ISSN 2039 - 6937  Registrata presso il Tribunale di Catania
Anno XVI - n. 04 - Aprile 2024

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Il TAR Lazio si esprime sugli adempimenti prescritti dalla Legge Pinto ai fini dell’ammissibilità del ricorso e sulle eccezioni in rito sollevate d’ufficio dal Collegio.

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TAR Lazio, Sez. II ter, sent. del 12 novembre 2021, n. 11691.

E’ inammissibile il ricorso, proposto ai sensi della c.d. Legge Pinto n. 89 del 2001, in cui – in spregio alla specifica prescrizione dettata dal primo comma dell’art. 5 sexies, l. 24 marzo 2001, n. 89 – nei moduli inviati al Ministero è stata omessa l’apposita dichiarazione, ex artt. 46 e 47, d.P.R. n.445 del 2000, attestante “la mancata riscossione di somme per il medesimo titolo” .

L’art. 73, comma 3, c.p.a.  prescrive la concessione di un termine a difesa ovvero la instaurazione del contraddittorio in udienza con facoltà delle parti di interloquire soltanto nel caso in cui la questione su cui deve essere sviluppato il contraddittorio abbia carattere dirimente ai fini della decisione oppure il rilievo officioso venga delibato, per la prima volta, in camera di consiglio, successivamente al passaggio in decisione della controversia, come del resto si arguisce dall'inequivoco tenore letterale della norma. 

Cons. St., nn. 2420 e 2786 del 2014; C.g.a. n. 448 del 2012; Cons. St. nn. 18 e 1438 del 2015, secondo cui: “Il codice del processo amministrativo prevede una sola ipotesi (art. 73, comma 3, c.p.a.) in cui il collegio, dopo il passaggio in decisione della causa, è tenuto a stimolare il contraddittorio delle parti assegnando loro un termine per il deposito di memorie: e questo è il caso in cui il giudicante ravvisi la sussistenza di una questione nuova, rilevata d'ufficio (e quindi non affrontata dalle parti nelle loro difese), capace di dirimere la lite. 
Ha affermato la Sezione che la concessione del termine a difesa costituisce, invece, un'eventualità del tutto eccezionale e, soprattutto, discrezionalmente rimessa alla decisione del Collegio, quando la questione in relazione alla quale viene sollecitato il contraddittorio, sia invece rilevata in sede di discussione, limitandosi la norma a statuire che la quaestio iuris venga, in questo caso, soltanto indicata in udienza dandone atto a verbale. A tal riguardo non può dubitarsi che sia interesse ed onere della parte presenziare all’udienza (anche al fine di poter apprendere dell’eventuale avviso ex art.73 e chiedere termine a difesa per la produzione di osservazioni); e se la parte non cura tale interesse ne sopporta in proprio le conseguenze. Sul principio è illuminante la pacifica giurisprudenza formatasi in ordine alla possibilità di definire il ricorso con sentenza in forma semplificata una volta dato in udienza, e verbalizzato, l’avviso ex art. 60 (Cons. St. n. 1453 del 2021 che indica quali propri precedenti le sentenze sez. III, 26 agosto 2015, n. 4017 e 20 dicembre 2011, n. 6759 ed aggiunge: “Come anche da questa Sezione recentemente rilevato, l'obbligo di sentire le parti circa la possibilità di decidere il merito della causa è, infatti, configurabile solo laddove queste compaiano; mentre la scelta di non comparire alla camera di consiglio fissata per la discussione della domanda cautelare (o, addirittura, di non costituirsi), non può costituire ostacolo alla rapida definizione del giudizio, così frustrando la ratio acceleratoria insita nell'art. 60 c.p.a. ed il principio costituzionale, che ne sta a fondamento, della ragionevole durata del processo.
​​​​​​​E’ poi scontato che al Giudice che rileva, dopo del passaggio in decisione, la possibile questione di inammissibilità, è fatto obbligo di assegnare un solo termine per le deduzioni delle parti su questo singolo aspetto, sicché in alcun modo viene in questione l'applicazione dei tre termini di cui all'art. 73, comma 1, c.p.a.., a fronte del loro dato testuale inequivoco; altrimenti detto i termini per la produzione di documenti, memorie e repliche sono – per pacifica giurisprudenza – perentori e dunque la parte cui è stato accordato termine, non può ampliare il thema decidendum o quello probandum, con la produzione di nuove memorie e relative repliche oppure la produzione di nuovi mezzi istruttori o di documenti che non ha esibito nel termini di cui al c.1 dell’art. 73 c.p.a.. Ne segue che, in caso di rinvio al primo Giudice, alla parte non può consentirsi la produzione di documenti non presentati nel corso del primo giudizio il quale si riavvia a partire dal momento in cui (una volta passata in decisione la causa in senso alla quale è stato omesso l’avviso ex art. 73 c.p.a.) non è stata offerta alla parte la possibilità di presentare memorie od osservazioni sullo specifico e singolo aspetto generatore del profilo di inammissibilità. ​​​​​​​