Ultimissime

Il CGARS si esprime sulla cessazione del Consiglio comunale per dimissioni contestuali dei componenti.
CGARS, Sez. Giurisd., sent. del 16 ottobre 2024, n. 793.
L’art. 11, comma 2, della l.r. n. 35 del 1997 (“Cessazione delle cariche”) stabilisce: “2. La cessazione del consiglio comunale per dimissioni contestuali della maggioranza assoluta dei componenti o per altra causa comporta la nomina da parte dell'Assessore regionale per le autonomie locali e la funzione pubblica, secondo le disposizioni di cui al comma 4, di un commissario, il quale resta in carica sino al rinnovo degli organi comunali per scadenza naturale”. L’art. 53, terzo comma, della l.r. n. 16 del 1963 (“Decadenza del consiglio”), recante “Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana”, stabilisce che “Il Consiglio decade altresì quando per dimissioni o altra causa abbia perduto la metà dei Consiglieri assegnati al Comune, e questi, nei casi previsti dalla legge, non siano stati sostituiti”.
Questo Consiglio di Giustizia Amministrativa ha chiarito che le due disposizioni normative, avendo ambiti applicativi diversi, non sono tra di esse incompatibili e, pertanto, la sopravvenienza dell’art. 11, comma 2, della l.r. n. 35 del 1997 non ha determinato l’abrogazione tacita dell’art. 53, terzo comma, della l.r. n. 16 del 1963. In particolare, si è affermato che “anche a ritenere che la previsione di cui all’art. 11 della l.r. n. 35/1997 non possa essere interpretata in senso conforme all’art. 53 della l.r. n. 16/1963, i criteri generali di superamento dell’(apparente) antinomia fra le disposizioni normative inducono a ravvisare un rapporto di specialità fra le due disposizioni”, giacché l’art. 53 prevede “la decadenza del consiglio comunale quando siano stati persi per dimissioni o altra causa la metà dei consiglieri assegnati al Comune, e questi, nei casi previsti dalla legge, non siano stati sostituiti”, mentre l’art. 11 “regolamenta una fattispecie di cessazione del consiglio comunale per dimissioni dei consiglieri comunali caratterizzata dalla contestualità delle medesime e prevede specificamente che non rilevino, a tal fine, le dimissioni da consigliere per opzione alla carica di assessore” (cosi, C.G.A.R.S. n. 497 del 2021). Ciò deve essere in questa sede ribadito, con la precisazione che tra le due norme in esame esiste un rapporto che la migliore dottrina qualifica come di “specialità reciproca o bilaterale”: entrambe le disposizioni presentano caratteri comuni ma anche elementi specializzanti, i quali ultimi ne determinato lo specifico ambito applicativo.
Invero, l’art. 11, comma 2, si riferisce alle dimissioni caratterizzate dall’elemento della “contestualità” e che vengono presentate dalla “maggioranza assoluta dei componenti”; l’art. 53, terzo comma, alle dimissioni riguardanti “la metà dei Consiglieri assegnati al Comune”, purché “questi, nei casi previsti dalla legge, non siano stati sostituiti”. Entrambe le disposizioni normative disciplinano cause di decadenza del consiglio comunale dovute a dimissioni di componenti dell’organo consiliare e l’effetto conseguente del commissariamento regionale, ma i rispettivi ambiti applicativi sono affatto non coincidenti. Di qui il corollario che nessuna antinomia normativa è nella specie ravvisabile, né alcuna sovrapposizione tra le diverse fattispecie astratte soggette a normazione: se si volesse raffigurare graficamente tale rapporto di specialità reciproca tra le due disposizioni normative in esame si potrebbero tracciare non due cerchi concentrici di diametro diverso (figura grafica con cui la dottrina usualmente rappresenta il normale rapporto di specialità tra norme), bensì due cerchi che si intersecano, in cui la parte coincidente dei cerchi è occupata dagli elementi comuni tra le due fattispecie, mentre gli elementi c.d. specializzanti si trovano al di fuori di tale spazio. Pertanto, in ossequio ai principi suesposti, si palesa del tutto erronea l’affermazione del primo giudice in base alla quale l’interpretazione “funzionale” dell’art. 11 della l.r. n. 35 del 1997 impone di ritenere applicabile tale norma anche se le dimissioni contestuali non riguardano la maggioranza assoluta dei consiglieri, ma soltanto la metà, in quanto – giova ribadirlo – l’ambito applicativo dell’art. 11 non coincide con quello dell’art. 53, di talché non è ammissibile alcuna interpretazione diretta a sovrapporre le due fattispecie astratte, la quale – per quanto già sopra esposto - si tradurrebbe nella sostanza in una non consentita “interpretazione abrogante” della norma legislativa successiva.
La decadenza del consiglio comunale si verifica in due ipotesi – nessuna delle quali è ricorrente nel caso di specie –alternative tra loro: 1) le dimissioni contestuali della maggioranza assoluta dei consiglieri (che nella specie non ricorre, perché si sono contestualmente dimessi sei consiglieri e non sette); 2) ovvero le dimissioni, anche non contestuali, di almeno la metà dei consiglieri, ma solo se non si fa luogo alla surroga dei dimissionari (perché non ci sono candidati disponibili, o perché per qualunque ragione il Consiglio non adotta la pertinente deliberazione) ovvero di taluni di essi (in numero sufficiente a ricondurre la scopertura al di sotto della metà).