Ultimissime

CONSIGLIO DI STATO, Quinta Sezione, sentenza n. 2790 del 09 maggio 2018
Sull’obbligo di manifestare il dissenso motivato da parte della Conferenza di servizi
La Quinta Sezione del Consiglio di Stato si pronuncia sul ricorso proposto dalla società F. U. contro il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Molise al fine di ottenere la riforma della sentenza del TAR del Molise, concernente la realizzazione impianto di produzione di energia elettrica da fonte eolica.
In occasione della pronuncia in esame, il Consiglio di Stato offre dei preziosi chiarimenti sul regime relativo al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, di cui al d.lgs. n. 42 del 2004 e sul dissenso manifestato dalla Conferenza dei Servizi.
La legge 20 luglio 2010 n. 122, intervenendo a novellare l’art. 14-ter della legge n. 241 del 1990, prevede che “in caso di opera o attività sottoposta anche ad autorizzazione paesaggistica, il Soprintendente si esprime, in via definitiva, in sede di Conferenza di servizi, ove convocata, in ordine a tutti i provvedimenti di sua competenza, ai sensi del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42”.
A fronte della presentazione di un nuovo progetto, modificato strutturalmente rispetto al precedente, si deve ritenere che questa abbia dato vita ad un nuovo ed autonomo procedimento autorizzatorio, rispetto a quello avente ad oggetto il precedente progetto con due torri eoliche, mai autorizzato e pertanto, i giudici del Consiglio di Stato ritengono che sia necessaria un’autonoma istruttoria.
Il Consiglio di Stato, riprendendo un consolidato orientamento giurisprudenziale, osserva che: “la legittimità del provvedimento amministrativo finale, ossia dell’autorizzazione unica regionale originariamente impugnata, deve essere accertata con riferimento alla normativa vigente al momento della sua adozione, in ossequio al principio “tempusregitactum” (ex multis, Cons. Stato IV, 21 agosto 2012, n. 4583; V, 3 luglio 2012, n. 3886).” ed ancora, il Collegio rileva che: “il relativo iter procedimentale non appare conforme alla normativa vigente (secondo il principio, già richiamato, del tempusregitactum), atteso che non risulta essere stato acquisito, in sede di Conferenza di servizi, il nullaosta paesaggistico regionale; inoltre, lo stesso risulta infirmato dall’aver la Regione erroneamente considerato validi, a tal fine, i nulla-osta rilasciati in data 5 maggio 2009, relativamente però al diverso progetto originario.”.
Il Collegio, applicando il precetto normativo contenuto nell’art. 12, art. 159 ed art. 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggioe contenuto nell’art. 14 – quater della L. n. 241 del 1990, statuisce che: “le amministrazioni convocate hanno in sede di Conferenza di servizi l’onere di esprimere il proprio motivato dissenso rispetto all’oggetto dell’iniziativa procedimentale: e che se il dissenso è espresso – tra l’altro – da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico (da convocare a pena di invalidità del procedimento, ove si faccia comunque questione di interessi da loro istituzionalmente curati, e in modo tale da consentirne l’effettiva partecipazione per rispetto del principio generale di leale collaborazione richiamato dallo stesso art. 14-quater, comma 3), l’eventuale superamento del dissenso deve seguire le specifiche norme procedimentali appositamente stabilite dallo stesso art. 14-quater (in termini, anche Cons. Stato, VI, 22 febbraio 2010, n. 1020).” ed ancora, i giudici del Collegio specificano che: “gli organi del Ministero per i beni e le attività culturali sono il soggetto abilitato ad esprimere, nella sede propria che è quella della Conferenza di servizi, l’assenso ovvero il motivato dissenso alla realizzazione dell’impianto, dopo aver istituzionalmente vagliato la sua compatibilità con l’interesse paesaggistico o culturale affidato alle loro cure: e che tali forme di espressione del giudizio relativo alla compatibilità paesaggistica non sono altrimenti regolabili, perché non possono essere disciplinate da altra fonte che la legge”.