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Anno XVII - n. 06 - Giugno 2025

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Condizioni per la commercializzazione in uno Stato membro di un medicinale non soggetto a prescrizione medica in altro Stato membro. Pronuncia della CGUE.

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CGUE, comunicato n. 122 dell'8 luglio 2021, sent. nella causa C-178/20 Pharma Expressz

Un medicinale non soggetto a prescrizione medica in uno Stato membro può essere commercializzato in un altro Stato membro solo se anche quest’ultimo ne abbia autorizzato l’immissione in commercio.

In mancanza di tale autorizzazione, è però possibile fornire detto medicinale nello Stato membro interessato qualora il suo uso risponda, conformemente al diritto dell’Unione, ad esigenze speciali di natura medica Nel marzo 2019, le autorità ungheresi hanno ingiunto alla Pharma Expressz, società ungherese, di cessare la sua pratica consistente nel commercializzare in Ungheria, senza rispettare le formalità previste a tal riguardo dal diritto ungherese, medicinali la cui immissione in commercio fosse stata autorizzata da un altro Stato membro come medicinale non soggetto a prescrizione medica. In base alla normativa ungherese, infatti, i medicinali che non dispongono di un’autorizzazione all’immissione in commercio (in prosieguo: l’«AIC») rilasciata dalle autorità ungheresi o dalla Commissione europea possono essere commercializzati soltanto nel caso in cui il loro uso per scopi medici sia stato notificato a tali autorità da un medico prescrittore, il quale deve ottenere da queste ultime una dichiarazione relativa a tale uso.

La Pharma Expressz contesta la decisione delle autorità ungheresi dinanzi alla Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest-Capitale, Ungheria), la quale chiede alla Corte di giustizia di chiarire se sia contrario al diritto dell’Unione esigere il rispetto di dette formalità per la commercializzazione, in Ungheria, di medicinali la cui immissione in commercio sia stata autorizzata da un altro Stato membro come medicinale non soggetto a prescrizione medica. Con l’odierna sentenza, la Corte ricorda che, in forza della direttiva «medicinali», nessun medicinale può essere immesso in commercio in uno Stato membro senza che sia stata rilasciata un’AIC delle autorità competenti di tale Stato membro o, in applicazione della procedura centralizzata prevista a tal fine, della Commissione. Pertanto, se un medicinale non dispone di un’AIC rilasciata dall’autorità competente dello Stato membro in cui è offerto in vendita o di un’AIC rilasciata in esito alla procedura centralizzata, esso non può essere commercializzato in tale Stato, a prescindere dal fatto che detto medesimo medicinale possa essere venduto in un altro Stato membro senza prescrizione medica. Per quanto riguarda la procedura di mutuo riconoscimento di un’AIC, prevista dalla direttiva «medicinali», la Corte constata che essa si svolge a condizioni rigorose ed è subordinata a una domanda del titolare di un’AIC per un determinato medicinale in uno Stato membro ai fini del riconoscimento di quest’ultima negli altri Stati membri, situazione questa che non corrisponde alle circostanze della presente causa.

Di conseguenza, non solo la direttiva «medicinali» non prescrive che un medicinale la cui immissione in commercio sia stata autorizzata da uno Stato membro come medicinale che può essere fornito senza prescrizione medica sia parimenti qualificato come medicinale non soggetto a prescrizione da un altro Stato membro che non ha autorizzato la sua immissione in commercio, ma, al contrario, essa osta a una siffatta possibilità. Infine, la Corte considera che le formalità derivanti dalla normativa ungherese sembrano costituire la trasposizione nell’ordinamento ungherese di una deroga prevista dalla direttiva «medicinali» che consente, al fine di rispondere ad esigenze speciali di natura medica, l’immissione in commercio di medicinali in uno Stato membro anche in assenza di un’AIC rilasciata da detto Stato o dalla Commissione. Orbene, poiché, adottando tali formalità, l’Ungheria ha effettuato una trasposizione corretta di detta deroga, queste ultime non possono essere qualificate come restrizioni quantitative all’importazione o come misura di effetto equivalente alla luce del principio della libera circolazione delle merci.