ISSN 2039 - 6937  Registrata presso il Tribunale di Catania
Anno XVI - n. 05 - Maggio 2024

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Insufficienza delle misure di self cleaning. Pronuncia del Consiglio di Stato.

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Consiglio di Stato, Sez. III, sent. del 9 maggio 2023, n. 4669.

A questo proposito è opportuno sottolineare che – come ha correttamente sottolineato la CUC nel provvedimento di esclusione – “la condotta penalmente ascritta al dipendente, come emerge dal provvedimento applicativo di misure cautelari, era in corso da tempo senza che venisse effettuata alcuna segnalazione o preso alcun provvedimento diretto -OMISSIS-, dimostrando in tal modo sia una carenza e inadeguatezza dei controlli e delle procedure, sia – sotto ulteriore e concorrente profilo – una non efficiente catena di comando a vigilanza dell’operato del responsabile della suddetta struttura regionale, tale da permettere il prolungarsi nel tempo delle condotte illecite ascritte -OMISSIS-”.

Quanto affermato dalla CUC trova riscontro dalla disamina delle intercettazioni poste a fondamento della misura cautelare, che sono state depositate in giudizio.

Ne consegue che – la valutazione discrezionale della CUC – secondo cui il modello organizzativo della società non sarebbe stato idoneo ad impedire illeciti, come quelli contestati al -OMISSIS-, non si appalesa illogica o irragionevole, anche alla luce dei principi della giurisprudenza della Corte di Cassazione in precedenza richiamati: è del tutto evidente che la reiterazione di condotte irregolari nella gestione delle gare per la ristorazione scolastica in Lombardia, senza che ciò venisse alla luce, non può essere solo imputabile alla condotta fraudolenta di un dipendente infedele, ma deve ritenersi, ragionevolmente, che sia stato agevolato dalla mancanza di “contromisure” adottate dall’operatore economico, in grado di impedire fenomeni corruttivi e di turbativa d’asta.

Alla luce di questi presupposti, si appalesa legittima la valutazione di insufficienza delle misure di self cleaning predisposte dalla società appellante: la CUC, infatti, a seguito di approfondita istruttoria aveva ritenuto “l’inadeguatezza della catena di comando, dei controlli e delle procedure di verifica interna che è in grado di compromettere l’integrità e l’affidabilità dell’operatore economico concorrente incrinando il rapporto fiduciario con la stazione appaltante”; tenuto conto dell’inidoneità del modello organizzativo esistente al momento della presentazione dell’offerta, del solo avvio e non completamento delle misure rimediali, assunte urgentemente a seguito della vicenda penale in questione, e quindi della mancanza di sufficienti elementi di prova dai quali desumere – allo stato – il venir meno del giudizio di non integrità e di non affidabilità della società -OMISSIS-, legittimamente la CUC ha ritenuto inidonee, in relazione alla gara in questione, le misure di self cleaning adottate.

Tale giudizio non contrasta con la giurisprudenza richiamata dall’appellante, relativa alla valutabilità delle misure rimediali assunte in corso di causa (cfr. sul punto, Cons. Stato, Sez. III, 22 febbraio 2023, nn. 1790 e 1791), in quanto il giudizio sfavorevole della CUC è stato reso tenendo conto che le misure adottate non erano state ancora attuate e, quindi, dovevano ritenersi, a quel momento, come meramente formali e, pertanto, non idonee a far venire meno la valutazione negativa sull’affidabilità dell’operatore economico.

Per quanto concerne, infine, la vicenda relativa all’appalto -OMISSIS-, per il quale era stata applicata dall’Amministrazione la penale per frode nelle pubbliche forniture ed inadempimento, si tratta, evidentemente, di un elemento aggiuntivo addotto dalla CUC per ribadire la mancata affidabilità ed integrità dell’operatore economico; è del tutto evidente che il provvedimento di sospensione si fonda, legittimamente, sul primo aspetto, quello relativo alla condotta penalmente rilevata tenuta -OMISSIS- nell’appalto relativo al Comune -OMISSIS-.

Trattandosi di provvedimento plurimotivato, il primo presupposto (ritenuto immune da vizi di legittimità) è di per sé idoneo a sostenerlo.

Ne consegue l’infondatezza del primo motivo di appello.