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Anno XVII - n. 06 - Giugno 2025

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L'Adunanza Plenaria si esprime sul risarcimento del danno in forma specifica, a fronte di un giudicato civile di rigetto della domanda, per occupazione illegittima di suolo privato da parte dell'Amministrazione.

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Consiglio di Stato, Ad. Plen., sent. del 9 aprile 2021, n. 6.

La Quarta Sezione del Consiglio di Stato, investita della causa d’appello, ha pronunciato l’ordinanza n. 6531/2020, con la quale, ai sensi dell’art. 99, comma 1, cod. proc. amm., ha rimesso la causa all’Adunanza plenaria sulle seguenti questioni:

«a) se – in caso di occupazione illegittima, a fronte di un giudicato civile di rigetto della domanda di risarcimento del danno per l’equivalente del valore di mercato del bene illegittimamente occupato, formatosi con una sentenza emessa quando vi era la prassi nazionale che dava rilievo alla ‘occupazione appropriativa’ o ‘accessione invertita’ – sia precluso l’esercizio attuale dell’azione di risarcimento del danno in forma specifica attraverso il rilascio dei terreni, previa rimessione in pristino;

b) in caso positivo, se l’effetto preclusivo derivante dal giudicato civile di rigetto della domanda di risarcimento del danno, per l’equivalente del valore di mercato del bene illegittimamente occupato, sia subordinato alla sussistenza in tale pronuncia (e nel dispositivo) della formale, chiara e univoca statuizione costitutiva sul trasferimento del bene in favore dell’Amministrazione in base alla ‘occupazione appropriativa’ ovvero se a tali fini sia sufficiente che – in motivazione – la pronuncia abbia unicamente (eventualmente anche per implicito) fatto riferimento a tale istituto per giungere al rigetto della domanda risarcitoria;

c) come possa influire sull’esito del giudizio il principio, per il quale – nel caso di occupazione senza titolo del terreno occupato dall’amministrazione – si applica sul piano sostanziale l’art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001, con la conseguente possibilità ormai riconosciuta dalla giurisprudenza di disporre la conversione della domanda nel corso del giudizio, e dunque di ritenere ammissibile il rimedio di tutela da esso previsto, basato sulla diversità della causa petendi e del petitum (riferibili a posizioni di interesse legittimo correlativo al potere di acquisizione) rispetto alle domande di risarcimento o di restituzione (riferibili alla tutela del diritto di proprietà in quanto tale);

d) per il caso in cui ritenga che gli appellanti sono ancora proprietari del bene (aventi pertanto titolo a chiedere l’emanazione del provvedimento discrezionale previsto dall’art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001), se – nel caso di emanazione dell’atto di acquisizione – l’Autorità debba disporre unicamente il pagamento del controvalore del terreno e non anche ulteriori importi a titolo di risarcimento del danno, in considerazione del giudicato civile, che a suo tempo ha respinto la domanda risarcitoria (sia pure per equivalente)».

La Sezione rimettente rileva che la soluzione della questione presuppone: - per un verso, la corretta definizione del rapporto tra le due forme di tutela esperite nei due giudizi, quali azioni distinte e autonome ovvero quali modalità alternative di attuazione dell’unitaria obbligazione risarcitoria (tenendo altresì conto dei principi affermati dall’Adunanza plenaria con le sentenze nn. 2, 3 e 4 del 2020, circa la possibilità di convertire – anche in sede d’appello – la domanda di restituzione, basata sulla lesione del diritto di proprietà, nella domanda di applicazione dell’art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001, basata sulla lesione dell’interesse legittimo pretensivo disciplinato da tale disposizione); - per altro verso, l’individuazione degli effetti delle novità normative, nonché del cambiamento dell’orientamento giurisprudenziale sviluppatosi sulle forme di tutela esperibili avverso l’occupazione sine titulo di immobili da parte della pubblica amministrazione, per individuare se la domanda formulata in primo grado sia «nuova» rispetto a quella decisa dal giudice civile, il che dovrebbe ritenersi determinante per verificare se nel caso di specie sia ravvisabile una res iudicata preclusiva della medesima domanda di primo grado.

Si tratta di risolvere la questione, se e in presenza di quali presupposti il giudicato civile di rigetto, per intervenuta prescrizione del diritto fatto valere in giudizio, di una domanda di risarcimento (per equivalente) dei danni da perdita della proprietà sul suolo per effetto dell’occupazione illegittima e della trasformazione irreversibile del bene da parte della pubblica amministrazione, in applicazione dell’istituto (ormai superato) di creazione giurisprudenziale della cd. occupazione acquisitiva, precluda l’esercizio di un’azione di risarcimento in forma specifica diretta alla restituzione dell’eadem res previa rimessione in pristino, quale quella esperita nel caso di specie dinanzi al TAR per la Sardegna con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.

Ulteriore tematica da affrontare nell’esercizio della funzione nomofilattica, attesa la stretta connessione con l’oggetto delle questioni deferite con l’ordinanza di rimessione – è se siffatto giudicato civile precluda, o meno, l’esercizio di un’azione reale di rivendicazione del bene, oppure, ancora, l’esercizio di un’azione ex artt. 31 e 117 cod. proc. amm. avverso il silenzio dell’amministrazione sull’istanza di provvedere ai sensi dell’art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001.

In risposta ai primi due quesiti deferiti, riportati sopra sub §§ 5.a) e 5.b), l'Adunanza  Plenaria, al termine di un articolato ragionamento, formula i seguenti principi di diritto:

«(i) In caso di occupazione illegittima, a fronte di un giudicato civile di rigetto della domanda di risarcimento del danno per l’equivalente del valore di mercato del bene illegittimamente occupato dalla pubblica amministrazione, formatosi su una sentenza irrevocabile contenente l’accertamento del perfezionamento della fattispecie della cd. occupazione acquisitiva, alle parti e ai loro eredi o aventi causa è precluso il successivo esercizio, in relazione al medesimo bene, sia dell’azione (di natura personale e obbligatoria) di risarcimento del danno in forma specifica attraverso la restituzione del bene previa rimessione in pristino, sia dell’azione (di natura reale, petitoria e reipersecutoria) di rivendicazione, sia dell’azione ex artt. 31 e 117 Cod. proc. amm. avverso il silenzio serbato dall’amministrazione sull’istanza di provvedere ai sensi dell’art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001.

(ii) Ai fini della produzione di tale effetto preclusivo non è necessario che la sentenza passata in giudicato contenga un’espressa e formale statuizione sul trasferimento del bene in favore dell’amministrazione, essendo sufficiente che, sulla base di un’interpretazione logicosistematica della parte-motiva in combinazione con la parte-dispositiva della sentenza, nel caso concreto si possa ravvisare un accertamento, anche implicito, del perfezionamento della fattispecie della cd. occupazione acquisitiva e dei relativi effetti sul regime proprietario del bene, purché si tratti di accertamento effettivo e costituente un necessario antecedente logico della statuizione finale di rigetto».

Restano assorbiti i quesiti sub §§ 5.c) e 5.d), presupponenti la mancata formazione del giudicato sul regime proprietario del bene; presupposto negativo, nella specie da escludere.