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Anno XVII - n. 01 - Gennaio 2025

  Giurisprudenza Penale



Gli Ermellini sull’abbandono di animali: ogni condotta colposa lesiva della sensibilità fisiopsichica dell’animale, in ragione della natura di essere senziente di quest’ultimo, integra la fattispecie incriminatrice di cui all’art. 727 c.p.

Di Davide Cerrato
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Nota a sentenza Cass. Pen., Sez. III, 29 agosto 2024, n. 33276

 

Gli Ermellini sull’abbandono di animali: ogni condotta colposa lesiva della sensibilità fisiopsichica dell’animale, in ragione della natura di essere senziente di quest’ultimo, integra la fattispecie incriminatrice di cui all’art. 727 c.p.

 

Di Davide Cerrato

 

Abstract

Il presente contributo ha ad oggetto una interessante statuizione degli Ermellini in sede penale, datata 29 agosto 2024, la quale consolida precedenti orientamenti della stessa giurisprudenza penale di legittimità in materia di abbandono di animali ex art. 727 c.p. In ragione della natura di esseri senzienti degli animali, ogni tipo di condotta colposa che leda la loro sensibilità fisica o psichica sarebbe idonea ad integrare la fattispecie incriminatrice indicata, non dovendosi considerare idonee le sole sevizie, crudeltà e torture supportate dal dolo del soggetto agente.

 

This contribution concerns a very interesting ruling of the criminal Court of Cassation, dated 29 August 2024, which consolidates previous guidelines of the same criminal jurisprudence of legitimacy about abandonment of animals pursuant to art. 727 c.p. Due to the nature of animals as sentient beings, any type of negligent conduct that harms their physical or psychological sensitivity would be suitable to integrate the incriminating case indicated, as only torture, cruelty and torture supported by the intent of the acting subject should not be considered suitable.

 

Art. 727 c.p. – abbandono di animali – illogicità della motivazione – ipertermia – sevizie – crudeltà – torture

 

 

Massima

“[…] costituiscono maltrattamenti, idonei a integrare il reato di abbandono di animali, non solo le sevizie, le torture o le crudeltà caratterizzate da dolo, ma anche quei comportamenti colposi di abbandono e incuria che offendono la sensibilità psico-fisica degli animali quali autonomi essere viventi, capaci di reagire agli stimoli del dolore come alle attenzioni amorevoli dell'uomo”.

 

Il Fatto

Il Tribunale di Sassari, qualificando diversamente l’originaria contestazione del 30 giugno 2016 ex art. 544-ter c.p. nei confronti di A.A., accusata di sottoposizione a sevizie di un pastore tedesco per aver legato quest’ultimo alla ringhiera del portone dell’edificio in cui abitava B.B. - costituitasi parte civile nel processo penale - ed averlo esposto al calore senza acqua, condannava A.A. medesima l’11 maggio 2021 alla pena di 700 euro di ammenda ex art. 727 c.p. nonché al risarcimento dei danni in favore di B.B. da liquidare in un giudizio separato. A quest’ultima veniva riconosciuta e assegnata frattanto una provvisionale di 300 euro immediatamente esecutiva.

A.A. impugnava la sentenza mediante il proprio difensore innanzi alla Corte d’Appello di Cagliari, Sez. Distaccata di Sassari, ma i giudici ne dichiaravano l’inammissibilità vista l’inappellabilità della statuizione di primo grado, qualificando il gravame come ricorso per Cassazione e disponendone la trasmissione alla Suprema Corte. Con ricorso per Cassazione A.A., contestando la configurazione della fattispecie di abbandono di animali ex art. 727 c.p., affermava che il pastore tedesco era stato per la verità lasciato in un luogo del quale avevano conoscenza anche B.B. e i condomini (come attestato da questi ultimi) e che la veterinaria che aveva visitato il cane certificava che lo stesso, nonostante fosse accaldato, non fosse in precarie condizioni di salute né disidratato.

Contestando inoltre il riconoscimento del risarcimento del danno in favore di B.B., A.A. riteneva che la parte civile stessa avesse accettato il rischio dell’abbandono del pastore tedesco consegnandolo all’imputata. Il Procuratore Generale, sostenendo che la contravvenzione si fosse prescritta, propendeva per l’annullamento senza rinvio della sentenza oggetto di impugnazione.

La Decisione

Gli Ermellini in sede penale hanno dichiarato inammissibile il ricorso per Cassazione, ritenendo che lo stesso fosse finalizzato ad operare una rivisitazione delle risultanze istruttorie che ne favorisse una lettura differente. A detta dei giudici di legittimità la lettura operata dal Tribunale di Sassari non si connota affatto per manifesta illogicità né è contestabile in ragione di un travisamento delle prove.
Richiamando precedenti statuizioni (Cass. Pen., Sez. VI, 7 ottobre 2015, n. 47204; Cass. Pen., Sez. III, 19 marzo 2009, n. 12110), gli Ermellini hanno colto l’occasione per rammentare che ad essi spetta un sindacato “circoscritto alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo logico-argomentativo”, non potendo essi ricorrere ad autonomi parametri per una rivalutazione degli elementi di fatto che i giudici di merito hanno posto a fondamento del decisum.
L’illogicità della motivazione ex art. 606, primo comma, lett. e), c.p.p. è soltanto quella che possa percepirsi “icto oculi”, e dunque quella che risulti con un certo tipo di evidenza e significatività, dovendo il controllo di legittimità limitarsi a verificare che la statuizione oggetto di impugnazione contenga l’indicazione delle ragioni giuridiche che hanno condotto alla sua emanazione e che l’iter argomentativo sia caratterizzato da logica coerenza.

Nel caso di specie il Tribunale di primo grado ha ritenuto che dalle risultanze istruttorie emerga il fatto che il pastore tedesco di proprietà di B.B. sia stato legato da A.A. per circa due ore alla ringhiera del portone dell’edificio in cui la proprietaria medesima abitava senza che qualcuno potesse occuparsene in attesa dell’arrivo della stessa. Il cane sarebbe stato rinvenuto in stato di ipertermia e con una frequenza respiratoria pari a 98 respiri al minuto contro i normali 30, riprendendosi dopo circa un quarto d’ora a seguito di una doccia fredda. C.C., guardia zoofila, notando che il pastore tedesco era legato e avendolo soccorso su richiesta di B.B., avrebbe dichiarato che il cane era in un evidente stato di sofferenza da abbandono e che l’esposizione prolungata al calore avrebbe potuto produrre danni di non poco momento.

Ciò determinerebbe, a detta del Tribunale di Sassari, l’integrazione della fattispecie incriminatrice di abbandono di animali, segnatamente del secondo comma dell’art. 727 c.p., avendo la condotta di A.A. configurato una detenzione non compatibile con la natura del cane e produttiva di gravi sofferenze.

 Richiamando due precedenti orientamenti del 2012 e 2015 (Cass. Pen., Sez. III, 22 novembre 2012, n. 49298; Cass. Pen., Sez. VII, ord. 10 luglio 2015, n. 46560), i giudici di legittimità hanno precisato che i maltrattamenti che consentono di ritenere integrata la fattispecie incriminatrice di cui all’art. 727 c.p. non sono rappresentati soltanto da sevizie, torture o crudeltà dolose, ma pure da  condotte colpose di abbandono e incuria lesive della sensibilità psico-fisica degli animali, i quali manifestano indubbie capacità reattive sia rispetto a comportamenti offensivi che ad “attenzioni amorevoli” dell’uomo in quanto autonomi esseri senzienti. Le conclusioni a cui è pervenuto il Tribunale di primo grado, a detta della Suprema Corte, non sarebbero affatto connotate da illogicità: la motivazione della sentenza si sostanzierebbe infatti in argomentazioni coerenti e sufficienti, capaci di indicare perfettamente le ragioni dell’integrazione della fattispecie di abbandono di animali ex art. 727 c.p. La condotta dell’imputata è del resto anche astrattamente produttiva di un danno nei confronti della proprietaria del pastore tedesco (la cui entità va determinata in un distinto giudizio), mentre la pronuncia concernente la provvisionale non può essere fatta oggetto di ricorso per Cassazione, essendo essa caratterizzata da discrezionalità e non necessitando di motivazione. Tale statuizione non sarebbe neppure idonea al giudicato, venendo travolta dalla separata pronuncia con la quale si liquida integralmente il risarcimento spettante alla parte civile. Gli Ermellini hanno pertanto concluso nel senso dell’inammissibilità del ricorso e della condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché della somma di 3000 euro in favore della Cassa delle Ammende.
Gli stessi giudici di legittimità in sede penale hanno rilevato come le Sezioni Unite abbiano a più riprese escluso il rilievo della prescrizione verificatasi successivamente alla sentenza impugnata in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso. Quest’ultima non consente infatti l’instaurazione di un rapporto processuale di tipo impugnatorio innanzi alla Suprema Corte, con conseguente preclusione di una verifica sulla sussistenza di una causa estintiva del reato intervenuta ex post rispetto alla sentenza oggetto di impugnazione (Cass. Pen., SS. UU., 22 novembre 2000, n. 32; Cass. Pen., SS. UU., 2 marzo 2005, n. 23428; Cass. Pen., SS. UU., 28 febbraio 2008, n. 19601; Cass. Pen., SS. UU., 27 maggio 2016, n. 6903).

 

Considerazioni conclusive: a metà tra valorizzazione del sentire degli animali e problemi di tipicità
La pronuncia all’esame, piuttosto recente, determina il consolidarsi di precedenti orientamenti della giurisprudenza penale di legittimità in un’ottica di valorizzazione del carattere di esseri senzienti delle specie animali. Significative in questo senso le riflessioni che venivano già operate agli inizi degli Anni Venti del secolo scorso dal filosofo Piero Martinetti e dal filosofo e giurista Cesare Goretti[1].

Nel suo “Breviario spirituale”, Martinetti sostiene che l’uomo sia tenuto a dei doveri nei confronti degli animali domestici, i quali compiono per lui “fatiche innumerevoli a prezzo di innumerevoli dolori”[2]. La benevolenza rientrerebbe nel complesso degli obblighi che legano l’uomo all’animale, rappresentando essa il corrispettivo della privazione della libertà dell’animale medesimo.

Goretti invece sostiene che proprio il contatto degli animali con gli uomini, facenti parte di un determinato ordinamento giuridico quali soggetti di diritto, attribuisce agli stessi uno status nuovo. “Se e in quanto l’animale partecipa a una comunione umana, se e in quanto egli rende dei servizi, egli si trova in una relazione innegabile di soggetto di fini […] e queste finalità devono pure collegarsi in un rapporto di causa ed effetto, di mezzo e di fine”[3].

Per Cesare Goretti, l’essere soggetto di fini significa disporre di un coordinamento di mezzi a fini, ciò che dovrebbe consentire il riconoscimento in capo agli animali del “diritto fondamentale di fuggire il dolore e di cercare il piacevole”[4]. L’ordinamento sovranazionale giunge proprio ad una positivizzazione del carattere di esseri senzienti degli animali all’art. 13 TFUE prevedendo che l’Unione e gli Stati membri debbano tener pienamente conto delle “esigenze in materia di benessere degli animali”. La disposizione è indubbiamente significativa in ragione della primazia delle norme del diritto euro-unitario rispetto alle norme interne (fatti salvi i cd. “controlimiti”) e consente di fornire anche una lettura conforme di talune delle disposizioni nazionali che si rivela ormai necessaria in ragione della crescente importanza assunta dagli animali, soprattutto domestici, nella vita dell’uomo. Per quanto attiene all’ordinamento giuridico italiano, la tutela del fondamentale diritto degli animali di “fuggire il dolore” di cui parla Cesare Goretti andrebbe infatti ricavata ermeneuticamente da una serie di disposizioni. L’art. 9 Cost. è stato oggetto di una recente modifica avutasi con la legge costituzionale n. 1/2022, la quale ha introdotto al suo interno un terzo comma che prevede non semplicemente la salvaguardia dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, ma affida anche al legislatore l’individuazione dei modi e delle forme di tutela degli animali. Per quanto certa dottrina ritenga che trattasi di mera scelta simbolica, potendo il legislatore disciplinare come meglio creda modi e forme di salvaguardia[5], si può arrivare a sostenere – in un’ottica di interpretazione delle norme interne conforme al diritto dell’Unione – che in sede di predisposizione della disciplina nelle aule parlamentari si debba tener conto del fatto che gli animali siano in grado di percepire tanto l’amore quanto il dolore derivante da un certo tipo di lesione. Il costante contatto dell’animale con l’uomo è alla base della genesi di un processo di empatia reciproca sostanziantesi in un proficuo circolo virtuoso, il quale non può che essere considerato rilevante anche da un punto di vista giuridico. In considerazione di ciò, quantunque la contravvenzione di cui all’art. 727 c.p. sia posta semplicemente a tutela del senso di pietà per gli animali, ne si potrebbe fornire un’interpretazione di tipo estensivo che valorizzi la sensibilità fisico-psichica degli animali medesimi.

Non si tratterebbe, del resto, di un’operazione vietata, in quanto essa rinverrebbe il suo tratto distintivo rispetto all’analogia vietata in materia penale nel fatto di muoversi comunque all’interno dell’uso linguistico dei termini utilizzati dal legislatore in sede di tipizzazione del fatto penalmente sanzionato[6].
L’abbandono cui fa riferimento il primo comma della disposizione, unitamente alla detenzione in condizioni di incompatibilità con la natura dell’animale e produttive di “gravi sofferenze” cui fa invece riferimento il secondo comma, sono condotte rispetto alle quali i parlamentari hanno optato per l’irrogazione della sanzione penale dell’arresto o dell’ammenda al fine di apprestare salvaguardia al sentimento per gli animali, ma che potrebbero essere incriminate anche al fine di valorizzare e fornire protezione alla sensibilità di questi ultimi, capaci di provare emozioni umane.
Per la verità, trattasi in parte dell’operazione compiuta dalla Suprema Corte di Cassazione già a partire dal 2012 e dal 2015 e rinvigorita nella recente statuizione all’esame: al di là delle sevizie, delle torture e delle crudeltà connotate da un intento doloso del soggetto agente, rilevano anche i comportamenti negligenti, imprudenti o imperiti lesivi della sensibilità fisiopsichica dell’animale, il quale è a tutti gli effetti essere senziente. Questa giurisprudenza penale di legittimità, unitamente all’art. 13 TFUE, potrebbe effettivamente condurre ad un’interpretazione non soltanto estensiva, ma pure evolutiva della fattispecie contravvenzionale di abbandono di animali; tuttavia, almeno due sono le problematiche “dietro l’angolo”: - una prima questione attiene alla possibile lesione del principio di separazione dei poteri ricavabile dall’assetto costituzionale del sistema ordinamentale italiano.
Ex art. 101, secondo comma, Cost., “I giudici sono soggetti soltanto alla legge”, ciò che sta a significare che l’organo giudicante non può che fare applicazione delle disposizioni provenienti dalle aule parlamentari al fine della risoluzione delle specifiche controversie.
Il principio di legalità sub specie della riserva di legge in materia penale impone che ogni scelta di politica criminale con contestuale predisposizione di una apposita fattispecie incriminatrice debba provenire dal legislatore, unico soggetto deputato alla tipizzazione dei fatti penalmente sanzionabili entro i quali sussumere le condotte concretamente poste in essere. Laddove la giurisprudenza intervenisse in maniera particolarmente incisiva su una norma penale incriminatrice non farebbe altro che cagionare un significativo vulnus al principio della riserva di legge in materia penale e, conseguentemente, a quello della separazione dei poteri. “Non vi è libertà se il potere giudiziario non è separato dal potere legislativo [...]. Se esso fosse unito al potere legislativo, il potere sulla vita e la libertà dei cittadini sarebbe arbitrario, poiché il giudice sarebbe al tempo stesso legislatore”[7], diceva Montesquieu già nella prima metà del XVIII secolo mettendo magistralmente in evidenza le conseguenze derivanti dall’attribuzione all’organo giudicante del diritto creazionistico di fattispecie; - una seconda questione strettamente connessa alla prima attiene ai principi di precisione, tassatività e determinatezza delle fattispecie incriminatrici, che proprio perché impongono al legislatore la massima precisione possibile nell’operazione di descrizione del fatto tipico sono alla base della delimitazione dei poteri dell’organo giudicante. Se il giudice ha innanzi a se una norma penale incriminatrice chiara può meglio rispettare il principio della soggezione alla sola legge ex art. 101, secondo comma, Cost. Tra l’altro, come autorevole dottrina evidenzia, la sufficiente determinatezza delle fattispecie incriminatrici costituisce vera e propria condicio sine qua non per la conoscibilità delle medesime da parte dei consociati che ne sono i naturali destinatari. “Una norma penale persegue lo scopo di essere obbedita, ma obbedita non può essere se il destinatario non ha la possibilità di conoscerne con sufficiente chiarezza il contenuto”[8]. Le due problematiche si pongono senz’altro con riferimento alla fattispecie contravvenzionale di cui all’art. 727 c.p. Avendo il legislatore utilizzato al secondo comma le locuzioni “incompatibili con la loro natura” e “gravi sofferenze”, l’organo giudicante si ritrova costretto a dover valutare casisticamente e non senza difficoltà quali condotte possano effettivamente essere produttive di sofferenze di grave entità e che tipo di detenzione possa connotarsi per incompatibilità con la natura dell’animale lasciato a se stesso, mentre i consociati si ritrovano talvolta nell’impossibilità di comprendere con chiarezza il precetto penale in questione. Per quanto possa salutarsi con favore l’interpretazione evolutiva della fattispecie incriminatrice di abbandono di animali fornita dalla Cassazione penale, in quanto finalizzata alla valorizzazione della capacità di ogni animale “di reagire agli stimoli del dolore come alle attenzioni amorevoli dell'uomo”[9], e per quanto la Consulta abbia a più riprese sostenuto che non si abbia lesione dei principi di tassatività, determinatezza e precisione ogniqualvolta una clausola generale o un vocabolo polivalente consentano comunque al giudice di sussumere la fattispecie concreta entro quella astratta[10], rischiano in ogni caso di porsi questioni relative al difetto di tipicità e all’arrogazione, da parte del giudice penale, del diritto di produzione di nuovi fatti tipici[11].Nella più lodevole ottica della tutela del diritto di ogni animale a non patire sofferenze, candidato ad assumere il crisma della fondamentalità in ragione del rapporto di reciproca empatia che ormai tende ad instaurarsi tra uomini ed animali, sarebbe opportuno un intervento legislativo di interpretazione autentica o comunque modificativo dell’art. 727 c.p. volto a salvaguardare quello che è un bene socialmente e giuridicamente rilevante, ovverosia la sensibilità fisica e psichica dell’animale. La statuizione giurisprudenziale all’esame da questo punto di vista potrebbe qualificarsi come vero e proprio monito per i parlamentari deputati all’individuazione dei beni giuridici da salvaguardare mediante il ricorso allo strumento penalistico, nel quadro di una riforma legislativa consapevole e capace di far corrispondere un’attenta evoluzione ordinamentale alla sempre mutevole trasformazione del contesto sociale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

 

 

Corte cost., 11 giugno 2014, n. 172

Corte cost., 24 gennaio 2019 – 27 febbraio 2019, n. 25

Cass. Pen., SS. UU., 22 novembre 2000, n. 32

Cass. Pen., SS. UU., 2 marzo 2005, n. 23428

Cass. Pen., SS. UU., 28 febbraio 2008, n. 19601

Cass. Pen., Sez. III, 19 marzo 2009, n. 12110

Cass. Pen., Sez. III, 22 novembre 2012, n. 49298

Cass. Pen., Sez. VII, ord. 10 luglio 2015, n. 46560

Cass. Pen., Sez. VI, 7 ottobre 2015, n. 47204

Cass. Pen., SS. UU., 27 maggio 2016, n. 6903

Cass. Pen., Sez. III, 29 agosto 2024, n. 33276, in https://onelegale.wolterskluwer.it/document/cass-pen-sez-iii-sent-data-ud-09-07-2024-29-08-2024-n-33276/10SE0002902274?searchId=2749141775&pathId=368668c8f026f&offset=0

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di), UTET, Torino, 1973, vol. I, libro XI.

 

 

[1] Le riflessioni delle quali si dà conto sono state anche valorizzate dal giurista Raffaele Caterina in CATERINA R., Relazione al Convegno “Gli animali nel diritto: da cose a soggetti?", Torino, 11 ottobre 2023, consultabile al link https://www.youtube.com/watch?v=bE3zO17p3VM.

[2] Cit. testualmente da MARTINETTI P., “Breviario spirituale”, Isis, Milano, 1923. Il passo viene esaminato anche in CATERINA R., Relazione al Convegno “Gli animali nel diritto: da cose a soggetti?", Torino, 11 ottobre 2023, consultabile al link https://www.youtube.com/watch?v=bE3zO17p3VM. 

[3] Cit. testualmente da GORETTI C., “L’animale quale soggetto di diritto”, in “Rivista di Filosofia”, Anno XIX n. 4, ottobre-dicembre 1928. Queste riflessioni vengono ugualmente esaminate in CATERINA R., Relazione al Convegno “Gli animali nel diritto: da cose a soggetti?", Torino, 11 ottobre 2023, consultabile al link https://www.youtube.com/watch?v=bE3zO17p3VM. 

[4] Cit. testualmente da GORETTI C., “L’animale quale soggetto di diritto”, in “Rivista di Filosofia”, Anno XIX n. 4, ottobre-dicembre 1928.

[5] Si veda CATERINA R., Relazione al Convegno “Gli animali nel diritto: da cose a soggetti?", Torino, 11 ottobre 2023, in https://www.youtube.com/watch?v=bE3zO17p3VM.

[6] Si veda FRATINI M., “Manuale sistematico di diritto penale”, II Edizione, NelDiritto Editore, Molfetta, 2024, pag.74. Si sostiene che l’interpretazione estensiva conduce il giudice ad attribuire alla norma penale incriminatrice un significato che abbraccia comunque “tutti i casi che possono essere ricondotti al suo tenore letterale”. Non si può invece parlare affatto di operazione interpretativa allorquando il giudice riferisca la norma a “situazioni non riconducibili a nessuno dei suoi possibili significati letterali”.
Il divieto di analogia viene invece violato in tutte quelle ipotesi in cui la norma venga applicata a “casi simili a quelli espressamente contemplati dalla legge, sulla base di una comune ratio di disciplina”.

[7] Cit. testualmente da MONTESQUIEU C., “Lo Spirito delle leggi (1748)”, ed. it. in COTTA S. (a cura

di), UTET, Torino, 1973, vol. I, libro XI. La citazione è riportata anche in ABBAMONTE O., “Il potere dei conflitti. Testimonianze sulla storia della magistratura italiana”, II edizione, Giappichelli Editore, Torino, 2017, pag. 97.

[8] Cit. testualmente da FIANDACA G., MUSCO E., “Diritto penale. Parte generale”, VIII Edizione, Zanichelli Editore, Bologna, 2019, pag. 89.

[9] Cit. testualmente da Cass. Pen., Sez. III, 29 agosto 2024, n. 33276.

[10] Cfr. Corte cost., 24 gennaio 2019 – 27 febbraio 2019, n. 25; Corte cost., 11 giugno 2014, n. 172.

[11] La Cassazione penale parla infatti, nella decisione all’esame, di “comportamenti colposi di abbandono e incuria che offendono la sensibilità psico-fisica degli animali”, categoria che a detta di chi scrive sarebbe potenzialmente comprensiva di una pluralità di condotte anche non necessariamente produttive di sofferenze di grave entità.
Basterebbe infatti a questo punto lasciare a se stesso un animale in maniera negligente per arrecare una lesione alla sua sensibilità tanto fisica quanto psichica, ciò che determinerebbe l’irrogazione della sanzione penale dell’arresto fino ad un anno o dell’ammenda da 1000 a 10000 euro.