ISSN 2039 - 6937  Registrata presso il Tribunale di Catania
Anno XVI - n. 03 - Marzo 2024

  Ultimissime



Il Consiglio di Stato si esprime sul vincolo culturale indiretto.

Consiglio di Stato, Sez. VI, sent. del 10 maggio 2021, n. 3663.

In tema di prescrizioni di tutela indiretta del bene culturale previste dal c.d. codice dei beni culturali e del paesaggio, l’art. 45 attribuisca all'Amministrazione la funzione di creare le condizioni affinché il valore culturale insito nel bene possa compiutamente esprimersi, senza altra delimitazione spaziale e oggettiva che non quella attinente alla sua causa tipica, che è di “prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l'integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro”, secondo criteri di congruenza, ragionevolezza e proporzionalità.

Ha affermato la Sezione che tali criteri sono tra loro strettamente connessi e si specificano nel conseguimento di un punto di equilibrio identificabile nella corretta funzionalità dell’esercizio del potere di vincolo: perciò il potere che si manifesta con l’atto amministrativo deve essere esercitato in modo che sia effettivamente congruo e rapportato allo scopo legale per cui è previsto. Scopo legale che, nel caso del vincolo indiretto, concerne la cosiddetta cornice ambientale di un bene culturale: ne deriva che il limite di legittimità in cui si iscrive l'esercizio di tale funzione deve essere ricercato nell'equilibrio che preservi, da un lato, la cura e l'integrità del bene culturale e, dall'altra, che ne consenta la fruizione e la valorizzazione dinamica.
​​​​​​​Il cd. "vincolo indiretto" non ha contenuto prescrittivo tipico, per essere rimessa all'autonomo apprezzamento dell' amministrazione la determinazione delle disposizioni utili all'ottimale protezione del bene principale - fino all'inedificabilità assoluta -, se e nei limiti in cui tanto è richiesto dall'obiettivo di prevenire un vulnus ai valori oggetto di salvaguardia (integrità dei beni, difesa della prospettiva e della luce, cura delle relative condizioni di ambiente e decoro), in un ambito territoriale che si estende fino a comprendere ogni immobile, anche non contiguo, la cui manomissione si stimi potenzialmente idonea ad alterare il complesso delle condizioni e caratteristiche fisiche e culturali connotanti lo spazio circostante.  
In tale ottica, l’imposizione del vincolo indiretto costituisce espressione della discrezionalità tecnica dell’amministrazione, sindacabile in sede giurisdizionale solo quando l’istruttoria si riveli insufficiente o errata o la motivazione risulti inadeguata o presenti manifeste incongruenze o illogicità anche per l’insussistenza di un’obiettiva proporzionalità tra l’estensione del vincolo e le effettive esigenze di protezione del bene di interesse storico-artistico, e si basa sull’esigenza che lo stesso sia valorizzato nella sua complessiva prospettiva e cornice ambientale, onde possono essere interessate dai relativi divieti e limitazioni anche immobili non adiacenti a quello tutelato purché allo stesso accomunati dall'appartenenza ad un unitario e inscindibile contesto territoriale. 
​​​​​Occorre peraltro che tale istruttoria e motivazione vengono adeguatamente svolte ed esplicate in sede di determinazione.
Infatti, se è vero che l’imposizione dei vincoli in oggetto è conseguente ad una valutazione ampiamente discrezionale dell’amministrazione, questa soggiace a precisi limiti enucleabili nel generale concetto di logicità e razionalità dell’azione amministrativa (onde evitare che la vincolatività indiretta, accessoria e strumentale potesse trasformarsi in una vincolatività generale e indifferenziata); al principio di proporzionalità (congruità del mezzo rispetto al fine perseguito), alla specifica valutazione dell'interesse pubblico "particolare" perseguito ed alla necessità che nella motivazione provvedimentale sia chiaramente espressa l'impossibilità di scelte alternative meno onerose per il privato gravato del vincolo indiretto. 

Ha ancora ricordato la Sezione che la Corte di giustizia dell’Unione europea ha chiarito (cfr. sent 6 marzo 2014, C‑206/13) che la materia culturale in esame non rientra nell’ambito del diritto dell’Unione, per un altro verso gli elementi sopra richiamati in merito agli obiettivi di rilievo costituzionale degli ambiti di tutela affidati alla discrezionalità dell’amministrazione statale nell’individuazione del bene soggetto a interesse culturale e le modalità con le quali concretizzare la tutela stessa, impongono di ribadire come le misure (dirette e indirette) di tutela adottate siano pienamente coerenti al principio di proporzionalità. 
​​​​​​​Peraltro, la stessa Corte europea dei diritti dell’uomo (cfr. ad es. sentenze 21 febbraio 2008 e 26 giugno 2007) ha chiarito che la classificazione di un’area come rilevante dal punto di vista culturale ed archeologico – ed il conseguente divieto di edificazione che venga eventualmente disposto senza indennizzo alcuno - trova giustificazione nella necessità di proteggere il patrimonio culturale ed archeologico- esso riguardando una collettività ben più vasta di quella che si trova nel territorio ove lo stesso materialmente ricade.
​​​​​​​Il parametro di riferimento all’interno della Convenzione europea è stato così individuato nella seconda parte dell’art.1 Prot.n.1, allorché viene richiamato il diritto degli Stati di mettere in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l'uso dei beni in modo conforme all'interesse generale.