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Se l’imputato non provvede a nuova e diversa elezione di domicilio è valida la notifica fatta al difensore, anche d’ufficio, che abbia rifiutato di accettare la domiciliazione ex art. 161 comma 4 c.p.p.
Corte di Cassazione, II Sezione Penale, sentenza n. 27935 del 25.06.2019.
Con la pronuncia in esame la II Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione ha affermato che, anche laddove il difensore di ufficio indicato come domiciliatario non accetti detta veste come consentito dal comma 4-bis dell’art. 162 c.p.p., come introdotto della legge n. 103 del 2017, se l’imputato non provveda ad effettuare una nuova e diversa elezione di domicilio, si deve procedere comunque mediante notifica allo stesso difensore ai sensi dell'art. 161, comma 4, c.p.p., diversamente determinandosi una situazione di stallo non superabile.
Nella fattispecie l’imputato aveva eletto domicilio presso il difensore nominato d’ufficio dalla Polizia Giudiziaria che però aveva rifiutato di accettare tale domiciliazione ai sensi dell’art. 162, co. 4 bis c.p..
L’imputato però non provvedeva a eleggere un nuovo domicilio e il Giudice aveva ritenuto che non ricorressero le condizioni per procedere ai sensi dell’art. 161, co.4 c.p.p. al fine del perfezionamento della nuova notifica.
Il Pubblico Ministero, quindi, ricorreva per cassazione lamentando l’abnormità del provvedimento impugnato in quanto, nonostante le reiterate richieste, l’imputato non aveva provveduto a nuova elezione di domicilio determinando una situazione di inidoneità in relazione alle notificazioni ex art. 161, co. 4 c.p.p..
La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso fondato sulla premessa che è facoltà dell’imputato quella di dichiarare o eleggere o domicilio ai sensi dell’art. 161, co. 1 c.p.p., è però anche onere dell’individuo che ha provveduto alla elezione di domicilio, quello di conservare, entro il limite della esigibilità della condotta diligente, i rapporti con il domicilio eletto, onde mantenersi nella condizione di essere effettivamente e tempestivamente informato in ordine alla esistenza di notificazioni concernenti il procedimento in questione.
Tale onere deve ritenersi ricorrente anche nell’ipotesi in cui la elezione sia stata effettuata presso il difensore di ufficio dell’indagato dovendosi ritenere che, proprio attraverso la indicazione del difensore di ufficio quale domiciliatario si sia instaurato un rapporto che, sebbene non possa dirsi equiparato al mandato professionale fiduciario, costituisce indice dell’esistenza di un legame di affidamento fra indagato e professionista.
Il Supremo Collegio ha quindi ritenuto fondate le doglianze circa l’abnormità dell’atto impugnato e ha rilevato un ulteriore vizio consistente nel fatto che nell’annullare la richiesta di rinvio a giudizio per non corretta notificazione ex art. 161 c.p.p. dell’avviso di conclusione indagini, il Giudice ha disposto la restituzione degli atti al Pubblico Ministero senza indicare quale avrebbe dovuto essere il rimedio processuale a tale vizio.
Per Tali ragioni la Corte ha disposto l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato e la restituzione degli atti al Tribunale per l’ulteriore corso.