Ultimissime

Il Consiglio di Stato si esprime sulla prova del danno da lesione di interessi legittimi.
Consiglio di Stato, Sez. IV, sent. del 16 novembre 2022, n. 10092.
In merito alla questione della prova rigorosa della esistenza del danno da parte del danneggiato, si osserva che:
a) in relazione al danno-conseguenza si pone la questione di individuare e quantificare i danni derivanti dalla lesione dell’interesse legittimo, e dunque di imputare all’evento dannoso causalmente correlato al fatto illecito, sul piano della causalità materiale, i pregiudizi patrimoniali da reintegrare per equivalente monetario, conseguenze “dirette e immediate” dell’evento sul piano della causalità giuridica;
b) il danno-conseguenza è disciplinato con carattere di generalità sia per la responsabilità da inadempimento contrattuale che da fatto illecito (in virtù dell’art. 2056 c.c.) dagli artt. 1223, 1226 e 1227 c.c.;
c) una volta ricondotta la responsabilità della pubblica amministrazione per lesione di interessi legittimi al principio del neminem laedere positivizzato nell’art. 2043 c.c., deve escludersi che, nella individuazione e quantificazione del danno, possa operare il limite rappresentato dalla sua prevedibilità, invece operante solo per la responsabilità da inadempimento ex art. 1225 c.c., con l’eccezione del caso di dolo;
d) ai sensi dell’art. 1223 c.c., richiamato dall’art. 2056 c.c., il risarcimento del danno comprende la perdita subita dal creditore (danno emergente) e il mancato guadagno (lucro cessante) «in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta», con ciò dovendosi escludere il risarcimento di quei danni rispetto ai quali il fatto illecito non si pone in rapporto di necessità o regolarità causale, ma ne costituisce una semplice occasione non determinante del loro verificarsi;
e) in questo ambito, resta fermo l’onere di allegazione e prova da parte del danneggiato (artt. 63, comma 1, e 64, comma 1, c.p.a.), poiché nell’azione di responsabilità per danni il principio dispositivo sancito in generale dall’art. 2697, primo comma, c.c. opera con pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell’azione di annullamento (ex art. 64, commi 1 e 3, c.p.a.);
f) la valutazione equitativa, ai sensi dell’art. 1226 c.c., è ammessa soltanto in presenza di situazione di impossibilità – o di estrema difficoltà – di una precisa prova sull’ammontare del danno;
g) le parti non possono sottrarsi all’onere probatorio e rimettere l’accertamento dei propri diritti all’attività del consulente tecnico d’ufficio.