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Il TAR Lazio si esprime sulle nozioni di estromissione processuale e legittimazione ad agire.
TAR Lazio, Sez. II-bis, sent. del 3 marzo 2025, n. 4522.
L’estromissione, consistente nella riduzione del numero delle parti del processo, a seguito dell’ordinanza giudiziale di riscontro del verificarsi di sopravvenienze di carattere sostanziale, trova applicazione nelle sole ipotesi legalmente contemplate. Va tenuta distinta dalla diversa istanza con cui la parte intimata eccepisce, in capo a sé, il difetto della titolarità della situazione giuridica soggettiva (definito come “difetto di legittimazione passiva”) e chiede l’adozione di una sentenza parziale non definitiva e di merito, di accertamento del difetto di rispondenza tra la domanda proposta dal ricorrente nei suoi confronti e la sussistenza di una situazione giuridica soggettiva passiva in capo al resistente.
Nel processo civile, la nozione della titolarità della situazione giuridica soggettiva e del difetto di legittimazione passiva sono nettamente distinte, appartenendo la prima al merito e la seconda al rito. Nel processo amministrativo, invece, le due nozioni finiscono per sovrapporsi; per cui non è sufficiente che il ricorrente si limiti ad allegare la sussistenza della legittimazione attiva/passiva, ma è necessaria la dimostrazione della effettiva titolarità di una situazione giuridica di interesse legittimo pretensivo/oppositivo. A differenza di quanto accade nel processo civile, nel processo amministrativo il riconoscimento della titolarità dell’interesse legittimo non definisce ancora il giudizio, occorrendo che nella fase di merito si confronti l’interessi legittimo del privato con l’interesse pubblico che l’amministrazione è chiamata a perseguire, al fine di stabilire se il primo debba prevalere sul secondo. In questa prospettiva, la legittimazione ad agire assume una connotazione sostanziale, in quanto costituisce la proiezione nel processo dell’interesse legittimo.