ISSN 2039 - 6937  Registrata presso il Tribunale di Catania
Anno XVII - n. 05 - Maggio 2025

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Il Consiglio di Stato si esprime sul risarcimento del danno cagionato dall’illegittimo esercizio del potere di revoca di un provvedimento amministrativo ampliativo.

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Consiglio di Stato, Sez. III, sent. dell' 8 maggio 2025, n. 3914.

Ove la fonte di responsabilità aquiliana della p.a. si sia perfezionata prima dell’entrata in vigore del nuovo codice del processo amministrativo, deve trovare applicazione non già l’art. 30, comma 3 c.p.a., bensì la disciplina previgente, per cui all'azione risarcitoria da illegittimo esercizio della funzione amministrativa proposta in via autonoma dopo l’annullamento degli atti amministrativi, si applica il termine di prescrizione quinquennale di cui all’art. 2947, comma 1, c.c., decorrente dalla data del passaggio in giudicato della decisione di annullamento del giudice amministrativo.

La parte che agisce in giudizio per ottenere il risarcimento del danno derivante da lesione di interesse legittimo è tenuta a provare tutti gli elementi dell’illecito aquiliano, con la conseguenza che la carenza di uno qualsiasi di essi comporta il rigetto dell’azione. È pertanto infondata la pretesa risarcitoria nel caso di mancata prova della spettanza del bene della vita - nell'ipotesi di specie mantenimento in essere della convenzione oggetto di revoca - che costituisce una condizione imprescindibile per il riconoscimento della responsabilità risarcitoria, non essendo all’uopo sufficiente la mera illegittimità del provvedimento amministrativo.

Qualora il provvedimento di revoca sia stato annullato per vizi formali (ciò che rimette alla p.a. ogni nuova e ulteriore determinazione) non può sostenersi l’automatica spettanza del risarcimento del danno (affermando di essere già titolare del bene della vita, illegittimamente leso con l’atto di revoca), incombendo all’interessato la prova dell’effettiva spettanza del bene della vita costituito dalla conservazione del provvedimento ampliativo.

Mentre nell'ipotesi  di lesione di un interesse legittimo c.d. oppositivo, la spettanza del bene  deve considerarsi  in re ipsa, essendo lo stesso già nella sfera giuridica del privato che viene indebitamente compressa dal provvedimento amministrativo illegittimo, nell'ipotesi di  c.d. interesse pretensivo, colui che esercita l'azione risarcitoria  è tenuto a dimostrare la c.d. spettanza del bene della vita, ovvero deve allegare e provare di essere titolare, in base ad una norma giuridica, del bene della vita che ha perduto o al quale anela, e di cui attraverso la domanda giudiziale vorrebbe ottenere l'equivalente economico.