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Anno XVI - n. 04 - Aprile 2024

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Limiti del potere giudiziario nell'appalto di opere pubbliche. Pronuncia del TAR Basilicata.

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TAR Basilicata, Sez. I, sent. del 12 maggio 2022, n. 356.

Deve, infatti, ritenersi – in coerenza con le generali coordinate di riparto giurisdizionale applicabili ratione temporis - che “in tema di appalto di opere pubbliche, la posizione soggettiva dell'appaltatore in ordine alla facoltà dell'amministrazione di procedere alla revisione dei prezzi - secondo la disciplina vigente anteriormente all'entrata in vigore del d.l. 11 luglio 1992, conv. in l. 8 agosto 1992 n. 359, che ha soppresso tale facoltà, sostituita poi dal diverso sistema di adeguamento previsto dalla legge quadro in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994 n. 109 - è tutelabile dinanzi al g.a. quando attenga all'an della revisione, in quanto correlata all'esercizio di un potere discrezionale riconosciuto dalla norma alla stazione appaltante, sulla base di valutazioni correlate a preminenti interessi pubblicistici. Essa acquista natura e consistenza di diritto soggettivo, tutelabile dinanzi al g.o., quando il diritto alla revisione derivi da apposita clausola stipulata, in deroga alla regolamentazione legale, anteriormente all'entrata in vigore della l. 22 febbraio 1973 n. 37 - che ha vietato ogni genere di accordo incidente su questo aspetto del rapporto - ovvero quando l'amministrazione abbia già esercitato il potere discrezionale a lei spettante adottando un provvedimento attributivo, o ancora abbia tenuto un comportamento tale da integrare un implicito riconoscimento del diritto alla revisione, così che la controversia riguardi soltanto il quantum della stessa” (cfr. Cassazione civile sez. un., 13/9/2005, n. 18126. In termini, con riferimento alle disposizioni succedutesi in materia, anche Consiglio di Stato, sez. III, 22/6/2018, n. 3827; id. sez. V, 22/12/2014, n. 6275 e 24/1/2013, n. 465; Cassazione civile, sez. un., 31/10/2008, n. 26298).

Alla riconosciuta connotazione autoritativa del potere di verifica della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale, consegue, dunque, in termini di tutela giurisdizionale, che il privato contraente potrà avvalersi solo dei rimedi e delle forme tipiche di salvaguardia dell'interesse legittimo, di talché:

- sarà sempre necessaria l'attivazione, su istanza di parte, di un procedimento amministrativo nel quale l'Amministrazione dovrà svolgere l'attività istruttoria volta all'accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale, compito che dovrà sfociare nell'adozione del provvedimento che riconosce il diritto al compenso revisionale e ne stabilisce anche l'importo, il quale deve essere impugnato nel termine decadenziale di legge (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 27/11/2015, n. 5375; 24/1/2013, n. 465);

- in caso di inerzia da parte della stazione appaltante, a fronte della specifica richiesta dell'appaltatore, quest'ultimo potrà impugnare il silenzio inadempimento prestato dall'Amministrazione, ma non potrà demandare in via diretta al giudice l'accertamento del diritto, non potendo questi sostituirsi all'amministrazione rispetto ad un obbligo di provvedere gravante su di essa (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 24/1/2013, n. 465).

Va da sé, dunque, l'impossibilità per il giudice amministrativo, in forza della richiamata giurisprudenza, condivisa pienamente dal Collegio, di procedere all'accertamento e alla condanna rispetto ad una pretesa che, nella sua fase inziale, presuppone l'esercizio di attività amministrativa e si connota, pertanto, in termini di interesse legittimo (cfr. Consiglio di Stato, sez. II, 6/5/2020, n. 2860; sez. III, 6/8/2018, n. 4827; T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 4/2/2019, n. 566).

Poste tali premesse concettuali, deve ritenersi incontestabile - nel caso di specie – l’assenza di qualsivoglia determinazione amministrativa che abbia previamente accertato, in favore del ricorrente, la spettanza del compenso revisionale oggetto della lite. A tal fine, non può giovare la deliberazione della Giunta Comunale n. 494 del 24/9/1994, in quanto – come evidenziato dalla Corte d’Appello di Potenza – la competenza deliberativa in materia va attribuita al Consiglio comunale (cfr. Cassazione civile, sez. un., 23/7/2015, n. 15474), con conseguente inidoneità dell’atto giuntale a fondare l’an della pretesa sub iudice (il che, come visto, costituisce la ragione della declinatoria di giurisdizione cui è pervenuto il giudice a quo).

Pertanto, deve ritenersi che alla posizione giuridica azionata vada riconosciuta la consistenza dell’interesse legittimo, stante la mancata estrinsecazione del relativo potere autoritativo relativamente e non potendo il giudice sostituirsi all’Amministrazione rispetto ad un obbligo di provvedere gravante su di essa (cfr. art. 34, co. 2, cod. proc. amm.).