ISSN 2039 - 6937  Registrata presso il Tribunale di Catania
Anno XVI - n. 03 - Marzo 2024

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Potere di revoca della dichiarazione di pubblico interesse da parte dell'Amministrazione. Pronuncia del Consiglio di Stato.

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Consiglio di Stato, Sez. III, sent. del 19 settembre 2022, n. 8072.

Ricorda la Sezione che l’Amministrazione è titolare del potere, riconosciuto dall’art. 21-quinquies della legge n. 241 del 1990, di revocare, per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, un proprio precedente provvedimento amministrativo quando ciò avvenga prima del consolidarsi delle posizioni delle parti (cfr., proprio in relazione ad un project financing, Cons. Stato Sez. III, n. 4026, 30 luglio 2013; Sez. III, n. 2838 del 24 maggio 2013).

In disparte ogni approfondimento in merito alla questione sulla assimilazione o meno dell’atto tutorio adottato nel caso concreto – in cui gli atti gravati hanno riguardato il solo primo segmento del complesso meccanismo della finanza di progetto, senza che gli stessi possano ritenersi, come accennato, incardinati in una sequenza procedimentale – alla revoca classica e, dunque, postulare l’ osservanza delle garanzie procedimentali invocate, deve osservarsi che, a fronte di un primo stadio per vero prodromico di un modulo che, utilizzando una locuzione civilistica, potrebbe essere assimilato ad una fattispecie a formazione successiva o progressiva, nessun vincolo può dirsi insorto sull’Amministrazione appellata e, dunque, ravvisarsi in capo alla stessa alcuna violazione del dovere di correttezza o buona fede intesa in senso oggettivo, dovendosi invero escludere la contestata violazione di obblighi di lealtà in un segmento della complessa fattispecie de qua, così anticipato da non configurare alcun affidamento tutelabile.
Né tale affidamento può, poi, invocarsi sul consolidamento di una posizione precontrattuale riconducibile a quella tipica del promotore, avendo le ricorrenti presentato il progetto di cui si tratta assumendosi il rischio che esso non venisse giudicato conforme all’interesse pubblico e dovendosi considerare insito nella posizione del promotore ( o, meglio, dell’aspirante a tale qualificazione ) il rischio economico della redazione e mancata realizzazione del progetto presentato, nella misura in cui esso è assoggettato al potere di verifica di fattibilità dell’amministrazione, con conseguente, concreta, possibilità di abbandono di qualsiasi ipotesi di esecuzione dell’intervento.

Per lo stesso ordine di ragioni deve essere respinta la censura riguardante l’invocata applicabilità, nella specie, delle regole inerenti alla revoca in autotutela ex art 21 quinquies.

Come ha ben messo in rilievo la sentenza impugnata, infatti, i principi di cui all’art 21 quinquies, invocati dalla parte appellante, sono applicabili, secondo quanto statuito dalla giurisprudenza prevalente, solo in caso di revoca di atti durevoli, stabilmente attributivi di vantaggi; laddove, devono essere esclusi, nelle ipotesi di atti, come nella specie, “ad effetti instabili ed interinali”.

Ne consegue che essendo riconducibile la dichiarazione di pubblico interesse del progetto presentato dal promotore, nel novero di tale ultima categoria di atti, in quanto provvedimento che non attribuisce, invero, in maniera definitiva un vantaggio, ma meramente ed eventualmente prodromico alla successiva indizione della gara” (sent. V, n. 7244/21), tali principi non risultano applicabile nella specie.

Se così è, come bene ha inteso il primo giudice nella lettura complessiva e ragionevole delle disposizioni che governano il modulo in questione come interpretato dalla giurisprudenza prevalente, si spiega anche perché la censura veicolata afferente alla mancata, previa, interlocuzione procedimentale, non comporta alcuna lesione di natura sostanziale alle prerogative della parte appellante ricorrente riveniente dalla asserita omissione procedimentale “addebitata” alla Amministrazione.