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Anno XVI - n. 07 - Luglio 2024

  Giurisprudenza Civile



Dalle problematiche processuali a quelle sostanziali: il regime di invalidità delle delibere condominiali.

Di Federica Favata
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NOTA A CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONI UNITE CIVILI,

SENTENZA 14 aprile 2021, n. 9839

 

Dalle problematiche processuali a quelle sostanziali:

il regime di invalidità delle delibere condominiali

Di FEDERICA FAVATA

 

I giudici di legittimità nella sentenza in commento, affrontano problematiche attinenti al regime di invalidità delle deliberazioni condominiali, una delle quali avente carattere processuale, ma con riflessi sostanziali.

Nel caso di specie, si trattava delle deliberazioni che ripartiscono le spese condominiali in violazione dei criteri legali convenzionali, impugnate e oggetto di un ricorso per decreto ingiuntivo, e sottoposte conseguentemente al vaglio del giudice dell’opposizione.

Il primo profilo problematico, riguarda proprio l’aspetto processuale della vicenda, cioè se il giudice dell’opposizione possa sindacare la validità della deliberazione assembleare che fonda l’ingiunzione di pagamento.

Sulla questione, la giurisprudenza, dapprima si è espressa negativamente, sostenendo che il condominio opponente in sede di giudizio, potesse fare valere soltanto questioni afferenti all’efficacia della delibera e non circa la sua validità, il cui sindacato è riservato al giudice davanti al quale si impugna la delibera stessa.

Il nuovo orientamento giurisprudenziale supera il precedente. Esso sostiene infatti, che il limite alla rilevabilità d’ufficio della invalidità della delibera, non c’è quando vengono in gioco vizi implicanti la sua nullità: la validità della delibera rappresenta elemento costitutivo della domanda di pagamento.

L’opposizione a decreto ingiuntivo, instaurando un ordinario giudizio di cognizione, il cui oggetto riguarda l’accertamento dei fatti costitutivi del diritto in contestazione, fa espandere il sindacato del giudice al fine di verificare la validità del titolo esecutivo. La validità della deliberazione, costituisce quindi presupposto necessario per la conferma del decreto ingiuntivo: al giudice non può essere precluso accertare la sussistenza del presupposto necessario per la pronuncia di rigetto o accoglimento.

Tale accertamento, deve essere compiuto: sia in caso di delibera affetta da nullità, visto che questa tipologia di invalidità è deducibile, ai sensi de 1421 c.c., da chiunque vi abbia interesse (i giudici di legittimità affermano nel testo della sentenza, che “negare al giudice ciò significa negare la nozione stessa di nullità”); sia nel caso di delibera annullabile. A tal proposito, deve essere richiamato l’art.1137 c.c, norma che prescrive le modalità processuali per fare valere l’annullabilità della delibera in giudizio, ossia tramite apposita domanda giudiziale, da proporre nel termine di 30 giorni dalla sottoscrizione, al termine dell’assemblea, della stessa.

La domanda può essere proposta in via principale o in via riconvenzionale, anche nell’ambito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. L’annullabilità può essere dedotta soltanto in via d’azione.

 

La seconda questione, riguarda il tipo di invalidità che inficia la deliberazione dell’assemblea condominiale, (adottata in violazione dei criteri dettati dagli artt.1123 e seguenti c.c. o dei criteri convenzionali stabiliti).

Il criterio distintivo adottato tradizionalmente dalla giurisprudenza, per distinguere le deliberazioni assembleari nulle da quelle annullabili, è quello fondato sulla dicotomia vizi di forma /vizi di sostanza. I primi, attengono alla violazione delle regole procedimentali, i secondi invece riguardano la possibilità e l’illiceità dell’oggetto.

Nella sentenza in commento tuttavia, si dà atto di come tale criterio non sia adeguato perle deliberazioni assembleari aventi ad oggetto la ripartizione tra i condomini delle spese di gestione delle cose e dei servizi comuni in violazione dei criteri stabiliti dalla legge o dal regolamento condominiale contrattuale. Su questa tipologia di deliberazioni, si è aperto un dibattito. I Giudici di legittimità infatti, riportano il contrasto giurisprudenziale sull’invalidità di tale tipo di deliberazioni condominiali.

Il primo indirizzo è quello secondo il quale, la nullità affligge soltanto le delibere condominiali nelle quali siano stabiliti o modificati criteri di ripartizione delle spese comuni in difformità da quanto previsto dal 1223 c.c. o dal regolamento condominiale contrattuale, essendo necessario il consenso unanime dei condomini; viceversa sono annullabili  le delibere con cui l’assemblea, nell’esercizio delle attribuzioni previste dal 1135 n.1 e n.2 determina la ripartizione delle spese in violazione del 1223 c.c .

Il secondo orientamento ritiene nulle le deliberazioni per impossibilità dell’oggetto, considerando tale invalidità come collegata alla sostanza dell’atto e slegata dalle regole della formazione delle decisioni del collegio, non potendo essere rimesse alla maggioranza dei partecipanti, le decisioni sugli obblighi dei singoli condomini.

I giudici del Supremo Consesso alla luce di tale contrasto, ribadiscono i principi affermati nel 2005, ma aggiungono: che il metodo collegiale e il principio della maggioranza, sono i due strumenti che regolano la volontà collettiva amministrante l’edificio e i servizi comuni; che la riforma del condominio, ad opera della l. 220 del 2012, ha sempre mostrato un certo sfavore per la figura della nullità da applicare alle delibere assembleari e ha inserito nell’art.1137 c.c., l’azione di annullamento come l’azione da esperire avverso le delibere contrarie alla legge o al regolamento di condominio.

Dopo essere stati elencati i casi di nullità, i giudici di legittimità indicano la quale categoria di nullità può travolgere le deliberazioni interessate dalla pronuncia.

La Suprema Corte ribadisce così che: sono nulle per impossibilità giuridica dell’oggetto, nel caso in cui l’assemblea vada oltre le proprie attribuzioni, modifichi criteri di ripartizione delle spese stabiliti dalla legge o in via convenzionale da tutti i condomini anche per il futuro; sono annullabili nel caso in cui i suddetti criteri vengano violati o disattesi nel singolo caso concreto.

Viene chiarito che le attribuzioni dell’assemblea in tema di ripartizione delle spese condominiali sono circoscritte dall’art.1135 n.2 e n.3 alla verifica e alla applicazione in concreto dei criteri stabiliti dalla legge e non comprendono il potere di introdurre modifiche ai criteri legali di ripartizione delle spese.

Se l’assemblea deliberasse a maggioranza i criteri previsti dalla legge o quelli convenzionalmente stabiliti, si troverebbe ad operare in “difetto assoluto di attribuzioni”. Le deliberazioni di ripartizione delle spese, anche se violano i criteri legali o quelli convenzionali, non hanno carattere normativo, non incidendo sui criteri suddetti per il futuro, perciò sono soltanto annullabili e possono essere impugnate a pena di decadenza, nel termine di 30 giorni così come previsto dal comma 2 dell’art.1137 c.c. .

In conclusione, la Corte esprime il favor per la categoria della annullabilità in materia di delibere condominiali, in linea con la normativa vigente e innovata nel 2012 riservando al vizio della nullità uno spazio residuale, limitato ai casi di: mancanza ab origine degli elementi essenziali, oggetto impossibile in senso materiale e in senso giuridico, contenuto illecito contrario a norme imperative, all’ordine pubblico e la buon costume.