ISSN 2039 - 6937  Registrata presso il Tribunale di Catania
Anno XVI - n. 05 - Maggio 2024

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La Suprema Corte si esprime sulla confisca del profitto del reato ed il sequestro preventivo a questa finalizzato in caso di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.

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Corte di Cassazione, Sez. IV, sent. del 5 gennaio 2023, n. 106.

La confisca del profitto del reato ed il sequestro preventivo a questa finalizzato, secondo orientamento consolidato in sede di legittimità, «non può complessivamente eccedere nel "quantum" l'ammontare del profitto complessivo, non potendo avere un ambito più ampio di quelllo della successiva confisca» (Sez. 5, n. 19091/20). In ogni fase procedimentale occorre pertanto "verificare il rispetto del principio di proporzionalità tra il credito garantito ed il patrimonio assoggettato a vincolo cautelare, al fine di evitare che la misura cautelare si riveli eccessiva nei confronti del destinatario: il sequestro non può, infatti, riguardare beni di valore eccedente il profitto del reato" (Sez. IV, 16/12/2015, n. 4567/15; Sez. 3, n. 39091/13). In altri termini, in materia di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, si impone l'esatto accertamento, allo stato degli atti, del profitto confiscabile (Sez. 3, n. 26450/16).

Ai fini della determinazione del profitto confiscabile non può prescindersi dal considerare i pagamenti e le restituzioni eventualmente operate dall'indagato nelle more del procedimento, tali da elidere o ridurre il profitto confiscabile.

La giurisprudenza di legittimità con orientamento consolidato si è espressa nel senso di ritenere che, in tali casi, il sequestro debba necessariamente ridursi della parte corrispondente al profitto del reato restituito nelle more del procedimento, in quanto, evidentemente, la confisca, cui è finalizzata la misura cautelare, non potrebbe operare per la parte di profitto restituita "altrimenti determinandosi un'inammissibile duplicazione sanzionatoria" (Sez. 3, n. n. 8564/21) Ciò è stato affermato in materia di reati tributari con riferimento al pagamento del debito tributario, anche parziale, ovvero alla riduzione di tale importo da patte dell' Amministrazione fiscale (ex multis, Sez. 3 n. 25992/21), ma anche in materia di riciclaggio.

Ne consegue che nessun pregio può riconoscersi all'argomento utilizzato dal Tribunale del riesame, secondo cui "tale principio deve, invero, ritenersi valido solo in materia di reati tributari, in cui viene in considerazione esclusivamente l'interesse dell'Amministrazione finanziaria, e non anche nel caso in esame in cui sono implicati gli interessi dei lavoratori, quelli degli enti previdenziali, assistenziali ed assicurativi e in generale l'interesse dello Stato alla correttezza del mercato del lavoro all'osservanza della normativa giuslavoristica" (pag. 10 dell'ordinanza impugnata).

Il Tribunale, come già l'ordinanza impugnata, equivocano sul concetto sanzionatorio della confisca per equivalente, equiparandola a tutti gli effetti ad una sanzione da aggiungersi alla pena edittale, prescindendo dalla restituzione del profitto. In nessun caso la natura (quantomeno parzialmente) sanzionatoria può valere a elidere il necessario nesso intercorrente tra misura ablativa e profitto del reato, come invece erroneamente argomenta il Tribunale del riesame. Ciò in quanto, come è stato recentemente ribadito in sede di legittimità, "al di là delle etichettature [..] emerge con chiarezza la funzione ripristinatoria della confisca di valore, che si risolve nell'apprensione di beni che non hanno alcun legame né immediato né pertinenziale con l'illecito, e che ha lo specifico fine di eliminare in capo all'autore del reato il valore corrispondente al profitto o al prezzo dell'illecito" (Sez. 2, n. 19645/21). In altri termini, dunque, non è consentito equiparare la misura «né alla sanzione principale, in quanto è assente la funzione repressiva tipica della pena, né alle sanzioni accessorie, non essendo riconoscibile la tipica funzione preventiva di tali sanzioni satellite. Si tratta infatti di misura "rigida" in quanto il quantum da confiscare non è sottoposto a valutazioni discrezionali, ma dipende solo dall'accertamento del profitto e del prezzo del reato» (Sez. 2, n. 19645/2021, cit.)