ISSN 2039 - 6937  Registrata presso il Tribunale di Catania
Anno XVI - n. 05 - Maggio 2024

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Il TAR Lazio si esprime sul rapporto tra giustizia amministrativa e giustizia sportiva, diritto di accesso documentale e differenza tra "documento" e "atto pre-procedimentale" ai sensi della L. n. 241/90.

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TAR Lazio, Sez. I ter, sent. del 6 marzo 2023, n. 3693.

Prima di passare all’esame della fondatezza e quindi della legittimità della declaratoria di incompetenza alla ostensione dell’atto in questione da parte della Co. Vi. So.C., occorre farsi carico dell’ulteriore eccezione di parte resistente, secondo cui il ricorrente avrebbe tentato di eludere la pregiudiziale sportiva, cercando di rimettere alla cognizione del giudice amministrativo una decisione che in questa fase spetterebbe esclusivamente agli organi della Giustizia Sportiva.

La questione della pregiudiziale sportiva viene in rilievo nella presente controversia sotto due distinti aspetti.

Il primo di essi riguarda la pendenza del giudizio sportivo, che ancora non è arrivato al proprio esito finale, in pendenza dell’impugnazione della sentenza della Corte d’Appello federale innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport del CONI. Nell’ambito di quel giudizio rimarrebbe quindi ancora non definitivamente decisa anche la questione relativa all’ostensione della nota della Procura federale che l’odierno ricorrente intenderebbe acquisire.

Sotto questo profilo, ad avviso del Collegio non sussiste alcuna pregiudizialità. Al riguardo, infatti, occorre distinguere tra l’istruttoria endoprocessuale, che rileva in quel giudizio, e l’istanza di accesso formulata esternamente ad esso, anche se finalizzata a difendersi in esso: la pendenza di un processo relativo alla posizione giuridica cui afferisce l’istanza di accesso non costituisce ostacolo al suo accoglimento.

Non soltanto, infatti, in linea di principio la legittimazione all’accesso deve essere distinta dalla legittimazione processuale, in quanto l’accesso è destinato a tutelare non solo le esigenze difensive del richiedente, ma il più generale obbligo di trasparenza cui deve essere ispirata l’azione amministrativa (cfr. ex multis -OMISSIS-); ma anche quando l’accesso è finalizzato ad esigenze difensive, come nel caso di specie, l’autonomia della relativa situazione giuridica postula e comporta una completa distinzione tra la giurisdizione sul diritto di accesso e la giurisdizione sulla situazione giuridica sottostante da tutelare in un processo pendente o eventualmente da instaurare.

Una volta acclarata l’autonomia dell’azione in esame, si rende necessario, sotto un secondo profilo, verificare se la stessa sia o meno soggetta proprio in quanto azione autonoma al cosiddetto “vincolo di pregiudizialità sportiva”.

Con il termine “pregiudiziale sportiva”, invero, si intende far riferimento in questa sede alla condizione di procedibilità del ricorso giurisdizionale amministrativo sancita dall’art. 3, comma 1, della legge n. 280/2003, che vale per “ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato Olimpico Nazionale Italiano o delle Federazioni sportive” diversa dalle controversie tecniche e disciplinari, individuate dall’art. 2. La norma, infatti, stabilisce che solo dopo aver “esaurito i gradi della giustizia sportiva” è possibile adire il giudice amministrativo, non sancendo, quindi, una preclusione assoluta ad adire la magistratura statale, ma, piuttosto, una preclusione relativa, consistente nel previo e necessario esaurimento dell’iter della giustizia sportiva.

L’art. 3 della legge n. 280/2003 individua due condizioni ai fini del riconoscimento di una pregiudizialità sportiva, rappresentati, innanzitutto, dalla residualità dell’azione esperita rispetto a quelle individuate dall’art. 2, e, in secondo luogo, dal definitivo esaurimento di tutti i gradi della giustizia sportiva.

Tali condizioni, a loro volta, presuppongono che l’azione che andrebbe esercitata davanti agli organi della Giustizia Sportiva trovi una puntuale disciplina nell’ambito dell’ordinamento sportivo.

Un siffatto presupposto, tuttavia, deve dirsi assente nel caso dell’azione di accesso difensivo, come si ricava dalla Decisione n. -OMISSIS-del Collegio di Garanzia, la quale proprio a partire da questo presupposto ha affermato che “consentire un accesso funzionale all’attività sportiva consentirebbe all’associato che abbia un interesse diretto, concreto e attuale di interloquire con gli apparati di governo dello sport, a tutela del proprio interesse, prima che sia adottata la decisione finale. A tali fini, a giudizio del Collegio, andrebbe ripensata anche la disciplina giustiziale sportiva. Tale particolare giudizio, al pari di quanto accade dinnanzi ai Tribunali Amministrativi, potrebbe essere istaurato dinnanzi ai Tribunali federali, dotandoli di competenza specifica in merito all’accertamento del diritto di un tesserato o affiliato ad ottenere dei documenti richiesti avverso il diniego di ostensione documentale, attesa la loro cognizione estesa al merito delle controversie che si ingenerano nell’ambito dell’ordinamento sportivo, ciò anche in considerazione della incompetenza del Collegio di Garanzia per le suesposte ragioni”.

Ad avviso del Collegio la mancanza di una puntuale disciplina di tutela dell’accesso nell’ordinamento sportivo è un dato decisivo.

Non rilevano, ai fini che qui interessano, i tentativi di colmare tale lacuna in via interpretativa, secondo la linea seguita dalla decisione della Corte Federale d’Appello F.I.G.C. n. -OMISSIS-

Il tema della pregiudizialità, per evidenti ragioni di certezza giuridica, ricollegabili in ultima analisi alla nozione di “giusto processo regolato dalla legge” di cui all’art. 111 Cost., va ancorato a dati normativi e istituzionali precisi, che nella specie non sussistono.

E va ribadito che non si tratta qui di una generica pregiudizialità consistente nella facoltà di adire il giudice sportivo anche con una azione atipica, la quale possa eventualmente trovare accoglimento come nel caso richiamato da ultimo; ma proprio della pregiudizialità specifica e formale, la quale postulerebbe l’esistenza, nell’ordinamento sportivo, di una tutela specifica per il diritto di accesso: tutela specifica la quale manca proprio perché manca una espressa definizione dei relativi presupposti sostanziali.

Dunque, in assenza di una puntuale disciplina dell’accesso difensivo in materia di ordinamento sportivo, il ricorso in esame è senz’altro ammissibile anche sotto il profilo dell’assenza di pregiudizialità sportiva.

È infine necessario verificare la natura dell’atto di cui si chiede l’accesso, ossia se esso sia qualificabile come “documento” ai sensi della disciplina dettata dalla Legge n. 241/1990. Parte resistente, invero, ritiene che una nota contenente indicazioni interpretative non possa qualificarsi come tale, ma possa “al più appartenere al novero degli atti pre-procedimentali”.

Una qualificazione in tal senso, tuttavia, non convince il Collegio, alla luce della nozione di documento amministrativo offerta dalla lett. d), comma 1, dell’art. 22, legge n. 241 del 1990, secondo la quale, per tale, si intende “ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale”. Ne consegue che “la nozione normativa di documento amministrativo, suscettibile di formare oggetto di istanza di accesso documentale, è ampia e può riguardare ogni documento detenuto dalla pubblica amministrazione … purché lo stesso concerna un’attività di pubblico interesse o sia utilizzato o sia detenuto o risulti significativamente collegato con lo svolgimento dell’attività amministrativa, nel perseguimento di finalità di interesse generale” (Consiglio di Stato, Ad. Plenaria, n. -OMISSIS-), potendo, dunque, rientrarvi anche gli atti detenuti dall’Amministrazione nella loro materialità che identificano statuizioni, accertamenti, intendimenti, pareri, volizioni e valutazioni degli organi pubblici.

Da tutto ciò consegue che la declinatoria di competenza all’ostensione dell’atto richiesto, la quale costituisce la sostanza del diniego qui impugnato, è illegittima.