l’interesse dell’appellante alla stipula del contratto ritenersi recessivo rispetto all’interesse pubblicistico alla massima partecipazione alle gare, tenuto conto altresì del ridotto spazio temporale intercorrente dalla data dell’aggiudicazione (2.3.2020) a quella della revoca (27.7.2020), che non ha consentito il consolidarsi di un affidamento particolarmente qualificato in capo all’appellante.
Per tali ragioni, in presenza di una revoca (rectius: annullamento) legittima, l’azione di risarcimento del danno da mancata stipula del contratto non può essere accolta, difettando uno degli elementi costitutivi di cui all’art. 2043 c.c.
Esclusa la ricorrenza dei presupposti normativi richiesti al fine del sorgere di responsabilità extracontrattuale in capo al Comune appellato, occorre ora procedere allo scrutinio dell’ulteriore domanda, proposta dall’appellante in via subordinata, di condanna del Comune al risarcimento dei danni conseguenti all’accertata responsabilità precontrattuale dell’Amministrazione.
Sul punto, premette il Collegio che, in ambito civilistico, la responsabilità precontrattuale postula che l’affidamento abbia ad oggetto lo svolgimento di trattative che non siano inutili: ciò che accade laddove una delle controparti le intraprende senza avere intenzione di stipulare il contratto o sapendo, o dovendo sapere, di stipulare un contratto invalido, così violando il generale dovere di buona fede.
Anche in ambito pubblicistico, l’art. 1 comma 2-bis della legge n. 241 del 1990 dispone che i “rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede”, positivizzando una regola generale delle relazioni giuridiche intersoggettive, che, in ambito pubblicistico, oltre a connotarsi per specifiche declinazioni, trae fondamento nei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento (art. 97 comma 2 Cost.).
A fronte del dovere di buona fede si pone l’affidamento sulla correttezza dell’operato della pubblica amministrazione, la quale – al pari di qualsivoglia soggetto giuridico – è tenuta ad agire nel rispetto delle regole testé richiamate, evitando di coinvolgere il privato incolpevole in trattative inutili, ovvero – come nella fattispecie in esame – in negozi invalidi.
In tal senso, l’affidamento nella legittimità dei provvedimenti dell’amministrazione e più in generale sulla correttezza del suo operato è stato riconosciuto dalla risalente giurisprudenza del Consiglio di Stato come situazione giuridica soggettiva tutelabile attraverso il rimedio del risarcimento del danno (cfr. C.d.S., AP n. 6/05).
Di recente, questo Consesso, nella sua più autorevole composizione, ha affermato che: “Nei rapporti di diritto amministrativo, inerenti al pubblico potere, è configurabile un affidamento del privato sul legittimo esercizio di tale potere e sull’operato dell’amministrazione conforme ai principi di correttezza e buona fede, fonte per quest’ultima di responsabilità non solo per comportamenti contrari ai canoni di origine civilistica ora richiamati, ma anche per il caso di provvedimento favorevole annullato su ricorso di terzi” (C.d.S., AP n. 21/2021).