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Anno XVII - n. 05 - Maggio 2025

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La Suprema Corte richiama due principi sul tema della «speciale autorizzazione» del fideiussore ex art. 1956 cod. civ. per il caso di credito fatto al debitore nella conoscenza del sopravvenuto peggioramento delle condizioni economiche.

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Corte di Cassazione, Sez. VI, ord. del 5 ottobre 2021, n. 26947.

Appare opportuno richiamare due distinti ordini di principi, che sono stati enucleati dalla giurisprudenza di questa Corte sul tema della «speciale autorizzazione» del fideiussore richiesta dalla norma dell'art. 1956 cod. civ. per il caso di credito fatto al debitore nella conoscenza (da parte del relativo creditore) del sopravvenuto, e significativo, peggioramento delle condizioni patrimoniali e/o economiche di questi.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, dunque, la «banca che concede finanziamenti al debitore principale, pur conoscendone le difficoltà economiche, fidando nella solvibilità del fideiussore, senza informare quest'ultimo dell'aumentato rischio e senza chiederne la preventiva autorizzazione, incorre in violazione degli obblighi generici e specifici di correttezza e buona fede contrattuale» Non è coerente con i principi di corretta e buona fede nell'esecuzione del contratto il fatto che «la nuova concessione di credito sia avvenuta nonostante il peggioramento delle condizioni economiche e finanziarie del debito, sì che possa ritenersi che la banca abbia agito nella consapevolezza di un'irreversibile situazione di insolvenza e, quindi, senza la dovuta attenzione anche all'interesse del fideiussore» (cfr., in particolare, Cass., 9 agosto 2016, n. 16827; Cass., 16 maggio 2013, n. 11979; Cass., 11 gennaio 2006, n. 394). Resta inteso - si aggiunge altresì nel contesto di queste osservazioni - che «è onere della parte, che deduca la violazione del canone della buona fede dimostrare, non solo che la nuova concessione di credito sbavvenuta nonostante il peggioramento della condizioni economiche e finanziarie del debitore principale, ma anche che la banca abbia agito nella consapevolezza di una irreversibile situazione di insolvenza» del debitore principale (cfr., in specie, Cass., n. 394/2006).

L'altro principio enunciato da questa Corte in materia, che qui viene in specifica considerazione, attiene direttamente alla conformazione dell'atto di «speciale autorizzazione», che è previsto dalla norma dell'art. 1956 cod. civ. quest'atto - secondo l'orientamento costantemente seguito - non deve per legge rivestire una forma particolare; e neanche essere manifestato a mezzo di peculiari formule (il ricorrente, del resto, neppure contesta questi aspetti). Secondo le pronunce emesse, anzi, l'atto autorizzativo può anche risultare in modo implicito (bensì univoco) dal comportamento tenuto dal fideiussore, ove nel concreto ricorrano determinate condizioni: dunque, l'autorizzazione può risultare rilasciata pure per il mezzo, come si usa dire, di comportamenti concludenti. Esemplare al riguardo appare la pronuncia di Cass., 23 marzo 2017, n. 7444, per cui nel caso in cui «nella stessa persona coesistano le qualità di fideiussore e di legale rappresentante della società debitrice principale», «la richiesta di credito da parte della persona obbligatasi a garantirlo comporta di per sé la preventiva autorizzazione del fideiussore alla concessione del credito» (cfr., in termini non diversi, Cass., 29 novembre 2019, n. 31227; si tratta, peraltro, di una prospettiva stabile nella giurisprudenza della Corte, seppure non sempre sviluppata con espressioni così puntuali, sotto il profilo tecnico, come quella che appena sopra si è trascritta). 

Al fondo di questa opinione sta, com'è del resto evidente, il convincimento che non solo la banca è soggetta al rispetto del canone fondamentale della buona fede oggettiva, ma lo è pure - e, si ritiene, in termini del tutto speculari - il fideiussore: in particolare venendo qui in considerazione, soprattutto, il principio di buona fede nell'interpretazione dei negozi di cui all'art. 1366 cod. civ. (posts)a manifesta natura negoziale dell'atto unilaterale di rilascio della speciale autorizzazione ex art. 1956 cod. civ.). Alla base della ridetta opinione sta, altresì, il convincimento - che per taluni versi si lega a quello appena richiamato - che la protezione accordata dalla norma dell'art. 1956 cod. civ. al fideiussore deve rispondere a una situazione di oggettiva esigenza di quest'ultimo (di permanente sua estraneità rispetto ai reali termini dello svolgimento del rapporto garantito, cioè), senza spingersi oltre o in altre direzioni.

Ciò posto, va adesso osservato - con riferimento alla fattispecie che qui è concretamente in esame - che la nuda circostanza della sussistenza di un legame parentale o di affinità (com'è nel caso) non si manifesta fenomeno in sé stesso espressivo di nessun comportamento concludente: né autorizzativo di concessioni di credito ex art. 1956 cod. civ., né di altro. Tale circostanza neppure indica, a ben vedere, che il fideiussore - perché appunto parente o affine del debitore principale o di chi ne gestisce le sorti (come nel caso) - sia edotto dei termini effettivi dello svolgimento dei rapporti bancari in essere, né delle condizioni patrimoniali (stabili, migliorate o invece peggiorate) in cui viene a versare il debitore principale (non diversamente, è da aggiungere, avviene per il nudo fatto della parentela o affinità corrente con uno dei soci dell'ente debitore). 

Ciò non esclude, naturalmente, che nel ricorrere di determinate e rilevanti circostanze ulteriori - anche la sussistenza di un rapporto parentale o di affinità possa eventualmente partecipare alla formazione di una prova relativa alla significatività e «concludenza» di un dato comportamento che sia stato tenuto dal fideiussore. Nella specie in esame, tuttavia, è stato evocato - si ripete - il puro e semplice fatto dell'esistenza di un legame di affinità: senza dati ulteriori. Nemmeno è stato addotto - va pure messo in distinta e adeguata evidenza - un argomento a supporto di una affermazione di simile portata. Per questo specifico angolo visuale, per la verità, la decisione della Corte di Bologna si manifesta come sostanzialmente autoreferenziale.

Opposta valutazione va data, però, all'altra circostanza distintamente valorizzata dalla Corte territoriale per il riscontro, in fattispecie, di una «speciale autorizzazione» del fideiussore: come rappresentata dalle (due) offerte di ipoteca volontaria presentate - nella non contestata consapevolezza dell'attuale misura dell'esposizione debitoria - dal fideiussore Argentini. Per questo proposito a contare non è tanto il fatto - su cui si ferma il ricorrente - della sopravvenuta conoscenza, da parte del fideiussore, della realtà dei termini di svolgimento del rapporto garantito. Ché, nel contesto in discorso, detta conoscenza si pone solo come presupposto (di significatività) del comportamento che in concreto è stato posto in essere dal fideiussore. Secondo quanto riscontrato dal giudice del merito - con apprezzamento di fatto che, per sua propria natura, sfugge al sindacato di legittimità (di là dal fatto che il ricorrente non sembra contestare, per sé, questo aspetto) -, infatti, gli atti di offerta delle ipoteche volontarie proposti dal fideiussore manifestano, nel concreto, la «volontà» di questi di «continuare a garantire la banca» pur in presenza della esposizione debitoria all'epoca raggiunta. Non può, poi, fare venire meno presenza e valore di questa volontà - è appena il caso di precisare - il fatto che la Banca non abbia «accettato» l'offerta delle ipoteche, secondo quanto assume, per contro, il ricorrente: per i fini della norma dell'art. 1956 cod. civ. a venire in rilievo è il comportamento del cl-t fideiussore - come espressivo del rilascio una «speciale autorizzazione» - indipendentemente dal comportamento che nel concreto tenga in proposito il creditore garantito.

Di fronte al complesso di osservazioni sin qui svolte, non vale obiettare che, nel caso in esame, la speciale autorizzazione è stata rilasciata dal fideiussore non già prima della concessione di «nuovo credito» (evento verificatosi tra il 1998 e il 1999), bensì dopo di questa (le offerte di ipoteca collocandosi nel corso del 2000). Nella prospettiva in cui questa Corte prende in considerazione la normativa dettata nell'art. 1956 cod. civ., la disciplina della «speciale autorizzazione» comporta sì obblighi di buona fede oggettiva a carico della Banca (di informazione, in sostanza, , con annesso onere di richiesta; cfr. sopra, parte iniziale del n. 10), ma ciò pur sempre avviene - lo si è ampiamente visto nel corso del precedente n. 11 (parte finale) - per il soddisfacimento di un interesse puramente personale del fideiussore. Si tratta, cioè, di un interesse che ha tratto solamente privato. Ora, in una simile prospettiva non compaiono ragioni oggettive atte a escludere che la «speciale autorizzazione» prevista dall'art. 1956 cod. civ. non possa anche essere postuma, nei termini propri della ratifica del comportamento nel concreto tenuto dalla Banca: a condizione, naturalmente, che emerga nitida in proposito la volontà del fideiussore che sia a conoscenza delle effettive connotazioni del rapporto intercorso tra il creditore garantito e il debitore principale (secondo quanto non contestato, si è visto, nella fattispecie qui concretamente esaminata).