Ultimissime

A seguito di una drastica riduzione del finanziamento pubblico in precedenza riconosciuto il privato va risarcito.

Il Consiglio di Stato con la pronunica in esame ha riaffermato il principio secondo cui “la revoca del contributo pubblico costituisce un atto dovuto per l’Amministrazione concedente, che è tenuta a porre rimedio alle conseguenze sfavorevoli derivanti all’Erario per effetto di un’indebita erogazione di contributi pubblici” quando risulti che il beneficio sia stato accordato in assenza dei presupposti di legge, “essendo l’interesse pubblico all’adozione dell’atto in re ipsa quando ricorra un indebito esborso di danaro pubblico con vantaggio ingiustificato per il privato” (e plurimis Cons. Stato, sez. III, 13 maggio 2015, nn. 2380 e 2381).
Il Collegio decidente tuttavia ha anche affermato che la «responsabilità dell’Amministrazione non causalmente riconducibile al doveroso e legittimo esercizio del potere di autotutela, ma piuttosto per il fatto che la stessa si è avveduta dell’inammissibilità della domanda di contributo della Società solo nella fase procedimentale successiva all’emanazione della delibera giuntale n. 1064/2003, cioè una volta decorsi ben cinque anni da tale delibera». Viene dunque riscontrato un contrasto con i canoni di correttezza e buona fede previsti dall’art. 1337 c.c. essendosi verosimilmente ingenerato nella società un ragionevole affidamento nella legittimità della delibera iniziale.
In riferimento al quantum risarcibile, il Collegio fa leva sul profilo del danno emergente determinato in relazione alle spese sostenute dalla società in relazione alla fase procedimentale successiva alla delibera, limitando invece la voce relativa al danno da perdita di chance di un altro finanziamento sulla base di un giudizio prognostico ex ante.
In conclusione, il Consiglio di Stato accoglie il ricorso principale della Regione ma anche quello incidentale nella parte relativa all’istanza di risarcimento danni.